Un locatore aveva agito giudizialmente per ottenere la liberazione del proprio immobile da un conduttore che aveva, a suo dire, omesso parte del pagamento del canone di locazione. Il conduttore, evocato in giudizio, si era difeso affermando come l’autoriduzione del canone fosse stata realizzata in accordo alla disciplina allora vigente.
Stante il fatto che il proprietario non aveva registrato il contratto di locazione, infatti, il conduttore aveva applicato i dettami dell'articolo 3 comma 8 del d.lgs.numero 23/2011, che afferma che «Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina a la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio b al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata l. numero 431/1998 c a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti». In accordo a tale disposizione, quindi, il conduttore aveva corrisposto canoni in misura ridotta per un periodo di tempo tra il febbraio 2012 e il giugno 2012. Il proprietario, invece, aveva ritenuto tale versamento come un inadempimento contrattuale ed aveva agito per lo sfratto dall'immobile. I giudizi di merito, tanto di primo, quanto di secondo grado, avevano riconosciuto il diritto del locatore e avevano quindi disposto la liberazione dell'immobile. Il ragionamento dei giudici di merito era, riassumendo, il seguente il conduttore aveva certamente omesso il saldo di alcuni canoni, giustificando tale operazione sulla base della disciplina sopra riportata di cui al d.lgs. numero 23/2011. Tale norma era poi stata dichiarata incostituzionale con sentenza 50 del 2014. All'epoca dell'introduzione del giudizio, poi, il contratto era stato effettivamente registrato e quindi poteva trattarsi, al massimo, di registrazione tardiva. Concludevano, poi, le sentenze di merito statuendo che, al di là dei canoni autoridotti, anche in epoca successiva alla declaratoria di incostituzionalità della summenzionata normativa, il conduttore si era reso responsabile di omissioni di versamento di canoni e che quindi lo sfratto poteva essere convalidato. La cassazione accoglie il ricorso e ribadisce la disciplina in materia di registrazione tardiva del contratto di locazione. In ragione della duplice soccombenza il conduttore agiva in sede di Cassazione. Nel ricordo del conduttore egli afferma l'illegittima valutazione della Corte d'Appello nella parte in cui era incorsa in un vizio di ultrapetizione, andando quindi con la propria decisione oltre alla domanda giudiziale presentata dalla parte. Nonostante, infatti, l'azione riguardasse unicamente l'autoriduzione dei canoni nel periodo tra il febbraio e il giugno 2012, la Corte d'Appello aveva ritenuto la domanda della parte proprietaria accoglibile anche in ragione dell'inadempimento del versamento di canoni successivi, notabilmente nel periodo tra marzo e ottobre del 2014. Tali canoni erano già in discussione in un separato giudizio, a quel momento pendente presso la Corte d'Appello. A detta del ricorrente, quindi, la Corte d'Appello avrebbe errato ad avallare la decisione del Tribunale, il quale avrebbe dovuto fondare la decisione in merito allo scioglimento del contratto di locazione unicamente sui canoni autoridotti del 2012 e non anche sui successivi. Seguivano, poi, nel ricorso, ulteriori motivi di doglianza. La Cassazione, con la decisione numero 26493 dell'8 settembre 2022, accoglieva il primo motivo di ricorso e decretava i successivi come assorbiti. Secondo il Collegio, infatti, la Corte d'Appello aveva agito al di là della domanda giudiziale ricevuta, decidendo la situazione sulla base del complessivo contegno contrattuale delle parti e non solo – come invece avrebbe dovuto fare – sulla legittimità o meno dell'autoriduzione dei canoni conseguente al dettame dell'articolo 3 comma 8 del d.lgs. numero 23/2011. Secondo la Cassazione, poi, laddove la Corte si fosse attenuta alla domanda giudiziale il risultato complessivo del giudizio avrebbe potuto essere differente, in quanto al momento dell'autoriduzione del canone la normativa era valida ed efficace. L'autoriduzione dei canoni, infatti, come detto, era avvenuta tra il febbraio e il giugno del 2012 e la decisione della Corte Costituzionale che aveva dichiarato l'incostituzionalità del d.lgs. numero 23/2011 era invece intervenuta solo a far data dal 19 marzo 2014. È pur vero che le sentenze della Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo, ma questo fa salvi gli effetti delle situazioni giuridiche già consolidate. Al momento dell'autoriduzione dei canoni, quindi, il comportamento del conduttore non era illegittimo e il giudice di merito avrebbe dovuto tenerne conto in quanto, per consolidato principio giuridico, nelle domande di risoluzione contrattuale le cause di risoluzione devono preesistere al momento in cui la controparte propone la domanda giudiziale. La Cassazione, quindi, decidendo sul merito, dichiarava l'accoglimento dell'Appello anzitempo proposto e rigettava la domanda di risoluzione del contratto avanzata dalla parte proprietaria. Restava, quindi, da giudicare, la questione della validità o meno del contratto registrato tardivamente. Questa questione giuridica originava da autonomo ricorso in Cassazione azionato dalla proprietaria e in seguito riunito al giudizio azionato dal conduttore. Sul punto la Cassazione, rigettando il ricorso della locatrice, affermava il seguente principio di diritto «per effetto della sentenza della Corte Costituzionale numero 87/2017 e della salvezza del testo dell'articolo 13 comma 5, della l. numero 431/1998, introdotto dall'articolo 1, comma 59, della l. numero 208/2015, i contratti di locazione abitativa tardivamente registrati ad iniziativa del conduttore dalla data di entrata in vigore del d.lgs. numero 23/2011 sino al 16 luglio 2015, in forza della disposizione dell'articolo 1 comma 346 della l. numero 311/2004, risultano validi ed efficaci in quanto il Giudice delle Leggi ha escluso che il comma 5 abbia inteso sancire la validità del contratto secondo il regime della registrazione disciplinata dal testo del comma 5 introdotto dal d.lgs. numero 23/2011 e dalla successiva proroga di cui alla legge numero 47/2014, ma non ha, invece, in alcun modo escluso gli effetti della registrazione ai sensi del citato comma 346. Sempre per effetto della sentenza della Consulta, il canone o l'indennità di occupazione dovuti dal conduttore nel periodo indicato sono dovuto nell'ammontare precisato dal comma 5 attualmente vigente, ancorché l'intervenuta registrazione, una volta apprezzata alla stregua dell'articolo 1 comma 346, retroagisca, Giusta Cass. Sez. Unumero , numero 23601 del 2017, alla data di stipulazione del contratto, se concluso per iscritto».
Presidente Frasca - Relatore Scrima Fatti di causa Nel giugno del 2012 P.S., premesso di essere proprietaria dell'immobile sito in omissis , concesso in locazione per uso abitativo a D.C., con contratto del 13 aprile 2011, registrato il 17 febbraio 2012 così nella sentenza impugnata entrambe le parti, nei loro scritti in questa sede, indicano talvolta il 12 febbraio 2012 e talaltra il 17 febbraio 2012 come data di registrazione, il che trova la sua spiegazione nel fatto che entrambe le parti hanno provveduto alla registrazione del contratto, prima il conduttore e poi la locatrice, e ciò risulta incontestato tra le parti, v. rispettivi atti difensivi in questa sede , per il canone mensile di Euro 700,00, intimò al D. e alla sua compagna Z.N., in qualità di occupante , sfratto per morosità, deducendo che da omissis data della notifica dell'intimazione di sfratto il conduttore aveva corrisposto solo acconti per l'importo complessivo di Euro 452,00 e contestualmente li citò innanzi al Tribunale di Palermo per la convalida e i conseguenti provvedimenti. I convenuti si costituirono opponendosi allo sfratto e sostennero che doveva applicarsi nel caso di specie del D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, e che il rapporto negoziale doveva ritenersi regolato dal verbale dell'Agenzia delle Entrate del 15 febbraio 2012. Il Tribunale adito sollevò la questione di legittimità costituzionale delle norme invocate dai convenuti, che venne decisa dalla Consulta con la sentenza numero 50 del 14 marzo 2014, che dichiarò l'incostituzionalità delle norme in parola. Il Tribunale di Palermo, con sentenza numero 5561/2015 del 16 ottobre 2015, diede atto che la Corte Costituzionale, con sentenza numero 169 del 16 luglio 2015 aveva, altresì, dichiarato l'incostituzionalità del D.L. 28 marzo 2014, numero 47, articolo 5, comma 1-ter, convertito con la L. 23 maggio 2014, numero 80 che aveva fatto salvi fino al 31 dicembre 2015 gli effetti prodotti sui rapporti giuridici sorti sulla base di contratti di locazione registrati ai sensi del D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9 rilevò che il contratto di locazione alla data di introduzione del giudizio giugno 2012 era stato registrato come da timbro dell'Agenzia delle Entrate del 17 febbraio 2012 , sicché la domanda era fondata su un valido titolo contrattuale evidenziò che il conduttore aveva incentrato la linea difensiva sull'applicabilità del D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, norme poi dichiarate incostituzionali, aveva ammesso di aver corrisposto dalla data della stipula del contratto fino a febbraio 2012 il canone pattuito di Euro 700,00 mensili e di averne poi ridotto l'importo ad Euro 113,00 mensili, in aderenza alle istruzioni dell'Agenzia delle Entrate susseguenti la registrazione del 15 febbraio 2012 ritenne, quindi, che il D. avesse illegittimamente autoridotto il canone, il che costituiva grave inadempimento lesivo del vincolo sinallagmatico costituito tra le parti. Pertanto, quel Tribunale, con la già richiamata sentenza, dichiarò risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione in questione ma non dispose nulla in ordine al rilascio, avendo il conduttore spontaneamente rilasciato l'immobile in data 24 ottobre 2014 v. sentenza impugnata p. 5 . Avverso tale decisione D.C. propose appello, del quale la P. chiese il rigetto. La Corte di appello di Palermo, con sentenza depositata il 24 maggio 2018, rigettò il gravame e condannò l'appellante alle spese di quel grado. Avverso la sentenza della Corte di merito D.C. ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi e illustrato da memoria. P.S. ha resistito con controricorso, pure illustrato da memoria. Con ordinanza interlocutoria numero 33653/21, depositata in data 11 novembre 2021, considerato che la controricorrente ha rappresentato che è stato iscritto altro ricorso, avente NRG 9917/2020, proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo numero 2260/2020, resa tra le stesse parti, e ritenute sussistenti ragioni per la trattazione congiunta dei predetti ricorsi in pubblica udienza, è stato disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo in pubblica udienza. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta, concludendo, in via preliminare, per la riunione con il ricorso NRG 9917/2020 e, nel merito, per il rigetto del ricorso nonché, in via subordinata, perché sia sollevata questione di legittimità costituzionale della L. 9 dicembre 1998, numero 431, articolo 13, comma 6, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2015, numero 208, articolo 1, comma 59. La controricorrente ha depositato ulteriore memoria. Va inoltre evidenziato che, con ricorso del 28 ottobre 2015, P.S., premesso di aver concesso in locazione a D.C. l'appartamento già indicato, con contratto del 13 aprile 2011, per il canone mensile di Euro 700,00, dedusse che il conduttore aveva autoridotto l'importo del canone mensile ad Euro 113,00, a partire dal 1 marzo 2012, che dal mese di marzo 2014 aveva sospeso anche il pagamento della minor somma appena indicata e che in data 25 ottobre 2014 aveva rilasciato l'immobile, chiese al Tribunale di Palermo ed ottenne l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del D. per l'importo complessivo di Euro 20.909,26, comprensivo di Euro 1.221,26 per il mancato pagamento di oneri condominiali certificati dall'amministratore del condominio. Il Tribunale di Palermo, con sentenza numero 2024/2017, rigettò l'opposizione proposta avverso il già richiamato decreto ingiuntivo dal D., il quale aveva dedotto che la somma di Euro 113,00 era stata determinata sulla base del D.Lgs. numero 32 del 2011, articolo 3, i cui effetti, nonostante la norma fosse stata successivamente dichiarata incostituzionale dalla Consulta con la sentenza numero 50/2014, erano stati ripristinati poi dal D.L. numero 47 del 2015. A fondamento della sua decisione il Giudice adito evidenziò che a con sentenza numero 5561/15 resa tra le stesse parti, quel medesimo Tribunale aveva dichiarato risolto il contratto di locazione inter partes per grave inadempimento del conduttore, risultato moroso nel pagamento dei canoni maturati da omissis , quantificati in Euro 700,00 mensili, e aveva ritenuto illegittima l'autoriduzione del canone operata dal conduttore sulla base di una normativa poi dichiarata incostituzionale, sicché l'inadempimento o comunque l'autoriduzione del canone erano illegittimi e imputabili al conduttore b risultava comprovato il mancato pagamento dei canoni indicati nel ricorso per d.i. e c l'opponente non aveva fornito la prova contraria. Il gravame avverso la sentenza di primo grado, al quale si oppose la P., con sentenza numero 2260/2019, pubblicata il 10 dicembre 2019, venne parzialmente accolto dalla Corte di appello di Palermo che, in parziale riforma della sentenza impugnata, revocò il d.i. opposto e condannò il D. al pagamento, in favore della P., della somma di Euro 2.125,26, oltre interessi legali dalle date di scadenza dei singoli pagamenti al saldo nonché alla metà delle spese del primo e del secondo grado del giudizio di merito, compensando la restante metà. Avverso tale sentenza P.S. ha proposto ricorso per cassazione NRG 9917/2020 , basato su tre motivi e illustrato da memoria. D.C. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta concludendo, in via preliminare, per la riunione con il ricorso N.R.G. 20796/2018, nel merito, per l'accoglimento del ricorso e, in via subordinata, perché sia sollevata questione di legittimità costituzionale della L. 9 dicembre 1998, numero 431, articolo 13, comma 6, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2015, numero 208, articolo 1, comma 59. I due predetti ricorsi sono stati fissati entrambi per la trattazione all'odierna udienza pubblica e sono stati trattati in Camera di consiglio, in base alla disciplina dettata del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di Conversione numero 176 del 2020, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto tempestiva e rituale richiesta di discussione orale l'istanza di discussione orale proposta dal difensore del ricorrente D., con riferimento al ricorso NRG 20796/2018, è stata ritenuta tardiva dal Presidente del Collegio . Ragioni della decisione 1. Il Collegio preliminarmente dà atto della intervenuta riunione disposta con separata e coeva ordinanza - del ricorso NRG 9917/2020 al ricorso iscritto al NRG 20796/2018. 2. Con il primo motivo, denunciando Violazione dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 3 , il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in quanto il petitum di cui all'intimazione di sfratto e il thema decidendum della sentenza di primo grado avrebbero riguardato la risoluzione per grave inadempimento del contratto stipulato tra le parti con riferimento all'asserito inadempimento dei soli canoni di locazione omissis , ridotti in base alla sopra richiamata norma poi dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 50 del 2014, cui era seguita l'ulteriore sentenza di quella Corte numero 169 del 2015, mentre nessuna domanda e nessuna eccezione sarebbero state proposte in relazione alla diversa obbligazione di pagamento dei canoni di locazione inerenti alle mensilità omissis . Ciò si evincerebbe a dalla sentenza di primo grado con cui è stato risolto il contratto per grave inadempimento dell'obbligo di pagamento di quattro mensilità omissis , b dalla circostanza che il Tribunale ha compensato le spese di primo grado, il che non sarebbe avvenuto se fosse stato scrutinato anche l'inadempimento dell'obbligazione relativa ai canoni successivi omissis , c dalla circostanza pacifica tra le parti che la locatrice ha proposto autonoma azione di recupero del credito relativo ai canoni da ultimo indicati, decisa con sentenza del Tribunale di Palermo numero 2024 depositata il 24 aprile 2017, appellata e pendente alla data della presentazione del ricorso in esame. Anche a voler accedere alla tesi contraria a quella dedotta, sostiene il ricorrente che la diversa azione di cui al punto c che precede integrerebbe un abuso del diritto in violazione del principio di cui alle SU numero 4090/17. 3. Il secondo motivo è così rubricato Omesso esame di un fatto decisivo in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. Violazione dell'articolo 1218 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 3 . Con tale mezzo il ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe omesso qualsiasi pronuncia in ordine al motivo contrassegnato con il numero 1 dell'atto di appello il ricorrente avrebbe dedotto l'assenza dell'elemento soggettivo della colpa addebitata con la pronuncia di risoluzione per grave inadempimento, alla luce dei principi di diritto enunciati da Corte Cost. 71/2009 e Cass. 7/10/2015 numero 20100. Ad avviso del ricorrente, la questione atterrebbe al rapporto tra retroattività delle sentenze della Corte Costituzionale e il rapporto contrattuale dedotto in giudizio la Corte di merito, quindi, avrebbe erroneamente non solo omesso una pronuncia su un punto decisivo della controversia ma avrebbe anche scrutinato una questione l'inadempimento per il periodo omissis - oggetto di altro e diverso procedimento. 4. Con il terzo motivo, rubricato Violazione della L. numero 431 del 1998, articolo 13, comma 5, in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 3 , il ricorrente sostiene che, pur nell'ipotesi in cui si volesse disattendere il secondo motivo, la Corte di merito avrebbe errato nel non applicare la disciplina di cui alla norma indicata nella rubrica, che così dispone 5. Per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di cui del D.Lgs. 14 marzo 2011, numero 23, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati del D.L. 28 marzo 2014, numero 47, articolo 5, comma 1-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 2014, numero 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. numero 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui del D.Lgs. numero 23 del 2011, citato articolo 3, comma 8, l'importo del canone di locazione dovuto ovvero dell'indennità di occupazione maturata, su base annua, è pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, nel periodo considerato . Rappresenta il ricorrente che, in linea con quanto disposto del D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati dal D.L. numero 47 del 2014, articolo 5, comma 1 ter, convertito con modificazioni dalla L. numero 80 del 2014, aveva versato la somma di Euro 113,00 a titolo di canoni mensili nei mesi di omissis , come da verbale dell'Agenzia delle Entrate, sicché non sussisteva alcun suo grave inadempimento. 5. Il primo motivo del ricorso proposto da D.C. è fondato. Vi si svolge una censura che suppone che la sentenza di appello abbia omesso di pronunciare sul rilievo che la domanda di risoluzione del contratto sottesa all'azione di sfratto era basata sulla morosità per i canoni di locazione omissis , in quanto corrisposti in misura ridotta in base alla normativa poi dichiarata incostituzionale. In sostanza si lamenta che la Corte territoriale avrebbe dovuto giudicare della fondatezza dell'azione di risoluzione solo con riferimento all'inadempimento dedotto sotto il profilo dell'autoriduzione, mentre ha dato rilievo alla morosità totale relativa al 2014, cioè a periodi successivi a quello che era stato posto a base dell'azione. Ora, la sentenza impugnata parrebbe pag. 6, terza proposizione avere giudicato sul motivo di appello dando rilievo alla logica della questione più liquida, cioè reputando che, indipendentemente dal problema della sussistenza della morosità originariamente dedotta discendente dall'autoriduzione ed indipendentemente dalla questione, pure agitata con il motivo di appello, della sua imputabilità sotto il profilo della colpa , comunque l'azione di risoluzione dovesse reputarsi fondata perché rilevava la morosità totale per il 2014, discendente dalla sospensione del pagamento anche del canone autoridotto. Sotto tale profilo, avuto riguardo alla prospettazione del motivo di appello, il primo motivo denuncia una ultrapetizione o meglio una pronuncia sull'azione di risoluzione per inadempimento al di là di quanto si doveva valutare per giudicarne la fondatezza. La doglianza così intesa e', come si è anticipato, fondata. Questa Corte ha già avuto modo di affermare, e il principio, ancorché risalente nel tempo, va riaffermato in questa sede, che le cause di risoluzione di un contratto di locazione per inadempimento del conduttore debbono preesistere al momento in cui la controparte propone la domanda giudiziale e, per quanto sia consentito al giudice, in una considerazione unitaria della condotta della parte, di trarre elementi circa la colpevolezza e la gravità dell'inadempimento dalla morosità che si sia protratta nel corso del giudizio, egli non può mai prescindere dall'indagine primaria sulla sussistenza dell'inadempimento al momento della domanda con la conseguenza che non gli è consentito porre a fondamento dell'accoglimento della stessa la sola persistenza della morosità in corso di lite Cass. 3/06/1981, numero 3601 Cass. 28/01/1987, numero 805 . Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale ha dato rilievo, per rigettare l'appello, con scelta che, come si è detto, parrebbe espressione del criterio di decisione della questione più liquida, alla circostanza che il conduttore aveva sospeso il pagamento del canone per un periodo successivo a quello cui si riferiva l'azione di risoluzione, neppure risultando una estensione della domanda a tale successivo periodo. Ha accolto, dunque, l'azione di risoluzione in manifesta contraddizione con il ricordato principio di diritto. 6. L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento dell'esame del secondo e del terzo motivo. 7. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito. Atteso che, in relazione al periodo cui si riferisce la proposta azione di risoluzione unico periodo cui occorre far riferimento, ai fini che qui rilevano, e non anche al periodo da OMISSIS alla data di rilascio come, invece, ha fatto la Corte territoriale, v. sentenza impugnata p. 6 , non sussiste un inadempimento e meno che mai un inadempimento colpevole del conduttore giustificativo della risoluzione del contratto, avendo egli conformato il proprio comportamento a quanto stabilito del D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, norma dichiarata incostituzionale solo successivamente con sentenza numero 50/2014, pubblicata in data 19 marzo 2014, peraltro in relazione a questione sollevata proprio nel corso del presente giudizio. La spiegazione di quanto affermato - che vale anche a scrutinare in iure l'appello anche sulle questioni su cui la Corte territoriale, scegliendo la ragione più liquida, non ebbe a pronunciarsi, cioè quella della sussistenza dell'inadempimento per effetto dell'autoriduzione e gradatamente dell'eventuale colpevolezza di esso - emergerà da quanto appresso si dirà esaminando i primi due motivi del ricorso NRG. 9917/2020. Rileva inoltre il Collegio che non si ravvisa la manifesta fondatezza della questione di legittimità costituzionale prospettata dal P.G. anche con riferimento all'altro ricorso. Ne consegue che, in accoglimento dell'appello proposto, deve essere rigettata la domanda di risoluzione del contratto avanzata da P.S 8. Tenuto conto della particolarità della questione, in relazione alla quale si sono registrate negli ultimi anni più interventi della Corte costituzionale, le spese del doppio grado del giudizio di merito e del presente giudizio di cassazione ben possono essere compensate per intero tra le parti. Ricorso NRG 9917/2020. 9. Con il primo motivo, rubricato Violazione articolo 360 c.p.c., ex numero 3 - dell'articolo 136 Cost., per l'illegittima applicazione del D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, sebbene dichiarati incostituzionali articolo 10, comma 1, e dell'articolo 11 preleggi, per illegittima applicazione retroattiva della L. numero 208 del 2015, articolo 1, comma 59, laddove ha sostituito la L. numero 431 del 1998, articolo 13 , la ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe erroneamente interpretato la sentenza numero 87/2017 della Corte Costituzionale ed avrebbe, pertanto, ritenuto che il sopravvenuto della L. numero 208 del 2015, articolo 1, comma 59, avrebbe ripristinato la validità ed efficacia del D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9. 10. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la Violazione ex articolo 3, articolo 360 c.p.c., della L. numero 431 del 1998, articolo 13, vigente al 13/04/2011 in combinato disposto con - la L. numero 311 del 2004, articolo 1, comma 346 - la L. numero 212 del 2000, articolo 10, comma 3 - l'articolo 1418 c.c. . Ad avviso della P., con la sentenza impugnata, sarebbero state violate e disapplicate le disposizioni richiamate nella rubrica del mezzo in esame, vigenti alle date della sottoscrizione e della registrazione del contratto 13/04/2011 - 17/02/2012 . Tali disposizioni, secondo la ricorrente, non prevedevano alcun termine perentorio per la registrazione, effettuabile anche tardivamente con efficacia sanante e non comminavano alcuna nullità del contratto scritto anche se registrato tardivamente. 11. Con il terzo motivo, rubricato Conseguente applicazione dell'articolo 91 c.p.c., e spese del giudizio ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 3 , la ricorrente deduce che all'accoglimento dei primi due motivi dovrebbe conseguire la riforma della sentenza impugnata anche nella parte in cui con la stessa sono state compensate per la metà le spese del doppio grado del giudizio di merito. 12. I primi due motivi del ricorso proposto da P.S., che ben possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati in base alle argomentazioni che seguono. 12.1. E' pur vero che, secondo la sentenza della Corte costituzionale numero 87 del 2017, diversamente da quanto affermato dalla Corte di merito, della L. 28 dicembre 2015, numero 208, articolo 1, comma 59, novellando, tra l'altro, della L. numero 431 del 1998, articolo 13, comma 5, non ha sostanzialmente ripristina to la disciplina del D.Lgs. numero 23 del 2011, commi 3, 8 e 9, e successive modifiche, attribuendo al conduttore il diritto di versare il canone annuo nella misura del triplo della rendita catastale dell'immobile , atteso che la Consulta ha precisato espressamente che della L. numero 431 del 1998, articolo 13, novellato comma 5 . non ripristina né ridefinisce il contenuto relativo a durata e corrispettivo dei pregressi contratti non registrati la cui convalida, per effetto delle richiamate disposizioni del 2011 e del 2014 D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, e del D.L. numero 47 del 2014, articolo 5, comma 1-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. numero 80 del 2014 è venuta meno, ex tunc, in conseguenza delle correlative declaratorie di illegittimità costituzionale Ma la stessa Corte costituzionale ha aggiunto che . una volta che il legislatore del 2015 si è disinteressato del ripristino dei rapporti giuridici di locazione sorti in base a contratti non registrati tempestivamente, la disciplina inerente al pagamento dell'importo annuo pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, nel periodo considerato non può altrimenti collegarsi che alla pretesa situazione di fatto della illegittima detenzione del bene immobile in forza di titolo nullo e privo di effetti ed essere comunque attinente al profilo . La nuova disciplina si rivolge comunque soltanto alla particolare platea di conduttori individuata alla stregua della situazione di fatto determinatasi in base agli effetti della disciplina di cui del D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati del D.L. numero 47 del 2014, articolo 5, comma 1-ter, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del suddetto D.Lgs. del 2011 a quella 16 luglio 2015 di deposito della sentenza caducatoria numero 169 del 2015. E, per tale profilo, opera una selezione che trova giustificazione nella particolare situazione di diritto, ingenerata dalla normativa poi dichiarata illegittima, sulla quale il conduttore aveva però riposto affidamento fino alla data, appunto della declaratoria di siffatta illegittimità , essendosi conformato a quanto disposto La pur solo parziale coincidenza dell'importo del parametro indennitario, previsto dalla disposizione censurata, con quello del canone legale, individuato dalle pregresse norme dichiarate costituzionalmente illegittime, non è dunque sufficiente a determinare la violazione del giudicato costituzionale, atteso, appunto, il più ampio e differente assetto disciplina torio dettato dalle norme dichiarate illegittime - le quali avevano mantenuto intatti gli effetti di un convalidato rapporto giuridico locatizio, con tutti i correlativi obblighi reciproci , legali e convenzionali, e con le eventuali ricadute sul contenzioso concernente l'attuazione del rapporto stesso - rispetto alla disciplina recata della L. numero 431 del 1998, articolo 13, vigente comma 5, che quel rapporto conferma, invece, essere venuto meno ex tunc, regolandone soltanto le implicazioni indennitarie, in termini di occupazione sine titulo . 12.2. Nella specie il contratto è stato stipulato in data 13 aprile 2011, come dedotto da entrambe le parti, sicché, essendo entrato in vigore il D.Lgs. numero 23 del 2011, in data 7 aprile 2011, ed essendo avvenuta la registrazione da parte del conduttore nella sua vigenza, già ne consegue, come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, che l'importo del canone di locazione dovuto ovvero dell'indennità di occupazione maturata, su base annua, è pari al triplo della rendita catastale dell'immobile nel periodo considerato . Invero, la pronuncia della Consulta, là dove ha ritenuto non violativo dell'articolo 136 Cost., il testo attuale della L. numero 431 del 1998, articolo 13, comma 5, lo ha fatto escludendo che con il suo disposto si sia inteso salvare - come invece risultava dal testo dell'articolo 13, comma 5, introdotto dal D.Lgs. numero 23 del 2011, e poi prorogato dal D.L. del 2014 testo caducato dalle precedenti pronunce di incostituzionalità - l'efficacia del contratto dall'intervenuta registrazione con gli effetti conseguenti quanto alla durata. Mette conto di rilevare che la Consulta si è occupata degli effetti della registrazione solo sotto tale profilo e non anche con riguardo al regime generale di una tardiva registrazione sulla nullità comminata dalla L. numero 311 del 2004, articolo 1, comma 346. Sicché, il comportamento del conduttore che avesse proceduto alla registrazione del contratto stipulato nella vigenza della norma ora detta in applicazione della disciplina del D.Lgs. numero 23 del 2011, e successiva proroga, disciplina dichiarata incostituzionale, non è stata oggetto in alcun modo della valutazione espressa dal Giudice delle Leggi. 12.3. Quanto osservato consente di precisare in quali termini si debba raccordare il decisum di Corte Costituzionale numero 87 del 2017 e quello espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza numero 23601 del 9/10/2017, decisa in data 7/02/2017, ma pubblicata ben dopo la decisione della Consulta. Le Sezioni Unite, pur dando atto dell'attuale testo della L. numero 431 del 1998, articolo 13, comma 4, non si sono fatte carico di esaminare la sentenza numero 87/17 della Corte Costituzionale, depositata in data 13/04/2017. Senonché, la decisione delle Sezioni Unite era relativa ad un contratto peraltro di locazione ad uso non abitativo stipulato il 20 ottobre 2008 e registrato in data 4 novembre 2008, cui era seguito un accordo integrativo registrato in data 22 gennaio 2009, sicché quella fattispecie esorbitava dall'ambito di applicazione della normativa qui rilevante. Peraltro, il principio di diritto affermato con quell'arresto nel senso che Il contatto di locazione di immobili, quando sia nullo per la sola omessa registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata tardivamente ha certamente una valenza generale nell'esegesi del comma 346 citato e, dunque, esprime - nonostante il silenzio delle Sezioni Unite - un'esegesi che copre , sotto il profilo della validità retroattiva del contratto conseguente a successiva registrazione anche le fattispecie, come quella di cui è processo, nelle quali la registrazione da parte del conduttore fosse intervenuta durante il periodo di vigenza delle disposizioni incostituzionali indicato dall'articolo 13, comma 5, testo attuale. Ma tale estensione, per quanto si è detto circa il significato della sentenza della Consulta numero 87 del 2017 11, non confligge con il dictum del Giudice delle Leggi inteso nei sensi indicati sopra. 12.4. Il principio di diritto che le svolte considerazioni consentono di affermare è il seguente Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale numero 87 del 2017 e della salvezza del testo della L. numero 431 del 1998, articolo 13, comma 5, introdotto dalla L. numero 208 del 2015, articolo 1, comma 59, i contratti di locazione abitativa tardivamente registrati ad iniziativa del conduttore dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. numero 23 del 2011 sino al 16 luglio 2015, in forza della disposizione della L. numero 311 del 2004, articolo 1, comma 346, risultano validi ed efficaci, in quanto il Giudice delle Leggi ha escluso che il comma 5 abbia inteso sancire la validità del contratto secondo il regime della registrazione disciplinata dal testo del comma 5 introdotto dal D.Lgs. numero 23 del 2011, e dalla successiva proroga di cui alla L. numero 47 del 2014, ma non ha, invece, in alcun modo escluso gli effetti della registrazione ai sensi del citato comma 346. Sempre per effetto della sentenza della Consulta, il canone o l'indennità di occupazione dovuti dal conduttore nel periodo su indicato sono dovuti nell'ammontare precisato dal comma 5 attualmente vigente, ancorché l'intervenuta registrazione, una volta apprezzata alla stregua dell'articolo 1, comma 346, retroagisca, giusta Cass., Sez. Unumero , numero 23601 del 2017, alla data di stipulazione del contratto, se concluso per iscritto . 12.5. I principi affermati intendono fare chiarezza e indicare l'esatto diritto applicabile nell'esegesi del comma 5, dell'articolo 431 del 1998 nel testo attuale salvato dalla Consulta. Va rilevato che i detti principi vogliono evidenziare una presa diposizione consapevole, che intende superare e meglio calibrare le motivazioni a loro tempo offerte da Cass. numero 4921 del 2/03/2018, da Cass. numero 23637 del 24/09/2019 che, peraltro, si riferì ad un'ipotesi in cui il contratto era stato registrato originariamente dalla locatrice nel 2010 e da Cass. numero 15582 del 4/06/2021. Si rimarca, altresì, che la sentenza di questa Corte numero 9475 del 9/04/2021, evocata dal P.G., si riferisce - come evidenziato pure dalla ricorrente - ad un contratto di locazione stipulato per facta concludentia, ipotesi del tutto diversa da quella all'esame in questa sede. Vale la pena, infine, di precisare che nella specie di nessun rilievo è il disposto del D.Lgs. numero 23 del 2011, articolo 3, là dove, al comma 10, ha previsto che La disciplina di cui ai commi 8 e 9, non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto 7 aprile 2011 , tenuto conto delle date di registrazione del contratto in questione 12 e 17 febbraio 2012 . 12.6. Risulta palese, quindi, che il canone dovuto dal conduttore era solo quello di cui dell'articolo 13, comma 5, nel testo attuale. 13. Il terzo motivo è un non motivo e, comunque, pur a volerlo ritenere un vero e proprio motivo di ricorso, esso è inammissibile, atteso che, in realtà, con lo stesso si censura la regolamentazione delle spese non con riferimento all'esito del giudizio di secondo grado, nel quale tale regolamentazione trova il suo fondamento, ma in relazione ad una ipotizzata e sperata cassazione della sentenza impugnata che, oltre tutto, travolgerebbe la pronuncia sulle spese, laddove, peraltro, detta sentenza non risulta, per quanto sopra evidenziato, censurata con esito positivo Cass., ord., 10/11/2020 numero 25278 Cass., ord., 15/05/2018, numero 11813 Cass. 31/05/2017, numero 13716 Cass. 30/6/2015, numero 13314 Cass. 27/10/2012, numero 17492 v. pure Cass., ord., 15/11/2017, numero 26959 . 14. Il ricorso proposto da P.S. va rigettato. 15. Non avendo l'intimato, in relazione a detto ricorso, svolto attività difensiva in questa sede, non vi è luogo a provvedere al riguardo per le spese del presente giudizio di legittimità. 16. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso dalla medesima proposto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis Cass., sez. unumero , 20/02/2020, numero 4315 , evidenziandosi che il presupposto dell'insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, del gravame v. Cass. 13 maggio 2014, numero 10306 . P.Q.M. La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, iscritti ai nnumero 20796 del 2018 e 9917 del 2020, accoglie il primo motivo del ricorso numero 20796, dichiara assorbiti il secondo ed il terzo cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, in riforma della sentenza di primo grado, rigetta la domanda proposta dalla P. compensa le spese di tutti i gradi di giudizio rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso numero 9917 del 2020 e dichiara inammissibile il terzo nulla per le spese in relazione a tale ultimo ricorso ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della sola ricorrente P., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso dalla medesima proposto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.