Avvicina una ragazza e la molesta: condannato per violenza sessuale

Inequivocabili le condotte tenute dall’uomo e raccontate nei dettagli dalla ragazza. A confermare il modus agendi dell’uomo anche alcuni precedenti simili, non culminati però in un contatto fisico con le donne da lui prese di mira. Confermato anche il risarcimento in favore della ragazza.

Condannato per violenza sessuale l'uomo che lecca un dito e un orecchio di una ragazza e le fa visionare sul proprio smartphone alcuni secondi di un video pornografico. Alla pena fissata dai giudici – oltre un anno di reclusione – si aggiunge anche l'obbligo per l'uomo di risarcire la ragazza versandole 5mila euro  Cass. penumero , sez. III, 29 settembre 2022, numero 36814 . Racconto. Ricostruito l'increscioso episodio, verificatosi in Toscana oltre dieci anni fa, i giudici di merito ritengono, sia in primo che in secondo grado, legittima la condanna dell'uomo sotto processo, un panettiere, colpevole di violenza sessuale per «avere costretto una ragazza a subire atti sessuali, consistiti nel leccarle, contro la sua volontà, l'orecchio destro e il pollice della mano destra e nel farle visionare sul proprio cellulare la sequenza di un film pornografico». I giudici sanzionano l'uomo con oltre un anno di reclusione, concedendogli però la sospensione condizionale della pena, e poi lo obbligano a versare un adeguato risarcimento – 5mila euro, per la precisione – alla ragazza. Inutile il ricorso in Cassazione proposto dal legale che rappresenta il panettiere e mirato, in sostanza, a mettere in discussione la veridicità del racconto fatto alle forze dell'ordine dalla ragazza. Per i giudici di terzo grado è, difatti, incontestabile la ricostruzione dei fatti, ricostruzione basata innanzitutto sulle dichiarazioni della ragazza, la quale ha raccontato nei dettagli l'episodio, riferendo che «quella mattina, verso le 12.30, mentre era a casa sua ancora in pigiama, intenta nelle pulizie, sentì bussare alla porta e, recatasi ad aprire, si trovò davanti il panettiere – il cui avviso le era stato preannunciato dalla madre –, il quale, dopo averle consegnato il pane, disse che sarebbe sceso a prenderle anche due panini». E «circa cinque minuti dopo, in effetti, l'uomo si presentò di nuovo», ha raccontato ancora la ragazza, «portando una busta con due panini e iniziando a farle prima dei complimenti – dicendole “sei carina … sei molto bella … ti aspetto al panificio”». In quegli attimi, «mentre la ragazza incominciava a spaventarsi, trovandosi da sola al cospetto di un uomo alto e robusto», «il panettiere le prese il braccio destro, avvicinò con forza il pollice della mano della ragazza alla sua bocca e iniziò a leccarlo, nonostante la ragazza cercasse di ritirarlo verso di sé» e poi «le bloccò il volto, lo girò verso destra e iniziò a leccarle l'orecchio, lasciando incredula la ragazza, che tuttavia trovò la forza di spostarsi». A completare il racconto, infine, un ulteriore dettaglio «prima di andare via, il panettiere estrasse dalla tasca destra dei pantaloni un cellulare sul cui schermo apparvero dei filmati pornografici e, allo scorrere delle immagini, nonostante la ragazza gli chiedesse di smetterla, disse alla ragazza che l'uomo e la donna dei filmati erano lui e lei». Solo a quel punto l'uomo decise di andare via, non prima, però, di aver chiesto alla ragazza il suo numero di telefono. Finito quell'incubo durato alcuni lunghissimi minuti, la ragazza, rimasta finalmente sola, raccontò subito l'accaduto al cognato, poi ai genitori e quindi alla zia, che chiamò i carabinieri. Modus Agendi . Per i giudici «la narrazione della ragazza è credibile, lineare e coerente», anche tenendo presente che «la denuncia è stata resa nell'immediatezza, ovvero lo stesso giorno del fatto». Inoltre, «la narrazione della ragazza, a parte qualche lieve sbavatura su aspetti marginali della vicenda, è stata sostanzialmente costante nel tempo», e il fatto che «ella non abbia indicato nella denuncia la circostanza relativa alla visione del filmato porno» non è sintomatico dell'inattendibilità del racconto, venendo in rilievo «un'imprecisione non dirimente, ricollegabile verosimilmente allo stato d'animo particolarmente agitato in cui si trovava la ragazza, stato d'animo confermato dalle prime persone con cui ella aveva interloquito». E poi, aggiungono i giudici, «non si può comunque sottacere che appena quattro giorni dopo, con uno stato d'animo più disteso, il ricordo specifico di tale circostanza è riemerso». Fragilissima la differente ricostruzione proposta dalla difesa, secondo cui «l'uomo si è limitato a compiere un gesto di galanteria, baciando il dorso della mano della ragazza». Per i giudici «tale versione è inverosimile, non solo perché il gesto in questione risulta ormai desueto, oltre che inappropriato in questo caso, trovandosi l'uomo al cospetto di un'adolescente in pigiama che attendeva la consegna del pane, ma soprattutto perché la diversa versione della ragazzina ha trovato adeguati riscontri». Peraltro, non si può trascurare il fatto che «parlando dell'episodio nel contesto familiare, la ragazza è venuta a sapere che in passato anche la sorella era stata vittima di avances sessuali da parte del panettiere, sempre in occasione di una consegna del pane, e che destinataria di attenzioni – cioè apprezzamenti fisici e richiesta del numero di cellulare – da parte dell'uomo era stata anche la cognata di sua sorella». E poi «nel confidarsi poi con una sua amica, la ragazza ha scoperto che anche l'amica era stata messa in imbarazzo, in passato, dal panettiere». Secondo i giudici è palese «la costanza del modus agendi» dell'uomo, il quale, però, si ritrova ora condannato per avere «travalicato l'ambito di un approccio solo sconveniente, stante la dimensione anche corporea del contatto tra lui e la ragazza». Il quadro probatorio è inequivocabile. E rende sacrosanto il risarcimento del danno subito dalla ragazza. Su questo fronte viene confermata la cifra stabilita in Appello, cioè 5mila euro, «un importo oggettivamente contenuto e, in ogni caso, ampiamente giustificato dai postumi traumatizzanti manifestati dalla ragazza nella sua sofferta deposizione testimoniale, intervallata anche da crisi di pianto», concludono i magistrati.

Presidente Aceto – Relatore Zunica Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19 aprile 2021, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del 29 ottobre 2013, con cui il Tribunale di Siena aveva condannato L.A. alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi 20 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all' articolo 609 bis c.p. , riconosciuta l'attenuante della minore gravità, reato a lui contestato per avere costretto Le.Ge. a subire atti sessuali, consistiti nel leccarle contro la sua volontà l'orecchio destro e il pollice della mano destra e nel farle visionare sul proprio cellulare la sequenza di un film pornografico in omissis . Con la medesima sentenza, L. veniva altresì condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile, liquidato in complessivi 5.000 Euro. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello toscana, L., tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando undici motivi. Con il primo, la difesa censura la valutazione di attendibilità della persona offesa, la cui narrazione è stata contraddistinta non da mere imprecisioni dovute a difetti mnemonici o allo stato emotivo, ma dalla diversità delle versioni fornite, tra loro tutte divergenti, per cui la condanna sarebbe stata fondata su un travisamento della prova, tanto più ove si consideri, da un lato, che la Le. si è costituita parte civile, avendo un evidente interesse in causa, e, dall'altro, che l'imputato è un soggetto incensurato, il che non costituisce un dato irrilevante, perché chi commette questo tipo di reati lo fa generalmente in maniera seriale. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la contraddittorietà della sentenza di appello, nella misura in cui prima ha affermato che la visione del filmato pornografico è l'unico profilo attinente il contenuto essenziale dell'imputazione e poi ha ritenuto irrilevante che nella prima denuncia sporta dalla parte civile non si faccia menzione della visione del predetto filmato, considerato invece un attimo prima aspetto essenziale della condotta contestata. Con il terzo motivo, è stato eccepito il travisamento della prova rispetto alle dichiarazioni dibattimentali dell'imputato, osservandosi che, a differenza di quanto affermato dalla Corte di appello, L. ha sempre negato gli addebiti che gli sono stati mossi, partecipando a tutte le udienze dei giudizi di merito, fornendo sempre la stessa versione dei fatti senza alcuna ammissione parziale, ma limitandosi a riferire di aver fatto solo dei complimenti alla persona offesa, di cui aveva chiesto il numero a T.S., comportamento questo magari non appropriato, ma certamente non costituente reato. Con il quarto motivo è stato nuovamente dedotto il travisamento della prova, in tal caso con riferimento alle dichiarazioni della parte civile, la quale non ha riferito che l'amica I.E. è stata destinataria di attenzioni sessuali da L., ma solo che l'imputato le ha chiesto il numero di telefono. Il quinto motivo è dedicato alla mancanza di motivazione della sentenza impugnata rispetto alle dichiarazioni rese dalla teste T.S., nonostante queste ultime siano state espressamente censurate nell'atto di appello. Con il sesto motivo, la difesa eccepisce il travisamento della prova rispetto alle dichiarazioni rese dalla teste T.S., la quale non ha mai affermato di aver subito violenza da L., avendo costei solo riferito che questi si è limitato a farle dei complimenti e a chiederle il numero di telefono. Con il settimo motivo, ci si duole della mancanza di motivazione della sentenza rispetto alle censure difensive sollevate a proposito delle dichiarazioni del teste T.S., sebbene si tratti di una delle prove su cui è stato fondato il giudizio di colpevolezza dell'imputato. Con l'ottavo motivo, la difesa deduce il travisamento della prova rispetto alle dichiarazioni rese dal teste T.S., il quale ha confermato che L. si è limitato a fare dei complimenti a T.S. e a chiederle il numero di telefono, comportamento questo senz'altro penalmente irrilevante. Con il nono motivo, il ricorrente lamenta il difetto di motivazione della sentenza rispetto alle censure difensive sollevate in relazione delle dichiarazioni della teste Le.De., sebbene nell'atto di appello sia stata censurata la valutazione di attendibilità della teste, avendo lo stesso Tribunale riconosciuto che la stessa aveva fornito risposte inverosimili rispetto alle domande rivoltele. Con il decimo motivo, oggetto di doglianza è il diniego delle attenuanti generiche, non avendo la Corte di appello tenuto conto della condizione di incensurato dell'imputato, che si è protratta per 7 anni dalla sentenza di primo grado e per 11 anni dal momento della presunta commissione del reato, non coincidendo il giudizio sulla concedibilità delle attenuanti generiche con quello sull'attenuante della minore gravità e sulla sospensione condizionale della pena. Con l'undicesimo motivo, infine, è stata censurata la conferma della statuizione sul risarcimento del danno nei confronti della parte civile, risultando la somma liquidata eccessiva in considerazione della ridotta gravità del fatto e della limitata capacità di compromissione dell'altrui sfera sessuale, non avendo la persona offesa riportato postumi traumatizzanti a seguito del fatto. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato. 1. Premesso che i primi nove motivi di ricorso sono suscettibili di essere trattati in maniera unitaria, in quanto tra loro sovrapponibili, occorre evidenziare che, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, la valutazione sulla attendibilità della persona offesa e la conseguente affermazione della penale responsabilità dell'imputato non presentano vizi di legittimità rilevabili in questa sede. Deve premettersi al riguardo che sia il Tribunale che la Corte di appello hanno operato un'attenta ricostruzione dei fatti di causa, richiamando in primo luogo le dichiarazioni dibattimentali rese da Le.Ge. , la quale ha raccontato l'episodio cristallizzato nell'imputazione, riferendo che la mattina del 5 febbraio 2010, verso le 12.30, mentre era a casa sua ancora in pigiama, intenta nelle pulizie, sentì bussare alla porta e, recatasi ad aprire, si trovò davanti L.A. , il panetterie, del cui arrivo era stata avvisata dalla madre. Dopo aver consegnato il pane alla ragazza, l'imputato non andò via subito, ma le disse che sarebbe sceso a prenderle anche due panini dopo circa cinque minuti, in effetti, L. si presentò di nuovo a casa della persona offesa, portando una busta con due panini e iniziando a fare dei complimenti alla ragazza sei carina sei molto bella ti aspetto al panificio quindi, mentre la Le. incominciava a spaventarsi, trovandosi da sola al cospetto di un uomo alto e robusto, L. prese il braccio destro della ragazza, avvicinando con forza il pollice alla sua bocca iniziando a leccarlo, nonostante G. cercasse di ritirarlo verso di sé quindi, bloccandole il volto, l'imputato lo girava verso destra e iniziava a leccarle l'orecchio, lasciando incredula la persona offesa, che tuttavia trovava la forza di spostarsi prima di andare via, L. estraeva dalla tasca destra dei pantaloni un cellulare sul cui schermo apparvero dei filmati pornografici e, allo scorrere delle immagini, nonostante G. gli chiedesse di smetterla, diceva alla ragazza che l'uomo e la donna dei filmati erano lui e lei. Quindi, nell'uscire, l'imputato chiedeva alla ragazza il suo numero di telefono. Rimasta finalmente sola, la Le. raccontava subito l'accaduto prima al cognato T.S., poi ai genitori e quindi alla zia, che chiamò i Carabinieri. 1.1. Orbene, all'esito di una disamina razionale dell'intero compendio probatorio, la narrazione di Le.Ge. è stata ritenuta credibile dai giudici di merito, i quali ne hanno rimarcato la linearità e la coerenza, sottolineando che la denuncia è stata resa nell'immediatezza, ovvero lo stesso giorno del fatto. La narrazione della ragazza, a parte qualche lieve sbavatura su aspetti marginali della vicenda, è stata sostanzialmente costante nel tempo, avendo sul punto la Corte territoriale precisato che il fatto che la Le. non abbia indicato nella denuncia la circostanza relativa alla visione del filmato pomo non era sintomatico dell'inattendibilità del racconto, venendo in rilievo un'imprecisione non dirimente, ricollegabile verosimilmente allo stato d'animo particolarmente agitato in cui si trovava la ragazza, stato d'animo confermato dalle prime persone con cui G. ha interloquito, ovvero T.S. e T.S. , non potendosi comunque sottacere che appena quattro giorni dopo, ovvero il 9 febbraio 2010, con uno stato d'animo più disteso, il ricorso specifico di tale circostanza è riemerso. Nè l'essersi costituita la Le. parte civile inficia di per sé la credibilità del suo racconto, dovendosi rilevare che, come evidenziato in modo pertinente nelle sentenze di merito, la Le. non aveva alcun motivo di calunniare l'imputato, essendovi tra loro un normale rapporto tra panettiere e figlia di una cliente, a ciò dovendosi aggiungere l'ulteriore dato, non irrilevante, secondo cui la ragazza nella sua narrazione non ha compiuto alcuna enfatizzazione della vicenda, attribuendo al ricorrente solo i fatti di cui ha percepito chiaramente il disvalore. Ciò posto, deve precisarsi che nella sentenza impugnata non risultano ravvisabili i profili di travisamento della prova evocati nel ricorso ed invero, quanto alle dichiarazioni dell'imputato, la Corte di appello ha chiaramente evidenziato che le stesse offrivano una ricostruzione contraria a quella offerta dalla vittima, avendo L. riferito di essersi limitato a compiere un gesto di galanteria, baciando il dorso della mano della Le. tale versione è stata tuttavia ritenuta inverosimile dai giudici di merito, non solo perché il gesto in questione risulta ormai desueto, oltre che inappropriato nel caso di specie, trovandosi l'imputato al cospetto di un'adolescente in pigiama che attendeva la consegna del pane, ma soprattutto perché la diversa versione della ragazzina ha trovato adeguati riscontri innanzitutto nelle dichiarazioni di Le.De. , T.S. e S. . Ed invero, parlando dell'episodio nel contesto familiare, Le.Ge. veniva a sapere che in passato anche la sorella D. fu vittima di avances sessuali da parte di L., sempre in occasione di una consegna del pane, allorquando, dopo averle fatto apprezzamenti personali quanto sei bella quanto sei bona , il panettiere le sfiorò la pancia, per poi metterle le mani sul pube. Destinataria di attenzioni da parte di L. era stata anche T.S., cognata della sorella di G. , cui l'imputato tempo addietro, nel corso di una consegna, aveva chiesto il numero di cellulare, rivolgendole apprezzamenti fisici. In quell'occasione era presente anche il fratello S., il quale, non visto dall'imputato, ha confermato di aver sentito questi rivolgersi alla sorella nei seguenti termini sei sola in casa se avesse vent'anni di meno ci farei un pensierino , tanto è vero che T.S., edotto dalla sorella dell'accaduto, chiese spiegazioni a L. peraltro, il teste T. ha riferito che G. , il giorno del fatto, le raccontò in lacrime il fatto che le era capitato. Nel confidarsi poi con una sua amica, I.E., la persona offesa scopriva che anche costei in passato era stata messa in imbarazzo da L. . Ora, tali circostanze sono state valorizzate dai giudici di merito non certo per addebitare all'imputato fatti a questi non contestati e privi di rilievo penale, ma solo al fine di evidenziare la costanza di un modus agendi del ricorrente, che, nel caso della Le., ha travalicato l'ambito di un approccio solo sconveniente, per assumere una connotazione penalmente rilevante, stante in tal caso la dimensione anche corporea del contatto tra L. e la persona offesa. In tal senso, deve escludersi che vi sia stato alcun travisamento delle prove, cui, senza forzature, è stata attribuita la loro reale valenza, nel contesto di una valutazione complessiva del materiale probatorio se è vero poi che la Corte di appello non sì è soffermata sulle dichiarazioni della sorella della denunciante, evidentemente non ritenendole decisive, è anche vero che il Tribunale la cui motivazione nel complesso si è rivelata più diffusa si era già preoccupato, in modo non illogico, di ribadire l'attendibilità di Le.De. , giustificando le pur riconosciute imprecisioni del suo racconto in ragione del suo limitato grado di maturità psicologica, che tuttavia non vale di per sé a rendere inverosimili le sue dichiarazioni, rivelatesi del resto coerenti con le altre testimonianze acquisite. 1.2. In definitiva, in quanto ancorato a considerazioni non distoniche con le acquisizioni probatorie e scevro da aspettì di irrazionalità, il gìudìzìo di attendibilità della persona offesa compiuto nelle due conformi sentenze di merito non presta il fianco alle censure difensive, che si articolano nella proposta di una lettura alternativa del materiale istruttorio, operazione non consentita in questa sede, posto che cfr. Sez. 6, numero 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 che, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. Di qui la manifesta infondatezza delle doglianze in punto di responsabilità articolate nei primi nove motivi di ricorso. 2. Alla medesima conclusione deve pervenirsi rispetto al decimo motivo. Ed invero, nel confermare il diniego delle attenuanti generiche, la Corte di appello ha legittimamente rimarcato l'assenza di profili di meritevolezza eventualmente valorizzabili, osservando che della circoscritta capacità offensiva del reato e della personalità dell'imputato si era già tenuto conto ai fini del riconoscimento dell'ipotesi di minore gravità e della concessione della sospensione condizionale della pena, non sussistendo dunque i presupposti per un'ulteriore mitigazione della pena, peraltro non eccessiva 1 anno e 6 mesi , a fronte di una condotta illecita non molto grave, ma nemmeno trascurabile. In presenza di un apparato argomentativo non manifestamente illogico, non vi è dunque spazio per l'accoglimento delle censure difensive, formulate invero in termini non adeguatamente specifici. 3. Anche l'undicesimo motivo è manifestamente infondato. Rispetto al risarcimento del danno alla parte civile, liquidato dal primo giudice in cinquemila Euro, la Corte di appello ha ragionevolmente osservato come sì tratti di un importo 5.000 Euro oggettivamente contenuto e in ogni caso ampiamente giustificato dai postumi traumatizzanti manifestati dalla parte civile nella sua sofferta deposizione testimoniale, intervallata anche da crisi di pianto. Anche in tal caso, la risposta fornita alla Corte territoriale alla censura difensiva è priva di incongruenze motivazionali, per cui la doglianza articolata nel ricorso risulta manifestamente infondata, anche perché essenzialmente assertiva. 4. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto nell'interesse di L. deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell' articolo 616 c.p.p. , di sostenere le spese del procedimento. Considerato infine che, ai sensi della sentenza della Consulta numero 186 del 13 giugno 2000, non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentati senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, si dispone che il ricorrente versi la somma, fissata in via equitativa, di tremila Euro in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, ai sensi del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 , in quanto imposto dalla legge.