Il nesso di strumentalità all’attività illecita è elemento propedeutico alla valutazione della buona fede del creditore per l’ammissione del credito allo stato passivo nella procedura di prevenzione

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui requisiti necessari ai fini dell’ammissibilità del creditore allo stato passivo nella procedura di prevenzione.

Il caso concreto. Il procedimento ha origine dal ricorso ai sensi dell'articolo 59, comma 9, d.lgs. numero 159/2011 promosso da un Istituto di credito in seguito al rigetto da parte del Tribunale di Palermo della domanda di insinuazione allo stato passivo relativo ad una procedura di confisca di prevenzione. Le tappe procedimentali. Il Tribunale di Palermo aveva formato e reso esecutivo lo stato passivo della procedura di confisca dei beni del proposto A.G., respingendo la richiesta di insinuazione allo stesso formulata dalla banca relativamente al credito costituito da un mutuo ipotecario ed uno scoperto di conto corrente, quest'ultimo intestato ad una società cooperativa. Ai sensi dell'articolo 59, comma, d.lgs. numero 159/2011, l'Istituto di credito ha promosso opposizione, argomentando quattro motivi di eccezione. Il ricorso in Cassazione motivi di impugnazione. Con il primo motivo di deduzione la ricorrente lamenta la “violazione o falsa applicazione” dell'articolo 52, comma 1, lettera b , d.lgs. numero 159/2011, disposizione che tutela del diritto di credito dei terzi stabilendone le condizioni. Nello specifico, la suindicata lettera b pone la problematica della strumentalità del credito all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, salvo la dimostrazione di buona fede e dell'inconsapevole affidamento da parte del creditore. Per quel che riguarda il credito derivante dal contratto di mutuo ipotecario per la ristrutturazione della casa oggetto del giudizio in esame, l'istituto di credito contesta quindi l'interpretazione del concetto di “strumentalizzazione del credito” applicato dal Tribunale che riteneva esistente il requisito della pericolosità sociale del proposto nel periodo successivo a quello considerato per l'applicazione della misura di prevenzione. Rilevante è dunque l'attualità della pericolosità sociale del proposto, mentre il Tribunale - pur avendo affermato che le ultime condotte riconducibili al requisito di pericolosità sociale del proposto colpito dalla misura risalivano al 2014 considerando anche i 25 anni precedenti senza soluzione di continuità - riteneva strumentale un credito sorto in data successiva al periodo citato. Nel ricorso la banca poneva l'attenzione del giudice anche sulla finalità dello stesso credito in esame, essendo stato richiesto e concesso per la ristrutturazione di un immobile e dunque per tale ragione non funzionale ad alcuna attività illecita. Per quel che riguarda invece il saldo passivo del conto corrente intestato alla cooperativa, l'importo esiguo del credito dimostrava palesemente l'inadeguatezza della somma a finanziare qualsiasi tipologia di attività illecita. Il secondo motivo attiene sempre alla buona fede della banca nella concessione del credito ipotecario, sempre ai sensi dell'articolo 52, comma 1, lett. b , d.lgs. numero 159/2011 nella versione precedente la riforma della l. 161/2017. Il Tribunale non riconosceva la buona fede della banca nel concedere il mutuo ipotecario sostenendo che la stessa avesse ignorato la “strumentalità del credito”. Ciò viene contestato dalla banca sostenendo di aver seguito le procedure standard previste per quella tipologia di operazione. A sostegno della propria buona fede, l'istituto di credito rileva che il mutuo in esame fu concesso il 15 gennaio 2015 mentre la misura di prevenzione era stata applicata nel 2018 - su istanza della D.I.A. del 7 aprile 2015 - ben tre anni e sette mesi dopo l'erogazione dello stesso. Per tale ragione la banca – al momento della concessione del credito – non aveva elementi per considerare “strumentale” detta operazione, anche perché il decreto di confisca non è ostensibile a terzi non interessati direttamente dalla procedura di prevenzione. Con il terzo motivo di impugnazione la banca contesta la violazione dell'articolo 117, comma 1, d.lgs. numero 159/2011 e dell'articolo 25, comma 2, Cost. per aver il Tribunale applicato con retroattività l'articolo 52, comma 1, lett. b , nell'attuale versione modificata dalla l. numero 161/2017 che prevede una tutela dei crediti dei terzi in caso di sussistenza congiunta di ambedue i requisiti della mancanza della “buona fede” e di “strumentalità del credito all'attività illecita”. L'ultimo motivo di impugnazione è attinente al credito chirografario per lo scoperto di conto corrente e contesta la “violazione o falsa applicazione” dell'articolo 52, comma 1, lettera a , d.lgs. numero 159/2011 non avendo applicato il Tribunale la norma formulata con la modifica apportata dalla l. numero 161/2017 in quanto più favorevole. Detto credito originato dallo scoperto del conto corrente intestato alla società cooperativa, era assistito dalla garanzia prestata dal proposto con una fideiussione. Il Tribunale ha ritenuto che per l'ammissione al passivo del relativo credito chirografario nella procedura di prevenzione l'onere della prova ricadesse sulla banca dovendo dimostrare l'incapienza. Ciò è stato dunque contestato poiché la nuova formulazione della disposizione contenuta dal citato articolo 52 del codice antimafia prevede soltanto la sussistenza della circostanza oggettiva che il debitore non disponga di altri beni su cui il creditore possa soddisfarsi, esonerandolo di conseguenza il creditore dal fornire la prova dell'incapienza. La risposta della Corte Suprema. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso per le seguenti ragioni. Con riferimento all'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 52, comma 1, lettera b , chiarisce che come premessa per l'applicazione delle disposizioni è rilevante la dimostrazione della finalizzazione del credito all'esercizio dell'attività illecita o delle condotte da essa immediatamente derivanti in termini di “frutto” o “reimpiego” poste a fondamento del decreto che dispone la misura di prevenzione. È dunque necessario provare in via preliminare la sussistenza del nesso di strumentalità, rinviando solo successivamente e in caso di sussistenza dello stesso la prova della buona fede da parte del creditore. La sussistenza del requisito di strumentalità nel periodo in cui si è manifestata la pericolosità sociale è quindi propedeutica alla successiva verifica della sussistenza della buona fede del creditore, ai fini dell'ammissione del credito allo stato passivo della procedura di prevenzione, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità anche in riferimento a soggetti privi di redditi illeciti accertati Cass. penumero , numero 25505/2017 Cass. penumero , numero 32524/2015 Cass. penumero , numero 32524/2015 . Nell'ambito della prevenzione la Suprema Corte precisa come il preliminare requisito della sussistenza della strumentalità del credito e l'attività illecita o comunque di quelle che ne costituiscono il frutto o il reimpiego, deve essere valutata anche con specifico riguardo allo scarto temporale tra la concessione del credito e l'emersione della pericolosità sociale del proposto, potendo il giudice avvalersi di una presunzione semplice di finalizzazione del finanziamento all'attività illecita quando questo risulti erogato in presenza di una evidente e manifesta ovvero occulta pericolosità sociale del soggetto colpito dalla misura Cass. penumero , numero 6746/2020 . Nel caso specifico, non essendo presente il requisito della pericolosità sociale al momento dell'erogazione del mutuo e/o del finanziamento riferito allo scoperto di conto corrente intestato alla cooperativa, la presunzione semplice sopra citata non può operare cfr. in motivazione sentenza numero 6746/2020, cit. , contrariamente all'operato del Tribunale di Palermo. Evidenzia difatti la Corte che il mutuo fu erogato il 15 gennaio 2015, mentre il Tribunale per l'applicazione della misura patrimoniale aveva valutato ed accertato la pericolosità del proposto in via retrospettiva dal 2014 e nei 25 anni precedenti senza soluzione di continuità. Rileva ancora la Corte la mancata conoscenza e conoscibilità da parte dell'Istituto di credito degli atti e degli elementi valutati nel decreto di confisca emesso nel 2018 riferibili pericolosità sociale del proposto. Precisa la Corte che non è sufficiente richiamare nel decreto di confisca l'arco temporale dell'attività illecita riconducibile alla pericolosità sociale per avere rilevanza nei confronti del creditore, ma detti elementi devono essere conosciuti e conoscibili al momento della stipula del contratto dal quale trae origine l'obbligazione del debitore affinché il creditore potesse contestualizzarli e valutarli come atti sintomatici della pericolosità sociale del preposto collegando ad essi l'operazione negoziale dalla quale trae origine il credito per il quale è stata richiesta l'insinuazione allo stato passivo della procedura di prevenzione Cass. penumero , numero 27692/2021 . Manca dunque, nel caso specifico, un elemento di collegamento tra il rapporto negoziale e l'attività illecita. Evidenzia ancora la Corte come l'istituto di credito non ha la possibilità di esperire approfondite e penetranti indagini soprattutto di carattere penale nei confronti del richiedente il mutuo e/o finanziamento, non disponendo ovviamente dell'accesso alle banche dati in uso all'Autorità Giudiziaria. Ricorda che la ratio della norma è quella di evitare l'uso distorto del credito bancario da parte della criminalità, senza però inficiare la funzione economico-sociale delle banche che finanziano le più diverse e varie attività economiche del tessuto produttivo Cass. penumero , numero 15706/2018 . Conclude la Corte ritenendo assorbiti tutti gli altri motivi di impugnazione ed annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Palermo per un nuovo giudizio.

Presidente Diotallevi Relatore Saraco Ritenuto in fatto 1. Il Credito Valtellinese s.p.a. CREVAL ricorre avverso il decreto in data 15/06/2021 del Tribunale di Palermo che ha rigettato l'opposizione proposta ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, articolo 59, comma 9, avverso il decreto in data 04/11/019 dep. il 19/02/2020 con cui il giudice delegato aveva formato e reso esecutivo lo stato passivo in seno alla confisca dei beni disposta nei confronti di A.G., rigettando l'istanza di ammissione avanzata dalla società odierna ricorrente. Deduce 1.1. Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 52 comma 1, lett. b , per avere ritenuto sussistente la strumentalità dei crediti, oggetto delle domande di ammissione al passivo, all'attività illecita del sig. A.G. . Il primo motivo nega la sussistenza della strumentalità dei crediti di cui si chiedeva l'ammissione. In particolare A In relazione alla concessione di mutuo ipotecario per la ristrutturazione della casa, assume che il ragionamento del Tribunale è inficiato da una errata interpretazione della strumentalità del credito di cui si tratta che viene ritenuta sussistente in un momento successivo al periodo considerato nell'adozione della misura di prevenzione. Il credito di cui si tratta, successivo agli anni da cui è stata rilevata la pericolosità sociale non può quindi considerarsi strumentale ad un'attività illecita non in corso, e quindi non attuale. Infatti, il decreto a cui fa riferimento il Tribunale nel rigetto del motivo di opposizione afferma che le ultime condotte rilevatrici la pericolosità sociale del predetto datano al 2014 e risalgono senza soluzione di continuità ai 25 anni precedenti . Sostiene altresì che la stessa finalità del credito erogato era incompatibile con ogni possibilità di ritenerlo strumentale a un'attività illecita, visto che era finalizzato alla ristrutturazione di un immobile. B Con riguardo al credito chirografario proveniente dal passivo del conto corrente intestato alla società Cooperativa Servizi Sociali, sostiene che la strumentalità andava esclusa in ragione della esiguità dell'importo, che perciò era inidoneo a essere funzionale a qualsiasi attività illecita. 1.2. Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 52, comma 1, lett. b , precedente testo per avere ritenuto non sussistere la condizione della buona fede della banca nell'ignorare la strumentalità del credito . Con il motivo si sostiene che gli elementi dedotti dovevano condurre al riconoscimento della buona fede della banca, perché con riguardo al mutuo ipotecario la banca ha seguito le procedure previste per la sua concessione, rispettando i parametri a tal fine fissati dalla banca. Aggiunge che a comprova della buona fede della Banca, va rilevato che, allorché è stato concesso il mutuo de quo 15.1.2015 , nulla poteva indurre la Banca concedente a ritenere l'illiceità affermata con il decreto di confisca che è stato emesso tre anni e sette mesi dopo l'erogazione del mutuo, a seguito di un procedimento iniziato a istanza della D.I.A. del 7.4.2015, in data successiva all'erogazione del mutuo. Sottolinea come, alla data di concessione del mutuo, il Credito Valtellinese S.p.a. non aveva la possibilità di confrontarsi con il decreto di confisca, e neanche con gli atti del procedimento di prevenzione, peraltro oggettivamente non conoscibili dalla Banca perché successivi . Gli stessi argomenti vengono richiamati con riguardo al credito chirografario proveniente dallo scoperto di conto corrente intestato alla Cooperativa Servizi Sociali aggiungendo che la modesta esposizione debitoria del conto corrente non poteva considerarsi rivelatrice della conoscenza da parte del Credito Valtellinese della strumentalità di tale credito all'attività illecita di A. , 1.3. Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 117 comma 1, e dell'articolo 25 Cost., comma 2, per avere il Tribunale ritenuto la applicabilità alla fattispecie in esame del nuovo testo del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 52, comma 1, lett. b , che richiede, per non essere pregiudicati i diritti di credito dei terzi dalla confisca concorrere congiuntamente, e non alternativamente, le due condizioni previste dalla citata lett. b , e cioè la non strumentalità del creditore alla attività illecita e la buona fede del creditore . Per come emerge dall'intitolazione, con il motivo di ricorso si deduce l'irretroattività e la conseguente inapplicabilità al caso in esame del nuovo testo del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 52, comma 1, lett. b , così che i crediti dei terzi non possono essere pregiudicati dalla confisca ove non ricorrano congiuntamente i requisiti della mancanza della buona fede e della strumentalità del credito all'attività illecità. Si specifica, quindi, che la mancanza dell'uno o dell'altro dei requisiti -per la fondatezza di alcuno dei motivi di impugnazione deve portare all'annullamento del decreto impugnato. 1.4. Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 52, comma 1, lett. A , per avere il tribunale ritenuto che per l'ammissione al passivo delle misure di prevenzione del credito chirografario per scoperto di conto corrente, intestato a Cooperativa Servizi Sociali garantito dalla fideiussione prestata da A. , l'onere della prova sia a carico della Banca ricorrente e per il fatto che il debitore potrebbe avere, successivamente al decreto di confisca, altri beni . Al riguardo si fa presente che in questa ipotesi il tribunale avrebbe dovuto applicare il D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 52, nella sua formulazione conseguente alla novella introdotta dalla L. numero 161 del 2017, perché più favorevole. Evidenzia come la modifica preveda per i crediti chirografari che il debitore non disponga di altri beni su cui potere soddisfare il credito, e non prevede più la necessità di ricorrere alla escussione del restante patrimonio del proposto da cui risulti l'incapienza. Quindi aggiunge la difesa occorre soltanto che il debitore non disponga di altri beni su cui il creditore possa soddisfarsi , trattandosi di una circostanza oggettiva che dispensa il creditore dal fornire la prova dell'incapienza . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. Va premesso che il D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 52, comma 1, lett. b , pretende in primo luogo e anzitutto la dimostrazione della finalizzazione del credito all'esercizio dell'attività illecita che ha determinato la pronuncia della misura di sicurezza patrimoniale della confisca o, comunque, alle condotte immediatamente derivate da quest'ultima in termini di frutto o reimpiego . Soltanto nel caso in cui sia stata fornita la dimostrazione di tale preliminare nesso funzionale, sarà onere del creditore provare la sua buona fede e cioè la sua incolpevole ignoranza circa l'esistenza del nesso strumentale in questione. La necessità della prova liberatoria a carico del creditore è -dunque-eventuale e successiva, in quanto dovuta solo quando sia stato previamente provato il nesso di strumentalità di che trattasi, mentre non è necessaria quando questa preliminare dimostrazione manchi. La verifica del credito ai fini dell'ammissione allo stato passivo, dunque, prevede due distinti requisiti, il primo dei quali quello della strumentalità risulta propedeutico alla verifica della sussistenza della buona fede. Soltanto quando sia stata dimostrata l'effettività e l'esistenza del nesso funzionale sarà possibile accedere al secondo momento del giudizio, nel cui ambito viene richiesta la prova della buona fede dell'Istituto di credito. Mette conto rilevare che la necessità di rigorosa dimostrazione della esistenza del nesso funzionale nel periodo in cui si è manifestata la pericolosità sociale del debitore e, solo in subordine, di accertamento della c.d. buona fede del creditore è stata più volte affermata dalla giurisprudenza di legittimità, che ha espressamente ribadito i principi suddetti, anche in riferimento a soggetti privi di redditi leciti accertati così, Cass. Sez. 6 del 02/03/2017 numero 25505, Rv. 270028, Cass. Sez. 6 del 16/6/2015 numero 32524, Rv 264373 e ancora Cass. Sez. 6 del 16/6/2015 numero 32524, Rv 264374 . 2. Così delineata la scansione delle questioni da esaminare, va rilevato come i motivi di ricorso siano fondati già con riguardo al preliminare tema della sussistenza di un rapporto di strumentalità tra il credito e l'attività illecita del prevenuto. 2.1. A tale riguardo, va ricordato che in materia di misure di prevenzione patrimoniali, ai fini della valutazione in ordine al requisito necessario per l'ammissione allo stato passivo di un credito sorto anteriormente al sequestro dell'insussistenza di alcun vincolo di strumentalità tra il credito e l'attività illecita del soggetto pericoloso o quelle che ne costituiscono il frutto o il reimpiego, il giudice è tenuto a valutare specificamente lo scarto temporale tra la concessione del credito e l'emersione della pericolosità, potendo legittimamente avvalersi di una presunzione semplice di finalizzazione del finanziamento alla dissimulazione di risorse occulte derivanti dall'attività illecita quando risulti che il credito sia stato erogato in costanza di una manifesta e percepibile condizione di pericolosità sociale del ricevente, ma non anche quando, al momento, dell'erogazione la pericolosità fosse assente od occulta , con conseguente apparenza di liceità della destinazione delle risorse , Sez. 1, Sentenza numero 6746 del 05/11/2020 Cc., dep. il 2021, ISLAND REFINANCING S.R.L., Rv. 280793 01 . In forza di quanto esplicitato di tale principio di diritto, dunque, la presunzione di strumentalità tra il credito e l'attività illecita del soggetto pericoloso trova legittimazione ove la condizione di pericolosità sociale fosse presente ovvero ove essa fosse percepibile e manifesta al momento dell'erogazione del mutuo e/o del finanziamento. La presunzione -al contrario e dunque non può operare nei casi in cui la condizione di pericolosità sia assente al momento della erogazione del credito oppure sia occulta perché -pur presente non sia emersa e non sia percepibile dal creditore, a fronte di una destinazione delle risorse apparentemente lecita, come nel caso in esame, data la destinazione del mutuo alla ristrutturazione di un immobile e della funzione di finanziamento di una attività produttiva correlata allo scoperto di conto corrente. In coerenza con quanto fin qui evidenziato, si è detto che, in tali casi, risulta necessaria, la congrua dimostrazione del nesso di strumentalità, quale pre-condizione della scelta di addivenire o meno alla tutela della posizione creditoria, non potendosi riconoscere alcuna presunzione semplice cfr. in motivazione Sentenza numero 6746 del 05/11/2020, cit. . 2.2. Tale congrua dimostrazione è mancata nel provvedimento impugnato, ove si è fatto ricorso alla presunzione di strumentalità pur in assenza dei presupposti che la legittimavano, visto che il Tribunale non si è confrontato con le obiezioni della difesa, intese a risaltare ora l'assenza della condizione della pericolosità sociale, ora la mancata emersione di essa, in quanto non manifesta all'epoca che qui interessa, essendo rimasta occulta. 2.1.1 Con riguardo al primo profilo, la difesa ha opposto che il mutuo veniva erogato in un momento in cui la condizione di pericolosità era mancante, avendo osservato davanti al Tribunale come il decreto di confisca avesse perimetrato la pericolosità di A. in senso retrospettivo datandolo dal 2014 a risalire fino ai 25 anni precedenti, mentre il mutuo era stato erogato il 15 gennaio 2015. Va rimarcato come tale perimetrazione temporale sia stata confermata dallo stesso Tribunale là dove citando il decreto di confisca scrive e rileva che le ultime condotte datano al 2014 e risalgono, senza soluzione di continuità, ai 25 anni precedenti . Altrettanto pacificamente il mutuo è stato erogato il 15 gennaio 2015, vale a dire in un momento successivo rispetto alla datazione indicata dallo stesso Tribunale. La oggettività di tali dati non è stata nè valutata, nè superata dalla difesa non essendo a tal fine sufficiente fare un generico richiamo alla data di emissione del decreto di confisca 2018 , senza nulla dire circa l'eventuale sussistenza di elementi di fatto che potessero estendere il segmento temporale di pericolosità tracciato dal giudice della misura di prevenzione, che datava nel 2014 le ultime condotte delittuose. 2.1.2. Tale primo rilievo va letto e si rinforza se letto alla luce dell'ulteriore tema introdotto dalla difesa, relativo alla mancata emersione della condizione di pericolosità sociale al momento della erogazione del mutuo e del finanziamento nella forma dello scoperto del conto corrente della società cooperativa e della correlata fideiussione prestata da A. . A tale proposito la difesa ha opposto al Tribunale che il procedimento per l'applicazione della misura di prevenzione a carico di A. aveva avuto inizio il 7 aprile 2015, con l'istanza a tale fine avanzata dalla DIA che prima di allora non si poteva rintracciare alcun elemento di fatto che segnalasse la condizione di pericolosità sociale di A. che gli atti e gli elementi valutati con il decreto di confisca e nel relativo procedimento non erano conosciuti nè conoscibili per il Credito Valtellinese. 2.1.3. Sulla base di tali rilievi e rimarcando il dato temporale da ultimo evidenziato, dunque, la difesa ha dedotto come la condizione di pericolosità di A. non fosse conosciuta nè conoscibile, non essendovi suoi segnalatori al momento dell'erogazione del mutuo o negli anni in cui la società cooperativa attingeva allo scoperto di conto corrente siccome garantito dalla fideiussione prestata dal prevenuto. Anche in questo caso, tale decisiva eccezione difensiva è rimasta senza risposta, mancando nel provvedimento impugnato ogni verifica circa l'esistenza di elementi che facessero ritenere che all'epoca del mutuo e all'epoca del finanziamento fossero presenti elementi rilevatori la condizione di pericolosità di A. , tale da renderla conosciuta o conoscibile all'istituto di credito. A tal proposito, invero, non basta il – generico richiamo fatto dal Tribunale al decreto di confisca, nella parte in cui indica l'arco temporale dell'attività illecita posta in essere da A. e nella parte in cui afferma che il complesso aziendale della società cooperativa è il frutto di detta attività illecita. Tali dati, invero, per avere rilevanza a carico del creditore, devono essere da lui conosciuti o conoscibili e a tal fine il giudice deve spiegare se al momento della instaurazione della vicenda negoziale o in coincidenza con snodi di rilievo del relativo rapporto obbligatorio, potevano ritenersi già emersi, in termini di contestualità o di immediata contiguità temporale, gli aspetti in fatto sintomatici della pericolosità sociale del proposto da raccordare alla operazione negoziale fonte del credito oggetto di insinua Così, in motivazione, Sez. 6, Sentenza numero 27692 del 15 maggio 2021 . Tale spiegazione manca nel provvedimento impugnato che non indica alcun elemento di fatto sintomatico della condizione di pericolosità sociale del debitore che -essendo percettibili dal creditore consentono l'instaurazione di una correlazione tra il rapporto negoziale e l'attività illecita. A tale ultimo proposito, ai fini della conoscenza o conoscibilità della condizione di pericolosità, va osservato che non può certo farsi carico all'istituto di credito, che non dispone delle banche dati proprie della autorità giudiziaria e della RG., di effettuare penetranti indagini quanto alle pendenze penali a carico del soggetto potenziale beneficiario del finanziamento, venendo altrimenti minata la funzione economico-sociale delle banche di finanziare le attività che operano nei settori economici più disparati, essendo la ratio della normativa, come detto, esclusivamente quella di evitare un uso distorto del credito bancario, piegato ai fini elusivi della criminalità , Sez. 2, Sentenza numero 15706, del 27/02/2018, in motivazione . 2.2. Va da ultimo evidenziato che questa Corte, con la già richiamata sentenza numero 27692 del 15 maggio 2021, pur ribadendo la necessità di tenere distinti il profilo della strumentalità con quello della buona fede, ha altresì osservato che all'evidenza, il profilo della strumentalità o meno della operazione creditizia rispetto alla realizzazione o alla prosecuzione dell'attività illecita riferibile al proposto, oggetto di apprezzamento nell'ambito della procedura che ha determinato la confisca, si interseca con quello, comunque diverso e logicamente successivo, afferente la buona fede del creditore che agisce con la domanda di insinua si intreccia inevitabilmente infatti con aspetti del giudizio che finirà per riguardare la condizione soggettiva del creditore che aspira al riconoscimento di tutela della propria posizione giuridica . Tanto perché la mancata emersione della pericolosità del proposto rappresenta un principio di prova a favore tanto della assenza del nesso di strumentalità che della esistenza in caso di condizione occulta e non facilmente percepibile di un incolpevole affidamento da parte dell'ente erogatore , sentenza numero 27692 del 15 maggio 2021, cit. . 3. La fondatezza dei motivi fin qui esaminati assorbe i restanti motivi. 4. Il decreto impugnato va – dunque annullato, con rinvio al Tribunale di Palermo, per una rivalutazione sulla scorta di quanto fin qui rilevato. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo.