Reati tributari: quando si attiva il limite alla confiscabilità dei beni costituenti il profitto od il prezzo?

La misura ablatoria, a prescindere dal fatto che l’illecito di cui si tratta abbia riguardato la società commerciale attinta dalla misura cautelare reale finalizzata al sequestro per equivalente, ben potrà essere disposta in danno di questa, ma solo in quanto essa sia priva di autonomia e costituisca un mero schermo attraverso cui l’indagato agisca come effettivo titolare dei beni

Nel caso di specie, è interessante analizzare il terzo motivo di ricorso, inerente il sequestro preventivo esteso ai beni patrimoniali della società di cui l'imputato era legale rappresentante. Tale sua caratteristica sarebbe idonea a consentire l'attivazione del limite alla confiscabilità dei beni costituenti il profitto od il prezzo conseguito attraverso la commissione dei reati tributari stabilito dall'art. 12- bis , d.lgs. n. 74/2000, laddove esso precisa che la confisca non opera, e pertanto non è legittimo il sequestro che sia strumentale ad essa, laddove essa abbia ad oggetto beni che appartengono a persona estranea al reato . Inoltre, il Collegio puntualizza anche che il predetto limite deve intendersi operativo anche in caso di confisca per equivalente , in ordine alla quale significativamente il legislatore ha posto la condizione, il cui contenuto è stato dianzi precisato, che il bene, ancorché non costituente direttamente il profitto ovvero il prezzo del reato, sia, in ogni caso, nella disponibilità del reo, si rileva altresì che tale disponibilità non può essere desunta sulla base della semplice qualifica ricoperta da quest'ultimo di legale rappresentante di una entità giuridica che sia rispetto al reato del tutto terza, potendo essere squarciato il sipario della soggettività giuridica, che tiene fermamente diviso l'ente rappresentato dai suoi organi, solo nel caso in cui emerga che l'ente impersonale non sia estraneo alla commissione del reato circostanza questa che non risulta ricorrere nella fattispecie ovvero che lo stesso costituisca una mera apparenza giuridica, trattandosi di soggetto del tutto evanescente il quale costituisca esclusivamente un mero schermo al di là del quale operi il soggetto indagato . E risulterebbe assurdo consentire il sequestro per equivalente in danno del soggetto giuridico impersonale che pur si sia giovato del reato nella sola ipotesi in cui questo sia, appunto, un mero schermo volto a celare la posizione di altro individuo persona fisica Cass. n. 50823/2018 e consentirla, invece, in danno di un ente impersonale terzo rispetto al reato in ipotesi commesso, sol perché il suo legale rappresentante abbia, in altra diversa veste, perpetrato il reato in questione . Ne consegue che la misura ablatoria, a prescindere dal fatto che l'illecito di cui si tratta abbia riguardato la società commerciale attinta dalla misura cautelare reale finalizzata al sequestro per equivalente, ben potrà essere disposta in danno di questa, ma solo in quanto essa sia priva di autonomia e costituisca un mero schermo attraverso cui l'indagato agisca come effettivo titolare dei beni Cass. n. 34956/2020 .

Presidente Andreazza Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale di Brescia, agendo in qualità di giudice del riesame dei provvedimenti cautelari reali, ha, con ordinanza del 21 dicembre 2021, confermato il sequestro preventivo disposto con provvedimento del locale Gip in data 16 novembre 2021 in danno di tale M.G. , indagato per avere, in qualità di legale rappresentante della M. Srl, utilizzato nelle dichiarazioni fiscali fatture passive relative ad operazioni inesistenti rilasciate da altre imprese commerciali prive di struttura operativa, onde ridurre il reddito imponibile della predetta società si precisa che il provvedimento cautelare è stato eseguito anche sul danaro allocato su di un conto corrente bancario intestato alla G.C. Srl, società di cui il M. era all'epoca dei fatti legale rappresentante con delega ad operare sul conto bancario. Ha interposto ricorso per cassazione la G.C., tramite difensore portatore di procura speciale, osservando, in primo luogo, che il provvedimento di sequestro preventivo impugnato di fronte al Tribunale del riesame era nullo in quanto motivato in relazione ad un precedente provvedimento che era stato a sua volta oggetto di annullamento a seguito di un precedente provvedimento del Tribunale del riesame passato in giudicato, sicché il riferimento operato dal Gip di Brescia ad un preesistente provvedimento era stato fatto in relazione ad un atto nullo ed era esso stesso, pertanto, viziato. Con il secondo motivo di ricorso è censurata la motivazione della ordinanza impugnata in quanto in essa si sono valorizzate, ai fini della affermazione della posizione del M. nell'ambito della G.C./ le dichiarazioni rese da tale G. , il quale al momento in cui le ha rese, essendo stato sentito a sommarie informazioni testimoniali dalla polizia giudiziaria, avrebbe dovuto rivestire la qualifica di coindagato unitamente al M. e, pertanto, doveva essere sentito, a pena di inutilizzabilità delle sue dichiarazioni, con le garanzie che spettano ai soggetti indagati. Il terzo motivo attiene alla violazione di legge che sarebbe stata commessa attraverso la esecuzione del sequestro nei confronti di un soggetto terzo, rispetto all'indagato, tanto più in quanto al momento della esecuzione del sequestro il M. neppure aveva più la delega ad operare sul conto corrente intestato alla G.C. Srl. Considerato in diritto Il ricorso, per i motivi che saranno di seguito precisati, è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato. Quanto al primo motivo di ricorso si osserva che lo stesso è del tutto infondato. Si osserva, infatti, che con esso la difesa della ricorrente si è doluta del fatto che, nell'emettere la ordinanza genetica di sequestro preventivo, il Gip del Tribunale di Brescia abbia rinviato per relationem, quanto alla sussistenza del fumus commissi delicti ad altra ordinanza precedentemente emessa in danno di M.G. nell'ambito di altro procedimento penale che era stata, tuttavia, oggetto di riesame ed in quella sede, con provvedimento del 26 ottobre 2021 non ulteriormente impugnato da chi vi aveva interesse, annullata dal Tribunale di Brescia. Per tale ragione la ricorrente segnalava il difetto di motivazione del provvedimento impositivo della misura, in quanto motivato attraverso il riferimento ad altro provvedimento oggetto di pronunzia di annullamento. Tale censura era però disattesa del Tribunale di Brescia con il provvedimento attualmente censurato, avendo il giudice del riesame cautelare osservato che il citato primigenio provvedimento del Gip bresciano era stato annullato con esclusivo riferimento alla omessa motivazione sul pericolo nel ritardo. A tale rilievo ha ora, nella presente sede di legittimità, contrapposto la difesa della G.C. la affermazione che, non sussistendo ipotesi di annullamento parziale dei provvedimenti devoluti alla conoscenza del Tribunale ai sensi degli artt. 309 e ss. c.p.p. , non sarebbe stato comunque consentito al Gip di Brescia il recupero, sia pur parziale, di parte della ordinanza a suo tempo annullata con la decisione del Tribunale del riesame del 26 ottobre 2021, sicché tale giudice, avendo ritenuto legittima la motivazione per relationem ad un provvedimento viziato, avrebbe, di conseguenza,errato nell'applicare le norme di legge. La doglianza è, sotto diversi profili, non fondata. Infatti, va premesso che non può che concordarsi con il Tribunale del riesame sul rilievo che la stesura di un provvedimento attraverso il richiamo al contenuto di altro atto è una semplice modalità redazionale dello stesso sicché, ove si tratti di relatio operata nei confronti di un atto conosciuto ovvero conoscibile con la ordinaria diligenza da parte dei soggetti destinatari del secondo atto, quest'ultimo è indubbiamente di per sé valido, non mutuando necessariamente i vizi propri dell'atto riferito, presentando, semmai, ma autonomamente, i medesimi vizi di quello, sempre che gli stessi riguardino la motivazione dell'atto in questione, e sempre che la relatio sia stata operata con riguardo ad una parte della motivazione dell'atto riferito affetta, a sua volta, da vizio di motivazione. Circostanza questa ultima che non risulta essersi verificata nel caso di specie, posto che, per quanto riferito dalla stessa ricorrente difesa, il vizio di motivazione della primigenia ordinanza del Gip di Brescia concerneva il punto relativo alla sussistenza del periculum in mora mentre la relatio operata in occasione della seconda ordinanza impositiva della misura aveva ad oggetto la motivazione della precedente ordinanza rimasta inconcussa in punto di fumus delicti si tratta, pertanto, di due aspetti della motivazione fra loro indipendenti per cui il rilevato vizio riguardante il primo non esclude che, quanto al secondo profilo, la precedente ordinanza possa essere legittimamente richiamata quale riferimento testuale del successivo provvedimento. Per le esposte ragioni il primo motivo di ricorso è, in definitiva, infondato. Quanto al secondo motivo di impugnazione, afferente alla ritenuta inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie rese da tale G.R. , il quale, ad avviso della ricorrente difesa, doveva essere ascoltato con le garanzie proprie del soggetto coindagato - in quanto solo formalmente succeduto al M. nella carica di legale rappresentante della G.C. Srl, - in assenza delle quali quanto da lui riferito non sarebbe utilizzabile, si rileva, in prima battuta, che siffatta doglianza non emerge in occasione della sintesi dei motivi addotti dalla difesa della G.C. in sede di ricorso di fronte al Tribunale del riesame, sicché la stessa non è ora proponibile ex novo di fonte al questo giudice della legittimità. Si osserva, infatti, che se l'omesso espletamento delle procedure garantistiche dettate dagli artt. 63 e 64 c.p.p. può integrare una ipotesi di nullità di carattere assoluto, rilevabile anche ex officio in ogni stato e grado del procedimento ai sensi del combinato disposto dell' art. 178, comma 1, lettera c , e dell'art. 179, comma 1, c.p.p. laddove, le stesse concernano le modalità di prolazione delle dichiarazioni autoaccusatorie del soggetto esaminato, di tal che il contenuto di dette dichiarazioni non è utilizzabile e tale caratteristica, rilevante anche in sede cautelare, è suscettibile di essere denunziata anche per la prima volta di fronte a questa Corte di legittimità sulla possibilità di far valere una inutilizzabilità di carattere assoluto non eccepita di fronte al giudice del riesame per la prima volta in sede di impugnazione di fronte al giudice della legittimità della ordinanza resa in fase di riesame cautelare Corte di cassazione, Sezione VI penale, 28 luglio 2020, n. 22808 , lo stesso non può, invece, dirsi in caso di dichiarazioni eteroaccusatorie, in relazione alle quali la inutilizzabilità erga omes è conseguenza della sola originaria presenza di elementi che avrebbero giustificato la adozione, nell'esame del teste, delle cautele previste dall' art. 63 c.p.p. , mentre la sopravvenienza di tali elementi nel corso della deposizione del teste comporta la inutilizzabilità nei soli suoi confronti delle sole dichiarazioni autoindizianti rese da costui anteriormente alla interruzione delle operazioni legate al suo esame, obbligatoria, una volta emersi gli elementi indizianti a suo carico, ed all'apprestamento delle citate misure di garanzia, mentre per le dichiarazioni eteroindizianti la inutilizzabilità erga omnes ha ad oggetto solo quelle rese successivamente all'infruttuoso verificarsi delle condizioni per l'attivazione delle garanzie di cui all' art. 63, comma 1, c.p.p. sulla inutilizzabilità erga omnes delle sole dichiarazioni successive cfr. Corte di cassazione, Sezione II penale, 19 ottobre 2020, n. 28492 . Tanto considerato, si rileva, quanto al caso di specie, che il ricorrente non ha indicato, come sarebbe stato suo preciso onere ai fini della necessaria specificità del ricorso, quali fossero le ragioni per le quali il G. doveva essere sentito ab initio, cioè non in funzione di quanto da lui dichiarato nel corso delle sommarie informazioni testimoniali da lui rese ma sulla base di elementi già originariamente in possesso degli organi investigativi, con le garanzie previste dagli artt. 63 e 64 c.p.p. . Anche il secondo motivo di ricorso - stante la individuata mancanza della necessaria specificità in ordine ad un aspetto determinante della vicenda, atteso che solamente la originarietà del vizio procedimentale, avrebbe comportato la radicale inutilizzabilità di tutte le informazioni trasmesse dal G. - è, pertanto, privo di pregio. Fondato è, invece, il terzo motivo di ricorso. Con esso la difesa della G.C., si è doluta della circostanza che il sequestro preventivo sia stato esteso anche ai beni patrimoniali ad essa riferiti, sulla base del solo elemento presupposto che il soggetto indagato, cioè M.G. , fosse il legale rappresentante, oltre che della M. Srl cioè la società commerciale attraverso la quel sarebbe stato perpetrato l'illecito tributario da parte dello stesso M. , anche della predetta G.C La doglianza è, come detto, fondata. Deve, infatti, premettersi che, per come puntualmente riportato nel provvedimento impugnato, a carico di M. sono emersi elementi deponenti per la commissione da parte sua del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 2, in quanto lo stesso, agendo nella qualità di legale rappresentante della M. Srl, avrebbe indicato nelle dichiarazioni fiscali dalla medesima presentate elementi di reddito passivi fittizi documentati attraverso la produzione di fatture emesse dalla Gigal Fer di O.M. e dalla New Service Srls in ragione di tale fattore il Gip del Tribunale di Brescia ha emesso provvedimento di sequestro preventivo, sino alla concorrenza della somma di Euro 237.025,92 in danno della M. Srl ed in caso di incapienza di questa in danno di M. ha altresì precisato il Tribunale di Brescia che il sequestro è stato materialmente eseguito anche su beni depositato su di un conto corrente bancario intestato della G.C. Srl, società della quale il M. era legale rappresentante ed aveva la delega ad operare su predetto conto corrente. Rileva il Collegio che erroneamente il Tribunale ha ritenuto, a fronte della impugnazione del provvedimento cautelare emesso dal Gip promanante dalla G.C., correttamente eseguito il sequestro in danno della medesima e ciò sotto un duplice ordine di motivi. In primo luogo, il giudice del riesame cautelare, il quale ha fondato la propria decisione sulla ritenuta disponibilità da parte del M. dei beni patrimoniali facenti capo alla G.C., società in merito alla quale non viene segnalata alcuna partecipazione alla attività frodatoria posta in essere, nella diversa qualità di legale rappresentante della M. Srl, dall'indagato, non ha tenuto conto del fatto che, nelle more, la delega ad operare sul conto corrente bancario attinto dalla misura cautelare, elemento che avrebbe dimostrato il fatto che le somme ivi depositate erano nella disponibilità dell'indagato, era stata revocata al M. . Ma, in via ancora più generale, ritiene il Collegio che il Tribunale di Brescia abbia fatto cattivo governo della pur condivisibile regola secondo la quale il provvedimento di sequestro, funzionale alla successiva confisca ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 12-bis può avere ad oggetto anche beni che siano non necessariamente nella titolarità dell'indagato ma anche solamente nella sua disponibilità, dovendosi ritenere che tale nozione corrisponda piuttosto a quella civilistica di possesso che non alla piena titolarità che deriva dalla proprietà del bene in questione in tal senso si veda, per tutte, da ultimo Corte di cassazione, Sezione III penale, 17 settembre 2021, n. 34602 . Infatti, nelle presente fattispecie i beni di cui attualmente si discute, cioè quelli oggetto di sequestro preventivo appartenenti alla G.C. Srl, non possono definirsi nella disponibilità del M. , posto che gli stessi costituiscono il patrimonio della predetta società che, come dianzi evidenziato, è rispetto al reato e rispetto allo stesso indagato un soggetto apparentemente del tutto terzo ed autonomo, dotato, cioè, di una propria distinta ed autonoma soggettività giuridica. Tale sua caratteristica è idonea a consentire l'attivazione del limite alla confiscabilità dei beni costituenti il profitto od il prezzo conseguito attraverso la commissione dei reati tributari stabilito dal citato D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 12-bis , laddove esso precisa che la confisca non opera, e pertanto non è legittimo il sequestro che sia strumentale ad essa, laddove essa abbia ad oggetto beni che appartengano a persona estranea al reato . Dovendo puntualizzarsi che il predetto limite deve intendersi operativo anche in caso di confisca per equivalente, in ordine alla quale significativamente il legislatore ha posto la condizione, il cui contenuto è stato dianzi precisato, che il bene, ancorché non costituente direttamente il profitto ovvero il prezzo del reato, sia, in ogni caso, nella disponibilità del reo, si rileva altresì che tale disponibilità non può essere desunta sulla base della semplice qualifica ricoperta da quest'ultimo di legale rappresentante di una entità giuridica che sia rispetto al reato del tutto terza, potendo essere squarciato il sipario della soggettività giuridica, che tiene fermamente diviso l'ente rappresentato dai suoi organi, solo nel caso in cui emerga che l'ente impersonale non sia estraneo alla commissione del reato circostanza questa che non risulta ricorrere nella fattispecie ovvero che I stesso costituisca una mera apparenza giuridica, trattandosi di soggetto del tutto evanescente il quale costituisca esclusivamente un mero schermo al di là del quale operi il soggetto indagato. Sarebbe, d'altra parte, frutto di una evidente assurdità, logica prima ancora che giuridica, consentire il sequestro per equivalente in danno del soggetto giuridico impersonale che pur si sia giovato del reato nella sola ipotesi in cui questo sia, appunto, un mero schermo volto a celare la posizione di altro individuo persona fisica cfr. infatti Corte di cassazione, Sezione I penale, 8 novembre 2018, n. 50 823 e consentirla, invece, in danno di un ente impersonale terzo rispetto al reato in ipotesi commesso, sol perché il suo legale rappresentante abbia, in altra diversa veste, perpetrato il reato in questione. In altre parole, la misura ablatoria, a prescindere dal fatto che l'illecito di cui si tratta abbia riguardato la società commerciale attinta dalla misura cautelare reale finalizzata al sequestro per equivalente, ben potrà essere disposta in danno di questa, ma solo in quanto essa sia priva di autonomia e costituisca un mero schermo attraverso cui l'indagato agisca come effettivo titolare dei beni Corte di cassazione, Sezione III penale, 9 dicembre 2020, n. 34956 . Elemento, quest'ultimo, sul quale il Tribunale del riesame nulla ha chiarito e che, pertanto, giustifica l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata, affinché sia meglio chiarita, dal Tribunale di Brescia, in diversa composizione personale, quale giudice del riesame cautelare reale, con specifico riferimento alla possibilità di assoggettare al sequestro preventivo de quo anche i beni della G.C. Srl, la sussistenza o meno delle condizioni a ciò legittimanti. PQM Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Brescia, competente ai sensi dell 'art. 324 c.p.p ., comma 5.