Account no vax bloccato. Il “Tribunale di Facebook” fagocita le democrazie territoriali

Account diffonde post senza commento contenente il link al discorso di una deputata No Vax. Scatta il Tribunale di Facebook” rimozione post e blocco account. La salute pubblica vince sulla libertà di espressione critica politica nel bilanciamento calibrato sugli standard della Community di Facebook. Chi opera questo bilanciamento in prima istanza? Il Giudice? No, il Tribunale di Facebook”.

La gestione del delicato equilibrio tra i diritti costituzionali fondanti è stato delegata a un soggetto privato. Un moderatore che non può essere controllato, un soggetto che censura le opinioni e le opinioni politiche annullandole nel proprio grembo tecnologico, materno di un nuovo ordinamento giuridico” che fagocita le nostre democrazie territoriali. Il caso. Una utente di Facebook titolare di un account personale e fondatrice di un gruppo chiuso, attiva un procedimento d'urgenza per ottenere la cessazione dell'oscuramento di un proprio post diffuso nel gruppo chiuso e del blocco dell'account. Si tratta di un post privo di commento e contenente unicamente il link al discorso di una parlamentare No Vax esposto in aula e trasmesso dalla RAI nonché riportato da vari giornali. Preme evidenziare che il post è stato diffuso in un gruppo chiuso. La deputata è dichiaratamente contro la linea assunta dal Governo nell'affrontare la pandemia e rende pubblici dei dati secondo cui i vaccini anti COVID-19 sarebbero delle sperimentazioni geniche e causerebbero danni gravi addirittura fino alla morte. Pare che nel discorso non siano state citate Autorità Sanitarie accreditate e che la relativa valenza scientifica non sia stata dimostrata. Tuttavia, si tratta di una critica politica della deputata e dell'utente diffonditrice del link al discorso che in quanto tale non può sottoporsi a censura. Nonostante la pronunzia veramente illuminante, pare che il Giudice di Varese non abbia rilevato l'esistenza dell'aspetto censorio e abbia ritenuto invece il post inammissibile perché contrario agli standard della Community di Facebook e privo della scriminante” della lesione dell' articolo 21 Cost. . L'Autorità Giudicante si cimenta in un'analisi assai complessa tra diritto internazionale, disciplina consumeristica, diritti costituzionali e normative” !!! di Facebook. Dopo aver risolto il nodo della giurisdizione sulla scorta dell' articolo 18 del Regolamento numero 1215/2012 e quello della legge applicabile in forza dell' articolo 6 del Regolamento numero 593/2008 cd Roma I , a cascata deduce la natura del servizio del social media quale contratto per adesione a prestazioni corrispettive circoscrive il perimetro dell'inadempimento contrattuale del social network analizza molto approfonditamente la complicata questione della vessatorietà delle clausole negoziali in riferimento alla lesione o meno della libertà di espressione ex articolo 21 Cost. da parte degli standard della Community sulla disinformazione sanitaria. Verifica la vessatorietà nel caso concreto. Servizio social network contratto per adesione a prestazioni corrispettive. Il ricorso trova fondamento nell'asserita natura giuridica del servizio del social network quale contratto per adesione a prestazioni corrispettive e quindi a titolo oneroso. L'utente infatti accetta le condizioni unilateralmente predisposte da Facebook contratto per adesione . Questo contratto per adesione è a prestazioni corrispettive e dunque a titolo oneroso. L'onerosità della prestazione dei dati personali da parte dell'utente si individua nella loro valenza economica per le inserzioni pubblicitarie. Nell'incipit delle Condizioni d'uso si legge anziché richiedere all'utente un pagamento, […] Facebook riceve una remunerazione dalle aziende per mostrare agli utenti inserzioni relative ai loro prodotti o servizi . Le prestazioni corrispettive Facebook fornisce lo spazio digitale in cui l'utente può esprimere le proprie idee e comunicarle e/o condividerle mentre l'utente fornisce i propri dati personali e accetta di vedere le inserzioni pubblicitarie. L'inadempimento contrattuale di Facebook. L'inadempimento contrattuale del social network - obbligatosi verso l'utente a fornire uno spazio in cui esprimere le proprie idee e comunicarle e/o condividerle con gli altri – si verifica quando viene meno a tale obbligo interrompendo la prestazione del servizio senza una giusta causa. La ricorrente sostiene il difetto della giusta causa per l' interruzione del servizio perché Facebook non ne fornisce alcuna motivazione specifica, limitandosi ad avvisare che il post non rispetta una o più condizioni d'uso in riferimento agli standard della Community. Del resto, la ricorrente denuncia anche la vessatorietà delle clausole contrattuali in quanto comportanti uno squilibrio negoziale in favore del Professionista ovvero del social media, implicante violazione degli artt. 21 e 49 Cost. perché l'interruzione del servizio ha impedito all'utente di manifestare le proprie idee personali e politiche. Le clausole vessatorie, l'autotutela di Facebook e gli standard della Community. La ricorrente eccepisce la vessatorietà delle clausole contrattuali e quindi la nullità delle stesse ex articolo 36 d.lgs. numero 260/2005 - Cod. Consumo che attribuiscono al Professionista-Facebook il diritto unilaterale di sospendere a suo insindacabile giudizio la propria prestazione [autotutela] conservando il diritto di fruire della controprestazione . Secondo il contratto unilaterale, Facebook in autotutela può stabilire la sospensione o chiusura dell'account nei seguenti casi se determiniamo che l'utente ha violato chiaramente, seriamente o reiteratamente le nostre condizioni o normative, fra cui in particolare gli Standard della Community, potremmo sospendere o disabilitare in modo permanente l'accesso dell'utente al suo account . Quali sono gli Standard della Community violati dalla ricorrente? Gli Standard della Community sono distinti in 5 gruppi i violenza e comportamenti criminali ii sicurezza iii contenuti deplorevoli iv integrità e autenticità v rispetto della proprietà intellettuale . Ciascun gruppo a sua volta viene distinto in sezioni e la sezione inerente al caso sotteso è la sezione rubricata disinformazione” che si trova nel gruppo iv ”integrità e autenticità”. Sezione che secondo il social media sarebbe stata violata dalla ricorrente. Questa sezione specifica le ipotesi di disinformazione fake news in tema di COVID-19 evidenziando che la valutazione su tali dati viene condotta in linea con quanto stabilito secondo le maggiori Autorità Sanitarie Pubbliche [Facebook rimuoverà] i casi di disinformazione [ovvero fake news] durante le emergenze sanitarie pubbliche quando le autorità sanitarie concludono che le informazioni sono false e in grado di alimentare il rischio imminente di violenza fisica, anche contribuendo al rischio che le persone contraggano o diffondano una malattia pericolosa o rifiutino il vaccino associato . La clausola stabilente la rimozione di fake news durante le emergenze sanitarie pubbliche può inquadrarsi in astratto come clausola vessatoria? Il Tribunale di Varese Ordinanza numero 1181, 2.08.22 ritiene che in astratto tale clausola non può considerarsi vessatoria entro il limite ovvero fino a quando non comporti uno squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti che nella nostra fattispecie si tradurrebbe nella lesione del diritto alla libertà di espressione e non in una meno invasiva limitazione. Questo perché il nostro ordinamento ammette delle limitazioni del diritto alla libertà di espressione ex articolo 21 Cost. però non ammette delle lesioni dello stesso. Pertanto, è consentito limitare il diritto alla libertà di espressione per la garanzia di diritti pari rango come l'autenticità, la sicurezza, la privacy, la dignità e – come nel nostro caso – la salute pubblica. Appurato – secondo il Tribunale di Varese – che in astratto non è vessatoria la clausola limitativa della libertà di espressione a favore della sanità pubblica, dobbiamo capire invece se sia vessatoria nel nostro caso concreto. La vicenda de quo vede la rimozione di un post contenente il link al discorso di una deputata - esposto in aula e diffuso tramite la RAI e i giornali - in cui si esprime una feroce critica alla politica sulla pandemia assunta dal Governo accompagnata dal rilievo di dati provenienti dalla stessa deputata secondo cui i vaccini sarebbero degli esperimenti genici ed inoltre sarebbero gravemente dannosi e addirittura letali. Il Giudice di Varese distingue due profili di questo discorso il profilo certamente ammissibile della critica politica e il profilo informativo inammissibile in quanto non confortato da fonti scientifiche accreditate. In quest'ultimo aspetto del discorso vengono diffuse informazioni che secondo gli Standard della Community di Facebook costituiscono delle fake news i vaccini sono esperimenti, sono dannosi, sono letali e quindi, rilevata la contrarietà del discorso linkato agli Standard del social media, il Giudice conclude che anche nel caso concreto la clausola non è vessatoria e dunque che non esiste nessuno squilibrio contrattuale a favore del Professionista-Facebook. Il Giudice non prende in considerazione il fatto che tale post era stato diffuso in un gruppo chiuso. Il ricorso è rigettato con compensazione delle spese stante la novità e la complessità delle questioni trattate. Il Tribunale di Facebook” fagocita le democrazie territoriali. Facebook privato e Facebook pubblico questo troviamo nelle Condizioni d'uso del social media. I contenziosi come quello in oggetto rivelano l'incontenibile presenza pubblica del social media ormai divenuto Tribunale di prima istanza del conflitto tra libertà di espressione e sicurezza pubblica, tra libertà di espressione e salute pubblica, tra libertà di espressione e diritti della persona reputazione, identità, privacy . Si tratta di uno dei media maggiormente influenti sull'opinione pubblica ma la sua natura privata e apolide lo sottrae alla necessaria regolamentazione che la nostra Corte Costituzionale riserva ai media dotati di una notoria capacità di immediata e capillare penetrazione nell'ambito sociale e di peculiare capacità di persuasione e d'incidenza sulla formazione dell'opinione pubblica nonché sugli indirizzi socio-culturali Corte cost., sent. numero 155/2002 . L'Unione Europea ha delegato la funzione di moderatore Codice di condotta sulla disinformazione 2018 ora novellato dal Codice Rafforzato di buone pratiche 2022 a un soggetto che non può controllare, a un soggetto che censura le opinioni e le opinioni politiche annullandole nel proprio grembo tecnologico, materno di un nuovo ordinamento giuridico” che fagocita le nostre democrazie territoriali. Facebook o Meta si considera già un ordinamento giuridico. Infatti ogni sezione degli Standard della Community contiene una prima parte rubricata con un titolo molto eloquente al riguardo Fondamento della normativa” https //transparency.fb.com/it-it/policies/community-standards/?source=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fcommunitystandards%2F Il Trib. Chieti Ord. 29.01.20 confermato da App. L'Aquila numero 1659 – 9.11.21 Caso CasaPound ha invece stigmatizzato la censura di Facebook secondo cui pubblicare la foto di Mussolini nel giorno del relativo compleanno è propaganda del fascismo. Insomma, non importa essere no vax oppure estimatori di Mussolini per respingere con forza qualsiasi tipo di censura sulla libertà di espressione e/o sulla libertà delle opinioni politiche e tanto meno la censura di un soggetto privato.

Giudice Recalcati Fatto e diritto 1. Svolgimento del processo e sintetica esposizione delle domande e delle allegazioni delle parti 1.1 Con ricorso presentato in data 2 ottobre 2021 omissis ha convenuto in giudizio F. di seguito solo F. allegando - di essere titolare dal 25 febbraio 2012 di un profilo personale sulla piattaforma network F. avente URL - di essere altresì titolare di un gruppo, denominato avente URL al quale partecipano 757 membri - di utilizzare il social network per condividere i propri pensieri e le proprie convinzioni - che la società convenuta aveva in diverse occasioni limitato ed impedito l'accesso e l'operatività del suo account personale ritenendo la condotta da lei tenuta contraria a certe regole di comportamento, c.d. Standard della Community, previste dalla piattaforma - che, in particolare, l'operatività del proprio account personale era stata sospesa per la durata di 24 ore in data 27 dicembre 2020, per la durata di tre giorni in data 28 luglio 2021, per la durata di dieci giorni in data 20 agosto 2021, per la durata di 30 giorni in data 10 settembre 2021 - che in data 10 settembre 2021 era stata bloccata anche la sua partecipazione ai gruppi - che, con riferimento all'ultimo episodio citato, lo stesso era stato originato dalla pubblicazione di un post, senza alcun commento, contenente il link ad un video che riprendeva l'intervento alla Camera dei Deputati dell'on. omissis nel corso della seduta parlamentar e del medesimo giorno, intervento nell'ambito del quale la stessa affrontava il tema del Covid-19 e della gestione politica della pandemia che aveva chiesto a F. il riesame della decisione, ma nulla era stato risposto dalla società convenuta - che il contratto concluso con F. doveva qualificarsi come contratto a prestazioni corrispettive, atteso che F., anziché richiedere all'utente un pagamento per l'utilizzo della piattaforma, riceve una remunerazione da parte delle aziende che effettuano le inserzioni pubblicitarie sulla piattaforma stessa, servendosi dei dati personali che l'utente ha acconsentito di mettere a disposizione - che la limitazione del proprio profilo configurava un inadempimento contrattuale della convenuta, atteso il contenuto della prestazione assunta da F. al momento della conclusione del contratto, consistente nel garantire all'utente la possibilità di esprimersi e comunicare in relazione agli argomenti di proprio interesse, nonché una violazione dei diritti costituzionali, in particolare del diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero, garantito dall'art. 21 della Carta Costituzionale e dalle convenzioni internazionali - che gli Standard della Community dovevano ritenersi nulli perché in contrasto con i diritti costituzionali - che la restrizione dei propri account era arbitraria, illecita e gravemente lesiva dei propri diritti, atteso che i vaghi riferimenti alla violazione degli Standard della Community nascondevano una censura arbitraria e lesiva dei diritti dell'utente, anche in ragione del fatto che F., essendo un mero gestore di piattaforme, non avrebbe avuto titolo per imporre alla comunicazione dei singoli l'allineamento ad una certa ideologia - che il post causa della sanzione da ultimo applicata conteneva le dichiarazioni di una parlamentare, rilasciate nel corso di una seduta pubblica della Camera dei Deputati, senza alcun commento e, pertanto, la propria condotta non poteva ritenersi contraria agli Standard della Community, anche perché consistente nella espressione di un pensiero politico in senso lato e pertanto tutelata non solo dall' art. 21 della Cost. , ma anche dall' art. 49 della Cost. - che la condotta della convenuta aveva impedito la piena realizzazione della sua personalità sociale e la diffusione del suo pensiero, anche considerato il trasferimento della dimensione sociale delle persone sulla rete a causa delle restrizioni imposte dal Governo per limitare la diffusione del Covid-19 - che l'oscuramento da parte di F. dei suoi post e il blocco dei suoi account aveva impedito la piena realizzazione della sua personalità sociale e la diffusione del suo pensiero, integrando una violazione degli artt. 2 e 21 della Cost. , nonché atteso il contenuto del post del 10 settembre 2021, altresì una violazione dell' art. 49 Cost. - che il danno conseguente alle limitazioni e sospensioni operate da F. non poteva essere emendato creando un nuovo profilo personale, atteso che in questo modo verrebbe comunque persa tutta la rete di relazioni intessuta nel precedente periodo di partecipazione al social network. Tutto ciò allegato, la ricorrente ha chiesto al Tribunale i di accettare e dichiarate l'illegittimità della restrizione del proprio account di F. identificato con URL omissis avvenuta il 10/09/2021 nonché della medesima restrizione imposta alla di lei operatività come fondatrice al gruppo omissis identificato con l'indirizzo URL omissis ii per l'effetto, ordinare a F. l'immediato inserimento del contenuto impedito nell'account del ricorrente permettendone la visione da parte dell'utenza, nonché ordinare alla medesima la riattivazione dell'account personale e del Gruppo omissis riferibili alla resistente restituendone a quest'ultima disponibilità della gestione, dell'utilizzo e di tutti i contenuti ed i collegamenti presenti al momento del distacco iii di condannare la resistente, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente, quantificabili in via equitativa e, comunque, in una somma non inferiore ad € 100,00 per ogni account e per ogni giorno di sospensione per un totale di € 200,00 giornalieri dalla data del 10/09/2021 fino all'effettivo ripristino della piena funzionalità degli account e della restituzione e ripubblicazione dei contenuti oggetto di censura ovvero a quella maggiore o minore somma che risulterà di giustizia. iv ai sensi e per gli effetti dell' art. 614 bis c.p.c. imporre al resistente il pagamento nei confronti del ricorrente di una penale pari ad Euro 500,00 giornalieri, ovvero nella diversa somma ritenuta di giustizia, per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dell'ordine di reintegra in caso di accoglimento del ricorso v ai sensi del combinato disposto degli artt. 2058 c.c. , 120 e 614 bis c.p.c., condannare la resistente alla pubblicazione su due quotidiani nazionali per una volta e/o sugli account intestati alla ricorrente per la durata di giorni 15 della sentenza di condanna prevedendo altresì, in caso di inadempimento al suddetto obbligo, una sanzione giornaliera di € 200,00 da corrispondersi a favore della ricorrente o di quella diversa somma ritenuta di giustizia vi di condannare la resistente alla rifusione delle spese ed onorari di lite. 1 . 2 Con decreto del 3 novembre 2021 è stata fissata la prima udienza in data 16 febbraio 2022, poi rinviata d'ufficio al 23 marzo 2022 con decreto del Presidente del Tribunale del 7 febbraio 2022 e riassegnata alla scrivente con il decreto del Presidente del Tribunale n. 12 del 2022 . 1.3 Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 4 febbraio 2022 si è costituita la società convenuta omissis già, F. Ireland Ltd, in seguito anche omissis o comunque F. opponendosi all'accoglimento di tutte le domande articolate dalla ricorrente, perché infondate in fatto e in diritto e chiedendo la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali. La convenuta ha, in parti colare, allegato - che le rimozioni e le limitazioni applicate alla ricorrente sono il frutto della reiterata violazione da parte della stessa delle condizioni contrattuali accettate al momento della registrazione al servizio F., che è una piattaforma privata disciplinata dalle regole stabilite nell'esercizio dell'autonomia privata - che, infatti, per registrarsi al servizio F. tutti gli utenti devono prima accettare le Condizioni d'Uso che, agli artt. 3.2 e 5, rinviano agli Standard della Comunità - che la creazione e gestione di gruppi è regolamentata da specifiche condizioni contrattuali - che sin dal 2018 omissis si era impegnata a combattere la disinformazione vietando la pubblicazione, inter alia, di disinformazione e dicerie non verificabili che contribuiscono al rischio di violenza o danni fisici imminenti , predisponendo un'apposita sezione degli Standard in materia di Violenza e istigazione alla violenza - che tali Standard erano stati aggiornati a partire dal mese di gennaio 2020 avendo omissis preso attivamente parte alla lotta contro la disinformazione connessa alla pandemia in collaborazione con l'OMS, l'UNICEF e l'ECDC ed essendosi conseguentemente impegnata a tutelare i propri utenti rimuovendo contenuti dannosi legati al Covid-19, ovvero informazioni false fake news relative allo stesso - che, ai sensi delle Condizioni e degli Standard della Comunità in materia di Violenza e Istigazione alla violenza, omissis vieta la diffusione di informazioni false sul COVID-19 e sui vaccini perché dannose per la salute pubblica - che per compiere la valutazione di non veridicità di quanto espresso dagli utenti, omissis si avvale del parere di diverse autorità per la tutela della salute, quali l'OMS, i Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie e altre autorità pubbliche - che le restrizioni vengono applicate progressivamente, tenendo conto della gravità della violazione o della reiterazione delle condotte - che ai fini dell'applicazione della sanzione non rileva che l'utente abbia o meno commentato quanto pubblicato, essendo altrimenti facile aggirare le regole contrattuali - che la ricorrente aveva pubblicato sul profilo personale e sul gruppo di cui era amministratore contenuti che diffondevano fake news sul Covid-19, nonché contenuti di nudo e hate speech i con il post del 27 luglio 2021 aveva descritto i vaccini contro il Covid-19 come iniezioni letali e aveva incoraggiato altri utenti a rifiutarne la somministrazione ii con il post del 20 agosto 2021 aveva pubblicato un video sul Gruppo omissis in cui una donna proponeva fantasiose cure asseritamente miracolose per il COVID 19 iii con il post del 10 settembre 2021 sul Gruppo omissis aveva pubblicato il discorso dell'on. omissis nel corso del quale veniva detto, tra le altre cose, che i vaccini sono terapie sperimentali geniche di cui gli italiani sono cavie che i vaccini non sono sicuri né efficaci contro il COVID-19 che tutti i membri del Comitato Tecnico Scientifico sono pagati dalle case farmaceutiche - che tutti i post pubblicati dalla ricorrente erano pericolosi per la salute degli utenti - che anche successivamente in data 21 ottobre 2021, 6 novembre 2021, 8 novembre 2021 e 31 dicembre 2021, la ricorrente aveva condiviso post contenenti fake news relative al Covid-19, nonostante i continui avvertimenti da parte di F. e l'applicazione delle sanzioni - che la ricorrente aveva violato anche altre regole della community, pubblicando in data 23 novembre 2021 contenuti di nudo e in data 27 dicembre 2020 contenuti che incitavano all'odio - che, come statuito da diversi Tribunali di merito, l'applicazione delle condizioni contrattuali che regolano il servizio F. non pregiudica i diritti costituzionali, essendo al contrailo le condizioni contrattuali elaborate al fine di operare un delicato bilanciamento tra la libertà di espressione degli utenti e la necessità di creare un luogo sicuro in cui tutti si sentano liberi di esprimere sé stessi - che le policy adottate da omissis non erano un caso isolato, essendo frequente l'adozione di regole di comportamento volte a garantire la sicurezza dei fruitori di un servizio - che, ad avviso di alcuni Tribunali, omissis non aveva solo il diritto ma anche il dovere di rimuovere i contenuti che incitano all'odio o che supportano organizzazioni che incitano all'odio, in base al codice di condotta sottoscritto con la Commissione Europea e chetali conclusioni dovevano ritenersi applicabili anche con riguardo agli impegni presi da omissis con l'adesione al codice di buone pratiche dell'Unione Europea sulla disinformazione - che la libertà di espressione è un diritto costituzionale che va bilanciato con gli altri diritti di rango costituzionale, tra i quali la libertà di iniziativa economica di cui all' art. 41 cost. , in forza della quale un soggetto è legittimato a disciplinare tramite condizioni contrattuali il servizio che offre, anche limitando determinati comportanti a tutela della maggioranza della comunità che fruisce del medesimo servizio - che in ogni caso non poteva ritenersi leso il diritto della ricorrente di manifestare liberamente il proprio pensiero atteso che i il profilo della stessa era ancora attivo ii le sanzioni erano state applicate in modo proporzionale e avevano avuto durata limitata nel tempo iii la ricorrente era libera di manifestare altrove il proprio pensiero non essendo quello di F. un servizio essenziale iv la ricorrente non aveva il diritto di manifestare il proprio pensiero in modo incondizionato su una piattaforma privata - che non si era verificata alcuna violazione della reputazione, della privacy, del diritto all'immagine e alla vita di relazione della ricorrente e quest'ultima non aveva infatti né allegato né provato il danno subito e di cui ha chiesto il risarcimento, essendo le allegazioni sul punto generiche - che i rimedi invocati dalla ricorrente erano inappropriati. 1.4 All'udienza del 22 marzo 2022 sono stati assegnati termini differiti alle parti per depositare brevi memorie in replica e il procedimento è stato rinviato per la discussione finale al 10 maggio 2022. 1.5 La ricorrente, con la memoria autorizzata depositata in data 12 aprile 2022, ha insistito nelle domande articolate nel ricorso evidenziando in replica a quanto dedotto dalla controparte - che oggetto del giudizio era unicamente la censura del post pubblicato in data 10 settembre 2021 e che, pertanto, dovevano ritenersi irrilevanti ai fini della decisione tutti i post elencati dalla convenuta e successivi a tale data - che le regole della community sono norme contrattuali unilateralmente predisposte dal professionista e dal contenuto vessatorio quindi nulle ai sensi dell'art. 36 D.Lgs. 260/2005 nella misura in cui prevedono il diritto unilaterale del soggetto professionista di sospendere a suo insindacabile giudizio la propria prestazione conservando il diritto di fruire della controprestazione dell'utente - che l'art. 41 Cost. deve essere bilanciato con gli altri diritti costituzionali - che le regole della community non sarebbero applicabili al caso concreto non potendo ritenersi contrario alla legge e/o discriminatorio e/o ingannevole e/o fraudolento mettere in rete l'intervento di un parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni trasmesso in diretta dalla Rai e richiamato nelle principali testate giornalistiche - che F. non ha allegato e precisato quali sono gli atti di violenza che la messa in rete del post del 10 settembre avrebbe potuto anche solo ipoteticamente comportare, né in che cosa si potrebbe configurare il rischio di danno fisico serio e di attentato alla pubblica sicurezza, considerato che tale post è stato pubblicato solo in un gruppo privato - che le regole in tema di nudo e di atti sessuali sono irrilevanti nel caso concreto, in quanto relative a pubblicazioni successive all'episodio oggetto del presente giudizio - che F. impedendo la pubblicazione del post del 10 settembre aveva violato l'obbligo di esecuzione del contratto secondo buona fede ponendo di fatto in essere la cesura di un'opinione non condivisa, atteso che la piattaforma ospita post palesemente contrari alle regole della community invocate per giustificare l'inibizione della condivisione del post in questione e l'applicazione delle sanzioni - che le pronunce di merito citate dalla convenuta erano relative a condotte poste in essere dagli utenti e costituenti reato o quantomeno illeciti civili, mentre la posizione dell'on. omissis è oggetto di apposita ed espressa tutela legale Ris. Ass. Parl. Consiglio d'Europa n. 2361/2021 Reg. 2021/953, Cost. It. Artt. 2,9,10,18,21,33,49,64,67,68 ed essendo espressione di un'opinione è sottratta al giudizio di verità/falsità la verità o falsità è solo dei fatti non delle opinioni - che la possibilità per un soggetto di potersi esprimere altrove non comporta che la libertà di espressione non possa ritenersi lesa, anche considerata la posizione dominante della resistente nell'ambito dei social - che il danno dalla stessa subito, a causa della reiterata violazione della convenuta dei diritti costituzionali richiamati, era da qualificarsi quale danno morale ed esistenziale e la quantificazione dello stesso doveva essere operata in via equitativa dal Tribunale - che erano applicabili ed anzi appropriati i rimedi ex artt. 614 bis e 120 c.p.c. invocati nel ricorso. 1.6 Con la memoria depositata in data 3 maggio 2022 la resistente ha ribadito i che le condotte poste in essere dalla ricorrente erano contrarie agli standard della comunità e che pertanto erano giustificate le sanzioni applicate in modo graduale ii che gli standard della comunità non era nulli in quanto vessatori, come riconosciuto già da diversi Tribunali iii che l'esecuzione del contratto non era contraria alla buona fede, non essendo applicate le policy in modo arbitrario, atteso che, in base alle regole stabilite dal d.lgs. 70/2003 decreto e-commerce omissis non è obbligata ad alcuna azione contro i contenuti pubblicati e contrari agli standard, finché non vi è una segnalazione dettagliata e ciò a prescindere dal fatto che omissis abbia gli strumenti che le consentono di individuare e rimuovere i contenuti contrari alle policy iv che solo uno dei profili indicati dalla ricorrente come violativo degli standard era effettivamente risultato tale dai controlli effettuati. 1.7 All'udienza del 10 maggio 2022 dopo la discussione orale la causa è stata trattenuta in decisione. 2. Giurisdizione e legge applicabile 2.1 Preliminarmente, presentando la fattispecie profili di internazionalità, deve essere verificata la sussistenza della giurisdizione italiana e individuata la legge applicabile. E infatti, oggetto del giudizio, come si approfondirà infra, è il rapporto contrattuale tra la ricorrente, utente e consumatore, che è cittadina italiana e residente in Italia, e la società convenuta, fornitrice del servizio, che ha sede in Irlanda. Ciò posto, si ritiene sussistente la giurisdizione del Giudice italiano e applicabile la legge italiana. 2.2 Quanto alla giurisdizione, trova applicazione il Reg. n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, il quale all'art. 18 prevede che L'azione del consumatore contro l'altra parte del contratto può essere proposta davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui è domiciliata tale parte o, indipendentemente dal domicilio dell'altra parte, davanti alle autorità giurisdizionali del luogo in cui è domiciliato il consumatore . Nel caso di specie, è pacifico che la ricorrente sia un consumatore e che risieda in Italia, in provincia di Varese pertanto, sussiste la giurisdizione del Giudice italiano. 2.3 Quanto, invece, all'individuazione della legge applicabile, viene in rilievo il Reg. n. 593/2008 c.d. Roma I relativo alle obbligazioni contrattuali, il quale all'art. 6 individua quale legge applicabile quella del Paese in cui il consumatore ha la residenza abituale a condizione che il professionista a svolga le sue attività commerciali o professionali nel paese in cui il consumatore ha la residenza abituale o b diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest'ultimo e il contratto rientri nell'ambito di dette attività presupposti che risultano integrati nel caso di specie, visto che, pacificamente, la resistente F. è professionista e presta i propri servizi anche in Italia. 3. Qualificazione giuridica della fattispecie contratto per adesione a prestazioni corrispettive 3.1 Il rapporto negoziale intercorrente tra le parti deve qualificarsi come contratto a prestazioni corrispettive e a titolo oneroso e, in particolare, si tratta di un contratto per adesione nell'ambito del quale la ricorrente assume la veste di consumatore. Ne consegue che le domande avanzate dalla ricorrente in questa sede devono essere ricondotte all'interno dell'ambito della responsabilità contrattuale, avendo lamentato omissis l'inadempimento della controparte F. agli obblighi contrattuali i.e., la sospensione temporanea della propria prestazione, in danno dell'utente, nonostante la ricezione della controprestazione e la invalidità delle clausole contrattuali in base alle quali la ricorrente ha giustificato tale sospensione. 3.2 In particolare, quanto alla qualificazione del contratto come contratto per adesione basti considerare che per godere dei servizi offerti da F. è necessario accettare le condizioni predisposte unilateralmente dal fornitore, e contenute in moduli on line. 3.3 Rispetto all'onerosità del rapporto e alla sussistenza di prestazioni corrispettive, vengono in rilievo le seguenti condizioni contrattuali, per come risultanti dagli atti di causa i incipit delle Condizioni d'Uso dove si legge omissis crea tecnologie e servizi che consentono agli utenti di connettersi fra di loro, creare community e far crescere aziende [ .] Anziché richiedere all'utente un pagamento per l'utilizzo di F. o degli altri prodotti e servizi coperti dalle presenti Condizioni, F. riceve una remunerazione da parte di aziende e organizzazioni per mostrare agli utenti inserzioni relative ai loro prodotti e servizi. Utilizzando i nostri Prodotti, l'utente accetta che possa mostrargli inserzioni che omissis ritiene pertinenti per l'utente e peri suoi interessi. F. usa i dati personali dell'utente per aiutare a determinare quali inserzioni mostrare all'utente. F. non vende dati personali dell'utente agli inserzionisti e non condivide informazioni che identificano direttamente dell'utente informazioni come il nome, l'indirizzo e-mail o altre informazioni di contatto dell'utente con gli inserzionisti senza l'autorizzazione specifica dell'utente. Al contrario, gli inserzionisti possono indicare a F. elementi come il tipo di pubblico di destinazione delle proprie inserzioni e F. mostrerà tali inserzioni agli utenti che potrebbero essere interessati. Forniamo agli inserzionisti report sulle prestazioni delle proprie inserzioni per consentire loro di comprendere in che modo gli utenti interagiscono con i loro contenuti. Consultare la Sezione 2 di seguito per maggiori informazioni ii punto n. 2 delle Condizioni d'Uso, rubricato Come vengono finanziati i servizi di F. , dove si legge Anziché pagare per l'uso di F. e degli altri prodotti e servizi offerti, utilizzando i Prodotti di omissis coperti dalle presenti Condizioni, l'utente accetta che omissis possa mostrare inserzioni, la cui promozione all'interno e all'esterno dei Prodotti delle aziende di omissis avviene dietro pagamento da parte di aziende e organizzazioni. Usiamo i dati personali dell'utente ad es. informazioni su attività e interessi per mostrargli le inserzioni più pertinenti. Considerato il contenuto delle condizioni contrattuali sopra riportate, non pare potersi dubitare del fatto che, con la sottoscrizione dei moduli predisposti da F., da un lato, quest'ultima si impegna a prestare un servizio in favore dell'utente e, in particolare, a mettere a disposizione dello stesso strumenti che gli consentono di connettersi ad altri utenti, creare community, condividere esperienze dall'altro lato l'utente, concedendo a F. la facoltà di utilizzare i propri dati personali, permette a quest'ultima di conseguire un ritorno economico. La corrispettività delle prestazioni è stata riconosciuta anche dalla Direttiva 2019/770/UE in vigore da gennaio 2022 , relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali nel cui considerando n. 24 si legge La fornitura di contenuti digitali o di servizi digitali spesso prevede che, quando non paga un prezzo, il consumatore fornisca dati personali all'operatore economico. Tali modelli commerciali sono utilizzati in diverse forme in una parte considerevole del mercato. [ ] La presente direttiva dovrebbe pertanto applicarsi ai contratti in cui l'operatore economico fornisce, o si impegna a fornire, contenuto digitale o servizi digitali al consumatore e in cui il consumatore fornisce, o si impegna a fornire, dati personali . 3.4 Quanto, infine, al carattere patrimoniale della prestazione richiesta all'utente, si consideri che, dalle condizioni contrattuali sopra richiamate, emerge chiaramente il vantaggio economico che il gestore trae dall'utilizzo, autorizzato, che lo stesso può fare dei dati personali degli utenti, tanto che tale meccanismo, oltre che esposto nella parte iniziale delle condizioni d'uso, è richiamato altresì espressamente nella sezione in cui viene spiegato come vengono finanziati i servizi offerti da F Non pare, quindi, potersi revocare in dubbio il carattere patrimoniale della prestazione dell'utente, atteso che a titolo di corrispettivo per il servizio ricevuto da F., lo stesso cede a quest'ultimo beni, diversi dal denaro, che possono essere sfruttati in modo commerciale e sono, quindi, beni suscettibili di una valutazione economica. In tal senso, peraltro, si sono espressi già diversi Tribunali e Corti d'Appello Tribunale di Vicenza del 19 febbraio 2022, Tribunale di Bologna del 10 marzo 2021, Corte d'Appello di L'Aquila del 18 ottobre 2021 , nonché il Consiglio di Stato cfr. Consiglio di Stato n. 2631/2021 . 4. Valutazione circa la vessatorietà delle clausole contrattuali 4.1. Come anticipato, la ricorrente ha eccepito la vessatorietà e, quindi, nullità ai sensi dell' art. 36 D.Lgs. 206/2005 delle clausole contrattuali che attribuiscono a F., ossia al soggetto professionale del rapporto contrattuale, il diritto unilaterale di sospendere a suo insindacabile giudizio la propria prestazione conservando il diritto di fruire della controprestazione . In particolare, ad avviso della ricorrente, tali clausole comporterebbero innegabilmente uno squilibrio contrattuale in favore del professionista, che potrebbe operare in regime di giustizia domestica senza garanzia alcuna della tutela delle ragioni del consumatore , continuando a fruire della disponibilità dei dati personali del soggetto, anche in caso di unilaterale sospensione o limitazione dell'erogazione del proprio servizio. 4.2. Sul punto la convenuta ha contestato le allegazioni della ricorrente deducendo i che diversi Tribunali di merito hanno ritenuto validi ed efficaci gli Standard della Community ii che F. si era limitata ad applicare i rimedi contrattuali accettati dalla controparte in ragione delle plurime violazioni, da parte della stessa, agli impegni contrattualmente assunti iii che le condizioni contrattuali erano chiare e non rientravano in nessuna delle fattispecie di cui all' art. 36 del Cod. Consumo . 4.3 Il D.lgs. n. 206/2005 , c.d. Codice del Consumo, all'art. 33 comma 1 definisce le clausole vessatorie come quelle clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto al comma 2 del medesimo articolo elenca una serie di clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria e all'art. 36 prevede la sanzione della nullità di tali clausole. Per l'accertamento della vessatorietà delle clausole contrattuali, l' art. 34 cod. consumo dispone che il Giudice deve tener conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e fare riferimento alle circostanze esistenti al momento della conclusione dello stesso. 4.4. Tornando al caso di specie, considerato che la ricorrente non ha indicato in modo specifico la riconducibilità delle clausole di cui eccepisce la nullità ad una delle ipotesi tipizzate dal legislatore e che, in effetti, le clausole in esame non sembrano riconducibili a tali fattispecie, deve essere verificato se le condizioni d'uso alle quali la ricorrente ha aderito determinano a carico della stessa, quale consumatore, uno squilibrio dei diritti e degli obblighi contenuti nel contratto, con la precisazione che a rilevare è solo lo squilibrio di carattere giuridico e normativo, riguardante appunto la distribuzione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, non potendo per contro essere sindacato l'equilibrio economico del contratto, ossia la convenienza economica dell'affare concluso cfr. Cass. Civile n. 36740/2021 . Sul punto, il paragrafo n. 3 delle Condizioni d'uso di F. avente ad oggetto Gli impegni dell'utente nei confronti di F. e della sua community , al punto n. 2, rubricato Elementi condivisibili e condotte autorizzate nei Prodotti di omissis così dispone, per quanto di rilievo nel presente giudizio Desideriamo che le persone che usano i Prodotti di omissis possano esprimersi e condividere contenuti per loro importanti, ma senza pregiudicare la sicurezza e il benessere degli altri o l integrità della propria community. Pertanto, l'utente accetta di non adottare le condotte descritte qui sotto o di agevolare o supportare altri ad adottarle 1. L'utente non può usare i Prodotti per adottare condotte o condividere i contenuti seguenti - Contenuti contrari alle Condizioni, agli Standard della community e ad altre condizioni e normative applicabili all'uso dei nostri Prodotti da parte dell'utente. - Contenuti contrari alla legge, ingannevoli, discriminatori o fraudolenti. - Contenuti contrari o in violazione dei diritti di altri utenti, compresi i loro diritti di proprietà intellettuale. [ .] Possiamo rimuovere o bloccare i contenuti che violano tali disposizioni aggiungendo al paragrafo n. 4, rubricato Ulteriori disposizioni , al punto n. 2, relativo alla Sospensione o chiusura dell'account , le seguenti previsioni L'obiettivo di F. è far sentire i propri utenti benvenuti e liberi di esprimersi e condividere i propri pensieri e le proprie idee. Se determiniamo che l'utente ha violato chiaramente, seriamente o reiteratamente le nostre condizioni o normative, fra cui in particolare i nostri Standard della community, potremmo sospendere o disabilitare in modo permanente l'accesso dell'utente al suo account. Potremmo inoltre sospendere o disabilitare l 'account dell'utente se questi viola in modo ripetuto i diritti di proprietà intellettuale di altri utenti o nel caso in cui fossimo obbligati a farlo per motivi legali' . Quanto agli Standard della Community, questi descrivono, come peraltro espressamente indicato nella pagina online dedicata agli stessi, cosa è consentito e cosa è vietato fare su F. , con il fine dichiarato di evitare contenuti e comportamenti impropri nel suo servizio e di tutelare i valori dell'autenticità, della sicurezza, della privacy e della dignità. In particolare, le sezioni che costituiscono gli Standard della community sono suddivise all'interno di n. 5 gruppi denominati come segue i violenza e comportamenti criminali ii sicurezza iii contenuti deplorevoli iv integrità e autenticità v rispetto della proprietà intellettuale. Nel gruppo iv si trova poi la sezione lubricata disinformazione , rilevante ai fini del presente giudizio, contenendo la stessa le regole relative alla diffusione di informazioni in materia di COVID 19. Ogni sezione degli Standard della Community contiene una prima parte intitolata fondamento della normativa in cui vengono descritti gli obiettivi perseguiti da F. e due successive parti in cui sono indicati i contenuti vietati e quelli accessibili solo ai soggetti che abbiamo almeno 18 anni. Concentrandoci sulla sottosezione relativa alla disinformazione, in quanto di rilevanza ai fini della decisione, si legge che F. rimuoverà i casi di disinformazione durante le emergenze sanitarie pubbliche quando le autorità sanitarie concludono che le informazioni sono false e in grado di alimentare il rischio imminente di violenza fisica, anche contribuendo al rischio che le persone contraggano o diffondano una malattia pericolosa o rifiutino il vaccino associato e che da quando il COVID-19 è stato dichiarato emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale nel gennaio 2020, abbiamo applicato questa normativa ai contenuti con affermazioni relative al COVID-19 che, secondo le autorità sanitarie pubbliche, sono a false, e b verosimilmente in grado di portare a violenza fisica imminente ad esempio facendo aumentare la probabilità di esposizione o trasmissione del virus o influenzando negativamente la capacità del sistema sanitario pubblico di far fronte alla pandemia . L'obiettivo dichiarato è quindi quello di evitare i danni alla salute delle persone consentendo al tempo stesso alle persone di parlare, discutere e condividere opinioni, esperienze personali, contributi scientifici e notizie sulla pandemia di COVID-19 . Le condizioni contrattuali contenuto poi un'elencazione, abbastanza dettagliata, di quelle che sono le inforni azioni di cui è vietata la condivisione. 4.5 Ora, le previsioni contrattuali in esame, astrattamente considerate, non possono ritenersi vessatorie, alla luce del quadro normativo sopra richiamato, potendo essere ricondotte nell'alveo dell'ordinaria regolamentazione contrattuale, volta ad assicurare un'adeguata fruizione del servizio da parte di tutti gli utenti F. presta un servizio dietro un corrispettivo e lo presta a determinate condizioni nel contratto sono previsti determinati obblighi di comportamento, che devono essere rispettati dall'utente nella fruizione del servizio, pena la limitazione/sospensione del servizio da parte del professionista. Il potere riconosciuto contrattualmente a F. di limitare o sospendere il servizio può, in particolare, essere ricondotto all'interno dell'istituto di cui all' art. 1460 c.c. , atteso che la forma di autotutela prevista da tale norma sospensione in buona fede della propria prestazione a fronte del mancato adempimento della altrui controprestazione può essere giustificata non solo dall'inadempimento delle obbligazioni principali, ma anche da quello delle c.d. obbligazioni collaterali Cass. N. 387/1997 Cass. N. 2800/2008 . Il Tribunale non può però limitarsi a tale astratta valutazione, essendo chiamato a verificare se, tenuto conto della natura del servizio oggetto del contratto, come indicato dall' art. 34 cod. consumo , la tipizzazione delle condotte dell'utente giustificanti la limitazione/sospensione del servizio non comporti uno squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti. In particolare, poiché F. propone il proprio servizio a tutti gli utenti, senza alcuna distinzione o limitazione all'ingresso , e poiché il servizio offerto consiste nel consentire all'utente di incontrare altri soggetti, di esprimere la propria personalità e, quindi, anche e soprattutto, di manifestare il proprio pensiero, la previsione di limitazioni a questa libertà di espressione non comporta uno squilibrio contrattuale, in danno dell'utente, nella misura in cui tali limitazioni non si risolvono in una lesione dell' art. 21 Cost. Contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, infatti, l'autonomia privata dalla stessa esercitata nell'elaborazione delle condizioni contrattuali alle quali gli utenti aderiscono non è illimitata, né insindacabile, essendo soggetta, oltreché al rispetto delle norme imperative, ex art. 1418 c.c. , ai limiti imposti dalla legge , come previsto dall' art. 1322 comma 1 c.c. , da intendersi come l'ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale cfr. ex multiis Cass. N. 12981/2022 e, in ogni caso, dovendosi escludere che una parte, nell'esercizio dell'autonomia privata riconosciutale, possa limitare in modo ingiustificato un diritto costituzionale della controparte, tanto più nel contesto di rapporti di consumo, quale quello di specie. Ed invero nel titolo primo della prima parte della Costituzione vengono affermati, garantiti e tutelati alcuni fondamentali diritti di libertà che al singolo sono riconosciuti e che il singolo deve poter far valere erga omnes. Così, ad es., per quanto riguarda la materia che specificamente interessa la presente controversia, non è lecito dubitare che la libertà di manifestare il proprio pensiero debba imporsi al rispetto di tutti, delle pubbliche autorità come dei consociati, e che nessuno possa recarvi attentato senza incorrere nella violazione di un bene assistito da rigorosa tutela costituzionale Corte Cost. 122/1970 . Parimenti non condivisibile è l'approccio della ricorrente, secondo la quale la stessa avrebbe diritto in modo indiscriminato di esercitare il diritto ad esprimere le proprie idee, atteso che il diritto di cui all' art. 21 Cost. , come si vedrà meglio infra, non è assoluto, ma incontra dei limiti, essendo il concetto di limite insito nel concetto di diritto. In tal senso, infatti, si è espressa la Corte Costituzionale sin dal 1956 con la pronuncia n. 1, relativa alla legittimità costituzionale dell'art. 113 Testo unico di pubblica sicurezza rispetto all' art. 21 Cost. In tale pronuncia Corte ha affermato che la norma la quale attribuisce un diritto non esclude il regolamento dell'esercizio di esso, dovendo le sfere giuridiche limitarsi reciprocamente per poter coesistere nell'ordinata convivenza civile. Con la conseguenza che È evidentemente da escludere che con la enunciazione del diritto di libera manifestazione del pensiero la Costituzione abbia consentite attività le quali turbino la tranquillità pubblica, ovvero abbia sottratta alla polizia di sicurezza la funzione di prevenzione dei reati Corte Cost. n. 1/1956 . Alla luce delle osservazioni da ultimo svolte e tenendo conto dei criteri interpretativi indicati dall' art. 34 cod. consumo per effettuare la valutazione della vessatorietà delle clausole contrattuali, pare opportuno svolgere un approfondimento del diritto di cui all' art. 21 Cost. che, ad avviso della ricorrente, sarebbe stato violato dalla condotta di F Ed infatti, come detto, solo nella misura in cui le previsioni contrattuali comportano una lesione del diritto riconosciuto alla ricorrente dall' art. 21 Cost. sarà possibile ritenere sussistente uno squilibrio dei diritti e degli obblighi previsti dal contratto e, pertanto, ritenere le clausole contrattuali vessatorie. 4.5.1 L' art. 21 Cost. al comma 1 dispone che Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione e al comma 6 che Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni . Tale diritto trova poi riconoscimento anche in fonti sovranazionali come, per esempio, nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, la quale all'art. 19 afferma che Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione, e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere e, a livello comunitario, nell'art. 10 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali del 1950, la quale riconosce la libertà di ricevere e di comunicare informazioni e idee quale profilo della libertà di espressione. La Corte Costituzionale ha in diverse occasioni evidenziato la rilevanza del diritto in esame, affermando che lo stesso è il più alto, forse dei diritti primari e fondamentali sanciti dalla Costituzione sentenza n. 168 del 1971 e che tale libertà è tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione, una di quelle [ .] che meglio caratterizzano il regime vigente nello Stato, condizione com'è del modo di essere e dello sviluppo della vita del Paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale sentenza n. 9 del 1965 . Non solo, la Corte Costituzionale ha avuto anche modo di evidenziare che tale diritto deve essere ricondotto tra i diritti inviolabili dell'uomo di cui all' art. 2 Cost. sentenza n. 126 del 1985 e che, conseguentemente, da un lato, la Repubblica ha il dovere di garantirlo anche nei confronti dei privati sentenza n. 122 del 1970 e, dall'altro, che quella in esame è una libertà non sopprimibile. Giova inoltre osservare che la Corte ha sempre ricondotto il diritto di informare nell'àmbito di tutela della libertà costituzionale di manifestazione del pensiero, sulla base della considerazione che le notizie, al pari delle opinioni, sono espressioni del pensiero ex multis sentenze n. 18 del 1966, n. 105 del 1972 , fino ad estendere la tutela apprestata dall'alt. 21 Cost. dal profilo attivo della libertà di informare al profilo passivo della ricezione delle notizie, riconoscendo un vero e proprio diritto ad essere informati. Si aggiunga, infine, che il diritto di manifestare il proprio pensiero è attribuito all'uomo in quanto tale, non solo ai cittadini, e il suo contenuto non varia in base alle caratteristiche o qualità personali di chi lo esercita. Le uniche eccezioni in merito a questo profilo previste dalla stessa Costituzione sono quelle contenute negli artt. 68 comma 1 e 124 comma 4 Cost. relativi alla libertà di espressione dei parlamentari e dei consiglieri regionali. 4.5.2 Come anticipato, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero non è assoluto, ma incontra dei limiti. In particolare, l' art. 21 Cost. contempla espressamente al comma 6 solo il limite del buon costume , ma non vi è dubbio che lo stesso incontri limiti ulteriori, dovendo essere tutelati anche altri diritti parimenti garantiti dalla Costituzione, in tal senso si è pronunciata in diverse occasioni la Corte Costituzionale, ribadendo che la tutela del buon costume non costituisce il solo limite alla libertà di manifestazione del pensiero, dovendo la libertà di espressione essere bilanciata con la necessità di tutelare beni diversi parimenti garantiti dalla Costituzione come i c.d. diritti della personalità diritto alla riservatezza, all'onorabilità, alla reputazione etc. , nonché gli interessi di natura pubblicistica, come quelli relativi all'amministrazione della giustizia e alla sicurezza dello Stato ex multiis sentenza n. 20/1974 . Sul punto, accanto alla significativa elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte, avente ad oggetto, per esempio, i diritti della personalità, viene in rilievo l' art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo il cui art. 10, al paragrafo 2, enumera una serie di limiti alla libertà di espressione garantita al paragrafo 1. Si legge all'art. 10 paragrafo 2 2. L'esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all'integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario . Il già citato comma 6 dell' art. 21 Cost. dispone poi nell'ultima parte che la legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni , prevedendo quindi una riserva di legge che la Corte Costituzionale ha precisato non riguardare solo il limite del buon costume, dovendo ogni limitazione sostanziale della libertà di espressione essere prevista dalla legge ordinaria e tutelare beni costituzionalmente rilevanti ex multiis sentenza n. 9 del 1965 . 4.6 Tornando al caso di specie, deve innanzitutto osservarsi che internet è riconducibile nella categoria altro mezzo di diffusione contemplata dall' art. 21 comma 1 Cost. e, pertanto, anche alla manifestazione del pensiero tramite internet devono essere applicate le garanzie costituzionali sopra richiamate, con la conseguenza che, anche in ragione del fatto che F. - come detto - si propone indifferentemente a tutte le persone interessate a vivere una dimensione sociale anche virtuale, la limitazione della libertà di manifestazione del proprio pensiero stabilita nelle condizioni conti attuali dovrà necessariamente rispettare i criteri affermati dalla Corte Costituzionale, essendo recessiva la libertà di impresa di cui all' art. 42 Cost. a cui deve essere ricondotta l'attività esercitata da F Ora, tenuto conto di tutto quanto sin qui osservato, si ritiene che debba escludersi la vessatorietà delle clausole contrattuali in esame, contenendo gli Standard della Community limitazioni della libertà di espressione astrattamente non comportanti una lesione del diritto costituzionale di cui all'art. 21 cost., essendo tali condizioni poste a tutela di diritti costituzionali parimenti rilevanti, tutelati anche dalla legge. In particolare, come indicato nel paragrafo 4.4, gli Standard della Community sono finalizzati a garantire nella comunità virtuale i valori dell'autenticità, della sicurezza, della privacy e della dignità e le varie sezioni di cui si compongono e che elencano i contenuti di cui è vietata la pubblicazione, sono volte ad assicurare il rispetto della legge e di diritti aventi rilevanza costituzionale, come per esempio la dignità della persona, la riservatezza o ad evitare la commissione di reati. Con specifico riguardo poi alla sezione relativa alla disinformazione e, in particolare, a quella dannosa per la salute, deve osservarsi che le regole in essa contenute, essendo finalizzate a limitare la diffusione di notizie false relative al Covid 19, mirano a tutelare la salute pubblica, diritto avente sicura rilevanza costituzionale. In tal senso rileva anche l'art. 10 CEDU sopra richiamato, secondo il quale la libertà di espressione può essere limitata al fine di tutelare, tra gli altri valori, anche quello alla salute. Sul punto, inoltre, viene in rilievo il fatto che la resistente, con riguardo a questo profilo degli Standard della Community, ha evidenziato e documentato di aver sottoscritto il Codice di condotta sulla disinformazione 2018, ossia un codice di autoregolamentazione elaborato dai rappresentanti delle piattaforme Online, delle principali aziende tecnologiche e degli attori del settore pubblicitario per affrontare la diffusione della disinformazione Online, perseguendo gli obiettivi indicati dalla Commissione Europea nell'aprile del 2018. 5. L'applicazione delle regole contrattuali 5.1 Esclusa quindi la vessatorietà delle clausole contrattuali e ricondotte le stesse all'interno del paradigma di cui all' art. 1460 c.c. , deve essere verificato se, nel caso concreto, l'applicazione delle regole contrattuali sia stata effettuata secondo buona fede, come peraltro richiesto anche dal secondo comma della disposizione citata. Nel compiere tale valutazione, l'interpretazione delle condizioni contrattuali deve essere operata in senso restrittivo, ossia più tutelante nei confronti dell'utente, in considerazione del contenuto della prestazione di F., nonché del fatto che, ai sensi dell' art. 1370 c.c. , le condizioni contrattuali se inserite nelle condizioni generali di contratto, o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti, si interpretano nel dubbio a favore dell'altro . 5.2 Il post pubblicato dalla ricorrente in data 10 settembre 2021, rispetto al quale la stessa invoca la tutela giurisdizionale, consiste nella riproduzione dell'intervento parlamentare dell'on. omissis nel corso del quale la stessa esprime la propria contrarietà alle scelte politiche assunte dal Governo per la gestione della pandemia e, con riguardo ai vaccini anti-covid, dichiara che gli stessi hanno gravissimi effetti collaterali, fino anche alla morte, e ne nega l'efficacia. Ora, se è vero che in parte il contenuto del discorso parlamentare può essere ricondotto al c.d. diritto di critica e, in quanto manifestazione del pensiero dell'on. omissis e - indirettamente - della ricorrente, non potrebbe essere limitato, risolvendosi in una legittima critica della gestione politica della pandemia posta in essere dal Governo, tale discorso contiene, però, anche diverse affermazioni relative ai vaccini anti-covid il cui contenuto è sicuramente contrario agli Standard della Community, dichiarando la parlamentare, tra le altre cose, che i vaccini sono sperimentali, dannosi se non letali , e inefficaci. Gli Standard della community sopra richiamati vietano le seguenti affermazioni, per riportare alcuni esempi rilevanti per la decisione i Affermazioni secondo cui i vaccini anti COVID-19 sono sperimentali, se il contesto dell'affermazione suggerisce che le persone vaccinate stanno partecipando a un esperimento sanitario ii Affermazioni secondo cui i vaccini anti COVID-19 uccidono o danneggiano gravemente le persone, conducendo a uno dei seguenti effetti collaterali dannosi - Morte […] . 5.3 Ciò posto, non si ritiene che il carattere composito del discorso pubblicato dalla ricorrente valga a rendere illegittima la rimozione del post e il blocco del profilo della stessa per 30 giorni, attesa l'impossibilità di scindere il contenuto del discorso, nonché in ragione del fatto che la critica espressa dalla parlamentare alla politica del c.d. green pass si fonda sostanzialmente sui dati relativi ai vaccini dalla stessa riportati e contrari agli Standard. Ritenuta la contrarietà agli Standard del contenuto del post, pare irrilevante ai fini della decisione la circostanza che lo stesso sia stato pubblicato nel gruppo di cui la ricorrente è amministratrice, atteso che il rispetto degli Standard vale anche per i gruppi. Né può ritenersi sproporzionata la misura adottata dalla resistente, considerato che il post del 10 settembre 2021 era stato preceduto da altri, parimenti contrari agli Standard della Community ed essendo quindi il blocco del profilo per giorni 30 giustificato dalle precedenti violazioni poste in essere dalla ricorrente. E infatti, come documentato dalla resistente omissis in data 27 luglio 2021 ha pubblicato un post contrario agli Standard della Community, atteso che in tale post la stessa affermava, tra le altre cose, che i vaccini anti covid avrebbero causato nei vaccinati un mutamento genetico con danni irreversibili, che i vaccini anti covid avrebbero ucciso la maggior parte della popolazione e che subito dopo la prima vaccinazione, circa lo 0.8% della popolazione muore entro due settimane [ .] l'aspettativa di vita media dei sopravvissuti sarà al massimo di due anni . In seguito a tale pubblicazione il post è stato legittimamente rimosso e il profilo della ricorrente bloccato per tre giorni. Successivamente, in data 20 agosto 2021, la ricorrente ha postato un video che deve ritenersi anch'esso contrario agli Standard della Community, contenendo lo stesso la negazione della gravità del virus e la proposta di cure prive di alcun riscontro scientifico, hi seguito a tale pubblicazione il post è stato legittimamente rimosso e il profilo della ricorrente bloccato per dieci giorni. 6. In conclusione In conclusione, il ricorso non merita, quindi, accoglimento e deve essere rigettato, non potendo ritenersi le clausole contrattuali nulle, né considerarsi inadempiente la resistente. 7. Le spese di lite Quanto alle spese di lite, si ritiene di compensarle attesa la complessità e novità delle questioni trattate. P.Q.M. Pronunciando definitivamente nel contraddittorio tra le parti, rigettata ogni contraria domanda ed eccezione, così decide 1. rigetta il ricorso proposto da omissis 2. spese di lite integralmente compensate.