Tratta la compagna come una sua proprietà e le fa tatuare il proprio nome sul viso: condannato per maltrattamenti in famiglia

Irrilevante, chiariscono i Giudici, il fatto che la relazione tra l’uomo e la donna sia durata poco, neanche un mese. Ciò che conta è che la coppia progettava di prolungare la vita in comune. Incontestabile poi la deformazione subita dalla donna.

Condannato per maltrattamenti in famiglia l'uomo che ha trattato la compagna come una schiava di sua proprietà, arrivando a obbligarla farsi il nome di lui sul viso. Ricostruita la triste vicenda, sono emersi gli assurdi comportamenti tenuti dall' imputato , che prima ha instaurato una relazione con una ragazza , contattandola su un noto social network, e poi l'ha trattata non come una compagna di vita ma come un oggetto di sua proprietà , riducendola in una condizione paragonabile alla schiavitù, con tanto di minacce e aggressioni fisiche, e obbligandola alla lettura forzata della Bibbia e del Vangelo. A completare il terribile quadro, infine, anche l'episodio più assurdo l'uomo ha fatto tatuare il proprio nome sul viso della donna , quasi a marchiarlo come una sua proprietà. Per i giudici di merito è sacrosanta la condanna dell'accusato, ritenuto colpevole di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali , con l'aggiunta del reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso , reato commesso inducendo in errore l'esecutore materiale di alcuni tatuaggi impressi sul volto della donna circa la sussistenza del consenso di quest'ultima , e sanzionato con sei anni di reclusione. Col ricorso in Cassazione l'uomo prova a fornire la propria versione, spiegando di non avere mai costretto la donna a lasciarsi tatuare il volto e sostenendo sia impossibile ipotizzare il reato di maltrattamenti in famiglia, poiché, a suo dire, non vi è stato alcun stabile rapporto di continuità familiare né alcun legame di reciproca assistenza per un apprezzabile periodo di tempo con la donna, essendo la loro relazione durata solo quattordici giorni . I Giudici di terzo grado ribattono ritenendo irrilevante il riferimento alla breve durata del rapporto tra l'uomo e la donna . Ciò perché è emerso che il rapporto tra i due, pur non essendo durato a lungo, è stato intenso e stabile e difatti la coppia progettava di prolungare la vita in comune . Logico, quindi, riconoscere l'esistenza di un rapporto di convivenza giuridicamente rilevante nell'ottica del reato di maltrattamenti in famiglia, reato che, ricordano i Giudici, è configurabile anche in presenza di un rapporto di convivenza di breve durata, instabile e anomalo, purché sia sorta una prospettiva di stabilità e un'attesa di reciproca solidarietà . Incontestabile, infine, anche la deformazione subita dalla donna, costretta, come detto, a tatuarsi sul viso il nome del compagno.

Presidente Palla Relatore Cirillo Ritenuto in fatto 1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 19 febbraio 2021 dalla Corte di appello di Roma, che ha confermato la sentenza del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Velletri, resa all'esito di rito abbreviato, che aveva condannato L.A. per l'reati di cui agli artt. 572, 582 e 583-quinquìes c.p. , commessi in danno della compagna convivente D.C.F. . In particolare, il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso sarebbe stato commesso inducendo in errore l'esecutore materiale di alcuni tatuaggi impressi al volto della vittima, circa la sussistenza del consenso di quest'ultima. 2. Contro la sentenza della Corte di appello, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia. 2.1 Con un primo motivo, deduce l'inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 393, 395 e 396 c.p.p. , per l'omessa notifica al difensore di fiducia dell'ordinanza di ammissione dell'incidente probatorio, relativo alla deposizione della persona offesa. Rappresenta che il difensore di fiducia dell'imputato è l'avvocato V.A.C., con studio , con p.e.c. omissis la notifica dell'ordinanza in questione era stata, invece, notificata all'omonimo avvocato V.C., con studio , con p.e.c. omissis l'incidente probatorio si era svolto senza la partecipazione del difensore di fiducia, ma con l'assistenza di un difensore d'ufficio nel corso del giudizio abbreviato la difesa aveva tempestivamente eccepito l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa il giudice dell'udienza preliminare aveva rigettato l'eccezione la difesa aveva riproposto l'eccezione in secondo grado, facendone specifico motivo d'appello la Corte di appello aveva ritenuto infondato il motivo, aderendo alla motivazione del giudice di primo grado. La parte evidenzia che, in alcune istanze aventi diverso oggetto presentate dal L. al giudice per le indagini preliminari il 18 e il 25 gennaio 2020, erano stati correttamente indicati l'indirizzo e il numero di telefono dell'effettivo difensore di fiducia dati che avrebbero dovuto evitare qualsiasi equivoco in ordine all'esatta identificazione del difensore nominato. La parte deduce che, trattandosi di nullità di carattere assoluto, essa può essere fatta valere anche nell'ambito del giudizio abbreviato. 2.2 Con un secondo motivo, deduce l'inosservanza della legge penale, in relazione all' art. 572 c.p. . Sostiene che non sarebbe configurabile la fattispecie di maltrattamenti contro familiari e conviventi, atteso che, nel caso in esame, non vi sarebbe stato alcun stabile rapporto di continuità familiare nè alcun legame di reciproca assistenza per un apprezzabile periodo di tempo la relazione tra il L. e la D.C. sarebbe durata solo quattordici giorni. 2.3 Con un terzo motivo, deduce l'inosservanza della legge penale e delle norme processuali, in relazione agli artt. 582 e 585 c.p. e 336 e 337 c.p.p Rappresenta che il reato di lesioni è stato confessato dall'imputato, in sede di interrogatorio, ma in relazione a esso la persona offesa non ha presentato querela. La procedibilità d'ufficio è legata alla contestata aggravante del nesso teleologico con il reato di maltrattamenti, che, tuttavia, una volta ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso, verrebbe meno, rendendo il reato perseguibile solo a querela. 2.4 Con un quarto motivo, deduce il vizio di motivazione e l'inosservanza della legge penale, in relazione al reato di cui all' art. 583-quinquies c.p. . Sostiene che la sentenza di secondo grado, nella parte relativa al reato in questione, sarebbe del tutto priva di motivazione, avendo la Corte di appello solo aggiunto qualche osservazione alle riflessioni svolte dal primo giudice . Entrambe le sentenze di merito sarebbero prive di effettiva motivazione, perché si baserebbero sulle dichiarazioni della persona offesa, che sarebbero inutilizzabili in quanto rese nel corso di un incidente probatorio, al quale il difensore di fiducia non aveva partecipato per omessa notifica. I giudici di merito, inoltre, non avrebbero adeguatamente valutato le dichiarazioni rese dai testi P.G. , C.L. e G.C. , dalle quali si dovrebbe desumere che l'imputato non avrebbe costretto la persona offesa a lasciarsi tatuare il volto. 3. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. 4. L'avv. Carolina Nicolosi, per la parte civile, ha depositato memoria scritta, con la quale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso ovvero di rigettarlo. 5. L'avv. V.A.C., nell'interesse dell'imputato, ha presentato memoria scritta, insistendo per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato. 1.1. Il primo motivo di ricorso, relativo all'omessa notifica al difensore di fiducia dell'ordinanza di ammissione dell'incidente probatorio, è infondato. Dagli atti che possono essere analizzati, essendo stata dedotta l'inosservanza di norme processuali , emerge che il L. , in data 3 gennaio 2020, presso la matricola del carcere, ha nominato l'avvocato V.C. del foro di Roma, senza fornire alcun altro dato. In assenza di ulteriori indicazioni, la notifica del provvedimento relativo all'incidente probatorio, effettuata il 13 gennaio 2020 all'avv. V.C. e non all'avv. V.A.C. , appare correttamente eseguita. Solo l'8 aprile 2020, con la procura speciale per l'istanza di giudizio abbreviato, l'indagato ha fatto specifico riferimento all'avv. V.A.C Tale atto, però, era successivo alla notifica in questione e, addirittura, all'udienza dell'incidente probatorio. Analogo discorso vale per le istanze indirizzate al Giudice per le indagini preliminari, presentate solo il 18 e il 25 gennaio 2020, e, dunque, ininfluenti rispetto alla precedente notifica. Va, peraltro, evidenziato che si tratta di istanze che non contengono alcuna nomina e nelle quali il difensore viene ancora una volta indicato con le generalità di V.C Esse, per il solo fatto di indicare l'indirizzo e il numero di telefono dell'avv. V.A.C., non erano certo idonee a superare la nomina fatta in carcere. Va, peraltro, evidenziato che le sentenze di merito, nel ricostruire il fatto, utilizzano, essenzialmente, le dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di sommarie informazioni testimoniali - i cui verbali erano pienamente utilizzabili, in ragione del rito scelto dall'imputato - e non quelle rese nel corso dell'incidente probatorio. 1.2. Anche il secondo motivo, relativo alla breve durata del rapporto tra l'imputato e la persona offesa, è infondato. Dalla sentenza impugnata, infatti, emerge che il rapporto tra i due, pur non essendo durato a lungo, è stato intenso e stabile e che la coppia progettava di prolungare la vita in comune. La Corte di appello, pertanto, ha fondatamente ritenuto integrato un rapporto di convivenza giuridicamente rilevante ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui all' art. 572 c.p. . Al riguardo, va rilevato che È configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia anche in presenza di un rapporto di convivenza di breve durata, instabile e anomalo, purché sia sorta una prospettiva di stabilità e un'attesa di reciproca solidarietà Sez. 6, n. 17888 dell'11/02/2021, O., Rv. 281092 . 1.3. È infondato anche il terzo motivo di ricorso, relativo all'aggravante del nesso teleologico. Infatti, essendo infondato il secondo motivo di ricorso, rimangono ferme la contestata aggravante del nesso teleologico e la procedibilità d'ufficio. 1.4. Il quarto motivo di ricorso è infondato relativamente alla questione della presunta inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e inammissibile in ordine alle altre censure. Quanto alle dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di incidente probatorio si è già evidenziato che esse sono pienamente utilizzabili, poiché rese nell'ambito di un incidente probatorio, nel quale il contraddittorio era stato regolarmente costituito. Va, peraltro, ribadito che le sentenze di merito si basano, essenzialmente, sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di sommarie informazioni testimoniali e non su quelle rese nel corso dell'incidente probatorio. Inammissibili sono le restanti censure mosse con il quarto motivo di ricorso. Il ricorrente, invero, ha articolato censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie del vizio di motivazione e dell'inosservanza della legge penale, ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , sono all'evidenza dirette a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte di appello e una pronuncia su una diversa ricostruzione dei fatti Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano . Egli, in realtà, non deduce alcun effettivo travisamento della prova o una manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, ma offre al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari che tendono a sollecitare un'inammissibile rivalutazione dei fatti nella loro interezza Sez. 3, n. 38431 del 31 gennaio 2018, Ndoja, Rv. 273911 . Le sentenze di merito sono motivate in maniera adeguata e coerente e risultano prive di vizi logici desumibili dal testo del provvedimento. 2. Al rigetto del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Il ricorrente, altresì, è tenuto alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla costituita parte civile, che vanno liquidate complessivamente in Euro 3.510,00, oltre accessori di legge. 3. La natura dei rapporti oggetto della vicenda impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, D.C.F. , che liquida in complessivi Euro 3.510,00, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 52 , in quanto imposto dalla legge.