Confermato il collocamento in casa-famiglia per il minore sottratto al padre dalla madre iperprotettiva

Entrambi i genitori sono stati sospesi dalla responsabilità genitoriale e il minore è stato collocato in una casa-famiglia anche allo scopo di ripristinare il corretto esercizio del diritto alla bigenitorialità, con l’aiuto dei servizi sociali.

La pronuncia in esame nasce dalla vicenda che vede coinvolto un bambino, trasferito dalla madre e senza il consenso paterno a Roma dopo pochi mesi dalla nascita. La madre impediva costantemente e continuativamente qualsiasi contatto tra il bimbo ed il padre , utilizzando peraltro la patologia del figlio epilessia per isolarlo socialmente e farlo crescere in un ambiente iper protettivo , tanto da procurargli seri problemi di motricità perché non abituato a camminare e correre. La donna infatti aveva impedito la frequentazione della scuola materna e sottraeva il bambino anche alla scuola dell'obbligo. Tali comportamenti hanno portato ad una condanna penale della madre alla pena di un anno e 8 mesi di reclusione, ma la donna dal 2021 ha fatto perdere le proprie tracce e quelle del figlio, impedendo così qualsiasi intervento dei servizi sociali in attuazione dei provvedimenti giudiziali nel frattempo intervenuti. Entrambi i genitori sono infatti stati sospesi dall'esercizio della responsabilità genitoriale ed il bambino è infine stato collocato presso una casa-famiglia . Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso in Cassazione la madre. La ricorrente propone, di fatto, una diversa rappresentazione dei fatti alternativa a quella incensurabilmente svolta dalla Corte territoriale. Il ricorso lamenta l'arbitrarietà della decisione laddove riscontra la c.d. PAS Sindrome di Alienazione Parentale , ma anche in questo caso le censure si rivelano inammissibili. La pronuncia impugnata si fonda su una sequenza di fatti, legati alle scelte di vita della ricorrente e alla sostanziale monogenitorialità che ha caratterizzato i primi anni di vita del minore. Correttamente dunque la Corte territoriale ha disposto il collocamento comunicatorio di quest'ultimo, definendo urgente il provvedimento. La Cassazione ricorda inoltre che il diritto alla bigenitorialità , il cui esercizio doveva essere ripristinato nell'ambito del collocamento comunitario del minore con l'intervento dei servizi sociali, costituisce in primo luogo un diritto del minore essendo eziologicamente collegato all'obiettivo di un equilibrato sviluppo psico-fisico. Aggiunge la Corte che tale diritto non è assoluto , come indicato anche dalla giurisprudenza della Cedu in relazione all'interpretazione dell'art. 8, ma che ha una posizione preminente all'interno del diritto alla vita familiare, ne consegue che può subire limitazioni od essere compromesso solo all'esito di un rigoroso accertamento del pregiudizio che la relazione con uno dei due genitori possa arrecare al minore e non per effetto delle scelte esclusive ed unilaterali di uno di essi, o per comportamenti che se protratti nel tempo oltre un limite ragionevole e non adeguatamente contrastati, possono realizzare una cristallizzazione arbitraria della mancanza di una figura genitoriale . Il ricorso viene in conclusione rigettato.

Presidente/Relatore Acierno Fatti di causa 1. Con decreto provvisorio ed urgente emesso il 7 settembre 2020 e non reclamato, Il Tribunale per i minorenni di Roma ha disposto la sospensione della responsabilità genitoriale per T.A. e R.L. nei confronti del figlio M., nato il omissis , con nomina del tutore provvisorio ed incarico di garantire con urgenza la ripresa della frequentazione del minore con il padre, impedita dalla madre collocataria. Con successivo decreto del 22 dicembre 2020, reclamato da R.L. è stata disposta la nomina di un curatore speciale e disposto il collocamento in casa famiglia del minore con successivo decreto del 18 febbraio 2021 è stato autorizzato l'utilizzo della forza pubblica per attuare il predetto collocamento e il successivo 25 marzo è stato disposto che i nuclei operativi delle Forze dell'Ordine provvedessero a rintracciare il minore con ricerche estese a tutto il territorio nazionale. 2.La Corte d'appello di Roma con il decreto in oggetto ha provveduto a riunire al reclamo, proposto dalla madre del minore, riguardante la statuizione modificativa del collocamento, i due reclami relativi ai due decreti attuativi. In ordine a questi ultimi ha ritenuto inammissibile la richiesta di sospensiva dell'efficacia dei predetti decreti attuativi. In relazione al primo, avente ad oggetto, come già rilevato, oltre alla sospensione della responsabilità genitoriale, il collocamento comunitario del minore ha confermato la decisione del Tribunale per i minorenni. 3.A sostegno della decisione ha evidenziato i seguenti fatti 3.1 la madre del minore ha trasferito il figlio, di pochi mesi di vita, senza il consenso paterno a […], impedendo costantemente e continuativamente qualsiasi contatto tra il minore ed il padre ha utilizzato la malattia del figlio epilessia per isolare socialmente il figlio e farlo crescere in un ambiente iper protettivo tanto che lo stesso, come da certificazione medica ha seri problemi di motricità perché non è abituato a camminare e correre il minore per volontà materna non ha mai frequentato la scuola materna e sta eludendo anche la scuola dell'obbligo la madre del minore è stata condannata anche in grado d'appello ad un anno ed otto mesi di reclusione, per i comportamenti illustrati adottati in violazione di reiterati provvedimenti giudiziari dal gennaio 2021 ha fatto perdere le proprie tracce e quelle del minore impedendo qualsiasi intervento dei servizi sociali che potesse dare attuazione ai provvedimenti giudiziali ha così continuativamente operando tenuto un comportamento contrastante con le esigenze di serenità e corretta crescita psico fisica del figlio. 3.2 Al quadro processuale deve aggiungersi la pronuncia della Corte Europea dei diritti umani del 24 giugno 2021 causa n. 40910 del 2019 che su ricorso del padre del minore ha affermato che a fronte dell'opposizione della madre del minore, iniziata nel 2014 dopo qualche mese della nascita con l'allontanamento dalla residenza familiare e proseguita senza soluzione di continuità, le autorità nazionali non avevano compiuto sforzi adeguati e sufficienti a far rispettare il diritto di visita del ricorrente con conseguente violazione del diritto alla vita familiare. 3.3 Ha sottolineato che le autorità nazionali avevano lasciato che si consolidasse una situazione di fatto generata dall'inosservanza delle decisioni giudiziarie e che questo modo di risolvere la controversia non fosse da condividere perché il rispetto effettivo della vita familiare impone che le relazioni future tra genitore e figlio si devono regolare sulla base di tutti gli elementi pertinenti e non può fondarsi sul fatto compiuto. La decisione è del tutto coerente con la giurisprudenza che la Corte Edu ha sviluppato nell'ultimo decennio. Tra le altre si richiamano il caso Piazzi c.Italia ricomma 36169/09 sent. 2/11/2010 Lombardo comma Italia ricomma 25704/11 sent. 29/01/2013 Bondavalli comma Italia ricomma 35532/12 sent. 17/11/2015 Endrizzi comma Italia ricomma 71660/2014 sent. 2373/2017 Luzi comma Italia ricomma 48322/2017 sent. 5/12/2019 A.V. comma Italia ricomma 36936/2018 sent. 10/12/2020 coevo al ricorso relativo al presente giudizio R.B. e M. C. contro Italia ricomma 41382/2019 sent. 22/4/2021 . 3.4 Dall'esame degli atti difensivi è emerso che è stata data attuazione al provvedimento relativo al collocamento comunitario del minore. 4. Avverso il decreto della Corte d'Appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione, accompagnato da memoria, R.L. . Hanno resistito con controricorso il curatore speciale ed il padre del minore. Quest'ultimo ha depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 5. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli artt. 155, 315 bis , 337 ter, quater, quinquies ed octies c.comma artt. 62, 194 e 709 ter c.p.comma nonché gli artt. 2 e 16 Cost. , art. 27 Cost. , comma 2, artt. 31, 32 e 111 Cost. , per avere la Corte d'Appello adottato il provvedimento di sospensione della responsabilità genitoriale della madre e di collocamento comunitario del minore in assenza di elementi probatori e di valutazioni sulla capacità genitoriale quali l'audizione di informatori e testi ed espletamento di CTU sulle condizioni del minore M. , con diagnosi di epilessia generalizzata dal 2017. Precisa al riguardo la ricorrente che la richiesta di CTU venne formulata anche dal tutore in primo grado e reiterata in appello ma è stata disattesa e che i comportamenti addebitati alla ricorrente sono frutto di interpretazioni errate non sostenute da alcun supporto probatorio. In particolare, l'affermazione secondo la quale la ricorrente avrebbe utilizzato la malattia del figlio per isolare socialmente il bambino e per farlo crescere in ambiente iper protettivo e la considerazione secondo la quale il minore sta chiaramente molto male non per l'epilessia ma per il comportamento materno evidenziano il pregiudizio che ha alimentato la decisione, fondato sulla stigma verso la madre ed i suoi genitori. In relazione ai fatti, aggiunge la ricorrente, il provvedimento impugnato stravolge la storia e le ragioni della disgregazione familiare determinate dalle violenze psicologiche e fisiche subite dalla ricorrente che l'hanno indotta a lasciare l'abitazione familiare dopo qualche mese dalla nascita del figlio. Il viaggio a Roma per le vacanze natalizie si è prolungato a causa del ricovero del piccolo M. a causa del manifestarsi dell'epilessia e si è trasformato in un trasferimento per potere curare adeguatamente il minore anche con l'aiuto dei genitori. Il denunciato isolamento non è reale in quanto la non frequentazione continuativa della scuola è stata dettata dall'emergenza COVID e dalla didattica in DAD. I problemi motori sono stati certificati dalla Commissione Medico Legale e sono stati presi in carico con il Piano Educativo Individualizzato dalla scuola. L'unica consulenza tecnica d'ufficio è stata eseguita nel giudizio davanti al Tribunale di Treviso avente ad oggetto l'affidamento del minore ma si è fondata sull'acritica adesione alla teoria della P.A.S. cosiddetta sindrome da alienazione parentale sconfessata dalla giurisprudenza di legittimità. 5.2. La censura non supera il vaglio di ammissibilità, dal momento che, da un lato, prospetta una rappresentazione ed un giudizio sui fatti alternativo a quello incensurabilmente svolto dalla Corte territoriale con motivazione adeguata, dall'altro, non censura la lunga sequenza di fatti, caratterizzati anche da una condanna in sede penale e soprattutto espressivi di una mancanza sostanzialmente assoluta di contatti tra padre e figlio dettati da scelte e comportamenti esclusivamente riconducibili al genitore collocatario. La ratio decidendi della decisione impugnata si fonda su circostanze di fatto che non vengono contrastate sul piano fattuale ma soltanto diversamente giustificate. Le violenze psicologiche che avrebbero indotto al trasferimento unilaterale del minore dalla casa familiare a pochi mesi di vita sono meramente enunciate. Non è neanche dedotto in ricorso se e quando sono stati allegati fatti o formulate istanze istruttorie al riguardo. Ugualmente il successivo trasferimento a Roma. La necessità oggettiva del minore di essere curato a Roma lontano dall'altro genitore è altrettanto meramente enunciata a fronte dell'accertamento di scelte di vita e comportamenti continuativamente ostacolanti la relazione pur protetta, monitorata e supervisionata dai Servizi Sociali, tra il padre e il minore. La effettività di questo quadro fattuale su cui si fonda la ratio decidendi della decisione impugnata non è attaccata dalla censura, nè viene contrastata l'accertata mancanza radicale di collaborazione con le autorità competenti per consentire al minore l'esercizio anche graduale della bigenitorialità. Nello sviluppo argomentativo del motivo non viene messa in discussione la scelta dell'esercizio del tutto unilaterale della genitorialità e se ne giustifica la protrazione per oltre sei anni per violenze psicologiche e fisiche subito nel brevissimo segmento temporale della convivenza familiare, del tutto genericamente dedotte. 5.3 L'altro profilo critico affrontato dalla censura, relativo al fondamento arbitrario della decisione perché adesiva alla cd. P.A.S. Sindrome dt Alienazione Parentale ed ad una valutazione pregiudizialmente negativa della figura materna è ugualmente da disattendere. Come già osservato la pronuncia impugnata si fonda su una sequenza di fatti, legati dall'univocità delle scelte della ricorrente e dalla sostanziale monogenitorialità che ha caratterizzato i primi sei anni di vita del minore. Una decisione fondata su fatti concreti e non su teorie astratte che a fronte di un quadro probatorio così ampio e coerente, ha indotto la Corte a non far svolgere un'ulteriore indagine sulle capacità genitoriali materne e sulla valutazione prognostica del collocamento comunitario. Quest'ultima misura, espressamente qualificata come urgente e non definitiva è stata adottata dopo una lunga sequenza d'interventi che si sono rivelati inefficaci. Si è reso necessario e non più procrastinabile, come evidenziato anche dalla sentenza della Corte Europea dei diritti umani sollecitata dal ricorso del padre, ripristinare l'esercizio della bigenitorialità che costituisce in primo luogo un diritto per il minore, essendo eziologicamente collegata all'obiettivo di un suo equilibrato sviluppo psico fisico. Un diritto che non è assoluto come ci ha indicato anche la giurisprudenza della Corte Edu in relazione all'interpretazione dell'art. 8 ma che ha una forte ma che ha una posizione di preminenza all'interno del diritto alla vita familiare. Ne consegue che può subire limitazioni od essere compresso solo all'esito di un rigoroso accertamento del pregiudizio che la relazione con uno dei due genitori possa arrecare al minore e non per effetto delle scelte esclusive ed unilaterali di uno di essi, o per comportamenti che se protratti nel tempo oltre un limite ragionevole e non adeguatamente contrastati, possano realizzare una cristallizzazione arbitraria della mancanza di una figura genitoriale. In questo quadro, l'ascolto del minore, ancora in tenera età, non costituisce uno strumento conoscitivo dell'effettiva situazione familiare. La Corte d'Appello, di conseguenza, ne ha escluso la rilevanza applicando del tutto correttamente i parametri normativi stabiliti dagli artt. 336 bis e 337 octies c.comma . 6. Con il secondo motivo di ricorso si censura l'omessa valutazione medico legale del minore e il mancato ricorso ad una consulenza tecnica d'ufficio al fine di una valutazione comparativa degli effetti del collocamento comunitario del minore rispetto alla casa familiare. 6.1 La censura, in larga parte ripetitiva del primo motivo, non supera il vaglio di ammissibilità perché mira ad affermare un quadro fattuale in ordine alle condizioni di salute del minore che giustifichino l'allontanamento dall'iniziale residenza, vicina a quella del padre, e i successivi comportamenti ostacolanti l'esercizio della relazione genitoriale. La Corte d'Appello con motivazione del tutto adeguata, ha tenuto conto della patologia del minore ma ha escluso che fosse necessario il trasferimento a Roma, peraltro, in mancanza di specifici indici probatori al riguardo, evidenziando i successivi comportamenti tendenti ad isolare il minore, soprattutto rispetto al padre. Lo ha fatto ponendo in luce i convergenti riscontri fattuali elencati nel provvedimento. La gravità della situazione accertata insindacabilmente dal giudice del merito per la radicale lesione del diritto al bigenitorialità determinato dal complesso delle scelte e dei comportamenti materni, ha imposto l'adozione di un provvedimento urgente. L'accertamento tecnico invocato, oltre a dover essere collocato all'interno dei poteri discrezionali e non sindaca bili del giudice del merito, in un contesto fattuale come quello dedotto nel presente giudizio, è stato correttamente ritenuto superfluo così come formulato, dal momento che la collocazione del minore presso la madre in quanto radicalmente impeditiva della relazione con il padre non è identificabile con la casa familiare nel senso indicato dalla ricorrente come luogo accudente e protettivo per il minore, ma, secondo l'accertamento insindacabilmente svolto dalla Corte d'Appello, la condizione da modificare, all'esito del fallimento degli interventi correttivi che si sono costantemente ed inutilmente protratti nel tempo. 7. Con il terzo motivo viene censurata la valutazione svolta dalla Corte d'Appello del trasferimento a Roma del minore dopo le vacanze di Natale del 2016, sotto il profilo della violazione anche della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e degli artt. 3, 8, e 13 della Cedu . Afferma la ricorrente che al minore deve venire garantita la conservazione delle relazioni familiari ed a non subire un trattamento disumano o degradante quale quello che il minore, a causa delle patologie di cui è affetto, subisce a causa del collocamento comunitario. Precisa che la consulenza tecnica d'ufficio svolta davanti al Tribunale di Treviso aveva ritenuto che la separazione dalla madre sarebbe stata contraria all'interesse del minore. L'errata decisione della Corte d'Appello è stata svolta senza svolgere una puntuale indagine sulle capacità genitoriali delle parti ed in particolare della ricorrente. Tale accertamento è stato ritenuto doveroso dalla giurisprudenza di legittimità. È mancato nella specie il giudizio prognostico richiesto anche dalla recente pronuncia n. 13217 del 2021. Non sono state prese in esame le capacità affettive, accuditive ed educative della ricorrente. 7.1 La censura è in parte inammissibile ed in parte infondata. È inammissibile in relazione al profilo volto a riesaminare la situazione determinatasi all'esito delle vacanze di Natale del 2016 e alla reiterata richiesta di indagine tecnica sulle capacità genitoriali della ricorrente, perché attinente, come già ampiamente evidenziato, a profili di stretto merito insindacabili in sede di giudizio di legittimità. Deve aggiungersi con riferimento alla richiesta di CTU sulle capacità genitoriali materne che la Corte d'Appello l'ha ritenuta superflua avendo accertato la pluriennale sequenza di scelte e comportamenti ostacolanti la relazione del minore con il padre tenuti dalla ricorrente ed avendo ritenuto assorbenti tali gravi comportamenti in relazione al giudizio sulla capacità genitoriale. Ha inoltre evidenziato comportamenti tendenti all'isolamento del minore, culminati, nell'ultima fase della collocazione presso la madre, nell'aver trasferito il minore in luogo ignoto - perché non comunicato - ai titolari della responsabilità genitoriale e al padre del minore, tanto da rendere necessaria la ricerca da parte delle autorità di polizia. A questa univoca serie di scelte e comportamenti la Corte ha dato un rilievo centrale e del tutto preminente rispetto all'accudimento materiale, ritenendoli gravemente pregiudizievoli sul piano formativo ed educativo per il minore, con una valutazione ampia ed approfondita sul piano motivazionale. Come già rilevato, peraltro, le giustificazioni allegate sia in ordine al primo allontanamento del minore dalla casa familiare sia in ordine al secondo a Roma sono state meramente enunciate nei motivi di ricorso senza che sia stato neanche dedotto dove e quando fossero state oggetto di allegazione e richiesta di approfondimento istruttorio specifico nel giudizio di merito. 8. Con il quarto motivo viene dedotta la illegittimità della decisione in relazione ai principi contenuti nella Convenzione di New York, di Strasburgo, d'Istambul e della CEDU , in relazione al mancato accertamento del preminente interesse del minore, affetto da patologie ed in condizione di fragilità importante che avrebbero richiesto indagine specialistica. 8.1 La censura è articolata in modo generico ed astratto, salva la ripetizione sintetica di argomentazioni già ampiamente svolte nel terzo motivo. Essa, di conseguenza, non supera il vaglio di ammissibilità. 9. Deve, infine, rilevarsi che le produzioni documentali successive alla scadenza di cui all' art. 369 c.p.comma , non sono esaminabili dal Collegio perché tardive. La decisione CEDU che concorre ad integrare il quadro delle fonti esaminabili nel presente giudizio è invece stata adottata il 24 giugno 2021 ed è stata doverosamente evidenziata nella parte narrativa. 10. Le spese legali del presente giudizio, in considerazione della natura dei diritti in conflitto devono essere compensate integralmente. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Compensa le spese di lite del presente giudizio. In caso di diffusione omettere le generalità.