L’ampiezza di una riforma … “epocale”?

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016 è stato pubblicato il testo del disegno di legge costituzionale, approvato definitivamente in quarta lettura dalla Camera dei Deputati il 12 aprile 2016. Giunge così al termine dell’ iter parlamentare l’ampio disegno riformatore fortemente voluto dal Governo al dichiarato scopo di rendere più efficienti le istituzioni repubblicane e correggere alcuni meccanismi rivelatisi, nella prassi, troppo complessi e farraginosi. Affinché la riforma approvata dal Parlamento possa acquistare il rango di legge costituzionale, idonea a modificare la Carta fondamentale ai sensi dell’art. 138 Cost., occorrerà il voto favorevole del corpo elettorale, chiamato a pronunciarsi in un apposito referendum costituzionale. Riforma epocale? Agli elettori l’ardua sentenza. Al di là dei giudizi di merito sui singoli interventi previsti dal disegno di legge costituzionale, la riforma si contraddistingue per la sua ampiezza, dal momento che va ad incidere sulla composizione e/o sul funzionamento di tutti gli organi costituzionali, sull’esercizio della funzione legislativa e sulla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni.

Il disegno di legge costituzionale prevede nuove norme ance riguardo all’elezione del Capo dello Stato. Addio ai delegati regionali. All’elezione del Presidente della Repubblica non parteciperanno più i delegati regionali attualmente, tre per ogni Regione, ad eccezione della Valle d’Aosta che ha un solo delegato , ma solo le Camere in seduta comune. Tale modifica si giustifica con la nuova composizione del Senato, trasformato in camera delle istituzioni locali e nel quale, pertanto, viene data ampia rappresentanza alle Regioni. Cambia il quorum. Secondo la riforma costituzionale, per l’elezione del Capo dello Stato sarà necessaria la maggioranza dei due terzi fino al quarto scrutinio, poi basteranno i tre quinti del Parlamento in seduta comune. Dal settimo scrutinio basteranno i tre quinti dei votanti. Attualmente è necessario ottenere i due terzi dei voti fino al terzo scrutinio dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. La novità intende favorire la ricerca di una più ampia convergenza tra le forze politiche nella scelta del Presidente della Repubblica. Chi sostituisce il Presidente della Repubblica? Coerentemente con il nuovo assetto dei due rami del Parlamento, il disegno di legge costituzionale prevede che, in caso di temporaneo impedimento del Capo dello Stato, questi venga sostituito dal Presidente della Camera e non più del Senato .

Il disegno di legge costituzionale, oltre ad incidere sulle istituzioni attraverso le quali si esplica la c.d. democrazia indiretta o rappresentativa, interviene sugli istituti di democrazia diretta iniziativa legislativa popolare e referendum popolari. Leggi di iniziativa popolare la riforma alza l’asticella. Per le proposte di legge di iniziativa popolare sarà richiesta la raccolta di 150 mila firme, invece delle attuali 50 mila. In compenso, però, viene demandato ai regolamenti parlamentari il compito di garantire tempi, forme e limiti della discussione e della deliberazione conclusiva su tali proposte. Attualmente, invece, non esiste alcun vincolo per le Camere di esaminare le proposte di iniziativa popolare. Arrivano i referendum propositivi . La riforma introduce un nuovo tipo di referendum popolare, il referendum propositivo e d’indirizzo che va ad aggiungersi al referendum abrogativo, a quello costituzionale ed a quelli in materia di modifiche del territorio regionale le modalità attuative di tale istituto e quelle di altre forme di consultazione vengono, però, integralmente rinviate ad una successiva legge che dovrà essere approvata da entrambe le Camere.

La riforma costituzionale intende semplificare il riparto della competenza legislativa tra Stato e Regioni, al fine di limitare le rilevanti criticità emerse in sede di attuazione dell’art. 117 Cost., nella formulazione introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001. Scompare la potestà legislativa concorrente. Il disegno di legge costituzionale prevede una profonda riscrittura del sistema di ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni, al fine di razionalizzare l’attuale suddivisione delle competenze. Come è noto, infatti, il meccanismo introdotto dalla riforma costituzionale del 2001 – distinguendo tra materie di competenza esclusiva dello Stato, materie di competenza esclusiva delle Regioni e materie devolute alla competenza concorrente – è stato fonte di notevoli contrasti interpretativi ed attuativi, che hanno costantemente comportato la necessità di un intervento risolutore della Corte Costituzionale. Il disegno di legge costituzionale varato dal Parlamento elimina, pertanto, uno dei punti più problematici della precedente riforma del titolo V, vale a dire la potestà legislativa concorrente, in base alla quale, nelle materie espressamente indicate dall’art. 117, comma 3, Cost. ad esempio, rapporti internazionali e con l’UE, ricerca scientifica e tecnologica, ordinamento sportivo, governo del territorio, ecc. , viene demandato alla legge statale il compito di emanare la disciplina di principio cc.dd. leggi cornice ed alle Regioni l’adozione della disciplina di dettaglio. Arriva una nuova ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. Le materie attualmente attribuite alla potestà concorrente vengono ora ridistribuite ed assegnate, alternativamente, allo Stato o alle Regioni. Il nuovo art. 117 Cost., infatti, elenca le materie demandate alla potestà esclusiva dello Stato facendovi rientrare, ad esempio, l’ambiente, la gestione di porti e aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro, ordinamento delle professioni , nonché le materie devolute alla potestà legislativa regionale ad esempio, rappresentanza delle minoranze linguistiche, pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, dotazione infrastrutturale, programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali , con la precisazione che tutte le altre materie non espressamente indicate rientrano nella competenza delle Regioni. Materie devolute alle Regioni l’intervento dello Stato è comunque possibile. La riforma prevede, poi, che, su proposta del Governo, la legge statale possa comunque intervenire sulle materie attribuite alla potestà legislativa regionale, quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale. Viene così recuperato un concetto, quello di interesse nazionale” che, in passato, aveva fortemente limitato la potestà legislativa regionale. Attualmente, gli unici limiti al potere delle Regioni di legiferare nelle materie di loro competenza esclusiva sono costituiti dal rispetto della Costituzione nonché dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali limiti che, ovviamente, sono confermati anche dalla riforma costituzionale appena varata dal Parlamento .

La riforma costituzionale approvata in quarta lettura tocca uno dei punti più sensibili dell’architettura istituzionale introdotta dalla Carta fondamentale del 1948 il bicameralismo perfetto”, vale ad dire la perfetta identità di funzioni e di poteri tra i due rami del Parlamento. Il bicameralismo perfetto” è veramente perfetto? Il bicameralismo perfetto”, incentrato sull’esercizio collettivo della funzione legislativa da parte di Camera e Senato, implica la necessità che le leggi siano approvate nel medesimo testo da entrambe le Camere in questo modo, il Costituente ha inteso garantire che la funzione legislativa fosse esercitata all’esito di un idoneo processo di valutazione e di ponderazione. Tale meccanismo, tuttavia, ha dato luogo al fenomeno delle cc.dd. navette” e, cioè, dei passaggi di un disegno di legge da una Camera all’altra a seguito delle modifiche in astratto, anche modeste o minime apportate in sede di approvazione, stante la necessità che entrambi i rami del Parlamento licenzino il medesimo testo a tale fenomeno è stata attribuita la lentezza e la farraginosità del processo decisionale parlamentare. Dal bicameralismo perfetto” al bicameralismo imperfetto”. Nel dichiarato intento di semplificare l’iter di approvazione delle leggi, la riforma costituzionale prevede il superamento del bicameralismo perfetto”, mediante l’attribuzione della funzione legislativa, in linea di principio, alla sola Camera dei Deputati. Il Senato, tuttavia, non è completamente tagliato fuori dalla potestà legislativa. La riforma prevede, infatti, che ogni disegno di legge approvato dall’Aula di Montecitorio sia immediatamente trasmesso al Senato che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei successivi trenta giorni, il Senato può deliberare a maggioranza assoluta proposte di modifica del testo, sulle quali la Camera si pronuncia in via definitiva, potendole bocciare solo a maggioranza assoluta dei propri componenti. Il Senato, inoltre, mantiene la funzione legislativa insieme alla Camera in materia di rapporti tra Stato , Unione Europea ed enti territoriali, nonché per le leggi a di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali b di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche c sui referendum popolari d che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni. Il Governo non ha più bisogno della fiducia del Senato. Il superamento del bicameralismo perfetto si concretizza anche nelle previsioni in base alle quali solo la Camera dei Deputati potrà concedere o revocare la fiducia al Governo ed esercitare la funzione di indirizzo politico si vuole evitare, in questo modo, che l’esistenza di maggioranze politiche diverse nei due rami del Parlamento possa avere ripercussioni sulla formazione e sulla permanenza in carica dell’esecutivo. Il nuovo Senato, inoltre, non avrà più competenze sullo stato di guerra, la cui deliberazione viene attribuita alla sola Camera, che dovrà pronunciarsi a maggioranza assoluta in luogo dell’attuale maggioranza semplice .

Uno dei punti più qualificanti e controversi della riforma costituzionale approvata dal Parlamento riguarda la nuova composizione del Senato. Dall’ipotizzata soppressione al Senato delle Regioni”. Almeno nelle prime fasi del dibattito politico che hanno preceduto l’ iter parlamentare, la riforma costituzionale avrebbe dovuto comportare la soppressione del Senato, nell’ottica di una maggiore semplificazione dei meccanismi istituzionali e di un maggiore risparmio sui costi della politica . Questa ipotesi è stata presto abbandonata e si è preferito optare per un ripensamento dell’Aula di Palazzo Madama, con ridotte attribuzioni ed una diversa composizione dell’idea originaria è rimasto il superamento del bicameralismo perfetto ed il tentativo di un contingentamento dei costi di funzionamento attraverso l’abolizione delle indennità per i senatori. La nuova composizione. Il nuovo Senato, riprendendo un’idea che era stata discussa anche durante i lavori della Costituente, viene trasformato nella camera rappresentativa delle istituzioni territoriali. I suoi 95 membri elettivi in luogo degli attuali 315 verranno eletti, con metodo proporzionale, dai Consigli regionali e dai Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i Sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti. I nuovi senatori saranno eletti dagli eletti. Contrariamente a quanto richiesto da una minoranza di parlamentari, la riforma ha escluso l’elezione diretta dei senatori, preferendo optare per un meccanismo di elezione indiretta. Il collegamento con la volontà espressa dal corpo elettorale dovrebbe essere tuttavia garantito, nelle intenzioni del legislatore, oltre che dall’adozione del metodo proporzionale, dal riferimento alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo degli organi medesimi . Vengono, comunque, rinviate ad una successiva legge elettorale – che dovrà essere approvata da Camera e Senato entro 6 mesi dall’entrata in vigore della riforma costituzionale – le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei senatori tra i Consiglieri ed i Sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione in caso di cessazione della carica elettiva regionale o locale. La riforma dà un taglio ai senatori a vita. Secondo le previsioni del disegno di legge costituzionale, saranno senatori a vita solo gli ex Presidenti della Repubblica. I cinque senatori di nomina presidenziale – scelti tra i cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario – saranno, invece, temporanei, durando in carica sette anni e non potendo essere nuovamente nominati. I senatori rinunciano all’indennità, ma non all’immunità. La riforma prevede che soltanto i deputati potranno fruire dell’indennità parlamentare, mentre i senatori dovranno accontentarsi” dell’indennità già percepita per la carica di consigliere regionale o di sindaco. Il disegno di legge nulla dice, però, in materia di diaria o rimborsi spese che, pertanto, saranno disciplinati autonomamente da ciascuna Camera. Inoltre, ai senatori verranno riconosciute le immunità funzionali previste dall’art. 68 Cost