Valute virtuali e prestatori di servizi - profili antiriciclaggio

Le valute virtuali e la loro attuale diffusione. La Banca d’Italia ha definito valute virtuali VV le rappresentazioni digitali di valore non emesse da una banca centrale o da un’autorità pubblica. Esse non sono necessariamente collegate a una valuta avente corso legale, ma sono utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento e possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente. Le VV non sono moneta legale e non devono essere confuse con la moneta elettronica Comunicazione del 30 gennaio 2015 . Si tratta, di fatto, di un mezzo di pagamento elettronico, di tipo peer to peer , fondato sull’accettazione volontaria da parte degli operatori del mercato, che lo ricevono come corrispettivo per lo scambio di beni e servizi, riconoscendogli un valore di scambio in assenza di un obbligo di legge. Le VV hanno natura puramente digitale in quanto create, memorizzate ed utilizzate su dispositivi elettronici nei quali sono conservate in conti personalizzati c.d. portafogli elettronici” e-wallet , come tali accessibili e trasferibili dal titolare in possesso delle relative credenziali, in qualsiasi momento e senza bisogno dell’intervento di terzi. Per utilizzarle occorre acquistarle da altro soggetto in cambio di valuta legale fiat ovvero accettarle, nei termini volontaristici sopra indicati, come corrispettivo per la vendita di beni e servizi, tramite piattaforme definite exchanger ” che consentono lo scambio delle valute virtuali con le valute fiat al tasso di cambio aggiornato al valore di mercato. Queste piattaforme o prestatori di servizi svolgono, di fatto, un ruolo simile a quello di un intermediario finanziario. Col termine blockchain si designa, infine, la catena di piattaforme elettroniche tramite la quale le valute virtuali vengono trattate. Si tratta di un database di operazioni crittografate conservate su una rete di computer chain catena” composta da blocchi block , una sorta di libro contabile aperto e verificabile dagli utenti, distribuito in modo tale che i record non possano essere modificati senza alterare tutti i blocchi successivi. Le transazioni avvengono in totale anonimato ogni utente sulla blockchain è infatti identificato tramite una chiave crittografata privata, che rende impossibile l’individuazione delle controparti. Le valute virtuali anche dette criptovalute” hanno un ancora limitato utilizzo nel commercio elettronico mentre vengono spesso utilizzate per il gioco online e più di recente sono divenute oggetto di vere e proprie scommesse speculative. Numeri e percentuali sono in crescita. Si calcola che ad oggi ne siano in circolazione oltre 1.500 la più significativa, il Bitcoin, da sola vale ca. il 41% del mercato, ma ne esistono molte altre, a volte con nomi originali quali lo Shark-coin o perfino il Ponzi-coin. Insieme raggiungono una capitalizzazione di tutto rispetto, dal valore complessivo in forte oscillazione, ma che sebbene lontana dal picco di metà dello scorso dicembre, a tutt’oggi inizi di marzo 2018 si aggira comunque intorno ai 460 miliardi di dollari.

La negoziazione di valute virtuali pone rilevanti questioni nel campo dell’antiriciclaggio, posto che l’anonimato che garantisce alle parti impedisce l’identificazione delle stesse e la tracciabilità delle operazioni sottostanti, che possono pertanto avere ad oggetto anche beni illeciti. Si aggiunga che il sistema, dove exchanger e e-wallet conservano” ingenti patrimoni degli utenti in valute virtuali, ha più volte attirato l’attenzione degli hacker , con ripetuti attacchi alle piattaforme di scambio, mentre lo stesso bitcoin – fornito dagli exchanger - viene richiesto alle vittime aziende pubbliche e private in pagamento del riscatto” degli attacchi informatici subiti, per riavere indietro i propri dati sensibili. Tra la fine del 2013 e gli inizi del 2014 ebbe vasta eco un’indagine statunitense denominata Silk road ” via della seta” , dal nome del sito web abilmente celato, progettato per consentire agli utenti di acquistare e vendere illegalmente e anonimamente farmaci, armi, identità rubate, stupefacenti, e fare pirateria informatica e riciclaggio di denaro, le cui transazioni erano regolate in bitcoin. Il sito fu prima bloccato e poi chiuso dall’FBI, i cui agenti si erano infiltrati sotto copertura nella piattaforma, ed il titolare condannato all’ergastolo. Rischi. L’attenzione antiriciclaggio sul mondo delle VV a livello sovranazionale può farsi risalire al giugno 2014, quando il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale – GAFI, organismo globale intergovernativo creato in ambito OCSE con lo scopo di ideare e promuovere strategie di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, ha pubblicato il report Virtual Curruncies – Potential AML/CFT Risks ”. I rischi individuati si ritengono in sintesi derivanti da a il maggiore anonimato che il loro trading assicura rispetto ai tradizionali sistemi di pagamento elettronici, per via della negoziabilità delle valute virtuali in un sistema del tutto non-face-to-face privo di alcuna identificazione sia della fonte di funding sia dei soggetti mittenti e trasferenti b la mancanza di un’autorità di controllo sul mercato che ne monitori gli aspetti di anti-money laundering AML e di anti-terrorismo CFT e ne identifichi le operazioni sospette c la complessità delle strutture e dei soggetti coinvolti nell’estrazione e nella negoziazione delle valute virtuali, spesso distribuita su diversi Paesi e giurisdizioni, che rende particolarmente difficoltosi la ricostruzione e l’accesso completo da parte degli organi investigativi e delle autorità di controllo. Quest’ultimo tema è giustamente considerato ancor più rischioso per via del continuo mutare della tecnologia sottostante e dal frequente utilizzo di entità con sede in giurisdizioni poco collaborative nel contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo. Il 4 luglio successivo, anche l’European Banking Authority – EBA, nel suo Opinion on ‘virtual currencies ” ha individuato i numerosi profili di rischio posti dalle VV, rilevanti per a gli utilizzatori consumatori, investitori e merchant b i partecipanti al mercato piattaforme di scambio e depositari dei portafogli virtuali c l’integrità e la stabilità del sistema finanziario e del sistema dei pagamenti d gli intermediari e le autorità di regolamentazione. Detto report auspica un intervento delle istituzioni europee per definire un quadro normativo armonizzato, che tra l’altro riservi l’operatività in VV a soggetti autorizzati. In tale scia, la Banca d’Italia, con la citata Comunicazione del 30 gennaio 2015, ha fatto proprie le opinioni dell’EBA, sottolineando i rischi agli operatori da essa vigilati, anche in considerazione della possibile violazione - da parte degli exchanger - della riserva di legge sulla raccolta del risparmio e la prestazione di servizi di pagamento, con i conseguenti aspetti di abusivismo bancario e finanziario. Banca d’Italia evidenzia che le concrete modalità di funzionamento degli schemi di VV possono integrare, nell’ordinamento nazionale, la violazione di disposizioni normative, penalmente sanzionate, che riservano l’esercizio della relativa attività ai soli soggetti legittimati articolo 130, 131 del Testo Unico Bancario - TUB per l’attività bancaria e l’attività di raccolta del risparmio art. 131- ter TUB per la prestazione di servizi di pagamento art. 166 del Testo Unico della Finanza per la prestazione di servizi di investimento . In pari data, l’Unità di Informazione Finanziaria – UIF agenzia antiriciclaggio italiana, costituita con particolari caratteristiche di autonomia ed indipendenza all’interno della Banca d’Italia pubblicava il documento Utilizzo anomalo delle valute virtuali” dove si sottolineava, anche alla luce di alcune segnalazioni di operazioni sospette ricevute, i potenziali effetti per il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo resi possibili dall’anonimato delle transazioni in VV e dall’operatività online, spesso posta in essere tra Paesi a rischio”. Dal momento che l’allora esistente normativa antiriciclaggio, ossia il Decreto Legislativo 231/2007, non prevedeva tra i destinatari i prestatori di servizi di valute virtuali, la UIF opportunamente richiamava gli intermediari finanziari obbligati – specie nella loro attività di prestatori di servizi di pagamento – e le case da gioco e scommesse, anche telematiche, a valutare con specifica attenzione le operazioni di prelevamento e/o versamento di contante e le movimentazioni di carte di pagamento, connesse ad operazioni di acquisto e/o vendita di valute virtuali, realizzate in arco temporale circoscritto, per importi complessivamente rilevanti”. Pochi mesi dopo, il 18 aprile 2016, a seguito dei gravi fatti terroristici che avevano colpito numerosi Paesi europei, la UIF nella comunicazione Prevenzione del finanziamento del terrorismo internazionale” metteva ulteriormente in guardia i soggetti obbligati dal possibile utilizzo delle valute virtuali anche per reati della specie.

Già da tempo, quindi, le Autorità sovranazionali e nazionali di settore e gli Organi Inquirenti, avevano sottolineato i rischi che strumenti come il bitcoin presentano per il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo, la truffa e altri traffici illeciti, in assenza di qualunque strumento di tracciabilità e chiarezza dei soggetti coinvolti nelle relative transazioni. Tuttavia, né la normativa antiriciclaggio allora vigente e neppure la Direttiva Europea n. 2015/849 del 20 maggio 2015 cd Quarta Direttiva allora in corso di recepimento, riportavano specifiche norme per disciplinare un fenomeno così importante. A seguito, però, di due eventi verificatisi nella primavera del 2016, ossia la predetta ondata di attentati terroristici e la pubblicazione dei file dei c.d. Panama Papers”, il 5 luglio 2016 la Commissione Europea adottava la Proposta COM 2016 450, volta a rafforzare le norme antiriciclaggio e di contrasto al terrorismo contenute nella citata Quarta Direttiva . Tra i punti principali della proposta della Commissione troviamo la lotta all’utilizzo delle valute virtuali a fini illeciti, allo scopo di includere nella Direttiva la disciplina di scambio delle VV e gli obblighi di adeguata verifica della clientela nelle operazioni di scambio di valute virtuali in valute reali. Sebbene il Parlamento Europeo non abbia ancora approvato la Proposta di modifica della Quarta direttiva, quello della lotta agli utilizzi illeciti delle cripto-valute resta un tema base della nuova Quinta Direttiva, la cui prima bozza – pubblicata nel febbraio 2017 - estende l’ambito di applicazione degli obblighi AML/CFT ai prestatori di servizi di scambio tra valute virtuali e valute legali exchanger ed ai prestatori di servizi di portafoglio digitale che offrono servizi di custodia delle credenziali necessarie per accedere alle valute virtuali e-wallet . L’Italia - in sede di recepimento della Quarta Direttiva, operata dal Decreto Legislativo n. 90 del 25 maggio 2017 ed attuata tramite la riscrittura totale del precedente D.lgs. 231/2007 che aveva recepito la Terza Direttiva - è stata il primo Paese europeo ad introdurre regole sugli exchanger , considerandoli tra i soggetti obbligati al rispetto delle norme AML/CFT, nonché modificando la normativa sull’attività di cambiavalute sì da includervi l’innovativa figura dei cambiavalute virtuali”. Detti soggetti sono destinati a iscriversi in una sezione speciale del registro dei cambiavalute, dal 2015 tenuto dall’Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi – OAM, istituito dall’art. 128- undecies del TUB. In concreto si - definisce prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale d.lgs. n. 231/07, art. 1, comma 2, lett. ff come riscritto dal d.lgs. n. 90/17 . - definisce valuta virtuale la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente citato art. 1, comma 2, lett qq . - estendono gli obblighi antiriciclaggio in quanto si fanno rientrare nella categoria di altri operatori non finanziari i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute virtuali aventi corso forzoso art. 3, comma 5, lett. i . - modifica la disciplina dell’attività di cambiavalute, di cui all’art. 17- bis d.lgs. n. 141/10 e successive modifiche, inserendovi il comma 8- bis Le previsioni di cui al presente articolo si applicano, altresì, ai prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale, come definiti nell'art. 1, comma 2, lettera ff , del d.lgs. n. 231/2007 e successive modificazioni, tenuti, in forza della presente disposizione, all'iscrizione in una sezione speciale del registro di cui al comma 1” registro dei cambiavalute ed il comma 8- ter Ai fini dell'efficiente popolamento della sezione speciale di cui al comma 8-bis, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità e la tempistica con cui i prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale sono tenuti a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze la propria operatività sul territorio nazionale. La comunicazione costituisce condizione essenziale per l'esercizio legale dell'attività da parte dei suddetti prestatori art. 8, d.lgs. n. 90/17 . In attuazione di quest’ultima disposizione, lo scorso 2 febbraio il Ministero dell'Economia e delle Finanza – MEF ha posto in pubblica consultazione sul proprio sito lo schema del decreto ministeriale per realizzare una prima rilevazione sistematica del fenomeno dei prestatori di servizi in valute virtuali il 16 febbraio successivo è scaduto il termine per inviare osservazioni e contributi. Comunicazione al MEF Il testo prevede che chiunque sia interessato a svolgere sul territorio italiano l’attività di prestatore di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, debba darne comunicazione al MEF. Sono inclusi nell’obbligo anche gli operatori commerciali che accettano valuta virtuale quale corrispettivo di qualsivoglia prestazione avente ad oggetto beni, servizi o altre utilità art. 2, comma 2, dello schema di decreto . Vengono anche stabilite le modalità elettroniche della comunicazione e viene previsto l’avvio da parte dell’OAM della gestione della predetta gestione speciale del registro dei cambiavalute. L’art. 5 disciplina la cooperazione del MEF con la Guardia di Finanza sui dati e le informazioni così raccolte in merito ai prestatori di servizi di valute virtuali e la messa a disposizione dei dati stessi alla Polizia postale a supporto di eventuali attività di indagine riconducibili al contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo . Come riportato nel Comunicato stampa del MEF n. 22 del 2 febbraio 2018, che accompagna lo schema di decreto, il censimento e l’avvio del registro consentiranno anche di vigilare meglio sul rispetto delle regole da parte degli operatori e daranno loro certezza sull’esercizio legale della propria attività . La recente normativa, da un canto quindi assoggetta gli exchanger all’adempimento degli obblighi antiriciclaggio l’adeguata verifica ivi compresa l’identificazione del cliente e del titolare effettivo, la conservazione dei documenti e dei dati raccolti, l’invio di segnalazioni di operazioni sospette alla UIF con conseguenti sanzioni amministrative o penali in caso di loro inosservanza, dall’altro fa venire meno i profili di abusivismo finanziario e bancario tramite l’iscrizione di questi soggetti nel registro vigilato dei cambia-valute virtuali. Il nostro Paese anticipa così le disposizioni che riserverà a questo importante tema la Quinta Direttiva europea di prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, di cui seguiremo l’evoluzione per valutarne in concreto i nuovi contenuti. A riprova dell’attualità del tema si cita, da ultimo, il recente parere del Notariato 14 marzo in merito al quesito posto da un professionista sull’acquisto di un immobile che, se pur denominato in euro, viene regolato in bitcoin. Senza entrare nel merito dell’autonomia negoziale sulla scelta del metodo di soluzione, il Notariato ne passa in rassegna i rischi, fin qui rappresentati, in tema di sicurezza, volatilità, non ufficialità, ma - ancor di più - di anonimato delle transazioni. Si osserva che ”nel sistema bitcoin, l’irreperibilità delle parti effettive non deriva da una forma di protezione in qualche modo reversibile o sospendibile del dato, bensì da un anonimato intrinseco alla stessa tecnologia adottata. Ne deriva, pertanto, che la possibilità di un tracciamento, meramente informatico, nel senso appena accennato potrebbe essere del tutto ininfluente ai fini della normativa antiriciclaggio . Neppure l’autore del pagamento può infatti identificare il destinatario”. Inoltre mentre in talune transazioni effettuate in contanti il pubblico ufficiale può essere testimone di una traditio che avviene in sua presenza, con ciò rendendo in qualche modo tracciato almeno un singolo segmento del flusso anonimo del contante, l’operazione in bitcoin costituisce una transazione che potrebbe essere definita apparente essa proviene, infatti, da un conto”, che l’acquirente dichiara essere proprio, ad un altro conto del quale, parimenti, il venditore asserisce la titolarità, ma il tutto senza che possa esservi il benché minimo riscontro della veridicità di tali dichiarazioni . Ne consegue un’oggettiva impossibilità di adempiere gli obblighi antiriciclaggio identificazione delle parti e del beneficiario effettivo dell’operazione , motivo per cui il parere suggerisce di valutare l’opportunità di effettuare una segnalazione di operazione sospetta.