La moglie benestante deve mantenere l’ex marito per garantirgli il tenore di vita avuto durante il matrimonio

Questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione specificando che l’ex moglie benestante deve versare all’ex marito un assegno di mantenimento con un importo adeguato all’alto tenore di vita goduto durante il matrimonio, in quanto il marito, in accordo con la moglie, si era dedicato alla cura del figlio e della famiglia, provvedendo invece la donna al mantenimento del nucleo familiare.

Un ex coniuge separato dalla moglie da alcuni anni proponeva ricorso per Cassazione per una causa relativa all' assegno di mantenimento , che secondo accordi giudiziali spettava all'uomo in quanto meno abbiente della donna. L'assegno era stato sensibilmente ridotto, mettendo in una posizione scomoda l'ex marito, che vedeva ridimensionato il suo alto tenore di vita, in quanto durante il matrimonio in accordo con la moglie era la donna a lavorare e a garantire alla famiglia una importante stabilità economica. Il ricorrente con due motivi di doglianza lamenta da una parte che il nuovo importo dell'assegno divorzile fosse del tutto inadeguato a consentirgli una vita agiata e dall'altra parte di essere impossibilitato a trovare un nuovo impiego, in quanto era stato fuori dal mercato del lavoro per oltre dieci, proprio per dedicarsi al figlio e alla cura della famiglia. Il ricorso è fondato e accolto dalla Corte di Cassazione. Ricorda il Collegio che in tema di quantificazione dell'assegno di mantenimento i redditi adeguati cui va apportato, ai sensi dell' art. 156 c.c. , l'assegno di mantenimento a favore del coniuge separato, in assenza di condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio nella fase temporanea della separazione, stante la permanenza del vincolo coniugale e l'attualità del dovere di assistenza materiale, derivando dalla separazione, solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione Cass. n. 5605/2020 , n. 16809/2019 e n. 12196/2017 . Infatti, il contributo di mantenimento in favore dell'ex coniuge non era stato quantificato in misura idonea a conservare il tenore avuto durante la vita matrimoniale. Alla luce di questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso.

Presidente Genovese - Relatore Lamorgese Fatti di causa Con la sentenza indicata in epigrafe - per quanto ancora interessa la Corte d'appello di Milano, in parziale accoglimento del gravame di G.L.F. avverso l'impugnata sentenza del Tribunale di Lodi, ha posto a carico del coniuge separato T.M.C. l'obbligo di corrispondergli un assegno di mantenimento di Euro 300,00 al mese così diminuendo l'assegno fino ad allora determinato in Euro 1500,00 , essendo uniti in matrimonio dal 1995 e autorizzati a vivere separati dal 2012. A sostegno della domanda di un assegno di importo significativo, il G. aveva rappresentato di avere lasciato nel 2007 la propria attività lavorativa autonoma di manager informatico per dedicarsi alla cura del figlio F. e della prestigiosa abitazione coniugale di proprietà della moglie di essere stato da allora mantenuto dalla moglie, la quale beneficiava di cospicui redditi da lavoro propri nonché provenienti dalla sua famiglia di origine di non essere riuscito dopo la separazione a lavorare regolarmente nè a permettersi un'abitazione e di avere dovuto ricorrere al sostegno materiale della sorella. Avverso questa sentenza il G. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, resistiti dalla T. Il pubblico ministero ha presentato requisitoria scritta e le parti hanno depositato memorie. Fissato all'udienza pubblica del 16 giugno 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020 art. 23, comma 8-bis, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020 , senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell' art. 156 c.c. , per avergli riconosciuto per il proprio mantenimento dopo la separazione un contributo determinato al solo fine di consentirgli di reperire un'idonea abitazione, di importo palesemente inadeguato a consentirgli di conservare il tenore di vita matrimoniale, in considerazione delle elevatissime capacità economiche di cui la moglie aveva sempre goduto e godeva tuttora. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione del suindicato parametro normativo, imputa alla Corte di merito di avere dato credito alle affermazioni della controparte, secondo le quali egli non avrebbe dimostrato di non essere riuscito a trovare un lavoro che gli consentisse di provvedere autonomamente al proprio mantenimento. Egli infatti, essendo rimasto fuori dal mondo del lavoro per circa dieci anni per una scelta concordata tra i coniugi per dedicarsi alla cura del figlio invalido, aveva perduto le pregresse capacità professionali nel settore informatico in costante evoluzione e non era riuscito a reinserirsi nel mondo del lavoro, anche in considerazione della sua non più giovane età circa cinquanta anni , come aveva dimostrato anche mediante documenti attestanti le costanti ma inutili ricerche di lavoro riferisce inoltre di avere dovuto ricorrere al sostegno materiale della sorella in Sardegna, dove si era trasferito non potendosi permettere un immobile in affitto in Lombardia aveva ottenuto la qualifica di istruttore di equitazione al solo scopo di stare accanto al figlio nella pratica equestre, ma non era riuscito a utilizzarla al di fuori del contesto familiare. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati. Le ragioni poste dalla Corte territoriale a fondamento della quantificazione dell'assegno di mantenimento sono le seguenti. Il G., all'epoca della separazione nel 2012, aveva quarantasette anni ed era dotato di piena capacità lavorativa e notevole professionalità, avendo goduto di un ottimo stipendio fino al 2007, quando aveva lasciato il lavoro per dedicarsi all'accudimento del figlio bisognoso di sostegno e di essere seguito nelle attività sportive e alla cura della prestigiosa abitazione coniugale acquistata con proventi della moglie egli era dotato di tutte le risorse personali e professionali per provvedere autonomamente al proprio dignitoso mantenimento ed era diventato istruttore di tecnica equestre, nè aveva dimostrato che le somme erogategli dalla moglie indicate dal ricorrente in circa Euro 10000,00 al mese servissero per le proprie esigenze personali piuttosto che per i bisogni del figlio il G. non contribuiva al mantenimento del figlio, al quale provvedeva la T. il tenore di vita del G. aveva subito un rilevante ridimensionamento, con la perdita dell'abitazione familiare e la necessità di reperire altra abitazione a pagamento, non disponendo egli di proprietà immobiliari , sicché l'assegno mensile di Euro 300,00 serviva per consentirgli di disporre di una adeguata abitazione dal canto suo, la T. continua a godere del tenore di vita precedente alla separazione, grazie alle sue numerose proprietà immobiliari e ai proventi che le derivano dalla sua famiglia, pur dovendo provvedere in via esclusiva a mantenere il figlio . Da queste argomentazioni traspare che il criterio seguito per la quantificazione del contributo di mantenimento a favore del G. non è quello seguito dalla giurisprudenza di legittimità, che è espresso dal principio secondo cui i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell' art. 156 c.c. , l'assegno di mantenimento a favore del coniuge separato, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio nella fase temporanea della separazione, stante la permanenza del vincolo coniugale e l'attualità del dovere di assistenza materiale, derivando dalla separazione - a differenza di quanto accade con l'assegno divorzile che postula lo scioglimento del vincolo coniugale - solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione ex plurimis, Cass. 5605 del 2020 , 16809 del 2019 , 12196 del 2017 . Ed infatti, il contributo di mantenimento in favore del G. non è stato quantificato in misura idonea a garantirgli, in via tendenziale, la conservazione del tenore di vita matrimoniale - che, come accertato dalla Corte di merito, aveva subito un rilevante ridimensionamento dopo la separazione, contrariamente alla T., la quale poteva contare su notevoli risorse a sua disposizione - ma solo a consentirgli di procurarsi una abitazione, nell'ottica di un aiuto a provvedere al proprio dignitoso mantenimento . Apodittica è l'affermazione secondo cui il G. sarebbe titolare di idonee risorse personali e professionali, essendo priva di una comprensibile esplicitazione dei fatti idonei a corroborarla. Nè è chiaro il significato dell'ulteriore affermazione secondo cui egli peraltro ha goduto per quattro anni di un contributo mensile da parte della moglie di Euro 1500,00 mensili attribuitogli in sede presidenziale , non comprendendosi se e quali elementi rilevanti la Corte ne abbia tratto sul piano decisorio. Si tratta di una motivazione in fatto perplessa e sostanzialmente apparente, dunque censurabile in sede di legittimità. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, per un nuovo esame e per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.