Sì all’annullamento dell’accordo patrimoniale nella separazione consensuale se estorto con la minaccia

In tema di violenza morale, quale vizio invalidante del consenso, i requisiti previsti dall’art. 1435 c.c. possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo è in ogni caso necessario che la minaccia sia stata specificamente diretta ad estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l’annullabilità e risulti di natura tale da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell’autore di essa .

In una vicenda relativa ad una separazione tra coniugi, emergeva dall'accordo l'obbligo per l'ex moglie di versare una quota all'ex marito relativa ad un'azienda, nonché un contributo di mantenimento in suo favore. Con il ricorso per Cassazione, la donna lamentava, con il motivo principale, la sussistenza dei requisiti per l' annullamento dell'accordo di omologa separazione consensuale , per vizio del consenso . La ricorrente precisava che il Tribunale di secondo grado avesse erroneamente rigettato il suo appello, in quanto erano presenti dei presupposti di violenza morale , che rendevano invalido il consenso. Specificava infatti, che nei giudizi precedenti si fosse compita solo un'astratta valutazione della configurabilità della minaccia, senza procedere alla verifica reale dei fatti. Il motivo è fondato e accolto dal Collegio. Ricorda la Corte di Cassazione che in tema di violenza morale, quale vizio invalidante del consenso , i requisiti previsti dall' art. 1435 c.c. possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo è in ogni caso necessario che la minaccia sia stata specificamente diretta ad estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l'annullabilità e risulti di natura tale da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell'autore di essa Cass. n. 19974/2017 e n. 15161/2015 . Ancora in materia di annullamento del contratto per vizi di volontà , si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sulla specifica capacità di determinane del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio … Cass. 265/2007, n. 20305/2015 e n. 12058/2022 . È pertanto evidente che la Corte di Cassazione non abbia seguito questi principi, ritenendo in modo errato che nel caso in esame non ci fosse una reale condotta minatoria. Alla luce di questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso relativamente al primo motivo.

Presidente Bisogni - Relatore Tricomi Rilevato in fatto che T.L. e Tu .Anumero Ma. il omissis avevano contratto matrimonio nel corso del quale erano nate due figlie, M. numero il omissis e S. numero il omissis . In data 15/2/2008, i coniugi, con ricorso congiunto, avevano chiesto al Tribunale di Caltagirone di omologare la loro separazione alle condizioni tra loro concordate ed il Tribunale aveva provveduto con il decreto di omologa in data 7-22/5/2008. La convenzione di separazione, quanto ai rapporti patrimoniali, prevedeva l'impegno di T.a riconoscere al coniuge Tu . una quota pari alla metà dell'azienda Villa T. e dell'intero immobile, composto da fabbricati e terreni, meglio identificato in atti, con la precisazione che entrambi i coniugi si impegnavano a promuoverne la vendita, ritenendo tale obiettivo una priorità nella regolamentazione dei loro rapporti patrimoniali sino al momento della vendita, T. si obbligava versare provvisoriamente un contributo al mantenimento in favore del marito di Euro 1.000,00 mensili, oltre adeguamento ISTAT l'accordo prevedeva, altresì, l'impegno dei genitori a provvedere al mantenimento delle figlie - loro affidate congiuntamente con collocazione privilegiata presso la madre - in base alle loro condizioni patrimoniali , sino a raggiungimento della autosufficienza economica. Con citazione in data 26/2/2009 T. convenne Tu . dinanzi al Tribunale di Caltagirone, deducendo che la clausola con cui era stato stabilito che, una volta venduto il complesso immobiliare, il prezzo conseguito fosse ripartito in quote uguali tra i due coniugi era inficiata da vizio del consenso, estorto con violenza dal Tu .che, come da denuncia presentata il 2 gennaio 2008 dalla sorella T.R., alle sue precedenti condotte sprezzanti ed ingiuriose aveva da ultimo, nell'imminenza della presentazione del ricorso per separazione al Tribunale, fatto seguire gravi minacce di danni alla persona, culminate nel colloquio telefonico di quello stesso 2 gennaio, nel corso del quale il Tu . rivolgendosi alla sorella denunciante aveva esclamato Vieni tu e tuo marito, altrimenti stasera sparo in testa a tua sorella , minacce la cui serietà - a parere della moglie - era legata al fatto che il Tu .deteneva due pistole ed il relativo munizionamento presso Villa T. e che, negli ultimi tempi, si era esercitato nel tiro. Con tale atto T.L. chiese che, confermata la separazione personale tra i coniugi e l'obbligo di Tu . di contribuire al mantenimento delle figlie previa quantificazione del relativo ammontare, venisse, per il resto, dichiarata la nullità dell'accordo di separazione consensuale, nonché degli atti successivi intervenuti tra T. e Tu . Tu . si oppose, contestando l'avverso dedotto. Il Tribunale rigettò tutte le domande con decisione confermata dalla Corte di appello di Catania, innanzi alla quale T. aveva interposto gravame. T. ricorre per cassazione con quattro mezzi, corroborati da memoria. Tu . ha replicato con controricorso. Considerato in diritto che 1. Il ricorso è articolato in quattro motivi I Violazione e falsa applicazione degli artt. 1434 e 1435 c.c. , per la sussistenza dei requisiti per l'annullamento dell'accordo di omologa della separazione consensuale per vizio del consenso. La ricorrente si duole che la Corte di appello abbia rigettato l'appello, non ravvisando i presupposti della violenza morale, quale vizio invalidante del consenso. Assume che l'accertamento compiuto in sede di merito è basato su una valutazione astratta e generica in ordine alla configurabilità della minaccia, senza procedere alla verifica fattuale e concreta circa la specifica condizione della ricorrente con riferimento alla violenza morale e/o ambientale subita e denunciata. Deduce la non correttezza del percorso inferenziale compiuto dalla Corte di appello, a fronte di quanto già accertato in sede penale circa l'illegittima detenzione di più armi da parte di Tu . e lo specifico episodio di violenza e minaccia di morte avvenuto sei settimane prima della sottoscrizione dell'accordo di separazione, sia direttamente, sia per il tramite della sorella Roberta e della figlia M. e della condanna seguita in sede penale per detta condotta minaccia aggravata e detenzione illegittima di armi , condotta che - nella sua prospettazione - aveva indotto il metus ab extrinseco che la aveva determinata a concludere l'accordo privandola della libertà di decidere. Deduce che ciò si evidenzia anche dal contenuto dell'accordo, che si connoterebbe per un evidente squilibrio a proprio discapito. II Violazione e falsa applicazione degli artt. 710 e 711 c.p.c. , artt. 1434 e 1435 c.c. , per la sussistenza dei requisiti per l'annullamento dell'accordo di omologa della separazione consensuale per vizio del consenso. Questa censura concerne la statuizione con cui i coniugi avevano concordato in sede di separazione consensuale che avrebbero contribuito al mantenimento delle figlie, anche oltre la maggiore età e fino al raggiungimento dell'indipendenza economica, in base alla loro condizioni economiche” e cioè senza la determinazione di uno specifico importo per il mantenimento delle figlie. La ricorrente deduce che anche detta per detta clausola, pregiudizievole per le figlie, la sua volontà è stata coartata dalla violenza morale esercita dal marito. III Violazione e falsa applicazione dell' art. 89 c.p.c. . La ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia dichiarato inammissibile l'istanza di cancellazione di frasi dalla stessa parte ritenute offensive, sostenendo che la statuizione di primo grado era espressione del potere discrezionale del primo giudice e non poteva costituire oggetto di impugnazione ed inoltre che la Corte di merito non abbia proceduto ad accogliere la richiesta di cancellazione di altre frasi reputate offensive. IV Violazione e falsa applicazione dell' art. 112 c.p.c. , per non essersi pronunciata la Corte di appello sulle istanze istruttorie non accolte in primo grado e riproposte in appello. Segnatamente, il motivo riguarda i l'istanza per effettuare una consulenza tecnica per accertare, sulla scorta dell'esame di personalità delle parti, se Tu . era potenzialmente idoneo a coartare la volontà di essa ricorrente e se ciò era accaduto ii l'istanza per richiamare le figlie minorenni già escusse all'udienza del 7 luglio 2011 , per essere ascoltate in ordine ai capitoli di prova richiesti e non ammessi al fine di vagliarne l'attendibilità. 2.1. Il primo motivo è fondato e va accolto. 2.2. La Corte di appello, nel disattendere la prospettazione della parte appellante - che aveva riferito delle condotte minacciose poste in essere dal coniuge nei suoi confronti e della sorella, della disponibilità di armi da parte dello stesso utilizzate per sparare in campagna” e della condanna penale conseguita da Tu . per i fatti del 2 gennaio 2008 ed aveva anche sostenuto che, ai suoi danni, era stata posta in essere una violenza ambientale” - ha affermato che il metus ab intrinseco, derivante dalla paura ispirata ad uno stato di fatto oggettivo, non può essere causa invalidante di un negozio giuridico, occorrendo che la paura provenga dall'esterno, ad opera di un soggetto che usi violenza o minaccia all'altro contraente e che l'incidenza sulla determinazione volitiva della minaccia può integrare la violenza morale comportante l'annullabilità del contratto solo se sia specificamene diretta al fine di estorcere il consenso, precisando che agli effetti dell' art. 1434 c.c. e ss., la nozione di violenza non si presta ad essere integrata pure dall'aprioristico convincimento di dover in ogni evenienza soggiacere alla volontà altrui, occorrendo invece che, anche quando la coazione si eserciti in modo non esplicito, manifesto e diretto ma mediante condotte intimidatorie, si possa individuare chiaramente nelle stesse condotte lo specifico scopo estorsivo cui tendano. Specifico scopo che nel caso a mani – come va a questo punto ribadito – le raccolte dichiarazioni testimoniali e le motivazioni della citata sentenza penale del 22.5/20/6/2012 lasciano, forse, intravedere, ma non consentono, tuttavia, di identificare in modo chiaro ed inequivoco” fol.10/11 della sent. imp. . 2.3. Tale decisione è errata e la censura, che non si esaurisce in una critica di valutazioni di merito compiute dalla Corte di appello sull'esclusione della configurazione della violenza morale in danno della T. atta a coartarne la volontà, evidenzia la falsa interpretazione dei presupposti applicativi della disciplina, compiuta in sede di merito con riferimento al caso in esame. 2.4. Va ricordato che in tema di violenza morale, quale vizio invalidante del consenso, i requisiti previsti dall' art. 1435 c.c. , possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo è in ogni caso necessario che la minaccia sia stata specificamente diretta ad estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l'annullabilità e risulti di natura tale da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell'autore di essa Cass. numero 19974/2017 conf. Cass. numero 15161/2015 . Invero, in materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sulla specifica capacità di determinazione del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio. Ne consegue che il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c. , ove la determinazione della parte sia stata indotta da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte Cass. numero 235/2007 Cass. numero 20305/2015 Cass. numero 12058/2022 . Orbene, a fronte di questi principi, la Corte di appello ha dato falsa applicazione alla disciplina in esame perché ha errato nel ritenere la concreta fattispecie sussumibile in quella ascrivibile al cd. metus ab intrinseco è evidente che la Corte di appello ha operato una indebita sovrapposizione tra la fattispecie - come quella in esame - in cui sia stata esplicitata una condotta minatoria e quella in cui sia evincibile solo un timore meramente interno, percepito dalla parte che se ne duole. Ove - come nel caso di specie - la condotta minatoria sia stata oggetto di specifiche testimonianze e sia stata accertata in una sentenza penale di condanna, la valutazione sull'incidenza della stessa nella determinazione volitiva della parte che si duole del vizio della volontà deve avere ad oggetto l'accertamento della ricorrenza o meno del nesso causale, tenendo conto di tutti gli elementi concretamente a disposizione epoca dei fatti, soggetti coinvolti, condizioni contrattuali, etc. e non può ritenersi soddisfatta dal riferimento al timore interno di dover soggiacere alla volontà altrui, inapplicabile laddove una condotta minacciosa esterna vi sia stata, di guisa che non appare possibile escludere il nesso causale riconducendo il metus ad una mera proiezione mentale della persona che assume di essere stata coartata. Quando una condotta minatoria esterna sia stata accertata - come nel caso di specie, già in sede penale - spetta al giudice civile accertare, anche attraverso un procedimento indiziario, se sia stata specificamente finalizzata ad estorcere il consenso e tale da incidere con efficienza causale sul determinismo del soggetto passivo nel caso di specie, invece, è mancato del tutto l'apprezzamento sia sull'esistenza della minaccia - pur giudizialmente accertata in sede penale - sia sulla sua efficacia o meno a coartare la volontà di T. . 2.5. L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento dei motivi secondo e quarto, direttamente ad esso collegati. 3.1. Il terzo motivo è inammissibile. Sulla premessa che, come già affermato da questa Corte L'apprezzamento del giudice di merito sul carattere sconveniente od offensivo delle espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all'oggetto della lite, nonché l'emanazione o meno dell'ordine di cancellazione delle medesime, a norma dell' art. 89 c.p.c. , integrano esercizio di potere discrezionale non censurabile in sede di legittimità Cass. numero 38730/2021 conf. Cass. numero 14364/2018 , di guisa che la censura qui proposta - relativa a questione introdotta in fase di merito - risulta inammissibile, è decisivo osservare che il motivo è anche del tutto carente sul piano della specificità ex art. 366 c.p.c. . Inoltre, il richiamo a Cass. numero 8724/2015 , non è pertinente perché detto precedente concerne frasi presuntamente offensive contenute nel ricorso per cassazione e non in atti relativi ai pregressi gradi di merito, come nel presente caso. 4. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti i motivi secondo e quarto, inammissibile il terzo la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Catania in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 numero 196, art. 52 . P.Q.M. - Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i motivi secondo e quarto, inammissibile il terzo cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catania in diversa composizione, anche per le spese - Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 numero 196, art. 5 2.