La risoluzione anticipata del contratto di leasing

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di uno Studio legale che aveva ottenuto la concessione in locazione finanziaria di un bene immobile da utilizzare per la propria attività professionale.

La Corte di Cassazione con ordinanza n. 25825/2022 ha rigettato il ricorso di uno Studio legale associato nei confronti di una società di leasing. Nel 2008 la società aveva concesso in locazione finanziaria allo Studio legale un bene immobile , da utilizzare per l' attività professionale , con scadenza nel 2026. Tuttavia, lo Studio legale aveva proposto, nel corso del rapporto, il riscatto anticipato e pertanto la risoluzione del leasing , cui la società aveva aderito, con specifiche condizioni finanziarie. Lo Studio legale aveva però contestato i conteggi, proponendo altre condizioni di riscatto, ma questa comunicazione non aveva avuto riscontro da parte della società di leasing e pertanto il ricorrente aveva citato in giudizio la suddetta società. Nelle more del giudizio, tuttavia, le parti avevano stipulato l' atto di vendita dell'immobile oggetto del leasing e il Tribunale di Milano aveva preso atto dell'intervenuto contratto, rigettando la domanda dello Studio legale. Stessa sorte anche nel giudizio di secondo grado e avverso questa sentenza il ricorrente proponeva ricorso per Cassazione sulla base di due motivi di doglianza. I motivi sono infondati e il ricorso rigettato. Sostiene il Collegio che una volta accertato che l'atto di vendita dell'immobile non era di risoluzione anticipata del leasing e dunque di anticipato riscatto del bene, ma un autonomo contratto traslativo, correttamente entrambe le Corti di merito avevano ritenuto che poteva la società rideterminare il corrispettivo dell'immobile, senza essere vincolata ai parametri già pattuiti con il leasing. Infatti, essendo stata accertata dall'acquirente la suddetta rideterminazione, non poteva ritenere indebite delle somme corrisposte in più rispetto a quanto previsto nel leasing o in una ipotetica sua anticipata risoluzione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Presidente Frasca – Relatore Cricenti Ritenuto che 1.-Con contratto del 24 settembre 2008 omissis leasing spa, d'ora in poi omissis , ha concesso in locazione finanziaria allo Studio legale associato R. e S., d'ora in poi Studio legale, un bene immobile da utilizzare per l'attività professionale il contratto aveva come scadenza il 2026. Tuttavia, nel corso del rapporto, lo studio legale ha proposto il riscatto anticipato, e dunque l'anticipata risoluzione del leasing, cui omissis ha aderito, a condizione però che venissero pagati gli importi conteggiati, in un primo momento, con una lettera del 15.12.2014, ed in un secondo momento, con il conteggio definitivo del 13.01.2015. Lo studio legale ha però, con successiva comunicazione, contestato i conteggi proponendo diverse condizioni di riscatto. 2.-Poiché a quest'ultima missiva non ha fatto seguito alcun riscontro da parte di omissis , lo studio legale ha citato in giudizio la società, davanti al Tribunale di Milano per accertare che si era concluso un accordo di estinzione anticipata del leasing, al prezzo di 307.385,23 Euro, o che, comunque, si era concluso un accordo preliminare che dava diritto al trasferimento del bene ex 2932 del codice civile. Lo studio legale chiedeva altresì che si accertasse che la clausola relativa al saggio di interessi di mora contenuta nel contratto di leasing era una clausola usuraria. In quel giudizio omissis si è costituito eccependo che alcun accordo di estinzione anticipata si era concluso effettivamente, in quanto la proposta dello studio legale non era stata accettata e dunque non era stato raggiunto accordo sulle condizioni di pagamento per tale anticipata estinzione 3.-Nelle more del giudizio tuttavia le parti stipulavano, in data 24 Febbraio 2016, l'atto di vendita dell'immobile al prezzo indicato da omissis di 347.485,24 Euro. In esso si dava atto della permanenza del giudizio, si escludeva che l'atto integrasse una transazione e l'attuale ricorrente si riservava il diritto di ripetere quelle somme che, corrisposte in forza della compravendita, fossero risultate non dovute all'esito della decisione sulle domande che ne erano oggetto. 3.1. Il Tribunale di Milano, preso atto dell'intervenuto contratto di compravendita, ha rigettato la domanda dello studio legale ritenendo che proprio la conclusione dell'atto di compravendita precludeva all'acquirente di agire sulla base del leasing, per la ripetizione di soldi pagati in eccesso, di agire cioè in base ad un contratto che doveva ritenersi sostituito da quello di compravendita o comunque implicitamente risolto che, di conseguenza, essendo stato venduto l'immobile, ossia essendo il trasferimento avvenuto per compravendita anziché per estinzione anticipata del leasing, omissis era libera di praticare nella compravendita il prezzo di suo gradimento e comunque non era obbligata ad applicare alla vendita i valori previsti per il leasing. 4. In appello, lo studio legale ha ribadito la richiesta di ripetizione delle somme pagate in più, ossia 47.329,97 Euro, che, nell'atto di compravendita, erano state addebitate oltre che a titolo di spese amministrative per chiusura contratto, altresì per spese di estinzione anticipata della provvista. La Corte d'appello ha rigettato la domanda. 5. Avverso tale rigetto ricorre lo studio legale con due motivi articolati a loro volta in sotto censure, e con successiva memoria. omissis si è costituita ed ha chiesto il rigetto con controricorso. 5.1. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c. Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha depositato conclusioni e le parti non hanno depositato memorie. Considerato che 6.-11 primo motivo di ricorso fa valere omessa pronuncia sulla questione della natura usuraia degli interessi pretesi da omissis nel contratto di leasing. Lo studio legale ricorrente fa presente di avere sottoposto la questione del superamento del tasso soglia degli interessi nel contratto di leasing sia con l'atto introduttivo che con i successivi atti, in primo grado, e, sulla premessa che il Tribunale non avesse pronunciato, sostiene che, pur essendo stata la questione riproposta in appello, nuovamente non sarebbe stata affrontata. Inoltre, sempre nel corso del medesimo motivo, lo studio legale denuncia la circostanza che comunque, ove anche vi sia stata una pronuncia, è stata resa in violazione del L. 108 del 1996 art. 2, nonché dell' art. 644 del codice penale , in quanto non si è tenuto conto che nel calcolo del tasso soglia del finanziamento rientrano tutte le remunerazioni del capitale a qualsiasi titolo pretese, o percepite dal creditore in dipendenza del finanziamento dunque gli interessi possono annidarsi anche in voci che sono diversamente qualificate, come quelle per spese amministrative o per spese di anticipata estinzione, ossia devono considerarsi come interessi tutte le forme di remunerazione del capitale a qualsiasi titolo pretese, anche se diversamente denominate. Inoltre, la Corte di appello avrebbe altrettanto erroneamente ritenuto irrilevante l'usura sopravvenuta, che invece andava considerata come incidente sulla economia del contratto. 7.-Con il secondo motivo, anch'esso articolato in diverse sotto censure, il ricorrente denuncia innanzitutto violazione degli artt. 2033, 1321, e 1173 del codice civile sostiene che la somma aggiuntiva che ha dovuto corrispondere, pari a 47.329,27 Euro, imputata a titolo di spese amministrative e di anticipato recesso, è una somma che non ha titolo in alcuna pattuizione negoziale, nè nel contratto di leasing originario nè in quello di riscatto anticipato stipulato il 24.2.2016, nè infine corrisponde ad alcuna previsione normativa congruente, e dunque omissis la pretende arbitrariamente, con la conseguenza che il suo pagamento deve ritenersi indebito, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte d'appello. Inoltre, la pronuncia della Corte d'appello sul punto deve ritenersi nulla per difetto di motivazione in quanto difficilmente comprensibile, poco chiara e tale da non rendere evidenti le ragioni su cui è basata. 8.-I due motivi sono infondati. Nei giudizi di merito l'operazione negoziale intercorsa è stata ricostruita come segue. Si è ritenuto che non è stato concluso alcun accordo circa l'estinzione anticipata del leasing, ossia l'accordo menzionato a pagina 7, punto 3, del ricorso, con la conseguenza che alcuna pretesa lo studio legale può fondare su quel contratto o sulla sua anticipata risoluzione. Piuttosto, i giudici di merito hanno ritenuto che le parti hanno stipulato un diverso contratto rispetto al leasing, con la compravendita del 24 febbraio 2016, che deve ritenersi l'unica fonte dell'effetto traslativo il titolo in base al quale lo studio è diventato proprietario dell'immobile è il contratto di vendita e non già il riscatto del contratto di leasing. Va evidenziato come questa ricostruzione non è in realtà adeguatamente contestata dal ricorrente, che basa le sue rivendicazioni e le sue censure sul presupposto che si sia concluso un accordo di recesso anticipato dal leasing e dunque di riscatto anticipato del bene. Con la conseguenza che le censure mosse alla sentenza sul presupposto che essa si fondi sull'anticipato riscatto del bene, sono fuori luogo, in quanto basate su un presupposto errato, posto, che come si è detto, le sentenze, sia di primo grado che di secondo grado, hanno accertato che il rapporto tra le parti è basato sul nuovo e diverso contratto di compravendita, e non già sulla definizione anticipata del contratto di leasing. Ciò posto, in tesi, la tesi dei giudici di merito deve ritenersi corretta per i seguenti motivi. Intanto, la Corte d'appello ha esplicitamente statuito sulla natura usura, degli interessi escludendola in ragione del fatto che lo stesso studio legale ricorrente aveva affermato di non aver corrisposto interessi di sorta, per via, per l'appunto, dell'acquisto del bene in corso di contratto, e conseguente estinzione del mutuo dunque non si può parlare di omessa pronuncia. Così come altrettanto correttamente la Corte ha escluso l'applicazione di interessi usuraTA sopravvenuti, alla stregua della decisione di questa Corte n. 24675 del 2017. L'infondatezza delle censure di parte ricorrete deriva, come si è detto, dalla circostanza che il titolo delle obbligazioni non può essere considerato l'accordo di estinzione anticipata del leasing, che, secondo l'accertamento di fatto dei giudici di merito, qui non contestato adeguatamente, non si è mai concluso, ma va rinvenuto nell'autonomo e distinto contratto di compravendita del 24/02/2016. Questa circostanza ha delle importanti conseguenze. La prima è che le somme pagate in più rispetto a quanto sarebbe costato il riscatto non sono affatto indebite poiché la loro fondatezza non va valutata in relazione alle pattuizioni contenute nel contratto di leasing, ma va valutata per l'appunto in relazione al contratto di compravendita nell'ambito del quale omissis ha ritenuto di dover pretendere una somma diversa da quella cui avrebbe avuto diritto sulla base del contratto di leasing. Si è trattato cioè di un nuovo e diverso contratto il cui contenuto è stato pattuito indipendentemente da quanto era stato concordato nel contratto di leasing, con la conseguenza che le somme in più pretese da omissis trovano fondamento nell'accordo che ha dato luogo alla compravendita, nella quale il nuovo prezzo è stato liberamente pattuito. E comunque, anche ad ammettere che la fonte del prezzo del corrispettivo possa considerarsi il contratto di leasing, le voci che si pretendono essere indirettamente riconducibili a degli interessi non sono in realtà tali, poiché seppure è vero che per interesse si intende qualsiasi forma di remunerazione del denaro, è altresì vero che le somme pretese da omissis non possono considerarsi interessi, trattandosi di corrispettivo per l'estinzione anticipata del contratto che non è una remunerazione del godimento del denaro, ma il ristoro delle eventuali perdite dovute per l'appunto alla estinzione anticipata del rapporto. In sostanza, una volta accertato che l'accordo concluso il 24 Febbraio 2016 non era di risoluzione anticipata del leasing, e dunque di anticipato riscatto del bene, bensì un autonomo contratto traslativo, correttamente le corti di merito hanno ritenuto che ben poteva omissis rideterminare il corrispettivo dell'immobile senza essere vincolata ai parametri già pattuiti con il leasing, e che, essendo stata accettata dall'acquirente tale rideterminazione, non può quest'ultimo ritenere indebite delle somme corrisposte in più rispetto a quanto previsto nel leasing o ad una ipotetica sua anticipata risoluzione. 9. Fatta questa premessa, ed in aggiunta a quanto detto, va ulteriormente osservato, quanto al primo motivo, che contiene due censure, che al di là del fatto che assume come premessa solo due passi della motivazione della sentenza e, dunque, nemmeno si correla al suo complessivo svolgimento, sicché presenterebbe pure un profilo di inammissibilità per tale i-agione è privo di fondamento là dove vorrebbe ricondurre al L. n. 108 del art. 2 1996 l'effetto scaturente dalla stipula della compravendita senza spiegare come e perché, cioè secondo quale ragionamento giuridico, detta previsione, che è fatta per i contratti lato sensu di finanziamento, possa, nonostante il riferimento a qualsiasi titolo, applicarsi alla compravendita intervenuta tra le parti. Non solo l'assunto è privo di fondamento, dato che il riferimento al titolo nella norma, concerne pur sempre una pretesa che nel contratto de quo trovi titolo, cioè giustificazione, mentre qui la giustificazione di quanto parte ricorrente ritiene di aver pagato in eccesso inerisce al prezzo di una compravendita. Ma, soprattutto, tale compravendita è intervenuta sulla base di un accordo fra le parti che non trae origine da una previsione del contratto di finanziamento. Il solo fatto che la compravendita abbia estinto il leasing e dunque il relativo contratto non è in alcun modo riconducibile al qualsiasi titolo di cui al mentovato art. 2. Ciò che assume rilievo dirimente e lo assume anche nella motivazione della sentenza impugnata è che la compravendita è stata frutto di libera scelta delle parti e non di imposizione da parte della resistente. 9.1. Quanto alla seconda censura contenuta nel primo motivo, che essa è priva di fondamento quanto all'omissione di pronuncia, dato che la corte milanese si è ampiamente soffermata su quanto proposto dall'appello, come, a tacer d'altro, dimostra la stessa critica svolta con il motivo sub 1. Lo è pure per la violazione dell' art. 132 c.p.c. , comma 2, n. 4 non solo la motivazione esiste, come dimostrano i due passi evocati dalla stessa parte ricorrente, ma essa, come s'è detto è molto più ampia di quanto risulta dai due passi. La ratio della decisione impugnata è comprensibile e dunque non può ritenersi fondato il vizio di difetto assoluto di motivazione. Il ricorso va dunque rigettato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 7200,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso.