Povero e costretto a chiedere l’elemosina in patria, lavoro a tempo indeterminato in Italia: protezione possibile per lo straniero

Necessario un nuovo processo in Tribunale. Ma per i giudici di terzo grado ha fondamento la richiesta presentata da un uomo originario del Ghana. Palesi le gravissime condizioni di vita da lui affrontate in patria, a fronte della integrazione compiuta in Italia.

Possibile la protezione per lo straniero che, orfano di padre e di madre, in patria è stato costretto per anni a chiedere l'elemosina mentre in Italia è riuscito addirittura ad ottenere un contratto di lavoro a tempo indeterminato come benzinaio. Cass. civ., sez. lavoro, ord., 30 settembre 2022, n. 28494 Condizioni di vita. Riflettori puntati sulla difficile esistenza di un uomo, originario del Ghana, che in Italia pare avere trovato stabilità, lavoro e condizioni di vita dignitose. In questa ottica egli chiede protezione in Italia, raccontando di essere emigrato in Nigeria, all'età di un anno dopo la morte del padre , di essere rimasto orfano della madre, dopo cinque anni e di essere cresciuto chiedendo l'elemosina davanti ai supermercati . Unica via di uscita per lui, privo di istruzione, è stata quella di espatriare in cerca di un futuro migliore, motivando così il passaggio in Libia e poi l'approdo in Italia. Per i membri della Commissione territoriale, però, la domanda del cittadino ghanese va respinta, essendo lui un migrante per mere ragioni economiche . Identica posizione assumono anche i giudici del Tribunale, ritenendo priva di fondamento l'ipotesi di un danno grave per lo straniero in caso di rientro in Nigeria o in Ghana ed escludendo la protezione umanitaria poiché, spiegano, lo straniero non ha fornito elementi sufficienti per ricostruire il contesto generale di vita in Nigeria o in Ghana, anche con riguardo a legami di parentela . Ininfluente, infine, secondo i giudici, il dichiarato inserimento lavorativo in Italia dello straniero, prima come mediatore culturale a tempo determinato e poi come benzinaio con contratto a tempo indeterminato , vista anche la mancanza di elementi di valutazione circa la situazione abitativa e in generale sulle sue condizioni di vita . Lavoro e integrazione. A smentire le valutazioni della Commissione territoriale e quelle dei giudici del Tribunale provvedono ora i magistrati della Cassazione, ritenendo possibile riconoscere al cittadino ghanese la protezione umanitaria. Il legale che rappresenta lo straniero ha posto in evidenza l'estrema vulnerabilità del suo cliente, alla luce della sua giovane età, dell'assenza di legami familiari in patria e del vissuto caratterizzato da condizioni di estrema povertà, a fronte della elevata propensione all'integrazione testimoniata dall'attività lavorativa svolta in Italia . I giudici di terzo grado ricordano, in premessa, che ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria occorre operare una valutazione comparativa tra la situazione soggettiva e oggettiva dello straniero con riferimento al Paese di origine e la situazione d'integrazione da lui raggiunta in Italia, attribuendo alla condizione nel Paese di provenienza un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che lo straniero dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando, però, che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel Paese di origine possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia qualora poi si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel Paese d'origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e familiare . Tornando alla vicenda in esame, per decidere sulla possibilità di un permesso di soggiorno per motivi umanitari non si può ignorare che lo straniero ha denunciato di provenire da una situazione di estrema indigenza in cui era cresciuto sin da bambino, sopravvivendo con mezzi occasionali, cioè elemosinando davanti ai supermercati, e senza alcuna istruzione . Necessaria, perciò, una indagine sulla esistenza di situazioni precarie di sopravvivenza con il ricavato di elemosine, sintomo evidente della situazione di povertà assoluta vissuta dallo straniero. E in questa ottica è doveroso anche procedere ad un bilanciamento del rischio di un probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata dello straniero in caso di rimpatrio con il livello di integrazione da lui raggiunto in Italia. Su questi ultimi due fronti dovranno soffermarsi i giudici del Tribunale, tenendo conto delle indicazioni fornite dalla Cassazione.

Presidente Tria – Relatore Garri Fatti di causa 1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, E.F., nato in […] e di religione omissis , espose di essere emigrato in […] all'età di un anno dopo la morte del padre. Rimasto orfano della madre dopo cinque anni e cresciuto chiedendo l'elemosina dichiarò di essere privo di istruzione e di essere espatriato in cerca di un futuro migliore, attraverso la Libia, dove venne maltrattato, e poi da lì giunse in Italia dove presentò domanda di protezione internazionale ed umanitaria. La Commissione territoriale rigettò la domanda ritenendo che si trattasse di un migrante per mere ragioni economiche. 2. Il Tribunale di Napoli respinse la domanda di protezione internazionale ritenendo insussistenti i motivi persecutori denunciati ed il danno grave in caso di rientro in Nigeria o in Ghana. Escluse la protezione umanitaria osservando che il richiedente, che non si era presentato in udienza, non aveva fornito elementi sufficienti per ricostruire il contesto generale di vita in […] o in […] anche con riguardo a legami di parentela. Osservò inoltre che il richiamo effettuato a rischi legati alla religione professata era generico. Ritenne ininfluente il suo dichiarato inserimento lavorativo in Italia, come mediatore culturale a tempo determinato prima e come benzinaio con contratto a tempo indeterminato poi, in mancanza di elementi di valutazione circa la situazione abitativa e in generale sulle sue condizioni di vita. Quanto all'esperienza vissuta al tempo del transito in Libia, la giudicò irrilevante, in mancanza di allegazioni sulla connessione tra l'esperienza vissuta ed il timore per il rientro nel paese di provenienza. 2. Avverso il decreto del Tribunale di Napoli l'interessato ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. 3.- Il Ministero ha depositato un atto di costituzione in cui non ha svolto alcuna difesa. Ragioni della decisione 4. Il primo motivo di ricorso, con il quale è denunciata la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 6, 7, 8 e 14, non può essere accolto. 4.1. Deduce il ricorrente che la storia personale narrata avrebbe dovuto convincere dell'esistenza di un pericolo di violenze e trattamenti inumani in caso di rientro nel paese di origine e tuttavia non chiarisce affatto in che modo, rispetto alla sua storia personale di bambino orfano cresciuto in miseria chiedendo l'elemosina, la situazione del paese di origine poteva condizionare il libero esercizio dei suoi diritti fondamentali mettendolo a rischio di un grave danno. Neppure è chiarito specificatamente, rispetto a quanto già accertato dal Tribunale, da cosa evincere un radicale aggravamento della situazione di sicurezza nel paese. 4.2. Al riguardo va rammentato che nel caso in cui si censuri la decisione per non avere adeguatamente approfondito anche attraverso l'esercizio di poteri officiosi, la situazione politica, sociale ed economica del paese di provenienza è tuttavia necessario indicare specificatamente le fonti che avrebbero potuto condurre ad una diversa valutazione della situazione di fatto prospettata diversamente risultandone generica la censura alla motivazione del provvedimento che comunque si sia fatto carico di prendere in esame la situazione del Paese valutandola alla luce di informazioni ufficiali, attuali e pertinenti. 5. Del pari è generica la censura con la quale si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 27, comma 1 bis, dolendosi dell'omessa istruttoria d'ufficio e dell'uso di fonti non aggiornate e insufficienti. 5.1. Nel richiamare la situazione del terrorismo nel paese, l'esistenza di aree di rischio particolari, la previsione della pena di morte e la precarietà della situazione carceraria in […]paese con un sistema giudiziario inadeguato ed un sistema sanitario insufficiente il ricorrente trascura di chiarire le ragioni per le quali una tale situazione avrebbe rilievo nel suo caso specifico trattandosi di soggetto vissuto dall'età di un anno in poi in Nigeria, dove era arrivato con la madre e dove era poi rimasto fino all'espatrio con la nonna. 6. Sono invece fondati il secondo ed il quarto motivo di ricorso che attengono alla richiesta protezione umanitaria. 6.1. Con il secondo motivo è denunciata la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e si deduce che non si sarebbe tenuta nella dovuta considerazione l'estrema vulnerabilità soggettiva legata alla giovane età del richiedente. 6.2. Con il quarto motivo di ricorso è denunciato, sotto il profilo dell'omesso esame di un fatto decisivo, le medesime circostanze età assenza di legami familiari che avrebbero dovuto essere poste in correlazione con l'elevata propensione all'integrazione testimoniata dall'attività lavorativa svolta in Italia. 6.3. In base alla normativa del testo unico sull'immigrazione anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018 , ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine e la situazione d'integrazione raggiunta in Italia, attribuendo alla condizione del richiedente nel paese di provenienza un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel paese originario possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia qualora poi si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel paese d'origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare tali da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall' art. 8 della Convenzione EDU , sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per riconoscere il permesso di soggiorno cfr. Cass. n. 24413 del 2021 . 6.4. Alla luce delle allegazioni del ricorrente - che ha denunciato di provenire da una situazione di estrema indigenza nella quale era cresciuto sin da bambino sopravvivendo con mezzi occasionali elemosinando davanti ai supermercati e senza alcuna istruzione - il Tribunale avrebbe dovuto valutare con particolare attenzione la domanda di protezione umanitaria avanzata procedendo a specifici approfondimenti officiosi sul tema denunciato. Al contrario nessuna indagine officiosa risulta svolta sull'esistenza di situazioni precarie di sopravvivenza con il ricavato di elemosine, sintomo evidente di situazioni di povertà assoluta. Inoltre avrebbe dovuto procedere ad un bilanciamento del rischio di un probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata in caso di rimpatrio con il livello di integrazione che si deduce essere stato raggiunto in Italia Ndr testo originale non comprensibile . 7. In conclusione per le ragioni esposte il ricorso deve essere accolto con rinvio al Tribunale di Napoli che in diversa composizione procederà ad un nuovo esame della domanda di protezione umanitaria mentre il decreto rimane confermato con riguardo al rigetto delle altre protezioni chieste. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso. Accoglie il secondo ed il quarto motivo. Cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.