Reato di autoriciclaggio: introduzione in Italia

A cosa serve il reato di autoriciclaggio? Perché introdurre in Italia il reato di autoriciclaggio”? Questo interrogativo aleggia da tempo nel dibattito pubblico sui temi della lotta alla corruzione, all’evasione fiscale e alla criminalità economica e organizzata, alimentato da dichiarazioni unanimi sull’opportunità della sua introduzione e da osservazioni assai più contrastanti sulla sua formulazione. E dunque cos’è questo reato di auto-riciclaggio, cosa intende colpire, è ben formulato e che rischi comporta? A partire da oggi, e per 5 appuntamenti, Nicola Mainieri e Marco Pacini analizzeranno tutti questi aspetti.

In termini tecnici, il reato di autoriciclaggio punisce il riciclaggio dell’autore del reato presupposto. Secondo il codice penale, risponde di riciclaggio chi sostituisce o trasferisce il denaro, i beni o le utilità derivanti da delitto non colposo, ovvero compie altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della sua provenienza delittuosa . In sostanza, riciclare significa ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei proventi di un reato, appunto, presupposto. Sempre secondo il codice penale, tuttavia, di riciclaggio non può rispondere l’autore del reato presupposto. Ad esempio, se il riciclaggio ha ad oggetto i proventi di una rapina, di esso non può rispondere l’autore della rapina, ma solo il terzo” rispetto a quel reato, che di solito chiede in cambio un compenso. Per questo si parla comunemente di necessaria terzietà” del riciclatore rispetto all’autore del reato presupposto. Perché questa terzietà? Questa è stata, certo, voluta dal legislatore, ma per ragioni, oltre che politiche, anche ideologiche e di sistema. E in effetti, da un lato, quando è stato per la prima volta introdotto il reato di riciclaggio, chi si voleva punire era proprio il terzo riciclatore, il quale, a differenza dell’autore del reato presupposto, non soggiaceva ad alcuna pena. Si intendeva quindi colmare una lacuna nello jus puniendi , per reprimere un fenomeno di notevole gravità e impatto sull’economia. Dall’altro lato, si riteneva che estendere la punibilità per riciclaggio anche all’autore del reato presupposto sarebbe equivalso a sanzionare quest’ultimo per un comportamento, quello dell’autoriciclaggio, naturalmente conseguente al reato presupposto e ciò in quanto, notoriamente, chi compie un reato a contenuto patrimoniale lo fa per godere dei proventi dello stesso. Di qui il principio di non punibilità del cd. post factum o di consunzione. Questa scelta legislativa comporta, però, un serio problema. Se, infatti, si esclude la punibilità per l’autore del reato presupposto, la si deve logicamente escludere anche per il concorrente in tale reato, cioè per chi, in diverso modo, ha partecipato a esso e, in quanto tale, ne è co-autore. Il caso più eclatante è quello del fiduciario” di un paradiso fiscale, che aiuta il contribuente a evadere il fisco emettendo fatture che il contribuente paga con soldi che il fiduciario gli restituisce all’estero dedotto il compenso. Ecco, quindi, il motivo per cui si introduce l’autoriciclaggio soprattutto per colpire chi, pur essendo sostanzialmente un riciclatore spesso di professione , rimane formalmente un concorrente nel reato presupposto, ed è quindi assoggettato a pene assai minori rispetto alla gravità del fatto. E, in questo modo, restituire vitalità” allo stesso reato di riciclaggio che, a causa di questa limitazione, ha sinora prodotto effetti repressivi, e quindi deterrenti, molto limitati. L’introduzione del reato di autoriciclaggio risolverebbe, poi, un problema di disallineamento normativo. Il contrasto al riciclaggio è, infatti, affidata, sul piano amministrativo, a un vero e proprio apparato antiriciclaggio”. Quest’ultimo prevede che gli intermediari finanziari, i professionisti e altri operatori identifichino i propri clienti, ne stabiliscano il livello di rischio”, registrino le operazioni più importanti, segnalino eventuali operazioni sospette di riciclaggio alla Unità di informazione finanziaria – UIF. La legge istitutiva di questo apparato introduce, a fini amministrativi, una diversa definizione di riciclaggio, in forza della quale può commettere riciclaggio anche l’autore del reato presupposto. Questo provoca, però, una grave incertezza negli operatori. Che senso ha, infatti, segnalare alla UIF il sospetto riciclaggio dell’autore del reato presupposto se quest’ultimo non può essere perseguito per riciclaggio? Ecco, quindi, che l’introduzione dell’autoriciclaggio scioglie queste incertezze. Naturalmente, il reato di autoriciclaggio deve essere costruito bene. Si deve, cioè, fare in modo che con esso non sia punita per autoriciclaggio la stessa condotta già punita come reato presupposto ne bis in idem non sia punito qualunque utilizzo dei proventi, il che costringerebbe l’autore ad autodenunciarsi nemo tenetur se detegere non si assoggetti l’autore del reato a una pena eccessiva proporzionalità della pena siano al contempo utilizzabili alcuni mezzi investigativi, come le intercettazioni. * Le opinioni espresse dagli Autori non impegnano in alcun modo l’istituto di appartenenza

L’introduzione del reato di autoriciclaggio arriva al termine di una lunga fase di gestazione. La prima formulazione del reato prevedeva la punibilità del riciclaggio solo per un numero ristretto di reati presupposto. Nel 1990 il Consiglio di Europa apriva alla firma la cd. Convenzione di Strasburgo sul riciclaggio, il sequestro e la confisca dei proventi di reato. La Convenzione veniva ratificata con la legge n. 328/1993, che introduceva all’art. 648-bis c.p., l’attuale formulazione del reato di riciclaggio. Dopo l’introduzione di ieri, continua l’approfondimento in materia di autoriciclaggio. Ampliato il novero dei reati presupposto. Con questa legge, da un canto, si ampliava il novero dei reati presupposto fino ad includervi qualsiasi delitto non colposo dall’altro, però, l’Italia si avvaleva della possibilità di stabilire che il riciclaggio non si applicasse alle persone che hanno commesso il fatto principale . Nello stesso senso furono, poi, ratificate la Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione del 1999 e la Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale del 2000. L’esclusione della punibilità dell’autoriciclaggio non ha mancato di creare contraddizioni. La legge del 2005 sul mandato di arresto europeo, per esempio, prevede la consegna obbligatoria in-dipendentemente dalla doppia incriminazione per fatti quali il riciclaggio. In sostanza, l’Italia può ricevere in consegna un colpevole di autoriciclaggio, anche se da noi questo non è reato. Né l’assenza del reato di autoriciclaggio è passata inosservata agli organismi internazionali competenti. Nel suo Rapporto di mutual evaluation sull’Italia, il FMI rilevava come, per quanto le Quaranta Raccomandazioni del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale-GAFI non imponesse-ro espressamente la sanzionabilità dell’autoriciclaggio, l’introduzione di reato fosse nondimeno raccomandabile, anche alla luce delle esigenze investigative rappresentate dalle stesse autorità italiane. Similmente, nel suo Rapporto di Fase 3 sull’Italia del 2011, il Gruppo di lavoro OCSE ha osservato come, sebbene la convenzione OCSE contro la corruzione dei pubblici ufficiali stranieri non preveda l’obbligo di punire l’autoriciclaggio, una simile lacuna normativa, che rischia di ostacolare l’efficace applicazione della legislazione in materia di corruzione internazionale, non sembra giustificata dai principi fondamentali del diritto italiano. A livello di Unione Europea, infine, con Risoluzione del 25 ottobre 2011 il Parlamento Europeo ha chiesto espressamente alla Commissione, in vista della proposta legislativa per l’aggiornamento della direttiva contro il riciclaggio di denaro di inserire come obbligatoriala penalizzazione del cosiddetto autoriciclaggio, ovvero il riciclaggio di denaro di provenienza illecita compiuta dallo stesso soggetto che ha ottenuto tale denaro in maniera illecita . D’altro canto, nel panorama internazionale non sono pochi i paesi che già prevedono il reato di autoriciclaggio. Si tratta di Paesi di common law , come Stati Uniti, Regno Unito e Australia, ma anche di paesi di cultura giuridica continentale”, quali Spagna, Belgio, Portogallo, Francia che in realtà lo ho adottato in base ad una pronuncia della Cassazione , Grecia, Svizzera, san Marino e Sta-to della Città del Vaticano, nonché il Giappone. In attesa della mutual evaluation del FMI-GAFI del 2015, la Banca d’Italia ha più volte segnalato l’urgenza dell’introduzione di simile reato. Nel luglio 2009, il Governatore Mario Draghi osservava, nella testimonianza alla Commissione Parlamentare Antimafia, come la positiva esperienza di altri Paesi, richiamata anche nel 2005 dal FMI, suggerirebbe di allineare la nozione penale a quella amministrativa, introducendo il reato di autoriciclaggio , eventualmente circoscrivendone la sfera di azione. Una posizione analoga veniva espressa dal Direttore della UIF Giovanni Castaldi nella testimonianza resa alla Commissione Parlamentare Antimafia nel 2011. Così come il Direttore della UIF Claudio Clemente ricordava, presentando nel luglio 2014 il Rapporto sulle attività del 2013, come il disallineamento tra la nozione penale e amministrativa di autoriciclaggio condizioni negativamente la repressione del riciclaggio stesso e, quindi, l’efficacia complessiva del sistema di contrasto . Di recente il Governatore Ignazio Visco ha autorevolmente sottolineato, nel corso di un convegno tenutosi lo scorso 7 novembre a Milano in tema di contrasto all’illegalità come precondizione della crescita economica, l’importanza di completare l’apparato repressivo per perseguire efficace-mente reati diffusi, ma di difficile emersione, come la truffa, la corruzione e l’evasione fiscale. Il reato di autoriciclaggio, infatti, affiancando alla pena prevista per i reati presupposto quella per il riciclaggio dei proventi, consentirebbe di sottrarre molti processi alla prescrizione. Nel merito, il Governatore ha osservato come il testo rappresenti un compromesso tra diverse posizioni, anche molto distanti ma che l’approvazione rapida della legge rappresenterebbe comunque un primo, importante, passo dopo anni di discussione. Da ultimo, lo stesso Direttore della UIF ha confermato, in Commissione al Senato, che la proposta in discussione in Senato appariva efficace, sottolineando l’opportunità di agire celermente al fine di non vanificare l’azione di prevenzione e denuncia delle segnalazioni di operazioni sospette, passate dalle 12.500 del 2007 alle 74.000 stimate per l’anno in corso.

Veniamo, quindi, al nuovo reato di autoriciclaggio. Esso prevede che è punito chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa . Scompare, dunque, la clausola di riserva fuori dei casi di con-corso nel reato”. Innanzitutto, quindi, il reato di autoriciclaggio ha una previsione normativa ad hoc , distinta da quella del riciclaggio, ed è applicabile a chi ha commesso o concorso a commettere un delitto non colposo. Come per il riciclaggio, poi, è necessario che sia ostacolata l’identificazione della provenienza delittuosa. Qui, però, si aggiunge l’avverbio concretamente” occorre, cioè, che l’ostacolo alla identificazione della provenienza dal reato presupposto sia reale e non soltanto possibile. La condotta, poi, è costruita in maniera piuttosto differente rispetto a quella del riciclaggio. Lì è punito chi sostituisce o trasferisce i proventi ovvero compie altre operazioni in modo da ostacolare . Qui, invece, è punito non solo chi sostituisce e trasferisce, ma anche chi impiega , mentre non è punito chi compie altre operazioni . Per di più, chi sostituisce, trasferisce o impiega non può farlo tout cour , ma deve farlo in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative. Il nuovo reato che in audizione è stato detto assumere una dimensione di tutela dell’amministrazione della giustizia penalizza pertanto, in maniera più evidente rispetto al precedente riciclaggio, le condotte di ostacolo frapposto all’individuazione dei proventi illeciti da parte dell’autore del reato presupposto. A quest’ultimo requisito fa da pendant un’altra parte della previsione, secondo cui non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale . In sostanza, l’autore del reato presupposto risponde di autoriciclaggio solo se trasferisce, sostituisce o impiega i proventi in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative e questo non rappresenti un utilizzo o godimento personale. Clausola di riserva. Quest’ultima previsione, però, è preceduta da una clausola di riserva”, secondo cui la mera utilizzazione o il godimento personale non sono puniti fuori dai casi di cui ai commi precedenti . Non è chiaro il significato di questa espressione. Fuori da quei casi”, infatti, non c’è reato che senso ha, allora, escludere ancora una volta la punibilità con riferimento a utilizzazione e godimento? Si tratterà, probabilmente, di una formulazione frutto dell’estenuante negoziazione della norma. E quale pena si applica? Lasciando da parte le pene pecuniarie, la pena detentiva varia a seconda della gravità del reato presupposto, della qualità dell’autore e del suo comportamento. La pena base è da 2 a 8 anni, quindi più lieve rispetto a quella per il riciclaggio, che è da 4 a 12 anni. È, invece, da 1 a 4 anni se il reato presupposto è meno grave con pene inferiori a 5 anni , salvo che vi sia associazione a delinquere. Sono, poi, previste aggravanti e attenuanti di pena. La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale. È, invece, diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto. A una prima lettura, dunque, la previsione sull’autoriciclaggio appare abbastanza equilibrata definisce piuttosto chiaramente la condotta, ancorandola al dato oggettivo dell’ostacolo non san-ziona tutto quel che l’autore del reato presupposto fa dei proventi, lasciandogli la possibilità di goderseli principi del post factum , del nemo tenetur se detegere , di consunzione commisura le pena alla gravità del reato presupposto proporzionalità della pena .

Anche sulla scorta di queste indicazioni, l’introduzione dell’autoriciclaggio è stata di varie iniziative di studio. Tra le più significative, nel gennaio 2013 veniva istituita, presso il Ministero della Giustizia, un Gruppo di Studio sull’autoriciclaggio”, presieduto dal Procuratore Aggiunto di Milano Francesco Greco e composto da rappresentanti della DNA, della Guardia di Finanza, della Banca d’Italia, della UIF, dell’Agenzia delle Entrate e dell’accademia. Nel corso di lavori, il Gruppo esaminava la documentazione amministrativa e la letteratura scientifica disponibile. Sentiva esperti a diverso titolo della materia, tra cui magistrati, accademici, professionisti, rappresentanti del mondo bancario e imprenditoriale, dirigenti di amministrazioni ita-liane e dell’OCSE. Giungeva, infine, a formulare al Ministro Severino due proposte alternative di introduzione del reato di autoriciclaggio. Secondo una prima proposta, l’introduzione del reato di autoriciclaggio sarebbe conseguita alla soppressione nell’attuale formulazione del riciclaggio della cd. clausola di riserva”, che esclude la punibilità dell’autore del reato presupposto. Secondo una seconda proposta, invece, l’autoriciclaggio avrebbe costituito oggetto di un’autonoma disposizione, per la quale erano previste pene più lievi ed era esclusa la punibilità per l’autore del reato che utilizzasse i proventi per mere finalità di godimento. Già in quella sede, peraltro, venivano introdotti due temi connessi all’autoriciclaggio. Da un lato, si valutava l’opportunità di introdurre una meccanismo di facilitazione del rientro in Italia di capitali illegalmente esportati cd. voluntary disclosure , diverso da un condono. Dall’altra, si sotto-lineava l’opportunità di rivedere la formulazione di alcuni reati, come quelli tributari, il falso in bilancio e il cd. abuso di beni sociali”, la cui efficace repressione avrebbe l’effetto di prevenire il riciclaggio. Voluntary disclosure. Con il cambio di Governo, l’introduzione dell’autoriciclaggio veniva nuovamente discussa, tra l’altro, nei lavori condotti in seno al Ministero dell’Economia sulla voluntary disclosure , con la presenza del Procuratore Greco, della Guardia di Finanza, dell’Agenzia delle Entrate e di tecnici della Banca d’Italia. Seguiva l’emanazione del d.l. n. 4/14, poi non convertito, nonché il deposito in Parlamento diversi disegni e progetti di legge sull’introduzione del reato di autoriciclaggio, molti dei quali legati alla previsione della voluntary disclosure . La voluntary disclosure è divenuta, quindi, il partner indivisibile del reato di autoriciclaggio. Ha costituito oggetto di studi dell’OCSE, che nel 2010 ne ha esaminato i caratteri in 39 Paesi, e nel 2013 ne ha raccomandato l’adozione unitamente a misure collaterali volte a migliorare per il futuro il livello di osservanza fiscale. È legata ai progressi conseguiti a livello internazionale nella lotta all’evasione fiscale, tra cui soprattutto l’accordo OCSE per lo scambio automatico dei dati in materia fiscale. È successo così che nel settembre del 2013 la Svizzera preannunciava la sottoscrizione dell’Accordo OCSE per lo scambio automatico dei dati fiscali. Un fatto così importante avrà sicuramente un grande impatto sul mondo finanziario svizzero. Porrà, infatti, i contribuenti italiano detentori di patrimoni non dichiarati in Svizzera, per importi stimati intorno ai 300 miliardi di euro, di fronte all’alternativa di lasciare tali patrimoni all’estero o farli rientrare in Italia. Nella prima alternativa, i patrimoni potrebbero essere trasferiti in uno stato off-shore , ma pur sempre con il rischio di lasciare una traccia finanziaria”. Nella seconda, invece, i contribuenti avrebbero la possibilità di autodenunciarsi al Fisco, pagando tutte le imposte dovute ma beneficiando di sanzioni in parte ridotte. E qui rientra in gioco l’autoriciclaggio chi lasciasse e movimentasse i propri patrimoni non dichiarati all’estero rischierebbe, infatti, di rispondere di questo reato. È in questa luce, dunque, che sono state formulate le attuali disposizioni sulla voluntary disclosure e sull’autoriciclaggio. Quest’ultimo, colpendo le condotte di occultamento dei capitali frutto di reato ben avrebbe potuto applicarsi in futuro anche ai proventi da reati fiscali trasferiti all’estero, ma che la collaborazione volontaria provvedeva a rendere non punibile fino alla data finale per la sua presentazione.

A dispetto delle apparenze, il nuovo reato di riciclaggio nasconde alcune insidie, che conviene individuare per cercare di neutralizzarle. Innanzitutto, alcune espressioni potrebbero prestarsi a interpretazioni molto divergenti. Ad esempio, cosa significa sostituisce, trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative ? se è grammaticamente corretto usare il termine impiegare in simili attività, ci si chiede invece cosa si intenda sostituire o trasferire in esse. Ed ancora cosa implica impiegare in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative ed in cosa consiste, al contrario, il mero utilizzo o godimento? Ad esempio, è punibile l’autore del reato presupposto che utilizza i proventi per acquistare una casa e affittarla, per acqui-stare opere d’arte da esporre in casa, per investire” nell’educazione dei figli, per sottoscrivere quote di un fondo pensione? In questi casi si tratta di impiego o di godimento? Sarà, certo, il giudice a stabilirlo. Altro problema è ipotizzare come impatterà l’introduzione dell’autoriciclaggio sull’interpretazione della vecchia norme sul riciclaggio. Negli oltre vent’anni di vita della previsione normativa, la Cassazione ha fornito letture sempre più analitiche e circostanziate. Ad esempio, si considera ormai riciclaggio anche un semplice bonifico tra due conti correnti intestati alla stessa persona. E questo è anche comprensibile, considerato che il riciclaggio colpisce il terzo, estraneo al reato presupposto. Ci si potrebbe, allora, chiedere se questa interpretazione estensiva varrà anche per l’autoriciclaggio oppure se i giudici dovranno tornare sui loro passi, disallineando le interpretazioni su due fattispecie assai analoghe. In quest’ultimo caso, poi, quali potrebbero essere gli effetti sui processi in corso? Come sarà interpretato il vecchio reato di riciclaggio alla luce del nuovo reato di autoriciclaggio? Altro punto l’imprenditore che investe in azienda i proventi dell’evasione fiscale. Stando alla lettera della norma, questa condotta sembrerebbe un impiego in attività economiche o imprenditoriali”, quindi autoriciclaggio. Ma, in questo modo, non si finisce per punire più severamente l’evasore virtuoso” che lascia i proventi in azienda rispetto a quello vizioso” che li utilizza per acquistare beni di consumo o comunque per utilizzi personali? Anche qui probabilmente il giudice sarà chiamato a pronunciarsi. Altro aspetto è quello del rapporto con altri reati. In materia di contrasto alla mafia, ad esempio, esiste il reato di trasferimento fraudolento di beni” 12 quinquies Legge n. 365/92 , che punisce chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine , tra l’altro, di agevolare la commissione del riciclaggio. Questa previsione colpiva, quindi, ante litteram anche l’autore del reato presupposto che intesta fittiziamente i proventi a terzi per riciclarli. Quali rapporti si creeranno tra le due figure di autoriciclaggio quella previsto dalla normativa antimafia ed il nuovo reato? Sottoscrizione fraudolenta al pagamento di imposte. Discorso in parte simile vale per il reato tributario di sottoscrizione fraudolenta al pagamento di imposte , che punisce, tra l’altro, chi al fine di sottrarsi al pagamento di imposte o sanzioni sopra una certa soglia, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva . Visto che qui c’è già un’attività di ostacolo, si vedrà se sarà considerato ammissibile l’autoriciclaggio dei proventi di questo reato. Infine, la nuova disposizione non colpisce, né forse avrebbe potuto farlo, l’autoriciclaggio, in senso materiale, contestuale o funzionale al reato presupposto, come quello commesso dall’impresa che costituisce fondi extra-contabili per precostituirsi il prezzo di un altro reato, come la corruzione. Qui la disposizione non si applica perché l’autoriciclaggio è spesso assorbito nel reato di appropriazione indebita o di falso in bilancio con cui si costituisce il fondo. Col che il diritto penale ha le armi spuntate. In conclusione, il nuovo reato di autoriciclaggio, atteso da tempo ed oggetto di molte riletture, è, pur con molti limiti, già un risultato. Per renderlo davvero efficace occorrerà, da un lato, che la giurisprudenza si adoperi con ingegno per fargli posto” tra altre disposizioni e farlo lavorare” senza troppe limitazioni dogmatiche dall’altro che il legislatore passi all’azione sulle altre tessere del complesso mosaico di misure contro la criminalità economica, come quelle sui termini di prescrizione e sl falso in bilancio.