Assegno circolare e storno della banca negoziatrice: opera il “salvo incasso”?

Il correntista non può pretendere dalla Banca il pagamento di un assegno circolare, girato per l’incasso, qualora risulti impagato a causa del fallimento dell’ordinatario. Ciò perché il trasferimento a favore del cliente della proprietà delle somme portate dal titolo è sospensivamente condizionato dal «salvo incasso» di cui all’articolo 1829 c.c

In questa direzione si è espressa la Prima Sezione della Corte Suprema di Cassazione con ordinanza n. 27449 del 20 settembre 2022 che ha risolto una problematica avente ad oggetto la responsabilità della banca negoziatrice per un illegittimo storno a danno del cliente. La questione in lite La vicenda dibattuta in giudizio può essere così sintetizzata. Nel luglio 1996 un correntista effettuava sul proprio conto corrente due versamenti per complessivi Lire 500 milioni mediante girata di alcuni assegni circolari. Tale importo veniva accreditato il giorno successivo sul conto corrente del cliente. A distanza di sette giorni le somme portate da quegli assegni venivano stornate a causa del fallimento dei loro ordinatari. Il cliente lamentava pertanto l'illegittimità dello storno in quanto la banca emittente, in sede di presentazione dei titoli in stanza di compensazione, nulla aveva osservato sulla regolarità degli assegni, dovendosi allora ritenere definitivamente acquisite le somme accreditate sul conto corrente da parte della banca negoziatrice. Quest'ultima veniva convenuta in giudizio per ottenere la condanna alla restituzione dell'importo illegittimamente stornato a favore del correntista. La domanda del cliente veniva rigettata dal Tribunale di Viterbo. Seguiva il gravame del correntista accolto dalla Corte d'Appello di Roma sulla base del seguente ragionamento: (i) la consegna   dell'assegno   circolare   non   equivale   a   pagamento atteso che l'estinzione dell'obbligazione è subordinata al buon fine dell'assegno medesimo; (ii) il fallimento degli ordinatari degli assegni stessi non consentiva di stornare le somme portate dagli assegni; (iii) la dichiarazione di fallimento comporta l'inefficacia dei pagamenti eseguiti o ricevuti  dal  fallito come conseguenza dell'indisponibilità del patrimonio del fallito, valevole senza alcuna rilevanza dello stato soggettivo di buona o mala fede di chi il pagamento esegue o riceve. Tale inefficacia è tuttavia relativa, nel senso che può essere fatta valere solo dal curatore fallimentare nei confronti del destinatario o esecutore del pagamento e per il solo fatto che il pagamento sia sopravvenuto alla dichiarazione del fallimento; (iv) la banca emittente non poteva pertanto sottrarsi al pagamento dell'assegno circolare, invocando l'inefficacia della girata dell'assegno stesso da parte del fallito. Da qui il ricorso per cassazione proposto dalla banca negoziatrice. Le ragioni della banca negoziatrice Con il primo motivo di ricorso la banca negoziatrice lamentava la falsa applicazione, da parte della Corte di Appello di Roma, dell'articolo 44 L. F. in luogo dell' articolo 1829 c.c. a tenore del quale, nel caso di crediti verso terzi, inclusi nel conto, si presume la clausola salvo incasso con la conseguenza che, ove il credito non sia soddisfatto, è legittima l'eliminazione dell'accredito. Segnatamente, precisava la banca ricorrente: (A) di aver  stornato gli assegni sulla base  ed  in  conseguenza  dello  storno  in   precedenza  operato  dalla  banca emittente per cui mai la provvista è stata trasmessa alla prima, che a sua volta, mai l'ha avuta a  disposizione;  (B)   la clausola  salvo incasso  inerente  ad  un  versamento  di  un  titolo  di  credito  da  parte  di  un correntista, come da un altro cliente ( ex articolo 1856 c.c.) sul conto corrente bancario, ha effetto sospensivo del  trasferimento  della  proprietà  del  titolo  in attesa dell'adempimento del mandato a seguito dell'effettiva riscossione della somma indicata nel titolo; con la conseguenza che il rimettente acquista la disponibilità della somma medesima solo dopo che il titolo sia stato effettivamente pagato. Questo motivo viene ritenuto fondato dalla Prima Sezione della Corte di Cassazione. La tesi del Sostituto Procuratore Generale I Giudici di legittimità condividono, anzitutto, il contenuto della requisitoria del sostituto procuratore generale secondo cui: (I) in presenza di un assegno circolare proveniente da un terzo, la disponibilità non può prescindere dalla negoziazione nella stanza di compensazione al pari di quanto avviene per l'assegno bancario; (II) la provenienza di un assegno da una banca, quale è l'assegno circolare, non incide sul meccanismo della negoziazione che è costituito dalla sua presentazione da parte della banca negoziatrice a quella emittente alla quale non è preclusa in quella sede la possibilità di sollevare eccezioni basate sullo stesso titolo o sui rapporti con il beneficiario; (III) l'assegno circolare conserva la natura di titolo di credito la cui estinzione rimane subordinata al buon fine dell'operazione; (IV) se il credito non viene soddisfatto dal terzo, la banca può procedere al riaddebito; (V) il versamento in conto di un assegno tratto su una banca diversa dà luogo ad una iscrizione figurativa del credito che non autorizza la disponibilità delle somme fino al pagamento del titolo da parte della banca trattaria. La soluzione offerta dalla Cassazione: effetto sospensivo del trasferimento della proprietà del titolo ed operatività del “salvo incasso” di cui all' articolo 1829 c.c. Osserva il Collegio, in allineamento a consolidato orientamento di legittimità, che alle operazioni bancarie in conto corrente si applica il principio espresso dall' articolo  1829 c.c. secondo cui «se non risulta una diversa volontà delle parti, l'inclusione nel conto di un credito verso un terzo si presume fatta con la clausola salvo incasso». La predetta presunzione non opera soltanto allorquando risulti una contraria volontà delle parti, ma anche in presenza di altre circostanze di fatto, quale un inequivoco comportamento della banca. Puntualizza la Corte che l' articolo 1829 c.c. non esclude gli assegni circolari e, nel caso di specie, non risulta alcuna deroga pattizia alla clausola predetta. D'altronde, nessuna previsione di legge sancisce un obbligo immediato di accreditamento da parte della banca; ciò se non risulti che il versamento sul conto corrente di un titolo di credito tratto su/emesso da altra banca avvenga secondo una regolamentazione pattizia tale da imporre alla banca ricevente di mettere immediatamente a disposizione del suo cliente correntista la relativa somma, così superando la presunzione di clausola salvo incasso. A detta della Corte di Legittimità, la clausola salvo buon fine o salvo incasso comporta la permanenza sul correntista rimettente del rischio di mancato pagamento del debitore. Detta clausola non opera come condizione risolutiva del trasferimento della proprietà del titolo medesimo alla banca ricevente, ma ha effetto sospensivo del trasferimento della proprietà del titolo, in attesa che il mandato sia compiutamente adempiuto con l'effettiva riscossione della somma menzionata nel titolo. Lungo questa traiettoria, avverte la Corte, lo storno dell'importo accreditato a mezzo degli assegni è coerente con la disciplina prevista dal richiamato articolo 1829 c.c. Secondo i Giudici di legittimità va quindi ribadita l'efficacia della clausola salvo incasso come condizione sospensiva del trasferimento di proprietà delle somme portate dal titolo, in attesa che il mandato - figura cui va ricondotto l'incarico conferito alla banca   per   la   realizzazione   del   credito   portato   dal   titolo   stesso - sia compiutamente adempiuto con l'effettiva riscossione della somma menzionata nell'assegno. Ne deriva che: (a) il rimettente acquista la disponibilità della somma solo dopo che il titolo sia stato effettivamente pagato; (b) se la banca non avesse provveduto allo storno si sarebbe verificato un pagamento indebito a favore del correntista che sarebbe tenuto a risponderne ai sensi dell' articolo 2033 c.c. Conclude, infine, la Corte di Cassazione il proprio ragionamento osservando che l'Accordo interbancario (alla cui stregua, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto imporsi il pagamento) non opera nei confronti dei terzi. L'eventuale presunzione di pagato che si fosse verificata in base a tale Accordo sarebbe stata, cioè, invocabile dalle sole banche aderenti e non dalla clientela. Alcuni significativi precedenti giurisprudenziali in materia In allineamento alla decisione qui annotata e più volte richiamata nel corpo della motivazione, Cass. n. 18118/2003 , secondo cui: «alle operazioni bancarie in conto corrente si applica il principio contenuto nell' articolo 1829 c.c. , richiamato dal successivo articolo 1857, secondo cui l'accreditamento, sul conto corrente del cliente, dell'importo di un assegno trasferito alla banca per l'incasso deve ritenersi sempre effettuato salvo incasso (o salvo buon fine, o con riserva di verifica), con la conseguenza che, se il credito portato dall'assegno non venga soddisfatto dal terzo obbligato, la banca può eliminare la partita dal conto reintegrando il correntista nelle sue ragioni con la restituzione del titolo. La predetta presunzione di clausola salvo incasso non opera soltanto allorquando risulti una contraria volontà delle parti che, ove l'inclusione nel conto corrente bancario avvenga mediante girata di un titolo di credito, può essere desunta non solo dal fatto che la girata medesima sia piena e non già per l'incasso, ma anche da altre circostanze di fatto, quale un inequivoco comportamento della banca”. Adde, Cass. n. 19587/2008 ; Cass. n. 11395/2019 ove ribadito che: “la banca può eliminare la partita dal conto del cliente attraverso uno storno, reintegrando il correntista nelle sue ragioni con la mera restituzione del titolo, non potendo il cliente, ove abbia disposto dell'importo dell'assegno, dolersi che l'istituto di credito abbia dato seguito al suo ordine di pagamento, dovendo il correntista essere consapevole che l'anticipazione operata dalla banca dovrà essere restituita se il titolo, alla scadenza, risulti privo di provvista».

Presidente Valitutti - Relatore Campese Fatti di causa 1. D.L. citò la Banca di (omissis) di Ronciglione S.C. (già (omissis)  di Ronciglione soc. coop. a r.l., per il prosieguo, beviter, (omissis) ) davanti al Tribunale di Viterbo, per ottenerne, previa declaratoria di responsabilità per avere illegittimamente stornato, dal c/c bancario n. ( omissis ), intestato all'attrice, la somma di Lire 500.000.000, la condanna alla restituzione, in proprio favore, dell'importo corrispondente di Euro 258.228,45, oltre interessi, rivalutazione monetaria e risarcimento danni. 1.1. In particolare, dedusse: a) di avere effettuato, il 10 luglio 1996, sul menzionato conto corrente, due versamenti, per complessive Lire 500.000.000, mediante girata di n. 13 assegni circolari emessi dalla (omissis) ( (omissis) ); b) che tale importo, accreditato sul c/c della D.dalla banca convenuta l'11 luglio 1996, venne successivamente stornato da quest'ultima il 18 luglio 1996, a seguito di comunicazione della (omissis) di avvenuto storno delle somme portate da quegli assegni a causa del fallimento dei loro ordinatari; c) che lo storno operato dalla banca convenuta era da ritenersi illegittimo in quanto la (omissis) (emittente), in sede di presentazione dei titoli in stanza di compensazione, nulla aveva osservato in merito alla regolarità degli stessi assegni, sicché, per effetto della predetta avvenuta compensazione, le somme accreditate sul proprio conto corrente erano da ritenersi definitivamente acquisite e non più stornabili. 1.2. Costituitasi la (omissis) , l'adito tribunale, con sentenza n. 1121/2008 , rigettò la domanda dell'attrice, condannandola al risarcimento dei danni ex articolo 96 c.p.c. . 2. Il gravame della D. contro questa decisione è stato accolto dalla Corte di appello di Roma, con sentenza del 24/30 ottobre 2017, n. 6862, che ha condannato la Banca appellata al pagamento, in favore della prima, di Euro 258.228,45, oltre interessi dall'11 luglio 1996 al soddisfo; del maggior danno ex articolo 1224 c.c. , comma 2, corrispondente alla differenza - se sussistente - tra il tasso di rendimento netto (dedotta l'imposta) sui titoli di Stato di durata non superiore ai dodici mesi (o tra il tasso di inflazione, se superiore) e quello degli interessi legali, se inferiore, sulla sorte capitale dall'11 luglio 1996 alla data di pubblicazione della sentenza; delle spese processuali del doppio grado. 2.1. Per quanto qui di interesse, quella corte ha opinato che: i) malgrado sia vero, come correttamente ha sottolineato il giudice di prime cure, che la consegna dell'assegno circolare non equivale a pagamento, atteso che l'estinzione dell'obbligazione è subordinata al buon fine dell'assegno medesimo, nel caso di specie lo storno, operato dalla banca emittente prima e successivamente dalla Banca di (omissis) di Ronciglione S.C., muoveva non già dalla validità dei titoli, ma dal presupposto del fallimento degli ordinatari degli assegni stessi ; ii) tale circostanza non consentiva di stornare le somme portate da quei titoli, essendo indubbio che la dichiarazione di fallimento comporta l'inefficacia dei pagamenti eseguiti o ricevuti dal fallito come conseguenza dell'indisponibilità del patrimonio del fallito, valevole senza alcuna rilevanza dello stato soggettivo di buona o mala fede di chi il pagamento esegue o riceve. E tale principio opera anche con riferimento alla circolazione degli assegni ; iii) tuttavia, l'inefficacia è relativa, nel senso che può essere fatta valere solo dal curatore fallimentare nei confronti del destinatario o esecutore del pagamento e per il solo fatto il pagamento sia sopravvenuto alla dichiarazione del fallimento. D'altra parte, l'assegno circolare è una promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata all'ordine della persona indicata come beneficiario. La banca che emette un assegno circolare, dunque, adempie un'obbligazione di provvista nei confronti del richiedente, necessariamente coincidente con la persona che metterà all'incasso l'assegno, e assume pertanto, un'obbligazione cambiaria nei confronti di chiunque risulterà legittimo portatore del titolo ; iv) la banca emittente, per questo, non può sottrarsi al pagamento di un assegno circolare, facendo valere l'inefficacia della girata dell'assegno stesso da parte del fallito. In pratica, solo il curatore fallimentare potrà far valere, nei confronti del beneficiario l'inefficacia della girata dell'assegno circolare per il solo fatto essa sia sopravvenuta dichiarazione del fallimento, esigendo dallo stesso beneficiario la restituzione dell'importo facciale dell'assegno circolare incassato ; v) nessun rilievo riveste, ai fini del decidere, la circostanza che, in stanza di compensazione, nulla è stato opposto dalla banca emittente sugli assegni circolari in esame, atteso che i rapporti tra banche che operano nella stanza di compensazione, regolati dall'articolo 2 della procedura di scambio e regolamento , contenuto nella circolare ABI n. 133 ed applicabile alle aziende di credito in virtù della loro adesione alla convenzione, hanno natura privatistica e sono imperniati su vincoli contrattuali (il contratto di riscontro) in forza dei quali gli aderenti si impegnano al pareggiamento globale dei reciproci crediti e debiti che periodicamente si contrappongono nella stanza, in vista di una oggettiva compensazione ( Cass. Sentenza n. 10464 del 14/05/2014 ). (...J. Nel caso di specie, la banca emittente ( (omissis) ), a distanza di circa sette giorni dall'avvenuto accredito degli assegni circolari sul c/c bancario della D., comunicò alla Banca di (omissis) di Ronciglione lo storno delle somme portate dai predetti titoli per il fallimento degli ordinatari degli stessi assegni circolari. In sostanza, la (omissis) eccepì, ai fini del rifiuto del pagamento, la sentenza dichiarativa di fallimento che interessava i propri clienti ed ordinatari degli assegni circolari in esame. Tale eccezione era ed è da ritenersi illegittima, in quanto la banca emittente ed in seconda battuta il (omissis) Ronciglione non potevano rifiutare il pagamento dei titoli per una circostanza, il fallimento degli ordinatori degli assegni, che poteva essere eccepita solo dal curatore fallimentare . 3. Per la cassazione di questa decisione ha proposto ricorso la Banca di (omissis) di Ronciglione e Barbarano Romano S.C. (incorporante per fusione la Banca di (omissis) di Ronciglione S.C.), affidandosi a sette motivi. Ha resistito, con controricorso, la D. Sono state depositate memorie, ex articolo 380-bis.1 c.p.c., da quest'ultima e dalla (omissis)(omissis) s. c.p.a ., incorporante per fusione la suddetta ricorrente. Ragioni della decisione  1. Rileva, pregiudizialmente, il Collegio che, come recentemente chiarito da questa Suprema Corte, in tema di validità della procura alle liti, ove in corso di causa intervenga la fusione per incorporazione della società in lite, l'incorporante può costituirsi in giudizio avvalendosi della procura in precedenza rilasciata dall'incorporata, poiché l'attuale formulazione dell' articolo 2504 bis c.c. , prevede la prosecuzione dei rapporti giuridici, anche processuali, in capo al soggetto unificato a seguito della fusione, risolvendosi quest'ultima in una vicenda (non estintiva ma) evolutivo-modificativa, che comporta un mutamento solo formale di un'organizzazione societaria esistente, con la conseguenza che l'originaria procura alle liti rimane valida anche per il periodo successivo all'incorporazione e il difensore già designato è legittimato al compimento di tutti gli atti processuali occorrenti per la difesa della posizione giuridica della società, pur nella sua diversa organizzazione (cfr. Cass. n. 20621 del 2021). 1.1. Nessun dubbio può sussistere, dunque, circa la ritualità dell'avvenuta costituzione della (omissis)(omissis) s. c.p.a ., quale incorporante per fusione la Banca di (omissis) di Ronciglione e Barbarano Romano S.C., in forza della medesima procura rilasciata ai difensori di quest'ultima in calce al ricorso introduttivo del giudizio. 2. I formulati motivi denunciano, rispettivamente: I) Falsa applicazione di norme di diritto: L. Fall., articolo 44 (falsa applicazione) in luogo dell' articolo 1829 c.c. (esatta applicazione). articolo 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, c.p.c. . Si assume che la corte di merito è partita dal corretto presupposto che la consegna dell'assegno circolare non equivale a pagamento (atteso che l'estinzione dell'obbligazione è subordinata al buon fine dell'assegno medesimo), senza trarne, tuttavia, le logiche conseguenze giuridiche, così falsamente applicando, alla fattispecie dell'effettuato storno dei titoli, la L. Fall., articolo 44, in luogo dell' articolo 1829 c.c. , a tenore del quale, invece, nel caso di crediti verso terzi, inclusi nel conto, si presume la clausola salvo incasso con la conseguenza che, ove il credito non sia soddisfatto, è legittima l'eliminazione dell'accredito. Si precisa che: i) in realtà, la (omissis) ha stornato gli assegni sulla base ed in conseguenza dello storno in precedenza operato dalla (omissis) s.p.a., per cui mai la provvista è stata trasmessa alla prima, che a sua volta, mai l'ha avuta a disposizione; ii) la clausola salvo incasso , inerente ad un versamento di un titolo di credito da parte di un correntista, come da un altro cliente ( ex articolo 1856 c.c. ) sul conto corrente bancario, ha effetto sospensivo del trasferimento della proprietà del titolo in attesa che il mandato sia compiutamente adempiuto con l'effettiva riscossione della somma indicata nel titolo, con la conseguenza che il rimettente acquista la disponibilità della somma medesima solo dopo che il titolo sia stato effettivamente pagato: condizione sospensiva che, nel caso di specie, non si è assolutamente verificata, atteso che la (omissis) s.p.a., istituto emittente i titoli in questione, versati il 10 luglio 1996 dai genitori della D., ordinatari degli stessi, sul conto corrente acceso dalla loro figlia presso la (omissis) , il successivo 18 luglio 1996 aveva effettuato lo storno di tale somma, comunicando a quest'ultima che ciò era avvenuto a seguito della dichiarazione di fallimento degli ordinatari gli assegni medesimi; II) Falsa applicazione di norme di diritto: L. Fall., articolo 44 (falsa applicazione) in luogo dell' articolo 1343 c.c. (causa illecita), articolo 1344 c.c. (contratto in frode alla legge), articolo 1345 c.c. (motivo illecito), articolo 1348 c.c. (contratto contrario a norme imperative, illiceità della causa, illiceità dei motivi) (esatta applicazione). articolo 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 . Si deduce che, come emerge dagli atti, il conto corrente acceso dalla D. ebbe come sua unica operazione il descritto versamento di Lire 500 milioni e ciò per sfuggire ai rigori della possibile azione revocatoria del curatore fallimentare. Pertanto, l'attribuzione delle somme da parte dei genitori in favore della figlia era sprovvista di causa e, comunque, aveva una causa illecita, essendo un mezzo per eludere una norma imperativa (indisponibilità del patrimonio da parte del fallito in conseguenza della dichiarazione di fallimento). Con ciò violando gli articolo 1343, 1344 e 1345 c.c. , e, conseguentemente, producendo la nullità dell'attribuzione della somma ex articolo 1348 c.c. ; III) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: clausola salvo buon fine dei titoli (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) . Fermo quanto denunciato circa la falsa applicazione di legge, si lamenta che nessuna motivazione ha fornito la corte distrettuale circa il fatto storico - risultante dagli atti, oggetto di discussione tra le parti e decisivo per il giudizio - che gli assegni de quibus contenessero espressamente la clausola, presunta ex lege, salvo incasso o salvo buon fine , come da contabile della (omissis) ad D.E. ed A.E. di girata per l'incasso; IV) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: acquiescenza della D. allo storno dei titoli (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) , censurandosi la sentenza impugnata per non aver fornito alcuna motivazione circa il fatto storico - risultante dagli atti, oggetto di discussione tra le parti e decisivo per il giudizio dell'acquiescenza prestata dalla D. alla storno dei titoli operato dalla (omissis) e della successiva regolarizzazione contabile del rapporto contrattuale; V) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: il conto corrente de quo aveva avuto come unica sua operazione un versamento di Lire 500 milioni e ciò per sfuggire ai rigori della possibile azione revocatoria del curatore fallimentare (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) , contestandosi alla corte territoriale di non aver fornito alcuna motivazione circa il fatto storico - risultante dagli atti, oggetto di discussione tra le parti e decisivo per il giudizio - che il conto corrente acceso dalla D. presso la (omissis) aveva avuto come sua unica operazione il versamento degli assegni circolari predetti al fine di sfuggire ai rigori della possibile azione revocatoria del curatore del fallimento degli ordinatari degli stessi. Pertanto, l'attribuzione delle corrispondenti somme in favore della D.     , da parte dei suoi genitori, era sprovvista di causa e, comunque, aveva una causa illecita, essendo un mezzo per eludere una norma imperativa e, conseguentemente, producendo la nullità dell'attribuzione stessa; VI) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: la Sig.ra D.L. è rimasta completamente estranea alla operazione bancaria (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) , ascrivendosi alla corte capitolina di aver totalmente omesso di argomentare in ordine al fatto storico - risultante dagli atti, oggetto di discussione tra le parti e decisivo per il giudizio - dell'assoluta estraneità della D. all'operazione bancaria in questione; VII) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: in nessun momento del tempo la somma di Lire 500.000.000 (pari ad Euro 258.228,45 di cui alla statuizione di condanna) è stata fisicamente presente sul c/c, intestato alla D.L., n. ( omissis ) (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) , criticandosi la decisione impugnata per non aver considerato le circostanze fattuali, rispettivamente dedotte dalle parti, in merito alla materiale esistenza dell'importo di Lire 500.000.000 sul conto della D. 3. Il primo di tali motivi si rivela fondato, con conseguente assorbimento di tutti gli altri. 3.1. Invero, giova premettere che risultano assolutamente incontroverse le seguenti circostanze fattuali: a) l'essere stati eseguiti, il 10 luglio 1996, sul conto corrente n. ( omissis ) acceso da D.L. presso la (omissis) , due versamenti, per complessive Lire 500.000.000, mediante girata di n. 13 assegni circolari emessi dalla (omissis) s.p.a. all'ordine di D.E. ed A.E., genitori dell'odierna controricorrente; b) che tale importo, accreditato sul menzionato conto dalla (omissis) l'11 luglio 1996, venne successivamente stornato da quest'ultima il 18 luglio 1996, a seguito di comunicazione della Banca emittente di avvenuto storno delle somme portate da quegli assegni a causa del fallimento dei loro ordinatari. 3.1.1. La vicenda oggetto del giudizio, dunque, è così riassumibile: una correntista acconsente alla presentazione alla propria banca (la (omissis) ), girataria per l'incasso, di assegni circolari emessi da altro istituto di credito (la (omissis) s.p.a.) all'ordine di terzi (i genitori della correntista medesima), ottenendone l'immediato accredito sul proprio conto. La sua banca, che aveva provveduto alla negoziazione dei titoli in stanza di compensazione con quella emittente, rilevatone il mancato pagamento, ad opera di quest'ultima, per il sopravvenuto fallimento degli ordinatari, storna il relativo importo, portandolo, quindi, a debito della cliente, la quale contesta la legittimità dell'operazione di storno effettuata dalla banca negoziatrice assumendo che il pagamento avrebbe dovuto intendersi come definitivo (nei suoi confronti) per effetto della presunzione di pagamento, intercorsa tra la banca negoziatrice e quella emittente sulla base di quanto previsto dalla convenzione interbancaria: in sostanza, l'attrice ha reclamato la responsabilità della banca negoziatrice per aver effettuato lo storno in suo danno nonostante, sulla base di quanto previsto dall'Accordo interbancario, l'assegno dovesse comunque presumersi pagato, in quanto erano scaduti i termini fissati da detta convenzione per la comunicazione dell'esito della negoziazione. 3.2. È opportuno precisare, poi, che, come affatto condivisibilmente puntualizzato dal sostituto procuratore generale nella sua requisitoria scritta, in presenza (come nella specie) di un assegno circolare proveniente da un terzo, la disponibilità non può prescindere dalla negoziazione nella stanza di compensazione al pari di quanto avviene per l'assegno bancario. La provenienza di un assegno da una banca, quale è l'assegno circolare, incide certamente sull'affidabilità del titolo, ma non sul meccanismo della negoziazione che è costituito dalla sua presentazione da parte della banca negoziatrice a quella emittente alla quale non è preclusa in quella sede la possibilità di sollevare eccezioni basate sullo stesso titolo o sui rapporti con il beneficiario. Del resto l'assegno circolare, pur costituendo nella pratica un mezzo di pagamento per il grado di affidabilità che gli è riconosciuto, conserva tuttavia la natura di titolo di credito la cui estinzione rimane subordinata al buon fine dell'operazione. In base alle esposte considerazioni deve, quindi, escludersi come del resto fatto dalla sentenza della Corte di appello - l'equiparazione dell'assegno circolare con denaro contante . 3.3. La corte di merito, come si è già riferito (cfr. p. 2.1. dei Fatti di causa ), ha negato la legittimità dello storno operato dalla banca emittente prima e successivamente dalla (OMISSIS) perché ...la dichiarazione di fallimento comporta l'inefficacia dei pagamenti eseguiti o ricevuti dal fallito come conseguenza dell'indisponibilità del patrimonio del fallito, valevole senza alcuna rilevanza dello stato soggettivo di buona o mala fede di chi il pagamento esegue o riceve. E tale principio opera anche con riferimento alla circolazione degli assegni. Tuttavia, l'inefficacia è relativa, nel senso che può essere fatta valere solo dal curatore fallimentare nei confronti del destinatario o esecutore del pagamento e per il solo fatto il pagamento sia sopravvenuto alla dichiarazione del fallimento. D'altra parte, l'assegno circolare è una promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata all'ordine della persona indicata come beneficiario. La banca che emette un assegno circolare, dunque, adempie un'obbligazione di provvista nei confronti del richiedente, necessariamente coincidente con la persona che metterà all'incasso l'assegno, e assume pertanto, un'obbligazione cambiaria nei confronti di chiunque risulterà legittimo portatore del titolo. La banca emittente, per questo, non può sottrarsi al pagamento di un assegno circolare, facendo valere l'inefficacia della girata dell'assegno stesso da parte del fallito. In pratica, solo il curatore fallimentare potrà far valere, nei confronti del beneficiario l'inefficacia della girata dell'assegno circolare per il solo fatto essa sia sopravvenuta dichiarazione del fallimento, esigendo dallo stesso beneficiario la restituzione dell'importo facciale dell'assegno circolare incassato . 3.3.1. In altri termini, si è ritenuto di sussumere la fattispecie de qua nell'ambito della L. Fall., articolo 44, e, conseguentemente, di considerare precluso alle banche suddette di avvalersi del rimedio previsto da detta disposizione, utilizzabile esclusivamente dal curatore fallimentare (nella specie di quello del sopravvenuto fallimento degli ordinatari dei titoli di cui si discute). 3.3.2. È utile ricordare, infine, che questa Corte, ancora recentemente (cfr. anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 33620 del 2021 ; Cass. n. 4226 del 2021 ; Cass. n. 395 del 2021 ; Cass. n. 27909 del 2020 ; Cass. n. 4343 del 2020 ; Cass. n. 27686 del 2018 ), ha chiarito che il vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) riveste la forma della falsa applicazione di norme di diritto allorquando è denunciata la sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente (perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro) ovvero la deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua (pur corretta) interpretazione (cfr. Cass. n. 8782 del 2005). 3.4. Fermo quanto precede, osserva il Collegio che, come ripetutamente sancito dalla giurisprudenza di legittimità: i) alle operazioni bancarie in conto corrente si applica il principio espresso dall' articolo 1829 c.c. , primo periodo, Se non risulta una diversa volontà delle parti, l'inclusione nel conto di un credito verso un terzo si presume fatta con la clausola salvo incasso richiamato dal successivo articolo 1857 c.c. , (cfr. Cass. n. 11395 del 2019 ; Cass. n. 19587 del 2008 ; Cass. n. 18118 del 2003); ii) la predetta presunzione di clausola salvo incasso non opera soltanto allorquando risulti una contraria volontà delle parti, che, ove l'inclusione nel conto corrente bancario avvenga mediante girata di un titolo di credito (come avvenuto nella specie), può essere desunta, ad esempio, non solo dal fatto che la girata medesima sia piena e non già per l'incasso, ma anche da altre circostanze di fatto, quale un inequivoco comportamento della banca (cfr., ex aliis, Cass. n. 18118 del 2003 ; Cass. n. 2742 del 2000 ; Cass. n. 13160 del 1992 ; Cass. n. 2546 del 1979 ). 3.4.1. Nessuna previsione di legge, del resto, sancisce un obbligo immediato di accreditamento da parte della banca, se non risulti che il versamento sul conto corrente di un titolo di credito tratto su/emesso da altra banca avvenga secondo una regolamentazione pattizia tale da imporre alla banca ricevente di mettere immediatamente a disposizione del suo cliente correntista la relativa somma (con il superamento della prodotta presunzione di clausola salvo incasso ). 3.4.2. A tanto deve solo aggiungersi che l' articolo 1829 c.c. non esclude gli assegni circolari, mentre, nel caso di specie, non risulta alcuna deroga pattizia alla clausola predetta. 3.5. Orbene, è noto, che la clausola salvo buon fine o salvo incasso comporta la permanenza sul correntista rimettente del rischio di mancato pagamento del debitore. Infatti, come si legge in Cass. n. 11395 del 2019 , la clausola salvo incasso , inerente ad un versamento di un titolo di credito da parte di un cliente sul conto corrente bancario, non opera come condizione risolutiva del trasferimento della proprietà del titolo medesimo alla banca ricevente, ma, ricollegandosi ad un mandato conferito alla banca per la realizzazione del credito portato dal titolo, ha effetto sospensivo del trasferimento della proprietà del titolo, in attesa che il mandato sia compiutamente adempiuto con l'effettiva riscossione della somma menzionata nel titolo (si vedano pure Cass. n. 18118 del 2003 e Cass. n. 1946 del 1999 ). 3.5.1. Alla stregua di tale principio, quindi, lo storno, da parte della (omissis) , dell'importo accreditato a mezzo degli assegni si rivela affatto coerente con la disciplina prevista dal menzionato articolo 1829 c.c. . Invero, nuovamente condividendosi quanto osservato dal sostituto procuratore generale nella sua requisitoria scritta, essendosi in presenza di una condizione sospensiva, costituita dal buon fine del titolo, se il credito non viene soddisfatto dal terzo, la banca può procedere al riaddebito. (...) Il correntista, infatti, deve essere consapevole che l'accredito di cui trattasi è stato operato salvo incasso e che l'anticipazione effettuata dalla banca in proprio favore dovrà essere restituita se il titolo, alla scadenza, risulti privo di provvista, onde il versamento in conto di un assegno tratto su una banca diversa dà luogo ad una iscrizione a credito del correntista solo figurativa, che non autorizza la disponibilità delle somme risultanti (provvisoriamente) a credito, fino al pagamento del titolo da parte della banca trattarla . 3.6. La D. insiste, oggi, nell'affermare che (cfr., amplius, pag. 4 del controricorso) la presentazione di un assegno (bancario o circolare che sia) alla stanza di compensazione equivale a presentazione per il pagamento (articolo 34 L. ass. b.) e che la conseguente operazione di compensazione comporta l'estinzione dell'assegno medesimo (articolo 1241 - 1252 c.c. ) . Assume, infatti, che le procedure per lo scambio ed il regolamento degli assegni in stanza di compensazione sono disciplinate da appositi accordi interbancari che, tra l'altro, fissano i termini entro cui la banca trattaria/negoziatrice è tenuta a restituire gli assegni insoluti e/o protestati, ovvero ad inoltrare la comunicazione di impagato; in mancanza, decorsi tali termini, l'estinzione dell'assegno diviene definitiva e le somme accreditate dalla banca negoziatrice al proprio cliente in conseguenza della presentazione dell'assegno sono da considerare definitivamente acquisite e non più stornabili dal conto di questi . 3.6.1. Quest'argomentazione - che ha trovato echi in parte della dottrina e della giurisprudenza di merito - è volta a prefigurare, nell'ipotesi di assegno circolare non andato a buon fine per effetto del fallimento dell'ordinatario dell'assegno stesso accertato successivamente alla operazione di compensazione tra la banca negoziatrice e quella emittente, una eliminazione solo successiva della partita di conto già acquisita al momento della rimessa. 3.6.2. Tale conclusione, però, non persuade, posto che, come affatto condivisibilmente rimarcato dal sostituto procuratore generale nella sua menzionata requisitoria, in tal modo, viene a spostarsi, (...1, sostanzialmente il meccanismo della negoziazione nell'ambito di una mera condizione risolutiva in contrasto con i principi che all'effettiva disponibilità fanno riferimento anche per l'assegno circolare . 3.6.3. Va ribadita, invece, l'efficacia della clausola salvo incasso come condizione sospensiva del trasferimento di proprietà delle somme portate dal titolo, in attesa che il mandato - figura cui va ricondotto l'incarico conferito alla banca per la realizzazione del credito portato dal titolo stesso - sia compiutamente adempiuto con l'effettiva riscossione della somma menzionata nell'assegno, con la conseguenza che il rimettente acquista la disponibilità della somma solo dopo che il titolo sia stato effettivamente pagato (cfr. Cass. n. 18118 del 2003). Ove ciò non si verifichi, la banca, restituendo il titolo al correntista, ha il diritto di operare un'operazione di storno, la quale possiede effetti puramente contabili, non avendo l'annotazione in conto fatto divenire la banca (negoziatrice) debitrice nei confronti del correntista (...). Pertanto non essendo stato pagato l'assegno (...) solo contabilmente accreditato con la riserva del buon fine (...) deve ritenersi fondata la pretesa esercitata dalla banca di riaddebitare al cliente identico importo (cfr. la già Cass. n. 18118 del 2003 ). 3.6.4. Alteris verbis, il cliente correntista non può pretendere il pagamento di un assegno, girato per l'incasso, qualora questo risulti impagato, in quanto la banca mandataria (la negoziatrice) non risponde se non entro i limiti in cui è tenuta a rimettere al mandante ciò che ha ricevuto a causa del mandato ( articolo 1713 c.c. ). Qualora il pagamento fosse comunque avvenuto, la banca girataria per l'incasso sarebbe stata legittimata ad ottenerne la ripetizione in base all' articolo 1720 c.c. : se la banca non avesse provveduto allo storno, si sarebbe venuto a realizzare a favore del correntista un pagamento che sarebbe stato da qualificare indebito, e di cui lo stesso correntista avrebbe dovuto rispondere a norma dell' articolo 2033 c.c. . 3.6.5. A tanto deve aggiungersi che l'Accordo interbancario invocato dalla D.     , in quanto atto di natura pattizia, è inapplicabile nei confronti dei terzi, come i clienti correntisti, perché - come si legge in Cass. n. 18118 del 2003 - i contratti, per principio generale e salvi i casi espressamente previsti dalla legge, producono effetti tra le parti, cioè tra i soli istituti di credito contraenti e non nei confronti dei terzi , sicché le norme convenzionali dell'Accordo predetto operano su di un piano ben più limitato e soggettivamente ristretto, perché tendono a definire i rapporti tra banca negoziatrice e banca trattaria , disciplinando l'esercizio di azioni, come quella di ripetizione, inevitabilmente nei soli profili in cui le stesse sono di interesse per i soggetti aderenti all'Accordo. 3.6.6. La posizione assunta, dunque, dal riportato arresto giurisprudenziale circa il tipo di relazione che intercorre tra la presunzione di pagamento stabilita dall'Accordo e la pretesa definitività invocata dal cliente, se prevista nel contratto di conto corrente, è dunque chiara: l'eventuale presunzione di pagato che si fosse verificata, ex Accordo, tra le banche è effetto giuridico invocabile solo dalle parti aderenti (id est, le banche stesse) e non da terzi (la clientela). 3.7. Le esposte considerazioni trovano, peraltro, conferma - come ancora puntualmente ricordato dal sostituto procuratore generale nella citata sua requisitoria - nella sentenza resa da Cass., SU, n. 26617 del 2007 , la quale, nell'interpretare il D.L. n. 143 del 1991 , convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 1991 , pur affermando che il creditore non può rifiutare il pagamento mediante assegno circolare se non sussiste un giustificato motivo da valutare secondo le regole della correttezza e della buona fede oggettiva, ha precisato che, in tal caso, - diversamente da quanto avviene con il pagamento con moneta avente corso legale - l'effetto liberatorio per il debitore si verifica solo quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro, ricadendo sul debitore il rischio dell'inconvertibilità dell'assegno. 4. In definitiva, l'odierno ricorso deve essere accolto in relazione al suo primo motivo, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.