Furto di olive grazie alla battitura degli alberi: riconosciuta l’aggravante della violenza sulle cose

Condanna definitiva per due uomini, beccati, in un fondo di proprietà di un contadino, con alcuni grossi sacchi pieni di olive. Sacrosanto parlare di furto consumato. Riconosciuta l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede. I Giudici chiudono il cerchio ritenendo legittima anche l’applicazione dell’aggravante prevista quando l’azione criminosa viene realizzata grazie alla violenza sulle cose.

Pena più severa per il ladro che in campagna compie un blitz in un terreno, opera la battitura di alcuni ulivi per far cadere più olive possibili, poi raccolte in grossi sacchi destinati a essere portati via. Sacrosanto parlare di furto consumato. Legittimo riconoscere l'aggravante per l'esposizione alla pubblica fede dei prodotti rubati. E, precisano i giudici, corretto anche addebitare al ladro l'aggravante prevista per la violenza sulle cose , violenza consistita nel battere gli ulivi , causando anche la recisione di alcuni rami . Scenario della vicenda è la provincia barese. Lì, in campagna, due uomini vengono beccati in un terreno, di proprietà di un contadino, mentre si apprestano a portare via alcuni grossi sacchi pieni di olive. Decisivo l'avvistamento compiuto dal proprietario del fondo, il quale si è astenuto dall'intervenire personalmente e ha scelto di chiedere l'intervento delle forze dell'ordine che hanno così potuto fermare i due ladri . Ricostruito in dettaglio l'episodio, i giudici di merito ritengono colpevoli , sia in primo che in secondo grado, i due ladri. Indiscutibile, in sostanza, il furto realizzato «impossessandosi di un cospicuo quantitativo di olive, sottratti al proprietario del fondo dove insistevano gli alberi di ulivo». A rendere più grave la condanna, poi, ci sono anche due aggravanti, cioè «l'esposizione alla pubblica fede» dei prodotti della terra e «la violenza sulle cose» utilizzata dai ladri, violenza consistita nel battere gli ulivi. Inutile il ricorso proposto in Cassazione dall'avvocato che rappresenta i due uomini sotto processo. In prima battuta, il legale sostiene che «la condotta si è arrestata allo stadio del tentativo, prima che i due uomini si potessero effettivamente impossessare delle olive, rinvenute, al momento dell'intervento dei militari, raccolte in sacchi ancora nel terreno di proprietà della persona offesa», e aggiunge poi che «comunque, avendo, il proprietario del fondo, avvisato i militari poi intervenuti, si può ritenere che tutta l'azione sia stata consumata sotto la diretta osservazione del proprietario del fondo fino all'intervento dei militari, e, quindi, il furto non si è mai consumato». I magistrati ribattono che «il furto si consuma nel momento in cui il malfattore, dopo aver sottratto il bene, se ne impossessa, acquisendone la piena e autonoma disponibilità. Cosicché, finché la cosa non è uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore e questi è ancora in grado di recuperarla, la condotta di apprensione del bene rimane allo stadio di mero tentativo». In questa ottica, «l'accertamento dell'esistenza o meno di un pieno ed autonomo potere di disporre del bene sottratto e, parallelamente, della capacità della persona offesa di recuperare la refurtiva, attraverso un intervento in continenti , risente, tuttavia, da un canto, dello specifico contesto all'interno del quale si inserisce la condotta di sottrazione e, dall'altro, della particolare natura del bene sottratto». Di conseguenza, «ove il bene sia soggetto ad una continua ed immanente sorveglianza, non è sufficiente la sottrazione del bene alla disponibilità del detentore affinché la condotta non si arresti allo stadio del tentativo, occorre anche che l'autore eluda tali sistemi di controllo, perché solo in questo momento si recide la signoria esercitata dal detentore e può esercitarsi quella dell'autore» del latrocinio. Ma «quando il bene non sia sotto la diretta e continua sorveglianza da parte del detentore, e, invece, sia affidato al comune senso di responsabilità verso la proprietà altrui e, quindi, sia esposto alla pubblica fede , non vi sono strumenti di controllo e tutela che devono essere elusi o superati e l'impossessamento si perfeziona attraverso qualsiasi condotta che manifesti e sia concretamente idonea ad imporre una signoria sulla cosa», chiariscono i giudici. Tornando alla vicenda in esame, si è appurato, osservano i giudici, che «i due uomini, entrati nel fondo, hanno colto le olive dagli alberi e le hanno riposte in alcuni sacchi . Quindi, le hanno sottratte al detentore , cogliendole dall'albero, e se ne sono impossessate, riponendole nei propri sacchi. Tale condotta, alla luce delle particolari condizioni dei luoghi, in assenza, quindi, di strumenti di controllo e tutela da eludere o superare, e della natura del bene, rappresenta effettivo esercizio di un autonomo potere di disposizione del bene stesso e, conseguentemente, idonea modalità di impossessamento », chiariscono i giudici. E sotto tale profilo «non rileva né il limitato lasso di tempo durante il quale la signoria è stata esercitata né che i due uomini, ancora intenti a raccogliere olive, non si siano allontanati dal luogo di commissione del reato, circostanze, queste, in sé estranee e successive alla consumazione del reato», né rileva, in ultimo, l'intervento del proprietario, che «si è limitato ad avvisare i militari dopo aver notato la presenza dei ladri all'interno del fondo, senza, con ciò, esercitare quell'attuale ed immanente vigilanza che permette al detentore di conservare l'esercizio di una effettiva e concreta signoria sul bene stesso, escludendo la consumazione del reato». Capitolo a parte, poi, quello relativo all' aggravante della violenza sulle cose e a quella dell' esposizione alla pubblica fede . I magistrati chiariscono che «la circostanza aggravante dell'esposizione alla pubblica fede è configurabile anche quando tale esposizione derivi non da un'opera dell'uomo, ma da una condizione originaria della cosa». Ragionando in questa ottica, il fatto che «gli alberi e i relativi frutti siano esposti alla pubblica fede per fatto attivo od omissivo dell'uomo o per loro condizione originaria» è circostanza irrilevante ai fini della configurabilità dell'aggravante prevista per l'esposizione alla pubblica fede dei prodotti sottratti. Respinta, quindi, l'obiezione difensiva secondo cui tale aggravante va esclusa solo perché «per le olive la circostanza dell'esposizione alla pubblica fede è riconducibile non ad una scelta dell'uomo, bensì ad una condizione naturale, sottratta alla volizione del proprietario». Per quanto concerne, infine, «l'aggravante della violenza sulle cose», essa è stata accertata alla luce della constatazione che «le olive sono state raccolte mediante la tecnica della ‘battitura'». Questa tecnica non è qualificabile come violenza, secondo il legale. I Giudici ribattono che «in generale, l'aggravante della violenza sulle cose sussiste qualora il soggetto usi energia fisica per commettere il fatto, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento di destinazione». Applicando questo ragionamento alla vicenda in esame, «l'abbattimento o la recisione di rami di un albero piantato al suolo o anche la semplice potatura, se effettuata invito domino , in quanto rottura o danneggiamento dell'albero nella sua parte legnosa , integra l'aggravante della violenza sulle cose», chiariscono i Giudici. Inequivocabile, perciò, il comportamento tenuto dai due uomini, i quali, una volta messo piede nel fondo, «per accelerare i tempi di raccolta, hanno fatto uso di energia fisica, ‘battendo' l'albero, causando la recisione di alcuni rami e, così, danneggiandolo». Legittimo, quindi, riconoscere l'aggravante della violenza sulle cose, concludono i magistrati di Cassazione.

Presidente Miccoli – Relatore Cuoco Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Bari, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto gli odierni ricorrenti responsabili del reato di furto pluriaggravato in concorso, perché si sarebbero impossessati di un cospicuo quantitativo di olive, sottraendoli a M.G. , proprietario del fondo dove insistevano gli alberi. 2. Avverso tale decisione, ricorrono entrambi gli imputati, articolando tre motivi di censura. In particolare 2.1. con il primo, si deduce, sotto il profilo della violazione di legge, che la condotta si sarebbe arrestata allo stadio del tentativo, prima che i ricorrenti si potessero effettivamente impossessare delle olive, rinvenute, al momento dell'intervento dei militari, raccolte in sacchi, ancora nel terreno di proprietà della persona offesa. E comunque, per come è emerso dall'istruttoria ed avendo lo stesso M. , proprietario del fondo, avvisato i militari poi intervenuti, si sarebbe dovuto ritenere che tutta l'azione fosse stata consumata sotto la diretta osservazione del proprietario del fondo fino all'intervento dei militari. E, quindi, il furto non si sarebbe mai consumato. 2.2. Con gli altri due motivi, si lamenta, invece, la ritenuta sussistenza dell'aggravante della violenza sulle cose atteso che le olive sarebbero state raccolte mediante la tecnica della battitura che, notoriamente, non sarebbe qualificabile come violenza e di quella dell'esposizione a pubblica fede trattandosi, per le olive, di circostanza riconducibile non ad una scelta dell'uomo, ma ad una condizione naturale sottratta alla volizione del proprietario . Considerato in diritto 1. Il primo motivo è infondato. Il furto si consuma nel momento in cui il soggetto agente, dopo aver sottratto il bene al detentore, se ne impossessa, acquisendone la piena e autonoma disponibilità. Cosicché, finché la cosa non sia uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore e questi sia ancora in grado di recuperarla, la condotta di apprensione del bene rimane allo stadio di mero tentativo Sez. U, numero 34952 del 19/04/2012, Reina, Rv. 253153, in motivazione, e, in continuità, Sez. U. numero 52117 del 17/07/2014, Pg. in prc. Prevede e altri Rv. 261186 . L'accertamento dell'esistenza o meno di un pieno ed autonomo potere di disporre del bene sottratto e, parallelamente, della capacità della persona offesa di recuperare la refurtiva, attraverso un intervento in continenti , risente, tuttavia, da un canto, dello specifico contesto all'interno del quale si inserisce la condotta di sottrazione e, dall'altro, della particolare natura del bene sottratto. Ove il bene sia soggetto ad una continua ed immanente sorveglianza, non è sufficiente la sottrazione del bene alla disponibilità del detentore affinché la condotta non si arresti allo stadio del tentativo, occorre anche che l'autore eluda tali sistemi di controllo, perché solo in questo momento si recide la signoria esercitata dal detentore Sez. 2, numero 8445 del 05/02/2013, Niang, non massimata e può esercitarsi quella dell'autore. Ma quando il bene non sia sotto la diretta e continua sorveglianza da parte del detentore, ma - anzi - sia affidato al comune senso di responsabilità verso la proprietà altrui e, quindi, sia esposto alla pubblica fede , non vi sono strumenti di controllo e tutela che devono essere elusi o superati e l'impossessamento si perfeziona attraverso qualsiasi condotta che manifesti e sia concretamente idonea ad imporre una signoria sulla cosa. In concreto, per come ricostruito dalla corte territoriale, i ricorrenti, entrati nel fondo, hanno colto le olive dagli alberi e le hanno riposte in alcuni sacchi. Quindi, le hanno sottratte al detentore cogliendole dall'albero e se ne sono impossessate riponendole nei propri sacchi . Tale condotta, alla luce delle particolari condizioni dei luoghi, in assenza, quindi, di strumenti di controllo e tutela da eludere o superare, e della natura del bene, rappresenta effettivo esercizio di un autonomo potere di disposizione del bene stesso e, conseguentemente, idonea modalità di impossessamento. Sotto tale profilo, non rileva nè il limitato lasso di tempo durante il quale la signoria è stata esercitata Sez. 4, numero 13505 del 04/03/2020, Rv. 279134 nè che i ricorrenti, ancora intenti a raccogliere olive, non si siano allontanati dal luogo di commissione del reato Sez. 5, numero 2726 del 24/10/2016, dep. 2017, Rv. 269088 , circostanze in sé estranee e successive alla consumazione del reato nè, in ultimo, l'intervento del proprietario, che si è limitato ad avvisare i militari dopo aver notato la presenza dei ladri all'interno del fondo, senza, con ciò, esercitare quell'attuale ed immanente vigilanza che permette al detentore di conservare l'esercizio di una effettiva e concreta signoria sul bene stesso, escludendo la consumazione del reato. 2. Il secondo motivo è ugualmente infondato. In generale, l'aggravante della violenza sulle cose sussiste qualora il soggetto usi energia fisica per commettere il fatto, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento di destinazione da ultimo, Sez. 5, numero 13431 del 25/02/2022, Rv. 282974 . Cosicché, l'abbattimento o la recisione di rami di un albero piantato al suolo o anche la semplice potatura, se effettuata invito domino , in quanto rottura o danneggiamento dell'albero nella sua parte legnosa , integra l'aggravante della violenza sulle cose Sez. 5, numero 3788 del 16/12/2020, dep. 2021, Rv. 280332 Ebbene, in concreto, i ricorrenti, come evidenziato correttamente dalla corte d'appello, per accelerare i tempi di raccolta, hanno fatto uso di energia fisica, battendo l'albero, causando la recisione di alcuni rami e, così, danneggiandolo. E ciò integra l'aggravante contestata. 3. Anche il terzo motivo è infondato. Questo Collegio intende dare continuità all'orientamento che, dopo un iniziale contrasto Sez. 5, numero 18282 del 14/04/2014, Curiazio, Rv. 259885, con specifico riferimento a furto di alberi Sez. 2, numero 35956 del 08/06/2012, Schettini, Rv. 253894 , ha ritenuto la configurabilità della circostanza aggravante dell'esposizione alla pubblica fede anche quando tale esposizione derivi non da un'opera dell'uomo, ma da una condizione originaria della cosa Sez. 5, numero 13431 del 25/02/2022, Rv. 282974 Sez. 4, numero 25042 del 06/04/2021, Rv. 281435 Sez. 4, numero 11158 del 14/02/2019, Chiaravallotti, Rv. 275276 Sez. 5, numero 39222 del 30/06/2015, Meloni, Rv. 264870 Sez. 5, numero 3550 del 25/09/2014 - dep. 2015 - Caligiuri, Rv. 262843 . Tale interpretazione è coerente sia con il carattere neutro del dato letterale esposte , che prescinde dalla fonte e dalle ragioni dell'esposizione, sia con la funzione di protezione oggettiva della norma. Cosicché, che gli alberi e i relativi frutti siano esposti alla pubblica fede per fatto attivo od omissivo dell'uomo o per loro condizione originaria è circostanza irrilevante ai fini della configurabilità dell'aggravante aggravante di cui all' articolo 625, numero 7, del codice penale . 4. In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati e le spese del procedimento vanno poste a carico di ciascun ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.