L’ordinanza sindacale che impone lavori di messa in sicurezza dell’immobile non presuppone il pericolo per le persone

Cade definitivamente l’accusa a carico del soggetto obbligato alla conservazione e alla vigilanza dell’immobile. I giudici precisano che la prospettiva dell’insorgenza di un pericolo non è mai implicita nella sola emissione dell’ordinanza sindacale.

Non può bastare l'ordinanza sindacale, con cui si impone l'esecuzione di lavori per la messa in sicurezza di un edificio, per ritenere accertata l'esistenza di un pericolo per le persone. Impossibile, perciò, condannare il proprietario dello stabile, finito sotto accusa per avere, in sostanza, ignorato l'input arrivato dall'amministrazione comunale Messa in sicurezza. Pochi dubbi per il GIP del Tribunale l'uomo sotto processo va condannato perché quale soggetto obbligato alla conservazione e vigilanza di un immobile, versante in stato di degrado e minacciante rovina, ha omesso di provvedere ai lavori di messa in sicurezza ordinati dalla competente autorità municipale . Per quanto concerne la pena, essa viene fissata in 500 euro di ammenda. Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta l'uomo sostiene non sia stato previamente accertato se dall'omissione dei lavori fosse derivato un pericolo concreto per l'incolumità delle persone . Pericolo per le persone. Prima di esaminare da vicino la vicenda, i giudici di terzo grado chiariscono che la fattispecie criminosa ipotizzata pretende che dalla omissione dei lavori ordinati dalla pubblica amministrazione derivi pericolo per le persone e per la loro incolumità, un pericolo da accertarsi in concreto e anche solo in relazione all'occasionale passaggio di persone nel luogo in cui insiste l'edificio . Ciò significa che la prospettiva dell'insorgenza di un pericolo non è mai implicita nella sola emissione dell'ordinanza sindacale che prescriva l'effettuazione dei lavori e deve essere oggetto di specifico accertamento da parte del giudice . Ebbene, nella vicenda in esame, l'ordinanza sindacale non riflette l'esito dell'accertamento ipotizzato, e, inoltre, la relazione tecnica, richiamata dall'ordinanza sindacale, descrive lo stato dei luoghi, facendo risaltare che il primo piano dell'immobile era disabitato, il secondo piano era in procinto di essere sgomberato e, infine, non vi era rischio di collasso strutturale dell'edificio con interessamento di aree esterne allo stabile . Tirando le somme, il pericolo per le persone si rivela inconsistente , e ciò consente di far cadere l'accusa a carico dell'uomo tenuto alla conservazione dell'immobile.

Presidente Boni – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe il G.i.p. del Tribunale di Palermo dichiarava T.G. colpevole del reato di cui all' art. 677, comma 3, c.p. perché, quale soggetto obbligato alla conservazione e vigilanza di un immobile, sito nel capoluogo siciliano, versante in stato di degrado e minacciante rovina, ometteva di provvedere ai lavori di messa in sicurezza, ordinati dalla competente Autorità municipale - e lo condannava alla pena di cinquecento Euro di ammenda. 2. L'imputato ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, sulla base di tre motivi. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, per averne il giudice a quo affermato la penale responsabilità, senza aver previamente accertato se dall'omissione dei lavori fosse derivato un pericolo concreto per l'incolumità delle persone, indeterminatamente considerate. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, per avere il medesimo giudice considerato integrato il reato a suo carico, quale soggetto chiamato all'eredità, nonostante egli non avesse consapevolezza della delazione e dell'esistenza stessa dell'immobile, non avendo neppure mai ricevuto la notifica dell'ordinanza comunale asseritamente trasgredita. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, per avere il medesimo giudice omesso di riconoscere la causa di non punibilità di cui all' art. 131-bis c.p. . 3. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi del D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, art. 23, comma 8, conv. dalla L. n. 176 del 18 dicembre 2020 . Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. La sentenza impugnata non ha adeguatamente considerato che, a differenza della condotta illecita, ormai depenalizzata, di cui all' art. 677 c.p. , comma 1 relativo all'omissione dei lavori necessari per rimuovere il pericolo , generico e presunto, in un edificio che minacci rovina , la fattispecie criminosa prevista dal comma 3 della medesima disposizione, contestata nel processo, pretende invece che dalla omissione dei lavori in discorso derivi pericolo per le persone e per la loro incolumità pericolo da accertarsi in concreto Sez. 1, n. 16285 del 03/05/2006, Vetusto, Rv. 234435-01 , anche solo in relazione all'occasionale passaggio di persone nel luogo in cui insiste l'edificio Sez. 1, n. 6596 del 17/01/2008, Corona, Rv. 239127-01 . La prospettiva dell'insorgenza di un pericolo siffatto non è mai implicita nella sola emissione dell'ordinanza sindacale che prescriva l'effettuazione dei lavori e deve essere oggetto di specifico accertamento da parte del giudice, di cui occorre conto nella motivazione. Nel caso di specie non solo quest'ultima non riflette l'esito di un accertamento siffatto, ma la relazione tecnica, richiamata dall'ordinanza sindacale dal ricorrente allegata all'atto di impugnazione , descrive lo stato dei luoghi e facendo risaltare che il primo piano dell'immobile era disabitato, il secondo piano era in procinto di essere sgomberato e non vi era rischio di collasso strutturale dell'edificio con interessamento di aree esterne allo stesso. Il pericolo richiesto dal menzionato art. 677 c.p. , comma 3, si rivela dunque, in positivo, inconsistente. 2. A tale rilievo segue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, ai sensi dell' art. 129 c.p.p. , comma 1, perché il fatto contestato non sussiste, previo assorbimento dei motivi ulteriori di impugnazione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.