È possibile l’autonoma azione di rivendica di un bene pignorato? Sì, ma rispettando alcune condizioni

Il decreto di trasferimento in favore dell'aggiudicatario, pur costituendo titolo d'acquisto, non lo rende immune da pretese di terzi e dal rischio di evizione, indipendentemente dalla sua stessa buona fede.

Una donna agiva in giudizio per rivendicare l'area di sedime di un fabbricato assumendo di esserne la legittima comproprietaria. In particolare, l'attrice contestava l'acquisto di detta area intervenuto con decreto di trasferimento emesso in favore della controparte nell'ambito di un procedimento esecutivo immobiliare , affermando che il predetto terreno costituiva corte comune dei fabbricati della richiedente e del coniuge, entrambi esecutati nella menzionata procedura espropriativa. Il convenuto, ovviamente, contestava la pretesa attorea rilevando che la menzionata area era stato oggetto di esplicita considerazione nell'elaborato peritale e, in via riconvenzionale, domandava la demolizione dei manufatti eseguiti dall'attrice nella zona contesa oltre al risarcimento dei danni procuratigli in ragione del tardivo rilascio del cespite aggiudicato. Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda attorea condannando la controparte a ripristinare lo status quo ante, alterato dalle opere realizzate dal medesimo su area di proprietà comune non esclusiva e rigettava le domande riconvenzionali, condannando l'uomo al pagamento delle spese di lite. Il giudice di prime cure rilevava che nel processo di esecuzione forzata l'immobile era stato suddiviso in diversi lotti, il primo attribuito al convenuto ed il quarto all'attrice, ai quali era, comunque, comune la pertinenziale area oggetto di contesa. Nel proporre appello, l'uomo chiedeva la riforma della decisione per avere inciso la stabilità e definitività del decreto di trasferimento del bene, atto traslativo a suo favore della proprietà esclusiva del terreno, non impugnato con opposizione ex art. 617 c.p.c. dalla donna, pur essendo quest'ultima parte del processo esecutivo. La Corte di appello, in parziale riforma del provvedimento impugnato, condannava l'originaria attrice al risarcimento del danno per ritardato rilascio del bene e alla rimozione di una tettoia, mentre respingeva per il resto il gravame, condannando l'appellante al rimborso di una parte delle spese del giudizio. Avverso la decisione veniva proposto ricorso per cassazione. Quid iuris ? La Suprema Corte rileva che, per come compiutamente osservato dalla Corte territoriale, risultano smentite le asserzioni dell'uomo riguardanti la ricomprensione dell'intera area oggetto di contesa nel primo lotto, aggiudicato dallo stesso. Se è vero, infatti, che, nell'ambito di formazione dei lotti, il giudice dell'esecuzione ha facoltà di accorpare e scorporare i cespiti per conseguire il risultato di una migliore vendita dei beni staggiti, la Corte di appello ha chiaramente escluso che ciò sia avvenuto nella fattispecie in esame e con riguardo all'area cortiliva rivendicata dalla comproprietaria peraltro, come risulta dalla stessa trascrizione, nella motivazione della sentenza sono esplicitati gli elementi istruttori considerati e il percorso logico per addivenire a tale conclusione. Invece, ciò che per la Suprema Corte assume rilievo nel caso di specie è il fatto che il decreto di trasferimento in favore dell'uomo, e contro gli esecutati, contenga la menzione dell'intera area, successivamente in comproprietà con autonoma azione dall'esecutata. Con le sue censure -argomentano gli Ermellini il ricorrente ha posto diverse questioni da un lato, la proponibilità di un'azione di rivendica da parte della co-esecutata dall'altra, l'irrilevanza ex art. 2929 c.c. per l'aggiudicatario di eventuali vizi, oltretutto non denunciati con tempestiva opposizione ex art. 617 c.p.c. , afferente agli atti esecutivi e, segnatamente, al decreto di trasferimento che all'uomo ha espressamente trasferito anche l'area oggetto di rivendica. In proposito la Suprema Corte ricorda la natura derivativa dell'acquisto in executivis e così il principio secondo cui nemo plus iuris quam ipse habet transferre potest . Da tale riconoscimento deriva che nemmeno il giudice dell'esecuzione forzata può trasmettere un diritto reale maggiore, per qualità o estensione, rispetto a quello che è stato oggetto di pignoramento e, conseguentemente che il decreto di trasferimento in favore dell'aggiudicatario, pur costituendo titolo d'acquisto, non lo rende immune da pretese di terzi e dal rischio di evizione . Tuttavia, gli Ermellini rilevano che, nel caso in esame, non solo non risulta che il giudice dell'esecuzione abbia trasferito un bene non precedentemente pignorato ma occorre stabilire se al trasferimento di un immobile, oggetto di pignoramento, qualora avvenuto in difformità rispetto alle regole della vendita, si attagli il predetto principio. Dunque, se e in quale modo l'atto traslativo possa essere contestato. Ricorda la Suprema Corte che, con riguardo ai soggetti qualificabili in senso tecnico come terzi, cioè estranei al processo esecutivo, che siano stati lesi dal trasferimento coattivo di un loro diritto reale, è indubbio che gli stessi possano far valere le loro ragioni anche nei confronti dell'aggiudicatario, indipendentemente dalla sua buona fede. Infatti, è indubbio che nell'esecuzione immobiliare i terzi titolari di diritti reali sulla cosa possono far valere le loro pretese anche nei confronti dell'acquirente in buona fede. Rispetto ai terzi, poi, non assume sicuramente rilievo la regola che preserva l'aggiudicatario da eventuali vizi del processo esecutivo, purché non attinenti alla vendita stessa, ma diversa è la posizione dell'esecutato o, comunque, del soggetto coinvolto nella procedura esecutiva. Ecco perché, pur confermando nel merito e in linea generale le richieste della donna, in conclusione la Corte ha rilevato l'inammissibilità originaria della sua azione in applicazione del seguente principio di diritto, secondo cui le parti del processo esecutivo hanno l'onere di denunciare con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. l'errore nel trasferimento all'aggiudicatario di un cespite che è oggetto di pignoramento, essendo inammissibile un'azione nella specie di rivendica autonoma, cioè distinta da rimedi tipici dell'esecuzione forzata e proposta per contrastare gli effetti dell'esecuzione, ponendoli nel nulla o limitandoli. Come già anticipato, la Suprema Corte precisa che quanto esposto non vale nei confronti dei soggetti terzi, rimasti estranei al processo esecutivo perché, in quanto tali, essi non sono legittimati alla proposizione dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. ma devono riconoscersi dotati della legittimazione ad agire a tutela delle proprie ragioni con autonome azioni di accertamento della proprietà, oltreché, se ancora pendente l'espropriazione, con l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. In ragione della descritta situazione processuale, perciò, la donna ha comunque partecipato al procedimento di esecuzione forzata e non può essere considerata alla stregua di un terzo estraneo alla procedura, con la conseguenza che l'unico strumento a sua disposizione era costituito dalla opposizione agli atti esecutivi.

Presidente De Stefano – Relatore Fanticini Fatti di causa 1. F.P. agiva nei confronti di B.U. rivendicando l'area di sedime di 23,4 are del fabbricato sito in omissis e identificato al C.F., fg. omissis , e assumendo di esserne la legittima comproprietaria l'attrice contestava l'acquisto di detta area - intervenuto col decreto di trasferimento del 25/11/2004, emesso in favore del B. nell'ambito procedimento esecutivo immobiliare n. 70/1995 del Tribunale di Chieti - affermando che il predetto terreno costituiva corte comune dei fabbricati della stessa F. appartamento censito al C.F., fg. omissis , sub. 3 e del coniuge C.R. laboratorio artigiano censito al C.F., fg. omissis , entrambi esecutati nella menzionata procedura espropriativa. 2. Il convenuto B. contestava la pretesa attorea rilevando che la menzionata area era stata oggetto di esplicita considerazione nell'elaborato peritale relativo al lotto 1 di cui l'odierno ricorrente si era reso aggiudicatario in via riconvenzionale, domandava la rimozione e demolizione dei manufatti eseguiti dall'attrice nella zona contesa e il risarcimento dei danni procuratigli dalla F. in ragione del tardivo rilascio del cespite aggiudicato. 3. Con la sentenza n. 72 del 2/2/2014, il Tribunale di Chieti, Sezione distaccata di Ortona, accoglieva parzialmente la domanda attorea condannando B.U. a ripristinare lo status quo ante, alterato dalle opere realizzate dal medesimo su area di proprietà comune e non esclusiva rigettava le domande riconvenzionali del convenuto e lo condannava al pagamento delle spese di lite il giudice di prime cure rilevava che nel processo di esecuzione forzata l'immobile era stato suddiviso in diversi lotti il primo attribuito al convenuto ed il quarto all'attrice , ai quali era comunque comune la pertinenziale area oggetto di contesa. 4. Nel proporre appello il B. chiedeva la riforma della decisione di primo grado per avere inciso la stabilità e definitività del decreto di trasferimento del bene, atto traslativo a suo favore della proprietà esclusiva del terreno, non impugnato con opposizione ex art. 617 c.p.c. dalla F., pur essendo quest'ultima parte del processo esecutivo. 5. La Corte d'appello di L'Aquila, in parziale riforma del provvedimento impugnato, con la sentenza n. 1150 del 27/10/2016, condannava F.P. al risarcimento del danno per ritardato rilascio del bene e alla rimozione di una tettoia respingeva per il resto il gravame di B.U. e lo condannava al rimborso di una parte delle spese del giudizio. 6. La domanda di revocazione della sentenza per motivi differenti da quelli proposti col ricorso per cassazione è stata respinta dalla Corte d'appello di L'Aquila con pronuncia passata in giudicato. 7. Avverso la succitata decisione n. 1150/2016 B.U. proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi resisteva con controricorso F.P 8. Per la trattazione della controversia è stata fissata l'udienza pubblica del 13/7/2022, nel corso della quale si è svolta la discussione orale, conformemente all'istanza della controricorrente avanzata ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di conversione n. 176 del 2020 , successivamente più volte prorogato e, da ultimo, dal D.L. n. 105 del 2021, art. 7, comma 1, convertito dalla L. n. 126 del 2021 . 9. Il Pubblico Ministero e le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo il ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione degli artt. 576,586 e 617 c.p.c. e artt. 2919 e 2921 c.c. , per avere la Corte di merito ritenuto ammissibile l'iniziativa processuale della F In particolare, l'odierna controricorrente aveva contestato l'acquisto della proprietà risultante dal decreto di trasferimento esplicitamente riguardante l'area controversa , atto avverso il quale la medesima non aveva svolto alcune tempestiva opposizione, pur essendo stata la F. parte non già un terzo estraneo del processo di esecuzione il ricorrente sostiene che l'azione di rivendica non poteva essere legittimamente promossa dall'esecutata, peraltro dopo sei anni dal decreto di trasferimento, e che la Corte d'appello avrebbe dovuto rilevare che l'aggiudicatario non può subire evizione per effetto di un'autonoma azione dell'esecutato, asseritamente contitolare del cespite acquisito dall'aggiudicatario inoltre, ad avviso del B., il giudice del merito aveva mancato di rilevare che l'area cortiliva, già oggetto di comunione tra gli esecutati, era stata interamente compresa nel lotto 1, aggiudicato al B. che, in forza dell' art. 2919 c.c. , l'aveva definitivamente acquisita. 2. Col secondo motivo il ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione dell' art. 2929 c.c. e dell'art. 187-bis disp. att. c.p.c., per avere il giudice d'appello leso il legittimo affidamento del B. sull'acquisto, di buona fede, compiuto nel processo esecutivo si sostiene che eventuali nullità degli atti esecutivi, peraltro non tempestivamente denunciate ex art. 617 c.p.c. , non possono riverberare effetti in danno dell'aggiudicatario, salva l'ipotesi di collusione col creditore procedente nel caso non configurabile . 3. I predetti motivi, congiuntamente esaminati, sono fondati nei termini di seguito esposti. 4. Nella sentenza della Corte d'appello di L'Aquila si legge Il giudice di primo grado ha svolto un'indagine approfondita che ha tenuto conto non solo dell'avviso di vendita e del decreto di trasferimento ma anche, con l'ausilio di apposita consulenza, di tutta la documentazione sulla base della quale è stata decisa la suddivisione in lotti Sulla base di quest'analisi è emerso che nella formazione dei lotti 1, quello del B., 4, quello della F. il terreno oggetto di disputa non è stato considerato né è stato valutato nel calcolo del prezzo . l'area distinta come foglio omissis estesa per mq. 2340 , era accatastata come bene comune non censibile a tutte le porzioni di fabbricato, compreso l'appartamento della F La CTU di primo grado ha accertato che ambedue le perizie utilizzate nella formazione dei lotti oggetto di vendita . non hanno individuato graficamente le pertinenze necessarie a che i lotti siano autonomi e indipendenti e in particolare la perizia del geom. Br., nella definizione del lotto poi pervenuto al B., odierno appellante, identificava solamente gli immobili identificati come particella omissis , subalterni omissis . L'esame della complessiva documentazione tecnica è servita ad illuminare e circostanziare il contenuto dell'avviso di vendita e del decreto di trasferimento in modo da meglio capire il ruolo, il valore e la funzione del terreno oggetto di disputa per il quale appare corretta la qualifica di pertinenza del fabbricato, in comune tra i proprietari esclusivi dei diversi piani del fabbricato La lettura combinata dei documenti risultanti dall'esecuzione lascia propendere per la formazione di lotti, tutti dotati della quota proporzionale di corte comune e quindi per un trasferimento che, sia nel caso del Lotto 1, sia nel caso del Lotto 4, comprende la pertinenza cortile. Così stando le cose, il decreto di trasferimento e l'acquisto coattivo che ne è l'effetto non può certo superare il principio proprio degli acquisti a titolo derivativo . sancito per gli acquisti coattivi dall' art. 2919 c.c. . 5. Va precisato che alcune delle censure svolte dal ricorrente a tale conclusione sono infondate e che, tuttavia, le critiche rivolte al merito dell'accertamento restano precluse dal rilievo, che va qui a farsi, dell'originaria inammissibilità dell'azione proposta dall'esecutata. In particolare, dall'accertamento compiuto nei gradi di merito risultano smentite le asserzioni del B. riguardanti la ricomprensione dell'intera area oggetto di contesa nel lotto 1, aggiudicato all'odierno ricorrente. Se è vero che, nell'ambito di formazione dei lotti, il giudice dell'esecuzione ha facoltà di accorpare o scorporare i cespiti per conseguire il risultato di una migliore vendita dei beni staggiti, la Corte d'appello ha chiaramente escluso che ciò sia avvenuto nella fattispecie in esame e con riguardo all'area cortiliva rivendicata dalla comproprietaria F. peraltro, come risulta dalla suestesa trascrizione, nella motivazione della sentenza sono esplicitati gli elementi istruttori considerati e il percorso logico per addivenire a tale conclusione. 6. Ciò che assume rilievo in questa sede e', invece, il fatto, pacifico tra le parti, che il decreto di trasferimento in favore del B. e contro gli esecutati C. e F. contenga la menzione dell'intera area di mq. 2340, successivamente rivendicata in comproprietà, con autonoma azione, dall'esecutata F 7. Con le sue censure il ricorrente pone diverse questioni da un lato, la proponibilità di un'azione di rivendica da parte dell'esecutata rectius, co-esecutata , che in tesi non potrebbe valersi dell' art. 2919 c.c. , essendo invece tenuta a svolgere le proprie contestazioni con le opposizioni esecutive dall'altro, l'irrilevanza ex art. 2929 c.c. , per l'aggiudicatario, di eventuali vizi, oltretutto non denunciati con tempestiva opposizione ex art. 617 c.p.c. , afferenti agli atti esecutivi e, segnatamente, al decreto di trasferimento che al B. ha espressamente trasferito anche l'area oggetto di rivendica. 8. In proposito si osserva che l' art. 2919 c.c. , comma 1, sancisce la natura derivativa dell'acquisto in executivis e, così, il principio secondo cui nemo plus iuris quam ipse habet transferre potest da tale riconoscimento deriva che nemmeno il giudice dell'esecuzione forzata può trasmettere un diritto reale maggiore per qualità o estensione rispetto a quello che è stato oggetto di pignoramento e, conseguentemente, che il decreto di trasferimento in favore dell'aggiudicatario, pur costituendo titolo d'acquisto, non lo rende immune da pretese di terzi e dal rischio di evizione. 9. Nel caso in esame, tuttavia, non solo non risulta che il giudice dell'esecuzione abbia trasferito all'aggiudicatario un bene che non era stato precedentemente pignorato, ma, anzi, proprio dalle difese delle parti e dalla sentenza impugnata emerge che anche l'area contesa era stata oggetto dell'esecuzione forzata, sicché il principio non è applicabile nella sua massima espressione. 10. Occorre qui stabilire, dunque, se al trasferimento di un immobile che è oggetto di pignoramento - qualora avvenuto in difformità rispetto alle regole della vendita che, nel caso, nulla stabilivano in ordine alla ricomprensione dell'intera area nel lotto 1 - si attagli il menzionato principio ex art. 2919 c.c. e, dunque, se e in quale modo l'atto traslativo possa essere contestato. 11. Con riguardo ai soggetti qualificabili in senso tecnico come terzi - cioè, estranei al processo esecutivo - che siano stati lesi dal trasferimento coattivo di un loro diritto reale, è indubbio che gli stessi possano far valere le loro ragioni anche nei confronti dell'aggiudicatario, indipendentemente dalla sua buona fede. 12. Infatti, oltre che con l' art. 2921 c.c. il quale conferma la natura derivativa della vendita forzata , la succitata disposizione va letta unitamente all' art. 2920 c.c. , che - dettando per l'esecuzione su cosa mobile la regola secondo cui coloro che avevano la proprietà o altri diritti reali su di essa, ma non hanno fatto valere le loro ragioni sulla somma ricavata dall'esecuzione, non possono farle valere nei confronti dell'acquirente di buona fede, né possono ripetere dai creditori la somma distribuita - letto a contrario stabilisce che nell'esecuzione immobiliare i terzi titolari di diritti reali sulla cosa possono far valere le loro pretese anche nei confronti dell'acquirente di buona fede. 13. Rispetto ai terzi, poi, non assume sicuramente rilievo la regola dell' art. 2929 c.c. , la quale preserva l'aggiudicatario da eventuali vizi del processo esecutivo purché non attinenti alla vendita stessa . 14. Assai diversa è la posizione dell'esecutato o, comunque, del soggetto coinvolto nella procedura esecutiva. 15. Come puntualmente osservato dal Pubblico Ministero nella memoria del 21/6/2022, il processo esecutivo assolve alla primaria funzione di soddisfare le ragioni del creditore, affinché questi, attraverso l'intervento del giudice, possa ottenere celermente quanto dovuto dal debitore esecutato per raggiungere tale obiettivo - che è corollario dei principi fondamentali del giusto processo e della sua ragionevole durata ex art. 111 Cost. - il legislatore ha strutturato un procedimento idoneo ad assicurare, ai terzi interessati all'acquisto del bene oggetto di espropriazione, la sicurezza e la stabilità degli effetti del provvedimento conclusivo, il che impone - a salvaguardia dell'affidamento qualificato dell'aggiudicatario sulla stabilità della vendita giudiziaria sul punto, diffusamente, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3709 del 08/02/2019 - che eventuali irregolarità occorse nelle fasi della procedura esecutiva debbano emergere entro un tempo circoscritto e mediante l'impiego dei rimedi processuali appositamente prescritti. 16. E' particolarmente significativa della ricostruzione di un sistema chiuso per l'emersione dei vizi della procedura esecutiva e, segnatamente, della vendita forzata la decisione di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7708 del 02/04/2014 , che - proprio per salvaguardare la stabilità degli effetti del processo di esecuzione - convoglia nell'opposizione ex art. 617 c.p.c. le doglianze sostanziali dell'aggiudicatario in caso di alienazione di aliud pro alio e' giocoforza ammettere che anche il processo esecutivo esige la stabilità dei suoi atti . Come rilevato, in particolare, da Cass. 8 maggio 2003, n. 7036 benché con riferimento alle azioni di ripetizione dell'indebito o di arricchimento senza causa , ammettere la proposizione, dopo la conclusione dell'esecuzione e la scadenza dei termini per le relative opposizioni, di azioni . volte a contrastare gli effetti dell'esecuzione stessa sostanzialmente ponendoli nel nulla o limitandoli - è in contrasto sia con i principi ispiratori del sistema, sia con le regole specifiche relativi ai modi e ai termini delle opposizioni esecutive . Tanto pare agevolmente ricondursi all'esigenza di legalità intrinseca dell'attività giurisdizionale, la quale implica, a sua volta, che sia possibile e sufficiente, ma al tempo stesso necessario, per i soggetti che se ne ritengano lesi, reagire all'interno del processo e coi mezzi apprestati dall'ordinamento, affinché il risultato finale possa presumersi conforme a diritto. Il sistema processuale, in definitiva, non può consentire neppure in astratto la sopravvivenza di pretese di tutela dagli effetti pregiudizievoli dei suoi atti al di fuori delle azioni tipiche a tanto destinate. E deve concludersi nel senso che colui il quale intenda contestare la legittimità di un atto del processo esecutivo nel quale ultimo ha assunto la qualità di parte ha l'onere, inteso in stretto senso tecnico, di dispiegare i relativi strumenti processuali, con le forme e le modalità previste dalla disciplina di rito in mancanza, egli decade dalla possibilità di fare valere le relative ragioni. . 17. Il medesimo principio è stato successivamente ripreso ed esteso nella sua portata dalle statuizioni di Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 22854 del 20/10/2020 Ogni questione relativa alla validità ed efficacia dell'aggiudicazione e della vendita forzata deve essere fatta valere, tanto dalle parti del processo esecutivo quanto dall'aggiudicatario, nell'ambito del processo esecutivo stesso, attraverso i rimedi impugnatori ad esso connaturali e, quindi, in primo luogo attraverso l'opposizione agli atti esecutivi di cui all' art. 617 c.p.c. , non potendo ritenersi ammissibile una autonoma azione di ripetizione in tutto o in parte del prezzo di aggiudicazione, nei confronti dei creditori che hanno partecipato al riparto ovvero del debitore al quale sia stato attribuito l'eventuale residuo e comunque qualsiasi azione volta a contestare l'efficacia della vendita forzata ovvero il prezzo della stessa , al di fuori del processo esecutivo, se non in via eccezionale, previa dimostrazione, da parte di chi la proponga, che l'esperimento dei rimedi endoesecutivi non gli era in alcun modo possibile prima della definitiva chiusura della procedura esecutiva, in ragione della data in cui era insorta la effettiva e concreta possibilità di far valere la causa di invalidità, nonostante una condotta improntata all'ordinaria diligenza Ritiene la Corte che il principio in questione . abbia senz'altro validità generale, per tutte le ipotesi di contestazioni attinenti alla regolarità della vendita coattiva. Esso si applica, quindi, non solo in caso di totale inefficacia della vendita per la ricorrenza di un'ipotesi di aliud pro alio , ma altresì - anzi, a più forte ragione - nell'ipotesi in cui venga in discussione l'entità del prezzo di aggiudicazione, trattandosi in ogni caso di contestazioni attinenti alla regolarità di atti della procedura esecutiva e, segnatamente, della fase della liquidazione e del trasferimento dei beni pignorati ciò è a dirsi tanto nel caso in cui siano dedotti vizi che abbiano inciso sulla determinazione del prezzo base della vendita, quanto nel caso in cui si contesti la regolarità dell'aggiudicazione o del suo prezzo, ovvero l'illegittimità del decreto di trasferimento . . 18. Per altro verso, questa Corte ha più volte affermato che le contestazioni riguardanti gli atti di una fase del procedimento sono irreversibilmente precluse nella successiva fase se non tempestivamente rilevate con gli appropriati strumenti oppositivi Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7707 del 02/04/2014 , Rv. 630351-01 precedentemente, Cass., Sez. U, Sentenza n. 11178 del 27/10/1995 , Rv. 494405-01 e, soprattutto, che anche eventuali difformità tra risultanze e consistenza del bene come effettivamente individuate nel decreto di trasferimento rispetto a quelle reali, devono essere fatte valere all'interno del processo esecutivo con gli appropriati rimedi oppositivi. così, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 17811 del 22/06/2021 in precedenza, su questioni analoghe Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12430 del 16/05/2008 Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5796 del 13/03/2014 Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 25687 del 15/10/2018 Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 16219 del 19/05/2022 oltre alla già citata Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 22854 del 20/10/2020 . 19. Come già anticipato, quanto ora esposto non vale nei confronti dei soggetti terzi, rimasti estranei al processo esecutivo in quanto tali, essi non legittimati alla proposizione dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. , ma devono riconoscersi dotati allora della legittimazione ad agire a tutela delle proprie ragioni e, segnatamente, a rivendicare la titolarità dei cespiti oggetto dell'espropriazione con autonome azioni di accertamento della proprietà, oltre che, se ancora pendente l'espropriazione, con l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19761 del 13/11/2012 , Rv. 624413-01 . 20. L'odierna controricorrente, però, non può essere considerata terza rispetto alla procedura espropriativa. E' pur vero che, da un punto di vista formale, F.P. potrebbe ritenersi terza rispetto alla vendita forzata del singolo lotto essendo stato attribuito all'aggiudicatario B. il bene di proprietà esclusiva del C. , ma la medesima e', sotto il profilo processuale, intranea all'unitario processo esecutivo sulla facoltà di una riunione atecnica di diverse procedure, si veda Cass., Sez. 3, Sentenza n. 40847 del 20/12/2021 che ha riguardato le espropriazioni condotte contemporaneamente nei confronti del C. e della stessa F., coinvolta nella procedura quale con- debitrice esecutata, se non pure quale titolare per assegnazione di uno dei lotti oggetto di esecuzione. In ragione della descritta situazione processuale, la F. ha comunque partecipato al procedimento di esecuzione forzata e non può essere considerata alla stregua di un terzo estraneo alla procedura ne consegue che l'unico strumento a sua disposizione era costituito dall'opposizione agli atti esecutivi. 21. Applicando i suesposti principi alla fattispecie in esame, l'erroneo trasferimento al B. di un bene oggetto di pignoramento l'area contesa doveva essere denunciato dalle parti del processo esecutivo e dagli altri soggetti in esso coinvolti - e, dunque, anche dall'esecutata e assegnataria F. - con una tempestiva opposizione all'atto esecutivo asseritamente erroneo, ai sensi dell' art. 617 c.p.c. . Come correttamente rilevato anche dal Procuratore Generale, è l'esigenza di stabilità degli atti dell'esecuzione forzata e, in particolare, dell'acquisto in executivis Cass., Sez. U, Sentenza n. 21110 del 28/11/2012 , Rv. 624256-01 Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3709 del 08/02/2019 , in motivazione ad imporre l'inammissibilità di un'azione autonoma cioè distinta dai rimedi tipici del processo di esecuzione forzata - se proposta da una delle parti legittimate all'opposizione ex art. 617 c.p.c. - volta a contrastare gli effetti dell'esecuzione stessa sostanzialmente, ponendoli nel nulla o limitandoli vieppiù nei confronti dell'aggiudicatario, la cui situazione giuridica soggettiva, ai sensi dell' art. 2929 c.c. , non può essere incisa - salvo il caso di collusione col creditore - da iniziative extra ordinem dell'esecutato, quand'anche attinenti a pretesi vizi relativi all'assegnazione o alla vendita. 22. In conclusione, deve rilevarsi l'inammissibilità originaria dell'azione proposta dalla F. già denunciata dal ricorrente e, comunque, rilevabile ex officio in assenza di giudicato sul punto in applicazione del seguente principio Le parti del processo esecutivo hanno l'onere di denunciare con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. l'erroneo trasferimento all'aggiudicatario di un cespite che è oggetto di pignoramento, essendo inammissibile un'azione nella specie di rivendica autonoma, cioè distinta dai rimedi tipici dell'esecuzione forzata, da esse proposta per contrastare gli effetti dell'esecuzione, ponendoli nel nulla o limitandoli . Di conseguenza, a norma dell' art. 382 c.p.c. , la sentenza impugnata va cassata senza rinvio nella parte in cui ha confermato le statuizioni di primo grado di accoglimento della domanda di rivendica dell'odierna controricorrente. 23. Resta assorbito il terzo motivo - col quale il ricorrente aveva denunciato la nullità della sentenza per contraddittorietà tra motivazione e dispositivo - perché la cassazione della pronuncia impugnata nella parte suindicata rende superfluo l'esame della censura. 24. Ritiene il Collegio che la complessiva novità della questione trattata costituisca ragione per disporre la compensazione delle spese dell'intero giudizio ai sensi dell' art. 92 c.p.c. . P.Q.M. La Corte accoglie il primo e il secondo motivo dichiara assorbito il terzo motivo cassa senza rinvio la sentenza d'appello nella parte in cui ha confermato l'accoglimento della domanda di rivendica avanzata da F.P. dispone la compensazione delle spese dell'intero giudizio.delle spese del giudizio di cassazione.