I casi in cui una nuova norma può (o non può) prolungare il termine di prescrizione

Qualora sopravvenga una nuova norma che prolunga un termine di prescrizione originariamente previsto, essa è applicabile se il termine risulta già avviato ma non ancora consumato, mentre non lo è al termine già consumato qualora invece sopravvenga una nuova norma che abbrevia un termine prescrizionale, la sua applicazione a un termine già in atto integra una retroattività non consentita dall’art. 11 prel. .

È quanto deciso dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27015, depositata il 14 settembre 2022. Nel caso di specie, il Collegio ha accolto uno dei motivi di ricorso da parte dell'INPS, locatore dell' ente immobile ad uso abitativo , oggetto della controversia, in cui viene sostenuto che l' art. 6, ultimo comma, l. n. 841/1973 , in deroga all' art. 2948, n. 3, c.c. in cui è prevista la prescrizione quinquennale per i canoni e ogni altro corrispettivo di locazione , aveva stabilito la prescrizione biennale del diritto al rimborso delle spese sostenute dal locatore per la fornitura dei servizi posti, per contratto, a carico del conduttore . Una volta sopravvenuta la c.d. legge dell'equo canone , è prevalsa l'interpretazione giurisprudenziale che prevedeva che tale norma non fosse stata abrogata. La suddetta abrogazione, però, è sì avvenuta tramite l' art. 24, d.l n. 112/2008 , convertito in l. n. 133/2008 , che ha riportato il termine di durata della prescrizione a 5 anni. Ai sensi dell' ex art. 11 prel., infatti, la norma in questione non è retroattiva, ma il ricorrente sottolinea anche che se il credito non è prescritto alla data di entrata in vigore della novella, … esso rientra appieno nell'ambito di applicazione della nuova norma e si prescriverà nel termine codicistico quinquennale . Ne consegue che, qualora lo ius novum avesse inciso sul termine di prescrizione nel senso di abbreviarlo, l'incidenza sarebbe stata retroattiva e dunque inaccettabile a fronte dell'art. cit. . Nel caso in esame, l'effetto preesistente non è stato tolto, aggiungendone ad esso uno ulteriore, tale da costruire una protrazione cronologica. Ed è per questi motivi che la S.C. enuncia il seguente principio di diritto qualora sopravvenga una nuova norma che prolunga un termine di prescrizione originariamente previsto, essa è applicabile se il termine risulta già avviato ma non ancora consumato, mentre non lo è al termine già consumato qualora invece sopravvenga una nuova norma che abbrevia un termine prescrizionale, la sua applicazione a un termine già in atto integra una retroattività non consentita dall'art. 11 prel. .

Presidente Frasca – Relatore Graziosi Fatti di causa 1. Il Tribunale di Venezia emetteva il 20 dicembre 2013 decreto ingiuntivo nei confronti di T.C. e V.M. per il pagamento all'Inps di Euro 34.049,57 oltre accessori da parte del primo e di Euro 30.229,34 oltre accessori da parte della seconda, in relazione ai canoni e agli oneri condominiali che sarebbero stati da loro dovuti - il C. quale conduttore e la V. in seguito quale assegnataria dell'immobile quale casa coniugale, essendo intervenuta la loro separazione - per un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo sito in … che il C. aveva stipulato il 24 luglio 1978 con il dante causa dell'Inps che ne era allora proprietario, l'Inpdap, in relazione al quale contratto l'Inps aveva poi inviato disdetta per il 22 aprile 2003. Si opponeva la V. , eccependo carenza di legittimazione passiva, maturata prescrizione e, nel merito, sostenendo che al più avrebbe dovuto corrispondere canoni e oneri per il periodo di effettiva detenzione, cioè dal 16 marzo 1987 al settembre 2000. L'Inps si costituiva insistendo nella domanda monitoriarnente presentata il C. si costituiva a sua volta eccependo carenza di legittimazione passiva e maturata prescrizione, in subordine chiedendo di condannare la V. a tenerlo indenne. Il Tribunale emetteva l'11 marzo 2016 sentenza non definitiva, con cui, dato atto che il decreto ingiuntivo era definitivo nei confronti del C. che non lo aveva opposto, lo revocava nei confronti della V. , che condannava a corrispondere all'Inps i canoni locatizi dovuti dall'ottobre 2001 al febbraio 2008, oltre alla penale prevista dall'art. 4 del contratto, ritenendo tra l'altro che nulla fosse dovuto per gli oneri accessori, in quanto tutti prescritti ex art. 6 1.841/1973, ratione temporis applicabile rigettava la domanda del C. e rimetteva la causa in istruttoria. Il 21 gennaio 2017 il Tribunale emetteva sentenza definitiva, condannando la V. a corrispondere all'Inps la somma di Euro 4481,84, oltre alla penale. L'Inps proponeva appello con ricorso dell'8 luglio 2017, chiedendo, sulla base di due motivi, che l'opposizione della V. fosse respinta e, in subordine, che la V. fosse condannata a pagare ulteriori Euro 4597,88 per oneri locatizi l'appellata si costituiva resistendo. Con sentenza del 12 dicembre 2018-3 gennaio 2019 la Corte d'appello di Venezia, accogliendo parzialmente il gravame, condannava la V. a pagare all'Inps la somma di Euro 8832,02 quali canoni, oltre alla penale, nonché la somma di Euro 1634,98 quali oneri locatizi, con interessi legali dalla maturazione dei singoli ratei al saldo compensando le spese di lite di entrambi i gradi per metà, condannava l'appellata a rifondere l'altra metà a controparte. 2. Ha presentato ricorso l'Inps, da cui la V. si è difesa con controricorso. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l'accoglimento del ricorso in ragione del secondo motivo, essendo inammissibile il primo. Entrambe le parti hanno depositato memoria. La trattazione della causa è stata fissata in pubblica udienza peraltro, non essendo stata chiesta trattazione orale, questa Suprema Corte ha proceduto con modalità camerale, senza quindi l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ex D.L. numero 137 del 28 ottobre 2020 art. 23, comma 8-bis, convertito in L. 18 dicembre 2020 numero 176 , in combinato disposto con il D.L. numero 228 del 30 dicembre 2021 16, comma 1,, convertito in L. 25 febbraio 2022 numero 15 , che ne ha prorogato l'applicazione fino al 31 dicembre 2022. Ragioni della decisione 3. Il ricorso è articolato in due motivi. 3.1 Il primo motivo denuncia, in riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1590, 1591 e 2946 c.c. Rigettando la domanda dell'Inps relativa al pagamento degli oneri accessori, la corte territoriale avrebbe affermato erroneamente la perrnanenza del termine prescrizionale di due anni per detti oneri, mentre il termine avrebbe dovuto essere decennale. Fin dal ricorso monitorio l'Inps avrebbe infatti esposto di aver disdettato il contratto di locazione con nota del 17 marzo 2003, ricevuta il 22 aprile 2003 dal conduttore e l'Inps avrebbe poi depositato, allegata alla memoria di costituzione nel giudizio di opposizione, la sentenza numero 344/2014 del Tribunale di Venezia che, in base a tale disdetta, aveva dichiarato risolto al 31 dicembre 2003 il contratto circostanza, questa, mai contestata nel presente giudizio. Da ciò deriverebbe che le somme dovute per canoni e oneri accessori, proprio perché dovute da soggetti in mora nella restituzione della cosa locata , ex art. 1591 c.c. rientrerebbero nell'ordinaria prescrizione decennale. Applicando quest'ultima, gli atti interruttivi del 5 novembre 2003, del 17 dicembre 2004, del 23 dicembre 2004, del 19 ottobre 2006 e del 12 ottobre 2010 tutti prodotti nel fascicolo monitorio impedirebbero che alcun credito dell'ente locatore possa dirsi prescritto . 2. Il secondo motivo, in riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2948 c.c. , nnumero 3 e 4, D.L. numero 112 del 25 giugno 2008 artt. 24 e 85, convertito in L. numero 133 del 6 agosto 2008 . Presentando questa censura in subordine alla precedente, l'Inps assume che l' art. 6, ultimo comma, L. 22 dicembre 1973 numero 841 , in deroga all' art. 2948 numero 3 c.c. - prevedente prescrizione quinquennale per i canoni e ogni altro corrispettivo di locazione -, aveva stabilito la prescrizione biennale del diritto al rimborso delle spese sostenute dal locatore per la fornil ura dei servizi posti, per contratto, a carico del conduttore . Sopravvenuta la c.d. legge dell'equo canone, prevalse però l'interpretazione giurisprudenziale nel senso che detta norma non ne era stata abrogata. L'abrogazione è avvenuta invece in forza dell' art. 24 D.L. numero 112 del 2008 , convertito appunto in L. numero 133 del 2008 , che ha riportato il termine di durata della prescrizione a cinque anni. Se è vero che, ex art. 11 prel., tale norma non è retrcattiva e lo sarebbe se, maturato il termine biennale di prescrizione anteriormente all'entrata in vigore della nuova norma, questa avesse l'effetto di rendere quinquennale il termine, così rendendo esigibile un credito già prescritto sulla base della previgente normativa , è parimenti vero - osserva il ricorrente - che, se il credito non è prescritto alla data di entrata in vigore della novella perché sorto entro il biennio o perché sia stato interrotto il decorse del termine , esso rientra appieno nell'ambito di applicazione della nuova norma e si prescriverà nel termine codicistico quinquennale . Altrimenti la normativa previgente continuerebbe a trovare applicazione anche successivamente alla sua vocazione, rispetto a tutti i crediti comunque sorti nella sua vigenza . Pertanto, alla luce degli atti interruttivi richiamati al motivo che precede , l'accoglimento di questo motivo porterebbe al riconoscimento della validità ed efficacia dell'intero credito azionato dall'ente locatore nel presente giudizio a titolo di oneri accessori . 3. In primis, deve rilevarsi che l'eccezione sollevata nel controricorso, perché la procura speciale rilasciata dal ricorrente a margine del ricorso sarebbe priva di data nonostante sia essenziale il rilascio anteriore alla notifica del ricorso, e altresì perché difetterebbe dell'identificazione del provvedimento impugnato dell'oggetto dell'incarico, patisce infondatezza, in quanto sopprime ogni vizio di tal genere l'incorporazione della procura nel ricorso che è poi notificato S.U. 19 novembre 2021 numero 35466 . 4. Per quanto concerne il primo motivo, allora, non si può non riconoscerne la natura di novum il ricorrente, infatti, pur menzionando documenti che sarebbero stati prodotti in primo grado nel rispetto dell' art. 366, comma 1, numero 6 c.p.c. , omette di indicare se sulla base di questi fosse stata argomentata l'applicabilità della prescrizione decennale, e in quali atti e soprattutto, omette di spiegare dove e come l'ipotetica questione appunto della prescrizione decennale sarebbe stata devoluta al giudice d'appello. Il motivo, pertanto, risulta inammissibile. 5.1 Plasmata adeguatamente è invece la seconda censura, che si parametra in via diretta alla motivazione della sentenza impugnata, la quale è evidente che ha motivato presupponendo che oggetto della discussione fossero crediti per i quali la protrazione della prescrizione da biennale a quinquennale sarebbe stata dirimente, e così dimostrando già essa stessa che la questione - in effetti presente nel secondo motivo del gravame - era stata bene inclusa nel thema decidendum. Il motivo, poi, è palesemente fondato, dovendosi condividere l'identificazione che offre dell'erroneità della decisione della corte territoriale proprio nella parte in cui afferma che il termine di prescrizione resterebbe biennale per i crediti per oneri accessori maturati, ancorché non prescritti entro la data del 25/6/2008 così viene rilevato nel ricorso già prima di illustrare il motivo de quo, cioè a pagina 6 . 5.2 È vero che l' art. 6, ultimo comma, L. 841 del 1973 - in un c. sto storico in cui il contratto locatizio veniva percepito come l'esempio maggiormente pregnante di un negozio tra parti diseguali, con un'ottica più sociale che giuridica identificandovi il conduttore come sempre parte debole impostazione che ha raggiunto poi l'apice cinque anni dopo con la celebre legge dell'equo canone - aveva estratto dalla prescrizione quinquennale dell' art. 2948 c.c. le debenze locatizie, più che dimezzando l'originale termine, ovvero convertendolo in un biennio. Ed è parimenti vero che la norma, mantenuta in coesistenza con la successiva L. 392/1978 , è stata abrogata solo trent'anni dopo la sopravvenienza di questa, cioè con il D.L. numero 112 del 2008 convertito in L. numero 133 del 2008 , riconducendo così la prescrizione delle debenze locatizie alla codicistica regola quinquennale. 5.3 Tale reformatio - per cui, è pacifico che non sussiste apposita norma transitoria - non ti4CI anapia, evidentemente, per raggiungere la massima portata nell'art. 11 prel., in quanto costituisce un incremento del tempo prescrizionale, e dunque non ha effetto retroattivo in quanto non elide il tempo prescrizionale che era già stato consumato, bensì ne aggiunge altro l'art. 11 prel., invero, dispiega la sua tutela rispetto proprio all'effetto retroattivo, non inibendo al contrario l'aggiunta di un surplus per l'avvenire a quel che ancora non è terminato e dunque non è qualificabile come posto nel retro rispetto all'attualità, alla quale invece ancora appartiene. Per ineludibile logica, detto inserimento in una struttura normativa preesistente non può ledere gli effetti che questa ha già sprigionato, in quanto ciò integrerebbe una evidente retroattività, smontando quel che giuridicamente si è già compiuto quindi, come ha riconosciuto giurisprudenza di questa Suprema Corte ormai anche risalente cfr. Cass. sez. 1, 29 gennaio 1973 numero 271 , la quale rimarca che la legge sopravvenuta deve essere comunque applicata quando il rapporto giuridico disciplinato, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i suoi effetti sulla stessa linea Cass. sez. 1, 1 ottobre 1976 numero 3202 e Cass. sez. i, 17 novembre 1979 numero 5970 , in forza dell'art. 11 prel. la nuova legge non è applicabile ai rapporti giuridici sorti prima della propria entrata in vigore ma ancora in atto qualora ciò comporti l'elisione di effetti già verificatisi o già in corso di verificazione 5.4 Ne consegue che, qualora lo ius novum avesse inciso sul termine di prescrizione nel senso di abbreviarlo, l'incidenza sarebbe stata retroattiva e dunque inaccettabile a fronte dell'art. 11 prel. nel caso in esame, al contrario, l'effetto preesistente non è stato tolto, ad esso comunque aggiungendone uno ulteriore, tale da costituire una protrazione cronologica. Il motivo, pertanto, deve essere accolto, alla luce del seguente principio di diritto qualora sopravvenga una nuova norma che prolunga un termine di prescrizione originariamente previsto, essa è applicabile se il termine risulta già avviato ma non ancora consumato, mentre non lo è al termine già consumato qualora invece sopravvenga una nuova norma che abbrevia un termine prescrizionale, la sua applicazione a un termine già in atto integra una retroattività non consentita dall'art. 11 prel. 6. In conclusione, deve dichiararsi inammissibile il primo motivo del ricorso, mentre deve essere accolto il secondo, con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza, onde per giudicare alla luce del sopra indicato principio si rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte d'appello di Venezia in diversa sezione e diversa composizione. P.Q.M. dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Venezia in diversa sezione e diversa composizione.