È consentito creare un varco nel muro comune del Condominio per poter accedere al proprio box interrato

«La realizzazione del varco sul muro condominiale della rampa, non costituisce servitù la rampa è bene in comproprietà tra le parti e rappresenta attività consentita riconducibile nell’ambito di operatività dell’articolo 1102 c.c., norma che consente un uso più intenso della cosa comune a condizione che non ne sia compromesso il pari utilizzo da parte degli altri condomini».

Due condomini di un medesimo stabile, evocavano in un giudizio un'altra proprietaria per accertare e sentire dichiarare l'illegittimità di una costruzione interrata realizzata dalla convenuta nel sottosuolo del giardino di sua proprietà, per condannarla al ripristino della situazione iniziale e alla chiusura del varco realizzato sul muro condominiale. Il Condominio era formato da otto unità abitative e un piano seminterrato con tre laboratori e l'accesso a questi ultimi era servito da una rampa di proprietà dello stabile. Il regolamento del Condominio, prevedeva, altresì che l'area di servizio, che era al piano seminterrato, doveva essere utilizzata solo per accedere a quegli immobili, consentendo la sosta diurna per il carico e lo scarico delle merci e quella notturna per i condomini. Si precisiva inoltre, che la condomina citata in giudizio fosse stata autorizzata dal Comune stesso a poter realizzare un'autorimessa interrata nel sottosuolo del proprio giardino, il cui accesso era stato ricavato tramite un varco nel muro. Dopo questa premessa, il Tribunale di primo grado decideva per il rigetto della domanda attorea, in quanto secondo i giudici di merito, pur cambiando la modalità della sosta, l'uso fatto dalla condomina, non recava alcun pregiudizio alla possibilità di parcheggiare lo stesso numero di vetture posteggiate in precedenza. Tuttavia, in secondo grado i condomini appellanti sostenevano che l'apertura creata per accedere al box interrato impedisse il parcheggio dei mezzi, come avveniva in passato, aggiungendo inoltre che, la demolizione del muro per creare il varco, avesse alterato la sua destinazione e avesse leso i diritti degli altri condomini di parcheggiare. Specifica la Corte d'Appello che «la realizzazione del varco sul muro condominiale della rampa, non costituisce servitù la rampa è bene in comproprietà tra le parti e rappresenta attività consentita riconducibile nell'ambito di operatività dell'articolo 1102 c.c., norma che consente un uso più intenso della cosa comune a condizione che non ne sia compromesso il pari utilizzo da parte degli altri condomini». Alla luce di questi motivi, la Corte d'Appello rigetta il ricorso dei condomini.

Presidente Pannullo – Relatore Mancini Svolgimento del processo.  Con atto di citazione ritualmente notificato omissis e omissis convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, omissis per sentir accertare e dichiarare l'illegittimità della costruzione interrata realizzata dalla convenuta nel sottosuolo del giardino di sua proprietà con condanna al ripristino dello status quo ante e chiusura del varco realizzato sul muro condominiale. Deducevano che -erano proprietari dell'appartamento int. 3 e del locale siti nell'edificio condominiale di via omissis in Roma -il condominio godeva di un ingresso pedonale dal civico 29 e carrabile dal numero 31 ed era composto da quattro appartamenti, quattro mansarde ed un piano seminterrato nel quale erano allocati tre laboratori e un box -si accedeva ai laboratori tramite una rampa di proprietà comune ed il regolamento di condominio prevedeva che l'area di servizio sita nel piano seminterrato doveva essere utilizzata solo per accedere alle predette unità, la sosta diurna consentita solo per il carico e scarico merci, quella notturna riservata ai residenti -la convenuta aveva acquistato il suo appartamento in data 26-7-1993 e concesso in locazione a terzi l'immobile - omissis nel 2008 otteneva dal Comune di Roma l'autorizzazione a realizzare un box al di sotto del proprio giardino -l'accesso allo stesso era stato ottenuto attraverso l'apertura di un varco sul muro condominiale. Si costituiva omissis che chiedeva il rigetto della domanda. La causa, istruita con l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, veniva definita con sentenza 22628/2016 il Tribunale di Roma rigettava la domanda e dichiarava la compensazione delle spese processuali, ponendo quelle di c.t.u. a carico delle parti nella misura del 50%. Osservava il Tribunale che -la convenuta aveva ricavato nella parte interrata del giardino di sua proprietà un box al quale si accedeva attraverso la rampa condominiale ed il cui varco all'uopo realizzato impediva il parcheggio di una delle autovetture che in precedenza veniva ivi collocata -la convenuta, condomina dello stabile, è comproprietaria della rampa di accesso -era applicabile alla fattispecie l'articolo 1102 c.c. che consente un uso più intenso della cosa comune qualora non arrechi pregiudizio al pari utilizzo -l'uso più intenso, nel caso di specie, non pregiudicava la possibilità di parcheggiare il medesimo numero di autovetture avendo cura di collocarle diversamente -il rilievo secondo cui il box è estraneo al condominio risultava privo di pregio in quanto non esterno al condominio stesso. Avverso tale decisione proponevano gravame, innanzi a questa Corte, omissis e omissis chiedendone la riforma. Resisteva omissis La causa all'udienza del 13-1-2022, sulle conclusioni in atti, assegnati i termini di cui all'articolo 190 c.p.c., veniva posta in deliberazione Motivi della decisione Con unico motivo di gravame gli appellanti deducono la violazione e falsa applicazione degli articolo 1102 -1107 e 1120 c.c. nonché del regolamento condominiale. Deducono che nelle disposizioni regolamentari dell'ente si legge i proprietari riservano per sé ed aventi causa a qualsiasi titolo l'uso della rampa di accesso al seminterrato e l'area di servizio del piano seminterrato, cioè piano box e laboratori deve essere utilizzata solo per accedere a predette unità e sosta diurna per carico e scarico merci. La stessa può essere utilizzata, dopo precisa limitazione, come sosta notturna riservata ai soli proprietari residenti in loco e in un numero di posti non superiore a quattro . Adducono che, come accertato dall'ausiliario, l'apertura realizzata per l'accesso al locale interrato impediva agli attori di parcheggiare nel posto che abitualmente utilizzavano e che, a causa della modifica dei luoghi, potevano trovare sistemazione nelle ore notturne soltanto tre autovetture e non quattro come avveniva in precedenza. Rilevano che la demolizione del muro condominiale effettuata per la realizzazione del varco ne alterava la destinazione. Evidenziano che l'uso più intenso della cosa comune da parte della appellata ledeva i loro diritti poiché non consentiva loro il parcheggio lungo la rampa. I rilievi appaiono privi di pregio. Osserva la Corte che - l'appellata realizzava, nella parte interrata sottostante il giardino di sua proprietà - pertinenza dell'appartamento ubicato nel condominio -, un box-auto al quale si accede attraverso un varco aperto nel muro esistente sulla rampa condominiale - contrariamente alla tesi sostenuta dagli appellanti il manufatto non rappresenta un bene estraneo al condominio, poiché ricavato nella parte interrata del giardino di esclusiva proprietà di omissis - non si tratta, dunque, di una iniziativa volta a consentire l'accesso in altra proprietà esclusiva dell'appellata al di fuori dello stabile condominiale omissis e omissis lamentano la violazione delle disposizioni contenute nel regolamento condominiale, l'illegittima costituzione ed esercizio di una servitù di passaggio e l'alterazione della destinazione del muro con lesione del loro diritto di parcheggio lungo la rampa, operazione questa divenuta impossibile in conseguenza dell'apertura del varco - in riferimento alla violazione delle norme contenute nel regolamento condominiale gli appellanti omettevano di produrne copia - a tale proposito giova evidenziare che grava sull'appellante l'onere di fornire supporto alle singole censure mosse alla sentenza di primo grado, anche se fondate su documenti prodotti da controparte - ne consegue che a prescindere da quale sia stata la sua posizione nella precedente fase processuale, l'appellante è tenuto a produrre i documenti sui quali basa il proprio gravame ivi compresi quelli già prodotti in primo grado da controparte, la quale potrà scegliere di costituirsi senza depositare il proprio fascicolo contenente il documento, in ipotesi, decisivo a fondare il motivo di gravame dell'appellante Cass. 23657/17 - la realizzazione del varco sul muro condominiale della rampa, come correttamente osservato del giudice di primo grado, non costituisce servitù la rampa è bene in comproprietà tra le parti , e rappresenta attività consentita riconducibile nell'ambito di operatività dell'articolo 1102 c.c., norma che consente un uso più intenso della cosa comune a condizione che non ne sia compromesso il pari utilizzo da parte degli altri condomini - al muro condominiale va riconosciuta la funzione di delimitazione dei beni comuni e non certo quella ad esso attribuita dagli appellanti parcheggio in aderenza lungo la rampa - a tale proposito, peraltro, l'ausiliario accertava che una diversa collocazione delle autovetture avrebbe consentito l'utilizzo della rampa, lasciando inalterata la possibilità per tutti i condomini di conservarne il precedente uso. Le spese processuali del presente grado seguono il principio della soccombenza e si liquidano, come da dispositivo, sulla base dei parametri forensi vigenti D.M. 55/2014 , con esclusione della sola fase istruttoria. Trattandosi di causa iscritta a ruolo successivamente al 31-1-2013, occorre dare atto che sussistono i presupposti di cui all'articolo 13, comma 1 quater del DPR numero 115/2002, come introdotto dall'articolo 1, comma 17, L. numero 228/2012, per il versamento, da parte degli appellanti, dell'ulteriore importo indicato nella citata disposizione a titolo di contributo unificato. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando, sull'appello come in atti proposto da omissis e omissis nei confronti di omissis avverso la sentenza numero 22628/2016, emessa dal Tribunale di Roma, così provvede a rigetta l'appello b condanna gli appellanti al pagamento, in favore dell'appellata, delle spese processuali del presente grado che si liquidano in €. 100,00 per esborsi ed €. 3.777,00 per compenso professionale oltre accessori di legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 13, comma 1 quater del DPR numero 115/2002, come introdotto dall'articolo 1, comma 17, L. numero 228/2012, per il versamento, da parte degli appellanti, dell'ulteriore importo indicato nella citata disposizione a titolo di contributo unificato.