«Una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo, alla luce delle riscontrare contraddizioni, lacune e incongruenze, il giudice di merito non deve procedere al controllo della credibilità estrinseca […]».
Uno straniero fuggiva dal suo Paese, in seguito all'uccisione del fratello da parte dello zio che si era impadronito della proprietà di famiglia. Arrivato in Italia, la Commissione territoriale respingeva la sua domanda di protezione internazionale, per l'inattendibilità del racconto di quanto avvenuto. Lo straniero ricorre quindi in Cassazione lamentando, tra i vari motivi, un difetto di cooperazione istruttoria con riferimento all'allegazione dei fatti persecutori, non essendo stato ritenuto intrinsecamente credibile da parte del giudice di merito. La doglianza è però inammissibile, in quanto secondo il Collegio «in materia di protezione internazionale, nei casi in cui il ricorrente lamenta un difetto di cooperazione istruttoria con riferimento all'allegazione di fatti persecutori o a un rischio di danno grave «individualizzato» di cui all'articolo 14, lettere a e b , del decreto legislativo numero 251/2007, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate contraddizioni, lacune e incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca - che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito - poiché tale controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente». Ne consegue che «una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo, alla luce delle riscontrare contraddizioni, lacune e incongruenze, il giudice di merito non deve procedere al controllo della credibilità estrinseca che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito , poiché tale controllo assolverebbe alla funzione del tutto teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente».
Presidente Scotti – Relatore Caradonna Fatti di causa 1. Con sentenza del 7 ottobre 2019, la Corte d'appello di Bologna ha rigettato l'appello proposto da M.I. avverso l'ordinanza del 26 marzo 2018 del Tribunale di Bologna, che aveva confermato il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale aveva respinto la domanda di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria ed umanitaria. 2. Il richiedente asilo aveva riferito di essere nato in Pakistan, nella regione del Punjab di aver lasciato il suo Paese perché lo zio si era impadronito della proprietà di famiglia e di aver denunciato i fatti alla polizia, che non era intervenuta perché corrotta dallo zio benestante che lo zio, appresa la denuncia, aveva picchiato suo fratello, uccidendolo di avere deciso di fuggire e di avere raggiunto l'Italia. 3. La Corte territoriale, dopo avere ritenuto le dichiarazioni sulla morte del fratello non omogenee e quelle sulle intenzioni dello zio contraddittorie, ha affermato che il giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni espresso dalla Commissione territoriale rendeva ultroneo argomentare in merito allo specifico profilo di rischio rappresentato dalla riferita volontà dello zio Sarwar di uccidere il richiedente il giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni in merito alle ragioni dell'allontanamento dal paese d'origine le rendeva inidonee anche a fare ritenere accertata la provenienza del ricorrente, ma anche ad ammettere la provenienza del richiedente dal Punjab e, dunque, correttamente il primo Giudice aveva ritenuto che in tale regione non sussistesse una situazione di conflitto armato interno o internazionale quanto alla protezione umanitaria, correttamente il primo Giudice aveva affermato che la documentazione medica prodotta non attestava patologie ostative al rimpatrio del richiedente o, comunque, situazioni di particolare vulnerabilità rilevanti agli effetti della protezione residuale di cui al D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 32. 4. Avverso la predetta sentenza del 7 ottobre 2019, con atto notificato il 6 aprile 2020 ha proposto ricorso per cassazione M.I. , svolgendo quattro motivi. 5. Il Ministero dell'Interno intimato di è costituito al fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione della causa ai sensi dell'articolo 370 c.p.c., comma 1. 6. Con ordinanza interlocutoria numero 12586/2021 del 12 maggio 2021, questa Corte ha rimesso il ricorso in pubblica udienza al fine di approfondire la questione relativa agli oneri che gravavano sul ricorrente per la proposizione di una censura ammissibile di violazione di legge nel caso in cui il giudice di merito non avesse adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria o lo avesse fatto in modo incompleto o inadeguato o, comunque, non rispettoso dei canoni legali, tenuto conto degli stretti collegamenti con il diritto dell'Unione Europea e con i principi generali in tema di deduzione degli errores in procedendo, nonché del rito seguito e della possibilità di appellare la decisione di primo grado nel merito, con particolare riguardo ai seguenti profili se i documenti afferenti le COI Country of Origin Information potevano essere introdotti per la prima volta nel giudizio di legittimità, in deroga all'articolo 372 c.p.c. se la parte potesse limitarsi ad una pur completa allegazione delle fonti informative alternative se competeva o meno alla Corte di cassazione il controllo su esistenza e contenuto delle predette fonti informative. 7. La Procura Generale della Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'accoglimento del ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge con riferimento al D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 8, all'articolo 16 della Direttiva UE 2013/32, al D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 3, comma 5, con riferimento al giudizio di non credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo, ritenuto indimostrato, non essendo stato posto il ricorrente nella condizione di chiarire le contraddizioni rilevate dal primo giudice, in quanto in tale sede, in violazione del dovere di cooperazione, non erano state poste domande di approfondimento e/o richieste di chiarimenti. 1.1. La censura rivolta alla valutazione di non credibilità del racconto del richiedente asilo appare inammissibile perché generica e riversata nel merito, a fronte dell'accertamento del fatto compiuto dalla Corte di appello, adeguatamente motivato, soprattutto con riferimento alle gravi contraddizioni del racconto circa le modalità cronologiche e topografiche della morte del fratello cfr. pag. 9 della sentenza impugnata , insindacabile in sede di legittimità Cass., 5 febbraio 2019, numero 3340 Cass., 12 giugno 2019, numero 15794 . 2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 5, 7 e 14, quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, con riferimento alla mancata indagine da parte del giudice circa la capacità di protezione delle autorità di polizia pakistane era dovere della Corte d'appello, attraverso l'utilizzo dei poteri istruttori officiosi, acquisendo informazioni sul Paese d'origine del richiedente, accertare se le autorità Pakistane fossero effettivamente in grado di offrire protezione al richiedente. 2.1. In proposito, è necessario precisare che nei casi in cui il ricorrente lamenta un difetto di cooperazione istruttoria con riferimento all'allegazione di fatti persecutori o a un rischio di danno grave individualizzato di cui al D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 14, lettere a e b , a proposito del quale il richiedente asilo non è stato ritenuto intrinsecamente credibile dal Giudice del merito, il motivo di ricorso è inammissibile se non investe e non supera la predetta valutazione di non credibilità intrinseca . Diversamente occorre ragionare per la c.d. credibilità estrinseca , che può essere correttamente valutata solo rapportando il racconto del richiedente, intrinsecamente solido e non contraddittorio o incongruente, con la realtà sociale, culturale o religiosa dell'ambiente di riferimento, operazione possibile solo acquisendo preventivamente idonee informazioni. Un esempio se il ricorrente sostiene di esser fuggito dalle minacce persecutorie di un setta segreta o di un cult, se il racconto non è creduto dal giudice perché il richiedente si è contraddetto sulla datazione dei fatti, o ha raccontato diverse versioni, o se il suo narrato non si regge logicamente, è del tutto inutile acquisire informazioni sull'operato della setta in questione frustra probatur quod probatum non relevat. Diversamente, se il giudice dubita delle finalità o delle modalità operative della setta, o delle tecniche o degli ambienti di reclutamento, allora l'acquisizione delle COI appare necessaria e indispensabile. Occorre dare, dunque, continuità ai principi già al proposito condivisibilmente espressi Cass., 4 novembre 2020, numero 24575 Cass., 10 marzo 2021, numero 6738 , secondo cui, in materia di protezione internazionale, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate contraddizioni, lacune e incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca - che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito - poiché tale controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente. Infatti, ai fini della valutazione dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, il giudizio sulla valutazione di credibilità del racconto del richiedente, che sia ben circostanziato ma inverosimile, può essere espresso solo all'esito dell'acquisizione di pertinenti informazioni sul suo paese di origine e delle sue condizioni personali, a differenza di quanto accade nell'ipotesi di racconto intrinsecamente inattendibile alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva, in cui essendo il racconto affetto da estrema genericità o da importanti contraddizioni interne, la ricerca delle COI è inutile, perché manca alla base una storia individuale rispetto alla quale valutare la coerenza esterna, la plausibilità ed il livello di rischio. Infine, allorché si renda necessario indagare sulla credibilità estrinseca con riferimento all'allegazione di fatti persecutori o a un rischio di danno grave individualizzato di cui al D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 14, lett. a e b , ritenuti intrinsecamente credibili, il giudice dovrà procedere alla cooperazione istruttoria secondo i principi e criteri affermati nei capitoli precedenti si tratta dell'adempimento D.Lgs. numero 25 del 2008, ex articolo 8, che però non deriva puramente e semplicemente dall'allegazione della situazione, ma anche da un quid pluris e cioè la credibilità intrinseca del racconto, come sopra intesa. 2.2. A tal riguardo la Corte enuncia il seguente principio di diritto In materia di protezione internazionale, nei casi in cui il ricorrente lamenta un difetto di cooperazione istruttoria con riferimento all'allegazione di fatti persecutori o a un rischio di danno grave individualizzato di cui al D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 14, lett. a e b , una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate contraddizioni, lacune e incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca - che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito poiché tale controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente . 2.3. Ed invero, la Corte territoriale, nel caso in esame, ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. numero 251 del 2007, ex articolo 14, lett. a e b , per la scarsa verosimiglianza del racconto, ostativa alla configurabilità di una minaccia individuale alla vita o alla persona in relazione alla vicenda prospettata dal richiedente in particolare, i giudici di secondo grado hanno ritenuto le dichiarazioni sulla morte del fratello non omogenee e quelle sulle intenzioni dello zio contraddittorie, così confermando il giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni espresso dalla Commissione territoriale. 2.4. Deve, dunque, ritenersi che una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo, alla luce delle riscontrare contraddizioni, lacune e incongruenze, il giudice di merito non deve procedere al controllo della credibilità estrinseca che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito , poiché tale controllo assolverebbe alla funzione del tutto teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente. Il motivo è, quindi, inammissibile perché presuppone un apprezzamento positivo della credibilità del racconto personale del richiedente asilo che invece fa difetto, in forza dell'accertamento compiuto dalla Corte di appello e non infranto con il primo motivo. 3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 14, lett. c , quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, per il rischio di violenza indiscriminata, al cui proposito era stato omesso l'adempimento del dovere di cooperazione istruttoria, avendo il Giudice esaminato genericamente la situazione politica del paese di provenienza e ritenuto la mancanza della prova di episodi di violenza indiscriminata, omettendo di indagare sulle condizioni effettive del paese di origine e, venendo meno al dovere di cooperazione istruttoria officiosa previsto dal D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 8. 3.1. Il motivo è inammissibile. 3.2. La Corte d'appello nell'esaminare la domanda di protezione sussidiaria, ha affermato che 1 l'inattendibilità delle dichiarazioni in merito alle ragioni dell'allontanamento di M.I. dal paese di origine le rendeva anche inidonee a fare ritenere accertata la provenienza del ricorrente 2 anche ad ammettere la provenienza del richiedente dal Punjab, correttamente il primo Giudice, aveva ritenuto che in tale regione non sussisteva una situazione di conflitto indiscriminato e di conflitto armato interno o internazionale cfr. pag. 9 della sentenza impugnata . Poiché la prima affermazione, che integra un'autonoma ratio decidendi ed è idonea a sorreggere di per sé sola la decisione sul punto, non è stata fatta oggetto di alcuna contestazione, ne deriva, come questa Corte ha più volte osservato, che il ricorrente non ha interesse a dolersi del profilo qui impugnato, poiché, quand'anche se ne riscontrasse la fondatezza, l'impugnata decisione si suffragherebbe pur sempre in base all'affermazione non censurata cfr. Cass., 11 febbraio 2011, numero 3386 Cass., 3 novembre 2011, numero 22753 Cass., 4 marzo 2016, numero 4293 Cass., 27 luglio 2017, numero 18641 Cass., 18 giugno 2019, numero 16314 inoltre, il ricorrente ha fondato la censura genericamente sul Paese di origine, e cioè il Pakistan , senza nulla allegare di specifico con riguardo alla regione specifica di asserita e dubitata ut supra provenienza, ovvero il Punjab cfr. pagine 6 e 7 del ricorso per cassazione . 3.3. Deve, in proposito, ribadirsi che il richiedente è onerato della dimostrazione della propria provenienza e delle circostanze che lo hanno indotto alla partenza, secondo il criterio del ragionevole sforzo e che, in tema di rischio di cui al D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 14, lett. c , si può prescindere dal riscontro individualizzante, nei termini rigorosi definiti dalle sentenze della Corte di Giustizia UE Elgafaji, 17 febbraio 2009 C-465/07 e Diakitè, 30 gennaio 2014 C-285/12 , purché sia credibile l'allegazione sulla provenienza dal Paese ove sussiste il conflitto tra le tante Cass., 12 maggio 2020, numero 8819 Cass., 29 maggio 2020, numero 10286 Cass., 24 maggio 2019, numero 14283 , e in tal caso il giudice, in attuazione del dovere di cooperazione, deve compiere la verifica officiosa, che è collegata strettamente al divieto di respingimento Cass., 31 gennaio 2019, numero 3016 , circa la sussistenza di un rischio derivante da violenza indiscriminata. 4. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 5, comma 6, quanto alla richiesta di protezione umanitaria la Corte d'appello aveva errato nell'omettere l'esame della domanda di protezione umanitaria perché non aveva ravvisato la sussistenza delle condizioni di riconoscimento delle misure maggiori la Corte avrebbe dovuto verificare l'esistenza dei presupposti specifici della domanda di protezione umanitaria, considerando anche il collegamento tra la situazione soggettiva e la condizione generale del paese in rapporto alle minacce ricevute, non dovendo dal ricorrente essere dedotte ragioni diverse od alternative rispetto a quelle prospettate. 4.1. Il motivo è inammissibile. 4.2. I giudici di secondo grado, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, hanno evidenziato, richiamando la statuizione del giudice di primo grado, che gli elementi emersi non offrivano alcuna evidenza in ordine ad una peculiare situazione di vulnerabilità del ricorrente e che anche la documentazione medica prodotta non attestava patologie ostative al rimpatrio del richiedente cfr. pag. 10 della sentenza impugnata . Il ricorrente, peraltro, anche in questa sede si è limitato ad una critica sterile indirizzata alla motivazione della sentenza, senza nulla aggiungere, in concreto, con riferimento alla posizione personale e ad una qualche situazione di vulnerabilità in grado di giustificare le ragioni umanitarie richieste per il permesso di soggiorno. 4.3. Sul punto, deve rammentarsi che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari presuppone l'esistenza di situazioni non tipizzate di vulnerabilità dello straniero, risultanti da obblighi internazionali o costituzionali, conseguenti al rischio del richiedente di essere immesso, in esito al rimpatrio, in un contesto sociale, politico ed ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali Cass., Sez. U., 13 novembre 2019, numero 29459 Cass., 30 marzo 2020, numero 7599 Cass., 22 febbraio 2019, numero 5358 . 5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nessuna statuizione va assunta sulle spese, poiché l'Amministrazione resistente non ha svolto difese. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, ove dovuto.