Jobs Act: pubblicati i primi decreti attuativi

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2015 sono stati pubblicati i primi due decreti attuativi del Jobs Act, entrati in vigore già dal giorno successivo quello di riforma degli ammortizzatori sociali d.lgs. n. 22/2015 e quello che introduce il nuovo contratto a tutele crescenti d.lgs. n. 23/2015 .

Il puzzle si sta completando Si tratta di un nuovo tassello del più ampio disegno riformatore avviato con il decreto legge 20 marzo 2014, n. 34 c.d. decreto Poletti, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 78 in materia di lavoro a tempo determinato e apprendistato. La tappa successiva è stata l’approvazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 , con la quale sono state conferite all’esecutivo le deleghe per intervenire su tutti i settori del mercato del lavoro, nel dichiarato intento di semplificare il quadro normativo e di favorire le opportunità di ingresso e di reinserimento. Dopo la deliberazione del 24 dicembre 2014 con cui sono stati approvati gli schemi di decreto legislativo e l’acquisizione dei pareri delle competenti commissioni parlamentari, il Consiglio dei Ministri ha esaminato, nella seduta del 20 febbraio 2015 , i 4 decreti attuativi del Jobs Act di questi sono stati varati solo quelli sugli ammortizzatori sociali e sul nuovo contratto a tutele crescenti, mentre mancano ancora all’appello quelli che dovranno portare ad una revisione delle tipologie contrattuali e ad una nuova disciplina in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Con il d.lgs. n. 23/2015 viene alla luce la parte più attesa di tutto il Jobs Act e, cioè, quella che introduce il contratto a tutele crescenti” per le nuove assunzioni, allo scopo dichiarato di superare l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ed, al contempo, rilanciare la diffusione del contratto a tempo indeterminato. Chi sono i destinatari del contratto a tutele crescenti? Il decreto legislativo dispone che il nuovo regime trova applicazione nei confronti dei lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e, cioè, a partire dal 7 marzo 2015 art. 1, comma 1 . La nuova disciplina scatta anche nei casi di conversione, successiva all’entrata in vigore del decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato art. 1, comma 2 . Inoltre, il contratto a tutele crescenti” è destinato ad operare, nei confronti della generalità dei dipendenti e, quindi, anche per quelli assunti prima del 7 marzo 2015 , anche nel caso in cui le imprese con meno di 15 dipendenti supereranno, successivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina, il limite dimensionale fissato dall’art. 18, commi 8 e 9, dello Statuto dei Lavoratori art. 1, comma 3 . Il d.lgs. n. 23/2015 si applica, infine, anche ai sindacati ed ai partiti politici art. 9, comma 2 . Per i neoassunti, la reintegra è un rimedio residuale. Il decreto appena approvato circoscrive, per i neoassunti, l’ambito di applicazione della tutela reale, prevedendo il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro soltanto in caso di licenziamento nullo, discriminatorio o inefficace perché intimato oralmente, indipendentemente dal motivo formalmente addotto dal datore art. 2, comma 1 . Al licenziamento discriminatorio viene ricondotto anche il motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore art. 2, comma 4 . In questi casi, oltre alla reintegra, il dipendente ha anche diritto al risarcimento del danno subito, con condanna del datore al pagamento di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del t.f.r. corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto eventualmente percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative art. 2, comma 2 . Il lavoratore può rinunciare alla reintegra e determinare la risoluzione del rapporto di lavoro , chiedendo al datore il pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità art. 2, comma 3 . Licenziamenti senza giusta causa o di giustificato motivo scatta solo la tutela risarcitoria. Al di fuori delle ipotesi sopra indicate licenziamento nullo, discriminatorio o privo di forma scritta , il recesso datoriale sprovvisto di giusta causa o di giustificato motivo oggettivo o soggettivo determina, comunque, l’estinzione del rapporto di lavoro in questi casi, il lavoratore non ha diritto alla reintegra, ma solo al pagamento di un’indennità di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità art. 3, comma 1 . Insussistenza del fatto materiale” rispunta la reintegra. Nelle sole ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento , il datore di lavoro sarà tenuto alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro ed al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto l’ aliunde perceptum , nonché quanto il lavoratore avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro ex art. 4, comma 1, lett. c , d.lgs. n. 181/2000 in ogni caso, la misura dell’indennità risarcitoria non potrà essere superiore a 12 mensilità. Il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore, in sostituzione della reintegra, un’indennità pari a 15 mensilità art. 3, comma 2 . Licenziamento affetto da vizi formali o procedurali la tutela è sempre solo risarcitoria. Il decreto attuativo sul contratto a tutele crescenti” esclude la reintegra anche nelle ipotesi di licenziamento intimato in violazione del requisito di motivazione di cui all’art. 2, comma 2, l. n. 604/1966 o della procedura di cui all’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori in questi casi, il giudice dichiarerà estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento, condannando il datore al pagamento di un’indennità di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità, sempre che non venga accertata, sulla base della domanda del lavoratore, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle diverse tutele previste per i licenziamenti nulli/discriminatori/orali ovvero per quelli privi di giusta causa/giustificato motivo art. 4 . Licenziamenti collettivi quando spetta la reintegra? Quanto ai licenziamenti collettivi art. 10 , il nuovo decreto prevede che solo l'ipotesi del vizio di forma, consistente nell'assenza della forma scritta, è sanzionata con la reintegrazione nel posto di lavoro. Negli altri casi – violazione dei criteri di scelta e degli obblighi di comunicazione previsti dall'art. 4, comma 12, legge. n. 223/1991 – opera soltanto la tutela risarcitoria, mediante la condanna del datore di lavoro a corrispondere 2 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.

In arrivo la NASpI” chi ne avrà diritto? Con il d.lgs. n. 22/2015, il Governo interviene sulla disciplina degli ammortizzatori sociali varata dalla riforma Fornero, introducendo una nuova indennità di disoccupazione, che andrà a sostituire l’ASpI. La nuova indennità – denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego NASpI” – sarà rivolta, a decorrere dal 1° maggio 2015, a tutti i lavoratori dipendenti, esclusi quelli del pubblico impiego e gli operai agricoli soggetti ad una disciplina speciale che abbiano perso involontariamente la propria occupazione art. 2, comma 1 , purché presentino congiuntamente i seguenti requisiti art. 3, comma 1 a trovarsi in stato di disoccupazione b avere all’attivo, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno 13 settimane di contribuzione c aver prestato almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi anteriori all’inizio del periodo di disoccupazione nello schema di decreto bastavano 18 giornate . La NASpI è riconosciuta anche in caso di dimissioni del lavoratore per giusta causa o di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di conciliazione preventiva introdotta dalla riforma Fornero art. 3, comma 3 . Modalità di calcolo e misura della NASpI. La nuova indennità è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni utili, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33 art. 4, comma 1 . Qualora la retribuzione mensile sia pari o inferiore, nel 2015, all'importo di 1.195 euro mensili, l'indennità mensile sarà pari al 75% della retribuzione. Nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore a 1.195 euro, l’indennità sarà pari al 75% di tale importo incrementato di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile ed il predetto importo. L’indennità mensile non potrà in ogni caso superare, nel 2015, l'importo massimo mensile di euro 1.300 art. 4, comma 2 . L’indennità si riduce progressivamente del 3% al mese a partire dal primo giorno del quarto mese di fruizione art. 4, comma 3 . Per quanto tempo può essere corrisposta la NASpI? La nuova indennità è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi già utilizzati per l’erogazione delle prestazioni di disoccupazione. Per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2017, la durata di fruizione della prestazione sarà in ogni caso limitata ad un massimo di 78 settimane art. 5 . Domanda ed erogazione dell’indennità. La richiesta di accesso alla NASpI deve essere presentata all’INPS in via telematica, entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. La prestazione spetta a decorrere dal giorno successivo alla data di presentazione della domanda ed, in ogni caso, non prima dell’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro art. 6 . L’erogazione è condizionata, a pena di decadenza dalla prestazione, alla permanenza dello stato di disoccupazione ed alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai competenti servizi per l’impiego art. 7, comma 1 . Per chi, durante il periodo di fruizione della NASpI, svolga un’altra attività di lavoro subordinato o autonomo è prevista, entro determinati limiti, la sospensione fino a 6 mesi dell’erogazione artt. 9 e 10 . Da maggio arriva anche il nuovo assegno di disoccupazione. Il decreto attuativo, inoltre, introduce in via sperimentale per il 2015, con decorrenza dal 1° maggio 2015, il nuovo Assegno di disoccupazione ASDI” . Tale strumento mira a fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori che abbiano fruito della NASpI per la sua intera durata entro il 31 dicembre 2015 senza trovare occupazione e che si trovino in una condizione economica di bisogno art. 16, comma 1 . L’ASDI è erogato mensilmente per una durata massima di 6 mesi ed è pari al 75% dell’ultimo trattamento percepito ai fini della NASpI, se non superiore alla misura dell’assegno sociale art. 16, comma 3 . Il sostegno economico è comunque condizionato all’adesione ad un progetto personalizzato redatto dai competenti servizi per l’impiego, contenente specifici impegni in termini di ricerca attiva di lavoro, disponibilità a partecipare ad iniziative di orientamento e formazione, accettazione di adeguate proposte di lavoro la partecipazione alle iniziative di attivazione proposte è obbligatoria, pena la perdita del beneficio art. 10, comma 5 . Il co.co.co. perde il lavoro? Ha diritto alla Disc-Coll. In attesa della disciplina che porterà al superamento delle attuali tipologie contrattuali, per i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, iscritti alla Gestione separata INPS che perdono il lavoro è prevista l’indennità di disoccupazione per i collaboratori Dis-Coll” . Questo trattamento è condizionato alla presenza congiunta dei seguenti requisiti art. 15, co. 2 a trovarsi in stato di disoccupazione b avere all’attivo almeno 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione dal lavoro al predetto evento c poter far valere, nell’anno solare in cui si verifica l’evento di cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione della durata di almeno un mese che abbia dato luogo ad un reddito pari ad almeno la metà dell’importo che dà diritto all’accredito di un mese di contribuzione. L’importo dell’indennità è rapportato al reddito medio mensile ed è pari al 75% dello stesso reddito nel caso in cui lo stesso sia pari o inferiore, nel 2015, ad Euro 1.195. Nel caso in cui il reddito sia superiore la Dis-Coll è pari al 75% di tale importo, incrementata del 25% della differenza tra il reddito medio mensile ed il predetto importo art. 15, comma 4 . La Dis-Coll si riduce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione art. 15, comma 5 . La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità contributive versate e non può eccedere i 6 mesi Art. 15, comma 6 . Anche questa indennità è condizionata alla permanenza dello stato di disoccupazione ed alla partecipazione ad iniziative di politiche attive Art. 15, comma 10 .