La disciplina della revoca della confisca

In sede di procedimento di revoca della confisca di prevenzione è legittimo, previa instaurazione del contraddittorio, realizzare – in rapporto ai materiali cognitivi preesistenti ed a quelli sopravvenuti – un diverso inquadramento tipico del soggetto proposto .

La Corte d'Appello di Napoli, con decreto del 2021, respingeva l'Appello di un uomo avverso la decisione di primo grado, con la quale era stata respinta una domanda di revoca della confisca definitiva. Si deve premettere che l'inquadramento dell'uomo era legato ad una pericolosità qualificata dovuta alla sua appartenenza ad un gruppo camorristico e che pertanto erano stati confiscati i beni ritenuti nella sua disponibilità. Avverso la sentenza di secondo grado, l'uomo proponeva ricorso per Cassazione, ritenuto fondato dal Collegio. Mentre il Tribunale di primo grado recedeva dall'opzione di mantenere integra l'originaria qualificazione tipica in termini di pericolosità qualificata, la Corte d'Appello virava invece verso un'opzione di possibile mantenimento della condizione soggettiva di pericolosità qualificata. Questa distinzione, specifica la Corte di Cassazione, non può essere ritenuta di poco conto, in quanto concerne proprio lo stesso giudizio di revoca . Per fare luce sulla questione, il Collegio ha affermato che in sede di procedimento di revoca della confisca di prevenzione è legittimo, previa instaurazione del contraddittorio, realizzare – in rapporto ai materiali cognitivi preesistenti ed a quelli sopravvenuti – un diverso inquadramento tipico del soggetto proposto . Dunque, il decreto impugnato viene rinviato per un nuovo giudizio alla Corte d'Appello di Napoli.

Presidente Tardio – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Con decreto emesso in data 4 maggio 2021 la Corte di Appello di Napoli, Sezione per le misure di prevenzione, ha respinto l'appello introdotto da R.A. avverso la decisione con cui in primo grado - in data 26 febbraio 2019 - era stata respinta una domanda di revoca della confisca definitiva, ai sensi della L. n. 1423 del 1956, art. 7, in ragione dell'epoca di trattazione del procedimento . 2. Al fine di comprendere le doglianze mosse con l'atto di ricorso, occorre brevemente rievocare l'iter della procedura di cognizione, definita in sede di merito con il decreto emesso dalla Corte di Appello di Napoli in data 8 novembre 2012 e con la sentenza emessa da questa Corte di cassazione in data 16 maggio 2014 sent. n. 46015 del 2014 . 2.1 L'inquadramento tipico del R.A. in cognizione -- è stato quello della pericolosità qualificata” attuale D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, comma 1, lett. a per ritenuta appartenenza ad un gruppo camorristico capeggiato dal cugino R.G., operante in omissis sorta di sotto-gruppo orbitante nella influenza del noto clan A. . Dopo la morte del cugino G., R.A. avrebbe svolto nei primi anni ‘90 del secolo scorso attività direttiva del gruppo R.- S.- L.M Vi è stata confisca di beni ritenuti nella disponibilità di R.A. terreni, una azienda agricola, quote di società ed altro . Nella decisione emessa da questa Corte di legittimità si ritiene corretto l'inquadramento soggettivo del R.A. già assolto dalla ipotesi di appartenenza al clan A. proprio in ragione della ritenuta appartenenza al clan camorristico R.-S.-L.M 3. Il fatto nuovo che ha determinato la domanda di revoca della misura di prevenzione, ben evidenziato nella decisione emessa dal Tribunale di Napoli in data 26 febbraio 2019, è rappresentato dall'esito del giudizio penale ‘correlatò definito con sentenza del 18 aprile 2016, dopo un annullamento con rinvio disposto da questa Corte , posto che l'orginaria contestazione di associazione mafiosa - relativa al gruppo R.- è stata in quella sede ‘derubricatà in associazione per delinquere semplice. Nei confronti del R.è stata dichiarata, in tale contesto, la intervenuta prescrizione del reato di associazione semplice. 3.1 Con articolata motivazione, il Tribunale di Napoli nel respingere la domanda di revoca della confisca e nel confermare il giudizio di pericolosità soggettiva storica” di R.A. realizza - sulla base dei materiali cognitivi contenuti nel decreto genetico - un diverso inquadramento” del R.A.nella categoria della pericolosità semplice ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, comma 1, lett. b, valorizzando essenzialmente una serie di elementi di fatto anche captazioni di conversazioni che depongono per lo stabile inserimento del R. in un contesto associativo semplice, finalizzato alla commissione di più reati di truffa, usura ed estorsione. Si compie altresì riferimento ad una condanna definitiva del R. per tentata estorsione aggravata D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7 per fatti avvenuti nel 2004. I beni confiscati sarebbero pertanto correlati - in ogni caso - a questa attività delittuosa lucrogenetica, non oggetto di smentita nei giudizi penali divenuti definitivi. In particolare, alla pagina 20 del decreto del Tribunale si afferma che la enucleazione di una serie di condotte illecite a carico del R., non solo relative a vicende confluite in sentenze di condanna divenute definitive, consente di ritenere pienamente rispettato lo statuto della pericolosità semplice . 4. La Corte di Appello di Napoli, nella decisione oggetto di ricorso, affronta il tema della permanenza della confisca in modo sensibilmente diverso. 4.1 Posta di fronte alle doglianze difensive contenute negli atti di appello, la Corte territoriale afferma - in sintesi - che a l'autonomia valutativa del giudizio di prevenzione rispetto agli esiti del giudizio penale correlato consente, in linea teorica, di mantenere un inquadramento di pericolosità qualificata anche nei casi in cui in sede penale siano state escluse le caratteristiche di ‘mafiosità' del gruppo criminale, con avvenuta derubricazione del reato in associazione per delinquere semplice b ciò è accaduto nel caso del R., ove la originaria associazione mafiosa è stata, in sede penale, degradata in associazione semplice c è dunque possibile, rivalutando gli elementi emersi in sede di cognizione, mantenere a carico di R.A. l'originario inquadramento soggettivo in termini di pericolosità qualificata ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, comma 1, lett. a. 4.2 A tal fine la Corte territoriale indica gli elementi di prova tra cui le dichiarazioni rese da A.C e G.P che attestano l'esistenza del clan - camorristico - dei R., nonché le ulteriori evidenze relative alla progressione criminale di R.A. dopo l'uccisione del cugino G., contenute nel titolo genetico, le attività estorsive e il coinvolgimento nelle truffe già valorizzato in primo grado. In sostanza si afferma che la mancata conferma” del carattere mafioso del gruppo criminale, derivante in sede penale dalla mancata dimostrazione della ricorrenza del potere di intimidazione del sodalizio al di là di ogni ragionevole dubbio , non spiega effetti sulla valenza degli elementi a suo tempo acquisiti in sede di prevenzione a carico di R.A., con mantenimento dell'originario inquadramento soggettivo in termini di pericolosità qualificata. 5. Avverso detto decreto sono stati proposti i seguenti atti di ricorso. 5.1 Nel ricorso introdotto dal difensore avv. Antonio Abet si deduce erronea applicazione della L. n. 1423 del 1956, art. 7, e di ulteriori disposizioni costituzionali e convenzionali. La deduzione, in sintesi, muove dai contenuti del decreto di secondo grado e contesta l'esistenza di uno spazio di autonoma valutazione” in sede di prevenzione, a fronte dell'esito del giudizio penale relativo al preteso clan R.”. In particolare si evidenzia che nel caso in esame non si è posto il problema della diversa ‘valenza probatorià degli elementi relativi alla posizione del singolo associato rispetto al gruppo differenza tra l'appartenenza e la partecipazione ma in sede penale si è negata la stessa mafiosità” del sodalizio denominato clan R Si tratta, secondo la difesa del ricorrente, di un aspetto non superabile tramite il richiamo alla regola della autonoma valutazione” del giudice della prevenzione. Dunque la valorizzazione degli elementi di conoscenza in chiave di mantenimento” dell'inquadramento del R. nella sfera applicativa del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, comma 1, lett. a, non potrebbero mai superare, secondo la difesa, il portato della decisione emessa in sede penale. Si citano, sul tema, arresti interpretativi di questa Corte di legittimità, a sostegno della prospettazione difensiva. Il R. non soltanto è stato assolto in sede penale dalla imputazione di partecipazione al sodalizio mafioso denominato clan A. ma, ed è questo il punto, non ha mai potuto prendere parte al sodalizio mafioso clan R., la cui esistenza storica è stata negata in sede penale. Si ritiene pertanto non conforme al quadro normativo - ed ai principi costituzionali incidenti sul tema - il mantenimento della confisca. 5.2 Nel ricorso proposto dal difensore avv. omissis si deduce oltre alla violazione della L. n. 1423 del 1956, art. 7, il vizio di apparenza di motivazione del provvedimento impugnato. Viene evidenziato, sempre sul tema della pretesa valutazione autonoma, che anche in rapporto alla ritenuta esistenza di una associazione semplice e non di stampo mafioso la decisione emessa in ambito penale è stata annullata con rinvio per lacune motivazionali, nei confronti dei coimputati del R Per il resto, si ribadisce che è pacifica - in ambito penale - la carenza di prova del carattere mafioso della associazione e tale dato non può che portare alla insussistenza di una condizione soggettiva di pericolosità qualificata. Nel riprendere i dati informativi che avevano sostenuto la condotta di appartenenza al sodalizio ‘mafiosò la Corte di merito avrebbe posto in essere una motivazione meramente apparente. Si contesta inoltre la valenza indicativa dei fatti oggetto di ulteriori e diversi procedimenti. Considerato in diritto 1. Il ricorso, unitariamente considerando i due atti, è fondato, per le ragioni che seguono. 2. Come si è evidenziato in parte narrativa, le soluzioni offerte dai giudici del merito alla quaestio iuris su cui si fonda la domanda di revoca della confisca sono tra loro differenti. 2.1 Mentre il Tribunale di Napoli recede, in sostanza, dalla opzione di mantenere integra a fronte di una avvenuta smentita in sede penale della natura mafiosa del sodalizio R. la originaria qualificazione tipica in termini di pericolosità qualificata e articola i propri poteri di valutazione in una chiara direzione di riqualificazione del profilo criminologico del R., alimentata dai dati istruttori acquisiti in cognizione, la Corte di Appello ‘virà in diritto - prima ancora che in fatto verso una opzione di possibile mantenimento, anche nella ipotesi qui al vaglio, della condizione soggettiva di pericolosità qualificata. 2.2 La distinzione non è di poco momento, perché concerne la natura stessa del giudizio di revoca assimilabile alla revisione dei giudicati di condanna , l'ambito dei poteri valutativi del giudice investito dalla domanda, i limiti della autonomia valutativa del giudice della prevenzione rispetto ad un esito difforme di un giudizio penale correlato alla categoria soggettiva evocata in ambito prevenzionale. Come si è già affermato in altri arresti v. Sez. I n. 24707 del 2018 , la incidenza dell'esito di un giudizio penale correlato” all'avvenuto inquadramento tipico del soggetto in una delle fattispecie ‘prevenzionalì è fatto idoneo potenzialmente a determinare la revoca della confisca anche ai sensi del previgente L. n. 1423 del 1956, art. 7 ,. È evidente, infatti, che, a fronte della precedente elaborazione solo giurisprudenziale di una revocabilità ex tunc della misura di prevenzione per vizio genetico sul modello della revisione v. per tutte, Sez. I n. 21369 del 14.5.2008, rv 240094 , l'esistenza di un modello normativo tipizzato” D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28 è dato che deve portare l'interprete verso linee il più possibili conformi” ai contenuti della normazione sopravvenuta. Con ciò si intende dire che gli aspetti di maggior interesse di tale formalizzazione legislativa, tali da transitare nella interpretazione corrente in linea, peraltro, con considerazioni già presenti nella giurisprudenza formatasi sui contenuti della L. n. 1423 del 1956, art. 7, come la citata Sez. I n. 21369/2008 , sono rappresentati da - la netta scissione tra l'ipotesi della sopravvenienza di nuove prove decisive art. 28, comma 1, lett. a e il particolare caso di contrasto tra Giudicati tra esito del giudizio di prevenzione ed esito del giudizio penale art. 28, comma 1, lett. b , sì da rendere possibile una richiesta di revoca ex tunc della misura di prevenzione anche in presenza dei medesimi elementi istruttori, lì dove siano stati diversamente apprezzati in sede penale - la opzione legislativa verso la prevalenza del giudicato favorevole venutosi a determinare in sede penale, lì dove tale giudicato sia interpretabile nel senso di escludere in modo assoluto” i presupposti applicativi della misura di prevenzione. 2.3 Sono tutti temi oggetto di serrato dibattito giurisprudenziale, specie in una fase caratterizzata - nel settore delle misure di prevenzione - da una definitiva affermazione del paradigma interpretativo della tassatività , declinato prima in sede di legittimità come ingrediente ineludibile della fase cd. constatativa del giudizio, in stretta aderenza ai parametri costituzionali e convenzionali tesi a recuperare la dimensione di compatibilità del sistema con i principi fondamentali espressi nelle Carte e successivamente, come è noto, in sede di giudizio di legittimità costituzionale della vigente disciplina sent. n. 24 del 2019 Corte Cost. . 3. Il primo aspetto su cui occorre soffermarsi è dunque quello relativo alla tipologia di giudizio ‘revocatoriò, posto che la decisione che il Collegio è chiamato a prendere riguarda in primis l'ambito dei poteri spettanti al giudice investito della trattazione della domanda. Come si è detto, la opzione interpretativa seguita dal Tribunale di primo grado trattandosi di disciplina ante-riforma, governata dalla L. n. 1423 del 1956, art. 7, vi è doppio grado di merito con competenza primaria del Tribunale apre uno scenario di sicuro interesse ed il fatto che la Corte di secondo grado abbia seguito altro percorso non ne esclude - per le ragioni che si diranno - la rilevanza. 3.1 Sul punto, va rimarcato che, a fronte della emersione di un fatto nuovo potenzialmente incidente sul giudicato di prevenzione sia esso rappresentato da un novum fattuale o da un giudicato penale contrastante con le affermazioni che hanno condotto alla emissione della misura di prevenzione , l'apertura dello spazio cognitivo della revoca” o della revocazione” oggi formalizzata ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28 consente al giudice della procedura de qua di realizzare, se del caso, un diverso inquadramento tipico della pericolosità soggettiva, sulla base delle fonti dimostrative disponibili e di quelle sopravvenute, sempre che venga rispettato il diritto al contraddittorio argomentativo con la parte interessata, in maniera del tutto speculare a ciò che avviene nel giudizio di revisione della condanna penale, disciplinato dall' art. 630 c.p.p. e ss Ciò perché l'essenza stessa del giudizio revocatorio - in qualsiasi settore dell'ordinamento processuale - è quella di prendere atto del novum potenzialmente incidente sul giudicato e di effettuare, con ampi poteri cognitivi, un nuovo giudizio in detti termini v. Sez. I n. 3924 del 6.10.1993, rv 19559 che tenga conto del portato probatorio preesistente e dei fatti di qualunque natura sopravvenuti. Lo spazio cognitivo del giudizio revocatorio include, pertanto, il diverso inquadramento tipico della condotta in sede di prevenzione, così come risulta possibile - sempre rispettando il contraddittorio - una diversa qualificazione o considerazione di un elemento del reato in sede di giudizio di revisione del giudicato penale. Si veda, in tale ultima direzione, il precedente rappresentato da Sez. VI n. 47099 del 10.7.2007, rv 238385, ove si è ritenuta possibile, in sede di revisione penale, una diversa attribuzione del titolo di concorso nel reato . alla luce di tutte le argomentazioni sin qui svolte, deve ritenersi del tutto legittimo che il giudice della revisione, sulla base del complessivo materiale probatorio avuto a disposizione e valutato - nel rispetto dei canoni logici - con adeguata completezza, abbia concluso per il concorso morale del R.A. nei reati addebitatigli, in ciò discostandosi dalla conclusione alla quale era pervenuto il giudice della cognizione, che aveva ravvisato il titolo di responsabilità del predetto nel concorso materiale . Ad ulteriore sostegno della ritenuta possibilità del diverso inquadramento tipico” - in sede di procedura revocatoria della misura di prevenzione-milita altresì il contenuto argomentativo di Sez. U. n. 3513 del 2022, Fiorentino, con cui è stata affermata la applicabilità dello strumento processuale di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, nella ipotesi di domande di rimozione della confisca ancorate al novum giuridico rappresentato dalle ricadute di Corte Cost. n. 24 del 2019 . Anche in tale arresto, infatti, si valorizza lo ‘spazio cognitivò coessenziale alle procedure revocatorie, lì dove si afferma la necessità del giudice della fase revocatoria di porre in essere le opportune verifiche al fine di imputare” -- nei casi di ritenuta pericolosità mista ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. a / b - la statuizione di confisca alla fattispecie colpita dalla declaratoria di incostituzionalità con esito restitutorio o a quella rimasta in vita con esito di rigetto della domanda dopo la pronunzia n. 24 del 2019. 3.2 Un primo principio di diritto è opportuno affermare, alla luce delle superiori considerazioni in sede di procedimento di revoca della confisca di prevenzione è legittimo, previa instaurazione del contraddittorio, realizzare - in rapporto ai materiali cognitivi preesistenti ed a quelli sopravvenuti - un diverso inquadramento tipico del soggetto proposto. 4. Diversamente, il Collegio ritiene che il mantenimento della qualifica di pericolosità qualificata, come realizzato dalla Corte di secondo grado, sia contrario alla lettera della legge D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, comma 1, lett. a e al principio di non contraddizione dell'ordinamento giuridico. 4.1 Come è stato già espresso in altri arresti v. Sez. II n. 37160 del 2020, n. m. la disposizione di legge dettata in sede di prevenzione, pur declinando il coefficiente soggettivo appartenenza in termini diversi rispetto alla nozione penalistica partecipazione , richiede - a monte - la ricognizione certa della esistenza di un gruppo associativo che abbia le caratteristice tipiche di cui all'art. 416 bis c.p. ai soggetti indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'art. 416 bis c.p Dunque, rispetto alle caratteristiche ontologiche di un agglomerato associativo, l'avvenuta esclusione - nella sede a ciò deputata, ossia nel giudizio penale - della mafiosità” del gruppo non è aspetto che possa essere superato da un diversa valutazione” del giudice della prevenzione e ciò proprio in rapporto alla avvertita esigenza di rispetto dei principi di legalità e tassatività. Sul tema il Collegio condivide quanto di recente affermato in procedura di cognizione, ma con declinazione generale da Sez. II n. 37160 del 2020, di cui si riporta la decisione non è stata oggetto di massimazione uno stralcio della motivazione nel presente procedimento di prevenzione, la pericolosità sociale dei proposti è stata valutata soprattutto sulla base degli esiti del giudizio penale denominato Mondo di Mezzo , al quale si è più volte fatto cenno nell'esposizione in fatto che precede. Dopo la proposizione dei ricorsi in esame, il procedimento di cognizione è stato definito da questa Corte, in punto di responsabilità degli imputati, con sentenza n. 18125 del 22/10/2019 - dep. 12/06/2020 alla quale deve necessariamente farsi riferimento, trattandosi - appunto - delle stesse condotte prese in considerazione ai fini delle misure di prevenzione ciò al fine di verificare gli effetti di tale accertamento definitivo sul giudizio di pericolosità e sulle misure applicate La ben nota autonomia del giudizio di prevenzione rispetto a quello penale consente, infatti, J''utilizzo degli indizi di appartenenza all'associazione mafiosa anche a fronte di un esito assolutorio, essendo diversi i registri probatori della responsabilità penale fondata sul canone della certezza oltre ogni dubbio ragionevole rispetto alle misura di prevenzione, per la quale è sufficiente l'espressione di un giudizio di pericolosità fondato su fatti meramente sintomatici dell'appartenenza vicinanza, contiguità, etc. e non della piena partecipazione al sodalizio criminale l'unica penalmente rilevante , Tuttavia, nella fattispecie, la forza del giudicato penale che ha radicalmente escluso l'esistenza stessa del sodalizio mafioso in contestazione non consente, in concreto, alcuna autonomia di valutazione, non potendosi qualificare come specifica ai sensi dell'art. 4, lett. a , del codice antimafia una pericolosità fondata sull'appartenenza ad un sodalizio mafioso ritenuto inesistente . 4.2 Nel caso trattato da Sez. II n. 37160 del 2020 in modo speculare alla vicenda qui trattata - è stata esclusa la natura mafiosa della associazione cui accedevano” le fattispecie di pericolosità qualificata, e ciò ha comportato la ritenuta impossibilità - in diritto - di mantenimento dell'inquadramento soggettivo nell'alveo del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, comma 1, 1 ett. a. Simile operazione, pertanto, non può ritenersi possibile in sede di giudizio revocatorio, nel caso del R., contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello di Napoli, con fondatezza del ricorso su tale punto. 4.3 Per quanto si è affermato al paragrafo 3 della presente sentenza, non può tuttavia disporsi un annullamento senza rinvio della decisione impugnata, risultando giuridicamente possibile come sostanzialmente realizzato dal giudice di primo grado della procedura revocatoria un diverso inquadramento soggettivo della pericolosità tipica del R., in presenza dei presupposti di fatto e con adeguato contraddittorio. Per l'effetto deve disporsi l'annullamento del decreto impugnato, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli. La natura di decreto non permette il rinvio a diversa sezione, a mente del disposto di cui all' art. 623 c.p.p. , comma 1, lett. a per contro, la natura decisoria dell'atto impone che il collegio chiamato alla nuova valutazione sia composto diversamente, stante l'incompatibilità dei componenti che hanno partecipato alla decisione oggetto di impugnazione. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Napoli.