Segue ragazzine negli androni dei palazzi e le approccia con toccamenti e richieste di baci: condannato per violenza sessuale

Respinta la tesi difensiva, mirata a ridimensionare i comportamenti dell’uomo sotto processo e a presentarli come meri corteggiamenti non graditi. Inequivocabile, difatti, secondo i Giudici, il contatto fisico con le ragazzine, chiaramente finalizzato a soddisfare gli istinti sessuali dell’uomo.

Impossibile catalogare come mero corteggiamento molesto la condotta dell'uomo che ha l'abitudine di seguire ragazzine minorenni e di approcciarle con richieste di baci e con toccamenti. Molto più logico, precisano i giudici, parlare di violenza sessuale . Ben sei gli episodi che danno corpo all'accusa a carico dell'uomo. In sostanza, tra novembre 2018 e settembre 2019, gli si contesta di avere compiuto o tentato di compiere atti sessuali in danno di sei diverse ragazze minorenni , entrando ogni volta con un pretesto nei palazzi in cui esse abitavano . Gli elementi probatori a disposizione, partendo dai racconti forniti dalle sei ragazze, sono ritenuti sufficienti dai giudici di merito, i quali condannano l'uomo, sia in primo che in secondo grado, per il reato di violenza sessuale. Per l'uomo c'è solo una piccola vittoria la pena fissata in primo grado, ossia sei anni e sei mesi di reclusione, viene ridotta in secondo grado a cinque anni di reclusione. In Cassazione, però, il legale che rappresenta l'uomo prova a fornire una differente chiave di lettura delle condotte tenute dal suo cliente. In sostanza, egli propugna la tesi che si possa parlare solo di molestie e di violenza privata , poiché il suo cliente si è limitato, spiega, a chiedere un bacio a una ragazza in un caso ma senza pretenderlo con la forza o cercare di trattenere la ragazza , e, in un altro caso, ha cercato sì di trattenere, con la forza, una ragazza, ma senza manifestare alcun intento libidinoso . Secondo il legale, peraltro, è palese la scarsa invasività degli atti compiuti dall'uomo, come certificato anche dalla mancanza di turbamento nelle ragazzine prese di mira. Ai dettagli degli episodi contestati all'uomo si richiamano anche i giudici di Cassazione, come fatto anche dalla difesa, giungendo però alla conclusione che è sacrosanta la condanna per il reato di violenza sessuale. I magistrati puntano i riflettori, innanzitutto, su un episodio in particolare, quello verificatosi quando l'uomo, dopo essere entrato con un pretesto nell'androne di un condominio, ha con violenza preso la mano di una ragazzina che lì abitava, cogliendola di sorpresa, e le ha poi chiesto di dargli un bacio, così compiendo atti idonei diretti in modo non equivoco a costringerla a subire atti sessuali contro la sua volontà, evento, questo, non realizzatosi perché la ragazza reagiva scansando l'uomo e affrettandosi a salire le scale, in tal modo inducendo l'uomo a scavalcare il cancello del giardino e a fuggire via . Per i giudici tale condotta, comprovata dalle puntuali dichiarazioni della persona offesa, sovrapponibili peraltro a quelle delle altre vittime di condotte analoghe, esula dal mero corteggiamento e risulta idoneo a invadere la sfera intima della ragazzina , in quanto connotati da finalità libidinose . Da respingere, perciò, l'ipotesi difensiva secondo cui ci si trova di fronte a semplici molestie . Per maggiore chiarezza, poi, i giudici ribadiscono che la molestia sessuale si differenzia dall'abuso – anche nella forma tentata – in quanto prescinde da contatti fisici a sfondo sessuale e normalmente si estrinseca o con petulanti corteggiamenti non graditi o con petulanti telefonate o con espressioni volgari, nelle quali lo sfondo sessuale costituisce un motivo e non un momento della condotta . Invece, nella vicenda presa in esame, l'iniziativa dell'uomo ha ampiamente travalicato il perimetro del corteggiamento , per assumere i contorni del tentativo di violenza sessuale, stante il contatto fisico tra lui e la ragazzina, contatto chiaramente finalizzato a soddisfare gli istinti sessuali dell'uomo .

Presidente Rosi – Relatore Zunica Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4 novembre 2020, il G.I.P. del Tribunale di Viterbo, condannava Z., CUI omissis alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione, in quanto ritenuto colpevole di sei episodi, consumati capi 1, 2, 3 e 5 e tentati capi 4 e 6 , del reato di cui all' art. 609 bis c.p. , commessi in omissis in un arco temporale compreso tra il omissis , addebitandosi all'imputato di avere compiuto o tentato di compiere atti sessuali ,.palpeggiamenti nelle zone intime in danno di sei diverse ragazze minorenni, entrando ogni volta con un pretesto nei condomini dove le stesse abitavano. Con sentenza deil'11. maggio 2021, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia dei G.I.P., riduceva la pena a carico dell'imputato ad anni cinque di reclusione, confermando nel resto la decisione di primo grado. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello, Z., tramite il suo difensore ha proposto ricorso per cassazione, sollevando quattro motivi. Con il primo, a difesa contesta, rispetto al capo 6, l'erronea qualificazione giuridica fatto offensivo, limitatamente alla condotta posta in essere nei confronti B.A., che doveva essere inquadrata non nella fattispecie ex art. 609 bis e 609 ter comma 1 n. 5 c.p. , ma nella più tenue previsione del reato di cui all' art. 660 c.p. , atteso che l'imputato si è limitato a chiedere un baco alla ragazza, senza pretenderlo con forza o cercare di trattenere la minore. Con il secondo motivo, oggetto di doglianza è la qualificazione giuridica del fatto contestato ai capo 5 osservandosi come dal racconto della persona offesa A.P. sia emerso che l'aggressore, nel momento in cui ha cercato di trattenere la ragazza, ha solo usato la forza, senza manifestare alcun intento libidinoso, per cui la condotta in esame integra non il delitto di cui agli art. 609 bis e 309 ter comma o n. 5 cod. per., ma il diverso reato di violenza privata. terzo motivo, la difesa censura la mancata applicazione dell'attenuante della. minore gravità ex art. 609 bis comma 3 c.p. e la relativa motivazione, ritenuta illogica e contraddittoria si evidenzia infatti che la Corte di appello, aderendo acriticamente alle conclusioni del primo giudice, non avrebbe operato, una valutazione globale della vicenda in ordine alla qualità degli atti compiuti, ai grado di coartazione delle vittime, alle loro condizioni fisiche e mentali, all'entità della compromissione della libertà sessuale e del danno, ma si sarebbe semplicemente limitata a considerare la minore età delle vittime e lo spavento in sé, senza care congruo rilievo alla scarsa invasività degli atti e alla mancanza di un comprovato turbamento successivo al compimento degli atti medesimi. ii quarto e ultimo motivo, è stata dedotta la mancanza di motivazione rispetto al diniego Celle attenuanti di cui all' art. 62 bis c.p. il cui riconoscimento era richiesto espressamente nell'atto di appello. Sul punto si rileva che molteplici elementi militavano in favore del riconoscimento delle attenuanti generiche, come l'incensuratezza dell'imputato, il fatto che subito dopo la scarcerazione egli si sia prodigato per trovare lavoro, il suo atteggiamento processuale reale, oltre l'incertezza sulla responsabilità dello stesso. Considerato in diritto ricorse e infondato. i. iniziando dal primo motivo, concernente l'affermazione della colpevolezza dell'imputato in relazione al capo 6, premesso che non è contestata nè la valutazione d'attendibilità della vittima, nè la ricostruzione del fatto storico, deve ritenersi immune da censure anche la qualificazione giuridica della condotta. E invero occorre rilevare al riguardo che l'imputazione in esame ha ad oggetto il delitto di cui agli art. 56 - 609 bis - 609 ter comma 1 n. 1 c.p. , contestato a Z. perché, dopo essere entrato con un pretesto nell'androne del condominio dove abitava B.A., classe omissis , con violenza consistita nel prenderle la mano cogliendola di sorpresa, le chiedeva di dargli un bacio, così compiendo atti idonei diretti in modo non equivoco a costringerla a subire atti sessuali contro la sua volontà, evento non realizzatosi perché la ragazza reagiva scansando l'uomo e affrettandosi a salire le scale, in tal modo inducendo l'imputato a scavalcare i, cancello del giardino e a fuggire via. Rispetto a tale condotta, comprovata dalle puntuali dichiarazioni della persona offesa sovrapponibile peraltro a quelle delle altre vittime di condotte analoghe, vittime che non si conoscevano tra di loro, la Corte territoriale ha osservato che gli atti compiuti dal ricorrente, consistiti nel prendere per mano la vittima e nel chiederle un bacio, esulano dal mero corteggiamento, risultando idonei a invadere a sfera intima della B. , in quanto connotati da finalità libidinose, il che esclude la possibHtà di qualificare fatti come semplici molestie. Orbene, la qualificazione giuridica della condotta illecita contestata al capo 6 appare corretta, -dovendosi richiamare in tal senso l'affermazione di questa Corte cfr. Sez. 3 n. 41755 del 06/07/2021, Rv. 282670 e Sez. 3, n. 45957 del 26/00/2005, Rv. 233319 , secondo cui la molestia sessuale si differenzia dall'abuso, anche nella forma tentata, in quanto prescinde da contatti fisici a sfondo sessuale. e norma niente si estrinseca o con petulanti corteggiamenti non graditi o con petulanti telefonate o con espressioni volgari, nelle quali lo sfondo sessuale costituisce un motivo e non un momento della condotta. Nella. Vicenda in esame, come ben evidenziato dalla Corte di appello, l'iniziativa di Z. ha ampiamente travalicato il perimetro del corteggiamento, per assumere contorni de tentativo di violenza sessuale, stante il contatto fisico tra agente e vittima, chiaramente finalizzato a soddisfare gli istinti sessuali del primo. Di qui 'infondatezza della doglianza difensiva, dovendosi peraltro considerare che, rispetto solo a questa vicenda, la non accentuata invasività degli atti è stata comunque valorizzata dai giudici di merito, pur nell'ottica della fattispecie tentata, mediante i riconoscimento dell'attenuante della minore gravità. 2. Parimenti non fondato è il secondo motivo, riguardante il giudizio di colpevolezza dell'imputato con riferimento al capo 5. Con tale imputazione, a Z. è stato ascritto il reato di cui agli art. 609 bis - 509 iter con-ma i n. L c.p., perché, dopo essere entrato con un pretesto nell'androne. dei condominio dove abitava A.P., classe omissis , e dopo avene chiesto invano un bacio, a seguiva per le scale che la ragazza si affrettava a seguir .-- e, con violenza consistita nell'afferrarla con un braccio da dietro, le appoggiava una mano sotto il seno e metteva l'altra tra le sue gambe, toccandole parti intime, così costringendola a subire atti sessuali contro la sua volontà. Premesso che anche in tal caso non è controversa la ricostruzione dei fatti riportata dalla oerscna offesa, deve evidenziarsi che i giudici di merito hanno legittimamente disatteso l'istanza difensiva di derubricare la condotta dell'imputato nella meno oi-ave fattispecie di cui all' art. 610 c.p. , atteso che, come osservato nella sentenza impugnata, il comportamento di Z. è stato contraddistinto da palesi finalità sessuali, rese evidenti dal contesto dell'azione, otre che dela tipologia degli atti compiuti, consistiti non solo nel cercare di trattenere la vitirria, ma anche in veri e propri palpeggiamenti delle zone erogene della persona offesa, per cui, risultando corretta la qualificazione giuridica del fatto, anone in tal caso non vi è spazio per l'accoglimento della censura difensiva. 3. E assordo ai terzo motivo occorre evidenziare che, anche rispetto al diniego dell'attenoarte della rririco-e gravità, non si ravvisano vizi di legittimità. Ed invero, ne ricordare che l' art. 609 comma 3 c.p. è stato applicato solo in reazione alla meno grave imputazione di cui al capo 6 episodio in danno di B.A. , a Corte di appello, in senso ostativo al riconoscimento dell'attenuante invocata dalla difesa per e cinque residue imputazioni, ha ragionevolmente Rimarcato la reiterazione e l'insidiosità delle condotte, commesse ai danni di ragazzine di età inferiore ai quattordici anni e in un caso ai danni di una bambina di dieci anni , non consentendo ciò di ritenere la scarsa offensività degli abusi. Orbene. ‘òei mancata applicazione dell'attenuante di cui all' art. 609 bis comma 3 c.p. non presta il fianco alle censure difensive, in quanto coerente con l'affermazione di questa Sezione cfr. ex multis Sez. 3, n. 23913 del 14/05/2014, R. 259195 secondo cui r1 terna di reati sessuali, ai fini della configurabilità della circostanza per i casi di minore gravità, deve farsi riferimento a una valutazione globale de fatto in cui assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all'età, così da potere ritenere che la libertà sessuale della persona offesa sia stata compressa in maniera non grave, e che danno arrecato alla stessa anche in termini psichici sia stato significativamente contenuto, il che è stato escluso nel caso di specie con argomenti tutt'altro che irrazionali, avuto riguardo al compimento di molestie sessuali tn danno di cinque diverse ragazze in distinti contesti spazio-temporali, per cui la doglianza difensiva risulta destituita di fondamento. 4. Anche il quarto motivo non è meritevole di accoglimento. Al riguardo deve osservarsi che, se è vero che sulla richiesta difensiva di applicazione delle attenuanti generiche si registra un silenzio argomentativo da parte dei Corte di appello, tuttavia dal complessivo impianto motivazionale della pronuncia, impugnata può desumersi un'implicita risposta negativa dei giudici di secorto grado alla sollecitazione difensiva, essendo stata sottolineata, anche rispetto ai dri ego dell'invocata attenuante di cui all' art. 609 bis comma 3 c.p. l'oggettiva gravità dei fatti, essendosi in presenza di sei episodi compreso canoro ci B.A. di abusi sessuali commessi proditoriamente in danno di minorenni, compiuti con modalità analoghe in un arco temporale esteso. Ne consegue che la doglianza difensiva non può essere accolta, avendo questa Corte precisato Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, Rv. 275057 e Sez. 6, n. 14556 del 25/33/2011, Rv. 249731 che, in caso di diniego delle circostanze attenuanti generiche la motivazione può implicitamente ricavarsi anche mediante il raffronto con le considerazioni poste a fondamento del loro avvenuto riconoscimento, riguardo ad acre posizioni esaminate nella stessa sentenza, quando gli elementi oggetto di apprezzamento siano gli stessi la cui mancanza ha assunto efficacia determinante nell'ambito di una valutazione generalmente negativa. A ciò deve solo aggiungersi che, in ogni caso, la Corte territoriale, pur senza riconoscere le attenuanti generiche, ha comunque mitigando il trattamento sanzionatorio riducendo la pena da 6 anni e 6 mesi a 5 anni di reclusione, con ciò implicitamente apprezzando gli elementi favorevoli che la difesa ritiene trascurati. 5. Aia stregua di tali considerazioni, il ricorso proposto nell'interesse di Z. deve essere quindi rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, a. sensi dell' art. 615 c.p.p. , di sostenere le spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il accorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.