Necessario un nuovo giudizio in Appello. Da prendere in esame la tesi difensiva, mirata a vedere riconosciuta l’ipotesi della minima entità del fatto. In questa ottica non può bastare, come dato decisivo, il riferimento alla nomea di spacciatore dell’uomo beccato a cedere quasi 17 grammi di cocaina.
L'essere conosciuto come spacciatore non è dato sufficiente per catalogare come gravi la detenzione e la cessione di quasi 17 grammi di cocaina Cass. penumero , sez. III, ud. 13 maggio 2022 dep. 29 agosto 2022 numero 31768 . Cessione di stupefacente. Scenario della vicenda è la città di Palermo. Lì un uomo viene fermato e finisce sotto processo per avere detenuto e ceduto sostanza stupefacente – quasi 17 grammi di cocaina, per la precisione –. Il quadro probatorio è chiaro, secondo i giudici di merito, i quali condannano l'uomo sia in primo che in secondo grado, con pena fissata in «quattro anni di reclusione e 20mila euro di multa» con l'aggiunta della «interdizione per cinque anni dai pubblici uffici». Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta l'uomo sotto processo sostiene si possa valutare l'episodio come fatto di lieve entità. E in questa ottica egli lamenta che in Appello si è ritenuta «non episodica né occasionale» la cessione di cocaina sulla base di due elementi opinabili, ossia il fatto che l'uomo sia noto «quale spacciatore» e sia privo «di mezzi di sostentamento economico, se non quelli derivanti da attività illecite». Secondo il legale, però, «questo giudizio è frutto di congetture dei giudici del merito, del tutto svincolate dagli atti processuali e dai fatti» mentre non sono stati presi in considerazione elementi utili per «determinare la tenuità o meno del fatto», ossia «la quantità e la qualità di sostanza stupefacente detenuta e ceduta, l'assenza di elementi concreti per ricondurre l'attività ad un'organizzazione di spaccio, la valutazione dell'ambito di tale organizzazione». Offensività. Prima di esaminare in dettaglio la vicenda, i Giudici di Cassazione tengono a ribadire che «al fine di determinare la minore offensività» di condotte finalizzate alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti è necessario valutare tutte le circostanze di fatto, nonostante «l'esistenza di una piazza di spaccio, o di una pluralità di condotte o della composizione della sostanza stupefacente». Difatti, «la diversità di sostanze stupefacenti detenute a fini di cessione non è di per sé ostativa alla configurabilità» del fatto di lieve entità, e identico ragionamento va fatto anche di fronte allo «svolgimento di una attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un'attività criminale organizzata o professionale». Nel caso preso in esame, invece, è stata respinta l'ipotesi del fatto di lieve entità solo perché «l'uomo è noto quale spacciatore, senza specificare», però, «l'entità dell'attività di spaccio di cui l'uomo farebbe parte, e quindi quanto la sua condotta di cessione di droga», oggetto del procedimento, «potesse concretamente contribuire alla diffusione nel mercato di sostanza stupefacente». Su questo fronte i giudici chiariscono che «anche se in presenza di una sola cessione, è ben possibile desumere un'abitualità della condotta, o l'esistenza di un'organizzazione dedita allo spaccio» ma, in questa ottica, è necessario fornire elementi concreti, come, ad esempio, «una clientela fedele o l'inserimento in una più o meno diffusa organizzazione di spaccio, pur a fronte di una unica cessione accertata». Invece, nella vicenda in esame, i giudici d'Appello si sono limitati ad «etichettare quale spacciatore» l'uomo sotto processo, «senza fare riferimento agli elementi in forza di quali tali appellativo sarebbe giustificato, considerato che risulta pacifico che i due acquirenti della sostanza stupefacente non lo conoscevano personalmente, essendo loro stato indicato da un'altra persona». E in questo quadro è inutile, aggiungono i giudici, anche il riferimento ai «precedenti penali» dell'uomo sotto processo, poiché essi «non risultano idonei, di per sé, a giustificare la valutazione negativa dei giudici di secondo grado quanto alla consistenza offensiva del fatto». Necessario perciò un nuovo giudizio d'Appello per valutare meglio il peso specifico dell'episodio contestato all'uomo.
Presidente Marini – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Palermo, con sentenza emessa in data 4 maggio 2021, ha confermato la sentenza dell'8 luglio 2020 del GUP presso il Tribunale di Palermo, con la quale F.P. veniva condannato alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 20.000 di multa, oltre alla pena accessoria dell'interdizione per anni 5 dai pubblici uffici, perché giudicato colpevole del reato di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 1, per aver illecitamente detenuto e ceduto sostanza stupefacente di tipo cocaina per un peso complessivo di gr. 16,7 pari a 14 dosi medie singole in Palermo, in data 18/01/2020 , con la recidiva semplice. 2. Avverso tale sentenza l'imputato, per il tramite del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato nei seguenti motivi 1 Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell' articolo 606 c.p.p. , lett. b , e mancanza di motivazione ai sensi dell' articolo 606 c.p.p. , lett. e , in relazione al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, considerato che i giudici del merito hanno escluso di poter ricondurre il fatto contestato al F. alla fattispecie di cui al comma 5, perché ritenuto non episodico, nè occasionale1sulla base di due elementi, ossia il fatto che egli fosse noto quale spacciatore e l'assenza di mezzi di sostentamento economico del ricorrente, se non quello derivante da attività illecite. Questo giudizio è frutto di congetture dei giudici del merito, del tutto svincolate dagli atti processuali e dai fatti di cui all'imputazione, senza prendere in considerazione gli elementi che la giurisprudenza richiede al fine di determinare la tenuità o meno del fatto, quali la quantità e qualità di sostanza detenuta e ceduta, l'assenza di elementi concreti per ricondurre l'attività ad un'organizzazione di spaccio, la valutazione dell'ambito di tale organizzazione 2 Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell' articolo 606 c.p.p. , lett. b , e mancanza di motivazione ai sensi dell' articolo 606 c.p.p. , lett. e , in relazione all' articolo 99 c.p. , considerato che non sussiste un'idonea motivazione sul giudizio di pericolosità sociale del F. , con conseguente riconoscimento di un aumento di penale per la recidiva semplice a lui contestata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. Come affermato nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, numero 51063 del 27/09/2018, Rv. 274076, la fattispecie di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, ha la funzione di individuare quei fatti che si caratterizzano per una ridotta offensività, allo scopo di sottrarli al regime sanzionatorio previsto dal D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73 - al cui ambito applicativo gli stessi fatti sarebbero altrimenti riconducibili - nella prospettiva di rendere il sistema repressivo in materia di stupefacenti maggiormente rispondente ai principi sanciti dall' articolo 27 Cost. . Pertanto al fine di determinare tale minore offensività, i giudici di merito devono valutare tutte le circostanze del fatto, senza alcun limite a priori, non potendo l'esistenza di una piazza di spaccio, o di una pluralità di condotte o dell'eterogeneità della sostanza stupefacente essere valutate in modo aprioristico come ostative ad una tale valutazione. 1.1. Pertanto, gli indici per qualificare un fatto di lieve entità elencati dall'articolo 73, comma 5, non possono, da un lato, essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri e, dall'altro, non è richiesta la loro esistenza cumulativa, in senso positivo ovvero negativo. Il percorso tracciato dal legislatore impone di considerare, infatti, anche la possibilità che tra gli stessi si instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione, in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso, come del resto già era stato in passato sostenuto in alcuni arresti delle Sezioni semplici in riferimento alla struttura di circostanza attenuante della fattispecie vigente all'epoca cfr.,. Sez. 6, numero 167 del 23/01/1992, Chorki Bouzhaiem, Rv. 189462 Sez. 4, numero 8954 del 11/05/1992, Bondi, Rv. 191643 . Sulla base di queste premesse si è pertanto escluso ad esempio che la diversità di sostanze stupefacenti detenute a fini di cessione sia di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, così S.U., numero 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 . Parimenti non è stato ritenuto ostativo alla sussunzione del fatto nell'ipotesi autonoma di reato di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un'attività criminale organizzata o professionale cfr. Sez. 6, numero 28251 del 09/02/2017, Mascali, Rv. 270397 . 2. Nel caso di specie i giudici del merito hanno richiamato la giurisprudenza di legittimità senza però applicarne i principi al caso concreto, avendo escluso la lieve entità del fatto contestato al F. solo in ragione del fatto che egli era noto quale spacciatore , senza specificare l'entità dell'attività di spaccio della quale lo stesso farebbe parte, e quindi quanto la sua condotta di cessione di droga di cui all'imputazione potesse concretamente contribuire alla diffusione nel mercato di sostanza stupefacente. Invero, anche se in presenza di una sola cessione è ben possibile desumere un'abitualità della condotta, o l'esistenza di un'organizzazione dedita allo spaccio, l'ampiezza della stessa deve essere oggetto di specifica motivazione, e risultare dagli elementi di prova presenti agli atti. Le stesse sentenze citate nel provvedimento impugnato, nel ribadire tale principio, riportano casi in cui il condannato, a fronte di un'unica cessione accertata, risultava vantare una clientela fedele e/o l'inserimento in una più o meno diffusa organizzazione di spaccio. Questi ulteriori elementi non sono menzionati nella motivazione della sentenza impugnata, non potendo essere sufficiente etichettare il ricorrente quale spacciatore senza fare riferimento agli elementi in forza di quali tali appellativo sarebbe giustificato, considerato che risulta pacifico che i due acquirenti della sostanza non lo conoscevano personalmente, essendo stato loro indicato da un soggetto terzo. 2.2. Infine, sempre in riferimento agli indici da valutare per la configurabilità della fattispecie di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, articolo 73, comma 5, la giurisprudenza di legittimità ha negato valore preclusivo ai precedenti specifici del soggetto attivo del reato, ritenendoli estranei agli elementi di valutazione previsti dalla disposizione normativa si vedano Sez. 3, numero 13120 del 06/02/2020, Rv. 279233 Sez. 6, numero 42112 del 14/10/2009, Belaiba, Rv. 245022 - 01 . Pertanto, i precedenti penali dal F. , tra l'altro relativi a reati di diversa natura rispetto a quello di cui all'imputazione, mentre possono trovare ragionevole considerazione nelle valutazioni in ordine al riconoscimento della contestata recidiva, non risultano idonei, di per sé, a giustificare la valutazione negativa dei giudici di appello quanto alla consistenza offensiva del fatto commesso. 3. Il secondo motivo, in forza della rivalutazione di merito demandata ai giudici del rinvio, quanto ai precedenti penali, resta assorbito. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Palermo per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Motivazione semplificata.