Alla chiusura del periodo di aspettativa il lavoratore si ripresenta in ufficio: dato sufficiente per riprendere servizio

Irrilevante il fatto che il datore di lavoro si sia rifiutato ripetutamente di verbalizzare il rientro del dipendente. Vittoria piena, nel caso preso in esame dai giudici, per un funzionario di un Tribunale nel contenzioso col Ministero della Giustizia.

Sufficiente la presenza fisica del lavoratore pubblico in ufficio, alla chiusura del periodo di aspettativa , per riconoscere la riammissione in servizio. Irrilevante la condotta dell'amministrazione, che si è ripetutamente rifiutata di certificare con tanto di verbale il rientro del dipendente . Passaggio decisivo in Appello in secondo grado, difatti, viene accolta la domanda proposta da una funzionaria in servizio presso un Tribunale e il Ministero della Giustizia viene dichiarato obbligato alla ricostituzione del rapporto con la dipendente. Fondamentali i dettagli della vicenda. Nello specifico, la lavoratrice è stata collocata in aspettativa con decorrenza 3 giugno 2009 e per un periodo massimo di sei mesi, in quanto vincitrice di un concorso pubblico per assistente amministrativo presso un'azienda ospedaliera , ma il giorno 1° dicembre 2009 ella ha comunicato telefonicamente, e con nota inviata a mezzo fax, la sua intenzione di riprendere servizio nella data indicata dai funzionari del Ministero , ossia il 2 dicembre 2009. In quella data, il 2 dicembre 2009, alle ore 8.45 ella ha comunicato telefonicamente alla segreteria del Tribunale che per ragioni di salute sarebbe arrivata in ritardo e si è poi presentata in ufficio alle 12.30 , ma in quel momento non è stato redatto alcun verbale di riammissione in servizio e il giorno successivo, il 3 dicembre 2009, la dipendente si è ripresentata in ufficio e si è rifiutata di sottoscrivere il verbale sottopostole e che indicava quale data della ripresa del servizio proprio quella del 3 dicembre . Visto il muro contro muro coi funzionari del Ministero, alle ore 13.00 del 3 dicembre 2009 la lavoratrice non ha visto altra strada che quella di rassegnare le dimissioni al fine di scongiurare la risoluzione del rapporto per poi successivamente domandare la ricostituzione , istanza, quest'ultima, respinta dal Ministero per la ragione che il termine per la ripresa del servizio coincideva con l'ultimo giorno di aspettativa 2 dicembre 2009 e che, pertanto, le dimissioni erano intervenute quando già il rapporto era cessato . A condividere la posizione del Ministero della Giustizia sono stati i giudici del Tribunale. Invece, in Appello, è stata riconosciuta la legittimità della condotta tenuta dalla lavoratrice . In particolare, i giudici di secondo grado osservano che la dipendente avrebbe dovuto riprendere servizio l'ultimo giorno fissato per l'aspettativa e cioè il 2 dicembre 2009 , richiamano poi la sequenza dei fatti verificatisi il giorno 2 dicembre 2009 – ripetuto rifiuto dell'amministrazione di attestare in verbale la presenza della dipendente il giorno 2 dicembre 2009 – , e ritengono, quanto alle dimissioni presentate dalla lavoratrice il giorno 3 dicembre 2009 , che nessuna norma di legge prevede la formalità della riammissione in servizio con valore costitutivo e che a tale scopo era sufficiente la presenza della lavoratrice il giorno 2 dicembre in ufficio, non essendo ad ella imputabile la mancata sottoscrizione del verbale in tale giornata . In sostanza, per i giudici d'Appello correttamente la lavoratrice non ha sottoscritto il verbale attestante la ripresa in servizio il giorno 3 dicembre 2009, dopo la scadenza del periodo di aspettativa, perché ciò avrebbe determinato l'automatica risoluzione del rapporto . Di conseguenza, essendo ella già rientrata in servizio il giorno 2 dicembre, le dimissioni sono state validamente presentate il giorno 3 dicembre con conseguente legittimità della richiesta mirata alla ricostituzione del rapporto di lavoro . Inutile il ricorso in Cassazione proposto dal Ministero della Giustizia e mirato a ribadire la necessità di una formale ricostituzione del rapporto dopo l'aspettativa e di una ripresa del servizio cristallizzata in un verbale con efficacia costitutiva . I giudici richiamano il contratto nazionale integrativo, laddove prevede che nei confronti del dipendente che, salvo casi di comprovato impedimento, non si presenti per riprendere servizio alla scadenza del periodo di aspettativa, il rapporto di lavoro è risolto, senza diritto ad alcuna indennità sostitutiva di preavviso . Palese quindi ciò che la disposizione normativa richiede, ossia che il dipendente si presenti per riprendere servizio l'ultimo giorno di aspettativa . Ebbene, nella vicenda in esame, è appurato, osservano i giudici, che la lavoratrice si è presentata per riprendere servizio l'ultimo giorno utile e cioè il giorno 2 dicembre 2009, coincidente con la scadenza dell'aspettativa , e tale presenza in ufficio al fine di riprendere servizio è sufficiente ad integrare il presupposto indicato dal contratto, dovendo ritenersi, precisano i giudici, che il verbale redatto dall'ufficio che dà atto della ripresa abbia mero valore ricognitivo della suddetta accertata presenza, non certo valore costitutivo . Peraltro, il periodo di aspettativa presuppone solo la sospensione del rapporto durante tale periodo, non certo la sua cessazione , e quindi tale rapporto non necessita di essere costituito ex novo, richiedendosi solo la volontà del dipendente, manifestata attraverso la presenza in ufficio, di riprendere servizio . Legittimamente, quindi, la dipendente ha rifiutato di sottoscrivere il giorno 3 dicembre 2009 un verbale che dava atto della ripresa del servizio in coincidenza con la redazione di tale verbale e dunque tardivamente rispetto alla scadenza dell'aspettativa e non, come invece era avvenuto, il giorno precedente , chiariscono i giudici, e del pari legittimamente la dipendente ha presentato le proprie dimissioni in data 3 dicembre 2009 e richiesto, poi, la ricostituzione del rapporto .

Presidente Manna - Relatore Marotta Fatti di causa 1.1. Il tribunale, con la pronuncia in epigrafe, in accoglimento dell'appello del Comune di omissis , ha rigettato l'opposizione proposta da M.V. avverso il verbale con il quale la Polizia Locale aveva accertato, a mezzo di apparecchiatura elettronica Velomatic 512D , che lo stesso, quale proprietario dell'autoveicolo omissis , in violazione dell' art. 142, comma 8, del codice della strada , transitava oltre il limite massimo di velocità stabilito sulla strada extraurbana omissis . 1.2. Il tribunale, in particolare, dopo aver evidenziato che la strada percorsa era una strada extraurbana con limite di velocità di 90 kmh e che l'apparecchio di rilevamento della velocità utilizzato era il Velomatic 512 , il quale permette la rilevazione dell'infrazione ad avvenuto transito del veicolo , e che doveva, pertanto, escludersi che, nelle condizioni date, a fronte di un veicolo lanciato a 113 kmh , fosse possibile procedere ad una contestazione immediata in sicurezza, ha rilevato, per quanto ancora interessa, che, relativamente alla censura di omessa o inadeguata segnalazione dell'installazione dell'apparecchiatura elettronica di rilevamento della velocità , era sufficiente osservare che, nel verbale di accertamento, gli agenti accertatori avevano dato atto di aver posizionato la segnaletica mobile recante la dicitura controllo elettronico della velocità ad una distanza di almeno 250 ml. e che gli stessi agenti avevano provveduto ad effettuare apposito rilievo fotografico , prodotto in giudizio dal Comune, dal quale emergeva l'idoneità della segnaletica , sia per tipologia che per collocazione , a rendere edotti gli automobilisti della presenza del predetto sistema di rilevamento della velocità , nel rispetto di quanto previsto dal D.L. n. 117 del 2007 art. 3, comma 1, lett. b , conv. con L. 160 del 2007, e del D.M. n. del 13/6/2017 e dell'obbligo, ivi previsto, di rendere visibili le segnaletiche fisse ed automatiche . 2.1. M.V., con ricorso notificato in data 17/6/2021, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente non notificata. 2.2. Il Comune di omissis è rimasto intimato. 2.3. Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 3.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 115 c.p.c. , dell'art. 142, comma 6 bis, del codice della strada e del D.P.R. n. 495 del 1992 art. 79, comma 3, nonché dell'art. 7 della Circolare del Ministero dell'Interno del 14/8/2009, n. 300/A/10307/09/144/5/20/3, parte I, in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunalersenza considerare che la omissis ha tutte le caratteristiche per essere classificata, a norma dell' art. 2, comma 3, del codice della strada , come strada extraurbana principale e, in caso di classificazione della strada come strada extraurbana secondaria , che il verbale impugnato non contiene alcuna indicazione del decreto prefettizio previsto dall'art. 4 della L. n. 168 del 2002 , che autorizza la rilevazione elettronica della velocità,-ha ritenuto che la segnaletica indicante leopostazionR.di rilevamento era stata collocata alla distanza minima di 250 metri prevista dalla legge, omettendo, tuttavia, di considerare - innanzitutto, che tale fatto è stato smentito sia dal Comune, che nella comparsa di costituzione e risposta e nel ricorso in appello aveva espressamente dichiarato che l'apposito cartello di presegnalazione della postazione di rilevamento era stato allocato a circa 160-170 metri dall'apparecchiatura elettronica, sia dalla documentazione fotografica recante la sottoscrizione del Comandante della Polizia Locale la quale dimostra, con efficacia di prova legale, che, in realtà, la distanza effettiva tra il cartello di presegnalazione e lo strumento di rilevazione è di circa 150 metri in secondo luogo, che, classificata la strada come strada extraurbana principale , la distanza minima che deve intercorrere tra la segnaletica mobile e l'apparecchiatura di rilevazione dev'essere pari, a norma dell'art. 79, comma 3, del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada , a 250 metri. 3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 113, comma 1, 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 2697 e 2712 c.c. per omesso esame di una prova documentale dirimente ai fini della decisione, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha omesso di valutare tanto le affermazioni svolte dal Comune di omissis nella comparsa di costituzione e risposta e nel ricorso d'appello, e cioè che l'apposito cartello di presegnalazione della postazione di rilevamento era stato allocato a circa 160-170 metri, quanto la documentazione fotografica che lo stesso Comune ha prodotto in giudizio, che riproduce, con efficacia di prova legale, l'allocazione di tale segnaletica alla distanza di 150 metri dalla piazzola di sosta ove l'agente accertatore ha installato l'apparecchiatura di rilevamento. 4.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati. 4.2. In tema di sanzioni amministrative conseguenti al superamento dei limiti di velocità accertato mediante autovelox, la mancata indicazione degli estremi del decreto prefettizio nella contestazione differita integra, in effetti, un vizio di motivazione del provvedimento sanzionatorio che pregiudica il diritto di difesa e non è rimediabile nella fase eventuale di opposizione, potendo essere desumibili le ragioni che hanno reso impossibile la contestazione immediata solo dal detto decreto, cui è rimesso, ma solo se si tratta di strade diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, individuare, a norma del L. n. 168 del 2002 'art. 4, commi 1 in fine e 2, i tratti ove questa è ammissibile cfr. in tal senso, Cass. n. 24214 del 2018 , la quale ha affermato che integra un vizio di motivazione del provvedimento sanzionatorio la contestazione di una infrazione, rilevata su una strada extraurbana secondaria, ma priva dell'indicazione degli estremi del decreto prefettizio con il quale erano state autorizzate, sulla detta strada, la rilevazione della velocità a mezzo autovelox e la contestazione differita conf., Cass. n. 21603 del 2021 . 4.3. Nel caso in esame, tuttavia, è lo stesso il ricorrente ad aver espressamente ammesso che la strada sulla quale la violazione è stata accertata dev'essere classificata come una strada extraurbana principale . Ed è noto come, in forza del combinato disposto degli artt. 201, comma 1 quater, del codice della strada e D.L. n. 121 del 2002 art. 4, comma 2, conv. nella L. n. 168 del 2002 , i motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata , se si tratta di autostrade o strade extraurbane principali, di cui al comma 1, ovvero singoli tratti di esse così l'art. 4, comma 2, cit. , sono direttamente evincibili dalle disposizioni di legge che li reputano in via generale sussistenti in base alle caratteristiche della circolazione, mentre solo per le strade diverse dalle surricordate non possono non essere desumibili che dal solo decreto prefettizio cui è rimesso individuarne i tratti ammissibili tenendo conto del tasso di incidentalità, delle condizioni strutturali,, plano-altimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all'incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati così, sempre, art. 4, comma 2, cit. . Il tribunale, pertanto, lì dove ha ritenuto che, a fronte di un veicolo lanciato a 113 kmh e di un l'apparecchio di rilevamento della velocità che permette la rilevazione dell'infrazione ad avvenuto transito del veicolo , non era possibile procedere ad una contestazione immediata in sicurezza, ha implicitamente ma correttamente escluso ogni rilievo al fatto che, trattandosi di una strada extraurbana principalè, il verbale impugnato non contenesse alcuna indicazione del decreto prefettizio previsto dall'art. 4, comma 2, della L. n. 168 cit 4.4. Quanto al resto, questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui la legittimità delle sanzioni amministrative irrogate per eccesso di velocità, accertato mediante autovelox è subordinata alla circostanza che la presenza della postazione fissa di rilevazione della velocità sia stata preventivamente segnalata Cass. n. 2041 del 2019 Cass. n. 680 del 2011 . In materia di accertamento di violazione delle norme sui limiti di velocità, compiuta a mezzo di autovelox, infatti, D.L. n. 121 del 2002 art. 4, comma 1, conv. in L. n. 168 cit., secondo cui dell'installazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo deve essere data preventiva informazione agli automobilisti , non prevede un obbligo rilevante esclusivamente nell'ambito dei servizi organizzativi interni della pubblica amministrazione, ma è finalizzato ad informare gli automobilisti della presenza dei dispositivi di controllo medesimi, onde orientarne la condotta di guida e preavvertirli del possibile accertamento di infrazioni, con la conseguente nullità della sanzioni eventualmente irrogata in violazione di tale previsione Cass. n. 7419 del 2009 Cass. n. 15899 del 2016 . 4.5. L'art. 4 della L. n. 168 cit. si configura, pertanto, come una norma imperativa, la cui cogenza è desumibile anche dal suo innesto successivo direttamente nel corpo del codice della strada , essendo stato inserito, per effetto dell'art. 3, comma 1, lett. b , del D.L. n. 117 del 2007, conv., con modif., nella L. n. 160 del 2007 , il nuovo comma 6bis nel testo dell'art. 142 del predetto codice, alla stregua del quale le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all'impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione dello stesso codice. Con la stessa disposizione innovativa l'individuazione delle modalità di impiego è stata rimessa ad apposito decreto del ministro dei trasporti, di concerto con il ministro dell'interno, il primo dei quali, adottato con D.M. n. del 1.5/8/2007 , ha previsto, in particolare, che i segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante e che la distanza tra i segnali o i dispositivi e la postazione di rilevamento delle velocità deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi . art. 2, comma 1 . Come può evincersi dal complesso normativo adottato sul punto, dunque, la preventiva segnalazione univoca ed adeguata della presenza di sistemi elettronici di rilevamento della velocità costituisce un obbligo specifico ed inderogabile degli organi di polizia stradale demandati a tale tipo di controllo, imposto a garanzia dell'utenza stradale, la cui violazione, pertanto, non può non riverberarsi sulla legittimità degli accertamenti, determinandone la nullità, poiché, diversamente, risulterebbe una prescrizione priva di conseguenze, che sembra esclusa dalla stessa ragione logica della previsione normativa, laddove si afferma, espressamente, che gli indicatori preventivi della presenza degli autovelox devono essere installati con adeguato anticipo . , senza, quindi, lasciare alcun margine di discrezionalità alla pubblica amministrazione circa la possibile elusione di siffatto accorgimento o in ordine alla facoltà di ricorrere a sistemi informativi alternativi che, però, non assicurino la medesima trasparenza nell'inerente attività di segnalazione. In altri termini, la ratio della preventiva informazione in questione secondo le mocalità indicate dalla legge anche mediante gli strumenti attuativi dei decreti dei competenti ministeri è rinvenibile nell'obbligo di civile trasparenza gravante sulla pubblica amministrazione, il cui potere sanzionatorio, in materia di circolazione stradale, non è tanto ispirato dall'intento della sorpresa ingannevole dell'automobilista indisciplinato, in una logica patrimoniale captatoria, quanto da uno scopo di tutela della sicurezza stradale e di riduzione dei costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare, anche mediante l'utilizzazione delle nuove tecnologie di controllo elettronico Cass. n. 5997 del 2014 , in motiv. . 4.6. D'altra parte, l' art. 25, comma 2, della L. n. 120 del 2010 , nel prevedere che i dispositivi ed i mezzi tecnici di controllo finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme dell' art. 142 del codice della strada debbano essere collocati ad almeno un chilometro dal segnale stradale che impone il limite di velocità, ha inteso riferirsi unicamente ai casi in cui i dispositivi siano finalizzati al controllo remoto delle violazioni, e cioè siano collocati ai sensi del citato art. 4 del D.L. n 121 cit. come convertito in legge e, perciò, non riguarda i casi in cui l'accertamento dell'illecito sia effettuato con apparecchi elettronici mobili presidiati con la presenza di un organo di polizia stradale, la cui distanza deve essere soltanto adeguata e non è, quindi, da ritenersi prefissata normativamente in tal senso, in via interpretativa, ancorché non in modo vincolante, hanno chiarito il complesso normativo in questione le circolari del ministero dell'interno del 12/8/2010, n. 300/A/11310/10/101/3/3/9, del 29/12/2010, n. 300/A/16052/10/101/3/3/9 e del 26/3/2012, n. 300/A/2289/12/101/3/3/9, le quali, infatti, fanno tutte riferimento alla portata dell' art. 25, comma 2, della L. n. 120 del 2010 . Tale interpretazione, invero, si pone in un rapporto di coerenza logica con la ragione giustificatrice sottesa alla norma di cui al comma 2 dell'art. 25 della citata L. n. 120 cit., che corrisponde a quella di consentire all'utente stradale di disporre di elementi per poter avvistare, in tempo utile, la prescrizione relativa al mutamento del limite di velocità, al fine di regolare quest'ultima in condizioni di sicurezza, ovvero in conformità alla valutazione prudenziale predeterminata ex ante dall'ente proprietario o gestore del tratto stradale. Pertanto, nel caso di dispositivi completamente automatici, tali elementi si sostanziano unicamente nell'apposizione del cartello segnalatore della velocità, onde si profila congruo imporre una determinata ed ampia distanza tra il segnale e la postazione di rilevamento pari, per l'appunto, ad almeno un chilometro . Viceversa, nell'ipotesi di accertamento eseguito con modalità manuale mediante apparecchi elettronici nella diretta disponibilità della polizia stradale e dagli stessi agenti gestiti con la presenza in loco, quest'ultima predisposizione rappresenta un elemento ulteriore, rispetto al punto in cui risulta apposto il cartello indicatore del limite di velocità, per effetto del quale l'utente è messo nelle condizioni di avvistare, con maggiore anticipo, la stessa posizione di rilevamento, così rimanendo giustificata l'esclusione dell'osservanza del predetto limite di un chilometro previsto dall'art. 25, comma 2, della L. n. 120 cit. Cass. n. 32104 del 2019 . 4.7. Nel caso in esame, il rilevamento elettronico, alla luce di quanto incontestatamente accertato dal giudice di merito, è stato effettuato con apparecchio mobile manualmente approntato e fatto funzionare, per cui non doveva rispettarsi il menzionato limite di un chilometro, dovendosi, piuttosto, ritenere sufficiente, per il tipo di strada in cui era stato eseguito l'accertamento classificata, come detto, come strada extraurbana principale , osservare una distanza solo adeguata dal punto di installazione dell'apparato a quello del concreto rilevamento della velocità, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento. La giurisprudenza di quesl a Corte cfr. Cass. n. 25769 del 2013 e Cass. n. 20327 del 2018 , in effetti, ha, sul punto, precisato che la distanza tra segnali stradali o dispositivi luminosi e la postazione di rilevamento con modalità manuale deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi, senza che assuma alcun rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto dopo ciascuna intersezione per gli automobilisti che proseguano lungo la medesima strada. In siffatto contesto è, dunque, sufficiente che il giudice di merito accerti, in coerenza alle finalità perseguite dalla disposizione di cui all' art. 4 del D.L. n. 121 del 2002 , conv. in L. n. 168 del 2002 , l'effettiva esistenza di un cartello premonitore sulla strada percorsa e la sua collocazione a congrua distanza rispetto alla postazione di rilevazione della velocità, in modo che l'avvertimento, come poi confermato del D.M. del 15 agosto 2007 art. 2, possa ritenersi effettivo in materia di accertamento di violazioni delle norme sui limiti di velocità, compiuta a mezzo di apparecchiatura di controllo, comunemente denominata autovelox, D.M. del 15 agosto 2007 art. 2 secondo cui dell'installazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo deve essere data preventiva informazione agli automobilisti non stabilisce, infatti, una distanza minima per la collocazione dei segnali stradali o dei dispositivi di segnalazione luminosi ma, com'è accaduto nel caso in esame, solo l'obbligo della loro istallazione con adeguato anticipo rispetto al luogo del rilevamento della velocità, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento cfr. Cass. n. 25769 del 2013 . 4.8. La sentenza impugnata, infatti, dopo aver evidenziato che, nel verbale di accertamento, gli agenti accertatori avevano dato atto di aver posizionato la segnaletica mobile riportante la dicitura controllo elettronico della velocità ad una distanza di almeno 250 mt. senza, peraltro, che tale risultanza, a fronte della sua efficacia di prova legale, sia stata contestata a mezzo di querela di falso , ha comunque ritenuto, con accertamento ún fatto non censurato per omesso di esame di circostanze decisive delle quali sia stata esposta in ricorso l'emergenza dagli atti del giudizio, che, alla luce del rilievo fotografico prodotto in giudizio dal Comune, la segnaletica, sia per tipologia che per collocazione , era idonea a rendere edotti gli automobilisti della presenza del predetto sistema di rilevamento della velocità . Il D.M. del 15 agosto 2007 art. 3 cit. stabilisce, del resto, che le postazioni di controllo per il rilevamento della velocità sulla rete stradale possono essere segnalate , tra l'altro, con segnali stradali di indicazione, temporanei o permanenti , precisando che tali segnali stradali di indicazione devono essere realizzati con un pannello rettangolare, di dimensioni e colore di fondo propri del tipo di strada sul quale saranno installati e che sul pannello deve essere riportata l'iscrizione ‘controllo elettronico della velocità' ovvero ‘rilevamento elettronico della velocità, eventualmente integrata con il simbolo o la denominazione dell'organo di polizia stradale che attua il controllo . In ogni caso, in tema di opposizione a verbale di contravvenzione per superamento del limite di velocità, grava sull'opponente, e non sulla pubblica amministrazione l'onere di provare l'inidoneità in concreto, sul piano della percepibilità e della leggibilità, della segnaletica di cui al D.M. del 15 agosto 2007 ad assolvere la funzione di avviso della presenza di postazioni di controllo della velocità, non assumendo, di per sé, alcuna rilevanza il dato della velocità predominante sul tratto di strada interessato dalla presenza della segnaletica Cass. n. 23566 del 2017 . 5. Il ricorso dev'essere, pertanto, rigettato. 6. Nulla per le spese di lite non avendo il Comune svolto alcuna attività difensiva. 7. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dall' art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012 , della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte così provvede rigetta il ricorso dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, nel testo introdotto dall 'art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 201 2, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.