RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. III ORDINANZA DEL 11 MARZO 2020, N. 7023 CONTRATTI AGRARI - DIRITTO DI PRELAZIONE E DI RISCATTO – PRELAZIONE Prelazione e retratto agrario - Condizione impeditiva - Insediamento sul fondo di coltivatore diretto - Onere probatorio a carico del retraente - Principio di vicinanza della prova - Esclusione - Ragioni. In tema di prelazione agraria, l'onere di dimostrare che sul fondo oggetto di riscatto non sussista la condizione impeditiva dello stabile insediamento di un coltivatore diretto grava sul retraente, senza che possa trovare applicazione il principio di vicinanza della prova, non invocabile allorché le circostanze da provare rientrino nella piena conoscibilità ed accessibilità di entrambe le parti, come avviene con riferimento alle caratteristiche della situazione presa in esame dalla legge agraria, ovvero la contiguità dei fondi e l'attività lavorativa, svolta su quello confinante, da chi esercita il retratto. In senso conforme, Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 18769 del 2016 In tema di prelazione agraria, l'onere probatorio di dimostrare che sul fondo oggetto di riscatto non sussista la condizione impeditiva dello stabile insediamento di un coltivatore diretto grava sul retraente, senza che possa trovare applicazione il principio di vicinanza della prova, non invocabile allorché le circostanze da provare rientrino nella piena conoscibilità ed accessibilità di entrambe le parti, come accade nel caso di specie, considerate le caratteristiche della situazione presa in esame dalla legge agraria, ovvero la contiguità dei fondi e l'attività lavorativa, svolta su quello confinante, da chi esercita il retratto. SEZ. III SENTENZA DEL 20 MARZO 2020, N. 7479 CIRCOLAZIONE STRADALE - RESPONSABILITA' CIVILE DA INCIDENTI STRADALI - COLPA - PRESUNZIONE AGLI EFFETTI CIVILI - SCONTRO DI VEICOLI - PROVA LIBERATORIA Accertamento in concreto della colpa di uno dei conducenti - Idoneità di tale accertamento a superare la presunzione di colpa posta dall'art. 2054, comma 2, c.c. a carico dell'altro - Esclusione. In tema di responsabilità derivante da circolazione stradale, nel caso di scontro tra veicoli, ove il giudice abbia accertato la colpa di uno dei conducenti, non può, per ciò solo, ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell'altro dall'art. 2054, comma 2, c.c., ma è tenuto a verificare in concreto se quest'ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta. Il precedente è conforme a Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23431 del 2014 In tema di responsabilità derivante da circolazione stradale, nel caso di scontro tra veicoli, ove il giudice abbia accertato la colpa di uno dei conducenti, non può, per ciò solo, ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell'altro dall'art. 2054, secondo comma, cod. civ., ma è tenuto ad verificare in concreto se quest'ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta. Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte di appello che aveva applicato la presunzione di pari responsabilità perché, all'esito dell'istruttoria compiuta, per la mancanza di dati idonei alla piena ricostruzione delle modalità di accadimento del fatto dannoso , non era stato possibile accertare l'esatta dinamica dell'incidente, ed in particolare se l'attore/danneggiato avesse tenuto una corretta condotta di guida esente da ogni censura . SEZ. III ORDINANZA DEL 27 MARZO 2020, N. 7574 LOCAZIONE - AFFITTO - RIPARAZIONI - IN GENERE Regolamento negoziale degli oneri di riparazione - Legittimità - Inderogabilità dell'art. 1621 c.c. - Esclusione - Ragioni. In tema di contratto d'affitto, la ratio sottesa all'art. 1621 c.c. è quella di colmare eventuali carenze del regolamento negoziale in ordine alla ripartizione degli oneri delle riparazioni, sicché la predetta disposizione ha carattere dispositivo e può essere derogata convenzionalmente, non ostando a ciò alcun pubblico interesse. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. III ORDINANZA DELL’8 APRILE 2020, N. 7753 RISARCIMENTO DEL DANNO - VALUTAZIONE E LIQUIDAZIONE - INVALIDITA' PERSONALE - IN GENERE Danno da cd. micropermanente - Prova - Modalità - Sopravvenienza della l. n. 124 del 2017 e della decisione n. 98 del 2019 della Corte costituzionale - Rilevanza - Esclusione. In tema di risarcimento del danno da cd. micropermanente, l'art. 139, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 209 del 2005 deve essere ancora interpretato, pur dopo la modifiche introdotte dalla l. n. 124 del 2017 e la pronuncia della sentenza n. 98 del 2019 della Corte costituzionale, nel senso che la prova della lesione e del postumo non deve essere data esclusivamente con un referto strumentale poiché, in ogni caso, è l'accertamento medico legale corretto, riconosciuto dalla scienza medica, a stabilire se tale lesione sussista e quale percentuale del detto postumo sia ad essa ricollegabile, dovendosi tenere conto, però, che possono esservi situazioni nelle quali solo il menzionato accertamento strumentale è idoneo a fornire la dimostrazione richiesta dalla legge. Si richiama Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 26249 del 2019 In tema di risarcimento del danno da cd. micropermanente, la disposizione contenuta nell'art. 32, comma 3 ter, del d.l. n. 1 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 27 del 2012, costituisce non già una norma di tipo precettivo, ma una norma in senso lato , a cui può essere data un'interpretazione compatibile con l'art. 32 Cost., dovendo essa essere intesa nel senso che l'accertamento del danno alla persona deve essere condotto secondo una rigorosa criteriologia medico-legale, nel cui ambito, tuttavia, non sono precluse fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, i quali non sono l'unico mezzo utilizzabile ma si pongono in una posizione di fungibilità ed alternatività rispetto all'esame obiettivo criterio visivo e all'esame clinico. SEZ. III ORDINANZA DELL’8 APRILE 2020, N. 7754 TRASPORTI - PUBBLICI - FERROVIE DELLO STATO - IN GENERE Trasporto ferroviario - Cancellazione, interruzione o ritardo nel servizio - Indennizzo previsto dalla vigente normativa - Idoneità di tale normativa ad escludere il risarcimento di ulteriori pregiudizi - Esclusione - Fattispecie. In tema di responsabilità dell'amministrazione ferroviaria, la vigente normativa nazionale e comunitaria sulla tutela indennitaria, cui è tenuto il prestatore del servizio di trasporto ferroviario, è diretta ad assicurare forme di indennizzo per le ipotesi di cancellazione, interruzione o ritardo nel detto servizio, ma non a impedire che, ricorrendone i presupposti, sia accolta la richiesta giudiziale di risarcimento di ulteriori pregiudizi tutelati. Principio affermato dalla S.C. in relazione ai danni, patrimoniali e non, lamentati da un viaggiatore giunto a destinazione con circa 23 ore di ritardo, dopo un tragitto ininterrotto durato quasi 24 ore, in condizioni di carenza di cibo, riscaldamento e possibilità di riposo . In precedenza, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9312 del 2015 In materia di responsabilità dell'amministrazione ferroviaria, il danno alla persona del viaggiatore da ritardi o interruzioni è risarcibile - in deroga all'art. 1681 cod. civ. ed in forza di quanto previsto dal precedente art. 1680 - alle condizioni stabilite dall'art. 11, paragrafo quarto, del r.d.l. 11 ottobre 1934, n 1948, convertito nella legge 4 aprile 1935, n. 911, norma ancora oggi applicabile in forza di quanto stabilito dall'art. 3, comma 1-bis, lett. e , del d.l. 22 dicembre 2008, n. 200, convertito in legge 18 febbraio 2009, n. 9, e dal d.lgs. 1° dicembre 2009, n. 179. Ne consegue che il risarcimento - limitato al danno derivato al viaggiatore dal ritardo, dalla soppressione del treno, da mancata coincidenza o da interruzioni del servizio - deve avvenire alle condizioni previste dagli artt. 9 e 10 del medesimo r.d.l. n. 1948 del 1934, e, dunque, mediante diritto di valersi di un treno successivo per l'effettuazione o la prosecuzione del viaggio o attraverso il rimborso del prezzo corrisposto. SEZ. III ORDINANZA DELL’8 APRILE 2020, N. 7746 NOTARIATO - RESPONSABILITA' PROFESSIONALE Procura speciale a vendere - Autenticazione del notaio – Violazione dovere di diligenza qualificata nella identificazione del soggetto che ha rilasciato la procura - Responsabilità del notaio anche nei confronti del terzo interessato all'acquisto - Sussistenza - Fondamento. Il notaio che, nella autenticazione di una procura speciale a vendere preparatoria del successivo contratto traslativo, violi il dovere di diligenza qualificata impostogli ai fini dell'identificazione del soggetto che rilascia detta procura, può essere chiamato a rispondere, a titolo di responsabilità contrattuale, in applicazione dei principi in tema di cd. contatto sociale qualificato, anche dei danni cagionati al terzo interessato all'acquisto in conseguenza di tale negligente identificazione, poiché il contratto d'opera professionale finalizzato al rilascio della procura speciale, benché formalmente concluso fra il notaio e il futuro venditore ed avente ad oggetto un negozio unilaterale, è fonte di obblighi di protezione pure nei confronti dell'aspirante compratore, il quale va qualificato come terzo protetto dal contratto . Si richiamano a Sez. 1, Sentenza n. 11642 del 2012 La cosiddetta responsabilità da contatto sociale , soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza d'un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell'eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell'attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell'attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell'art. 1173 cod. civ. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico. b Sez. 2, Sentenza n. 9320 del 2016 Nel caso in cui un soggetto interessato a stipulare un mutuo ipotecario con una banca incarichi un notaio di effettuare le visure del bene destinato ad essere l'oggetto dell'ipoteca e a redigere la relativa relazione, essa determina l'assunzione di obblighi in capo al notaio non soltanto nei confronti del mutuatario, ma pure nei confronti della banca mutuante, e ciò sia che si intenda l'istituto bancario quale terzo ex art. 1411 c.c., che beneficia del rapporto contrattuale di prestazione professionale concluso dal cliente mutuatario, sia che si individui un'ipotesi di responsabilità da contatto sociale fondata sull'affidamento che la banca mutuante ripone nel notaio in quanto esercente una professione protetta. In tal caso, l'eventuale danno dovrà essere parametrato in base alla colposa induzione dell'istituto di credito ad accettare in ipoteca, con riguardo al finanziamento, un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito erogato nella specie, a causa di un vincolo archeologico che, seppure non astrattamente qualificabile come assoluto, concorreva ad incidere negativamente sul valore di mercato del bene . SEZ. III ORDINANZA DELL’8 APRILE 2020, N. 7748 RISARCIMENTO DEL DANNO - PATRIMONIALE E NON PATRIMONIALE DANNI MORALI Lesione da sinistro stradale - Danno patito dagli stretti congiunti iure proprio” - Sconvolgimento delle abitudini di vita - Necessità - Esclusione - Prova - Rapporto di stretta parentela - Valenza presuntiva - Sussistenza - Fattispecie. In tema di lesioni conseguenti a sinistro stradale, il danno iure proprio subito dai congiunti della vittima nella specie, i suoi genitori e fratelli non è limitato al solo totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita, potendo anche consistere in un patimento d'animo o in una perdita vera e propria di salute. Tali pregiudizi possono essere dimostrati per presunzioni, fra le quali assume rilievo il rapporto di stretta parentela esistente fra la vittima ed i suoi familiari che fa ritenere, secondo un criterio di normalità sociale, che essi soffrano per le gravissime lesioni riportate dal loro prossimo congiunto. Si richiama Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 11212 del 2019 Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall'altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza gravata che aveva ritenuto insussistente o, comunque, pienamente ristorato con il riconoscimento del danno biologico proprio, il danno cosiddetto parentale patito dalla ricorrente per le lesioni subite dal convivente a seguito di un sinistro, omettendo di considerare l'entità non lieve delle lesioni personali riportate dal danneggiato, quantificate al 79%, e la relativa incidenza sull'ambito dinamico-relazionale della stessa ricorrente . SEZ. III ORDINANZA DELL’8 APRILE 2020, N. 7743 RISARCIMENTO DEL DANNO - MORTE DI CONGIUNTI PARENTI DELLA VITTIMA Danno da uccisione - Pretesa azionata iure proprio dai congiunti dell'ucciso - Azione proposta dai nipoti per decesso del nonno - Presupposto necessario - Rapporto di convivenza - Esclusione - Ragioni. In tema di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione , proposta iure proprio dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare l'effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno infatti, poiché la società naturale , cui fa riferimento l'art. 29 Cost., non è limitata alla cd. famiglia nucleare , il rapporto tra nonni e nipoti, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, non può essere ancorato alla convivenza, escludendo automaticamente, in caso di insussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto. In senso conforme, Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 21230 del 2016 In caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione , proposta iure proprio dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno infatti, non essendo condivisibile limitare la società naturale , cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola cd. famiglia nucleare , il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto. SEZ. III ORDINANZA DELL’8 APRILE 2020, N. 7754 AVVOCATO E PROCURATORE - ALBO - PRATICANTI PROCURATORI Praticante abilitato - Legittimazione ad esercitare il patrocinio - Appello dinanzi al tribunale - Esclusione - Entrata in vigore della l. n. 247 del 2012 - Irrilevanza - Fondamento. Il praticante avvocato non è legittimato ad esercitare il patrocinio davanti al tribunale in sede di appello neppure a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 247 del 2012 che, all'art. 41, comma 12, ne ammette l'attività difensiva solo in sostituzione e sotto la responsabilità del dominus avvocato. Si richiama Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3917 del 2016 Il praticante avvocato non è legittimato ad esercitare il patrocinio nel giudizio di appello che si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica nelle cause civili di competenza del giudice di pace, poiché tali cause non sono ricomprese nell'elenco di cui all'art. 7 della l. n. 479 del 1999, norma che deroga alla regola generale secondo la quale il patrocinio legale è subordinato al superamento dell'esame di Stato e all'iscrizione all'albo degli avvocati e, quindi, di stretta interpretazione. SEZ. III SENTENZA DEL 20 APRILE 2020, N. 7969 RESPONSABILITA' CIVILE - PROPRIETA' DI ANIMALI - IN GENERE Danni da fauna selvatica - Ente responsabile dei danni - Individuazione - Legittimazione esclusiva della Regione - Sussistenza - Rivalsa nei confronti di altro ente - Condizioni. Nell'azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell'art. 2052 c.c. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte - per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari - da altri enti la Regione può rivalersi anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell'esercizio di funzioni proprie o delegate, l'adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno. In senso difforme i Sez. 3 - , Ordinanza n. 18952 del 2017 La responsabilità extracontrattuale per danni provocati alla circolazione stradale da animali selvatici va imputata all’ente cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che derivino dalla legge, sia che trovino fonte in una delega o concessione di altro ente. Nella specie, in virtù della l.r. Toscana n. 3 del 1994, che demanda detta delega alle Province, è stata confermata la decisione impugnata che aveva escluso la responsabilità della Regione e del Comune citati in giudizio . ii Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23151 del 2019 La responsabilità extracontrattuale per i danni provocati da animali selvatici alla circolazione dei veicoli deve essere imputata all'ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc., a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, anche in attuazione della legge n. 157 del 1992, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che i poteri di gestione derivino dalla legge, sia che trovino la fonte in una delega o concessione di altro ente come, nel caso esaminato, da parte della Regione Marche, in virtù della l.r. n. 7 del 1995, in favore delle Province . In quest'ultimo caso, l'ente delegato o concessionario potrà considerarsi responsabile, ai sensi dell'art. 2043 c.c., per i suddetti danni a condizione che gli sia stata conferita, in quanto gestore, autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l'attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi, inerenti all'esercizio dell'attività stessa, e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni. SEZ. II SENTENZA DEL 20 APRILE 2020, N. 7945 CONTRATTI IN GENERE - INTERPRETAZIONE - ACCERTAMENTO DEL GIUDICE DI MERITO - INCENSURABILITA' IN CASSAZIONE Delegatio promittenti e delegatio solvendi - Distinzione – Sindacabilità in sede di legittimità – Limiti - Fattispecie. Nella delegatio promittendi ex art. 1268 c.c., il delegato è direttamente obbligato verso il delegatario e questi può agire direttamente verso il delegato, mentre nella delegatio solvendi ex art. 1269 c.c., è esclusa l'azione diretta del delegatario verso il delegato l'accertamento della reale volontà delle parti costituisce una valutazione di fatto, rientrante nella discrezionalità del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, ove non risultino violati i criteri legali di ermeneutica negoziale. In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha escluso la sussistenza di una delegazione di debito in ragione dell'espressa testuale negazione dell'effetto cumulativo nella lettera di delegazione e della circostanza che la delegata non si era obbligata nei confronti della delegataria neppure in un momento successivo, per fatti concludenti del suo procuratore . Si richiamano i Sez. 3, Sentenza n. 2560 del 2007 L'interpretazione della volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto o di una qualsiasi clausola contrattuale importa indagini e valutazioni di fatto affidate al potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabili in sede di legittimità ove non risultino violati i canoni normativi di ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell'attività svolta dal giudice di merito, tale da influire sulla logicità, congruità e completezza della motivazione. Peraltro, quando il ricorrente censuri l'erronea interpretazione di clausole contrattuali da parte del giudice di merito, per il principio di autosufficienza del ricorso, ha l'onere di trascriverle integralmente perchè al giudice di legittimità è precluso l'esame degli atti per verificare la rilevanza e la fondatezza della censura. ii Sez. 1 - , Ordinanza n. 4852 del 2019 In tema di assunzione dell'obbligazione da parte del delegato al pagamento ai sensi dell'art. 1268 c.c. non sono richiesti speciali requisiti di forma, potendosene ammettere l'integrazione anche in virtù di accordi conclusi per facta concludentia ed, in via progressiva, se alla dichiarazione del delegante o del delegato o del delegatario si aggiunge quella delle altre parti in un momento successivo. Nella specie, la S.C. ha escluso l'ipotesi di delegazione cumulativa nel rapporto trilatero tra debitore e pretesi delegante e delegatario mancando la prova del consenso tra le varie parti del negozio . SEZ. III SENTENZA DEL 20 APRILE 2020, N. 7948 RISARCIMENTO DEL DANNO - IN GENERE Inadempimento contrattuale di obbligazioni non pecuniarie - Natura - Debito di valore - Conseguenze. L'obbligazione di risarcimento del danno, per inadempimento di obbligazioni contrattuali diverse da quelle pecuniarie, costituisce, al pari dell'obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale, un debito, non di valuta, ma di valore, in quanto tiene luogo della materiale utilità che il creditore avrebbe conseguito se avesse ricevuto la prestazione dovutagli, sicché deve tenersi conto della svalutazione monetaria frattanto intervenuta, senza necessità che il creditore stesso alleghi e dimostri il maggior danno ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c., detta norma attenendo alle conseguenze dannose dell'inadempimento, ulteriori rispetto a quelle riparabili con la corresponsione degli interessi, relativamente alle sole obbligazioni pecuniarie. In senso conforme, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9517 del 2002 L'obbligazione di risarcimento del danno, per inadempimento di obbligazioni contrattuali diverse da quelle pecuniarie, costituisce, al pari dell'obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale, un debito, non di valuta, ma di valore, in quanto tiene luogo della materiale utilità che il creditore avrebbe conseguito se avesse ricevuto la prestazione dovutagli, sicché deve tenersi conto della svalutazione monetaria frattanto intervenuta, senza necessità che il creditore stesso alleghi e dimostri il maggior danno ai sensi dell'art. 1224, secondo comma, cod. civ., detta norma attenendo alle conseguenze dannose dell'inadempimento, ulteriori rispetto a quelle riparabili con la corresponsione degli interessi, relativamente alle sole obbligazioni pecuniarie. SEZ. III ORDINANZA DEL 20 APRILE 2020, N. 7966 OBBLIGAZIONI IN GENERE - OBBLIGAZIONI PECUNIARIE - INTERESSI - SAGGIO DEGLI INTERESSI Indennizzo assicurativo corrisposto al danneggiante - Interessi di mora previsti dal d.lgs. n. 231 del 2002 - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. All'indennizzo assicurativo per la responsabilità civile non si applicano gli interessi di mora previsti dal d.lgs. n. 231 del 2002, atteso che la somma corrisposta a tale titolo dall'assicuratore, pur trovando fondamento nel contratto di assicurazione, serve a ristorare il danneggiante dell'esborso compiuto a titolo di risarcimento del danno, per il quale l'art. 1, comma 2, lett. b del citato decreto legislativo esclude espressamente l'applicazione degli interessi predetti. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che non aveva riconosciuto gli interessi ex d.lgs. n. 231 del 2002 sull'indennizzo preteso dall'assicurato onde essere rimborsato di quanto corrisposto, a seguito di condanna al risarcimento del danno, per spese di lite e di registrazione del verbale di conciliazione . In precedenza, Cass. Sez. 2 - , Sentenza n. 28409 del 2018 Il saggio d'interesse previsto dall'art. 1284, comma 4, c.c. si applica esclusivamente in caso di inadempimento di obbligazioni di fonte contrattuale, dal momento che, qualora tali obbligazioni derivino, invece, da fatto illecito o dalla legge, non è ipotizzabile nemmeno in astratto un accordo delle parti nella determinazione del saggio, accordo la cui mancanza costituisce presupposto indefettibile di operatività della disposizione. Nella specie, la S.C. ha cassato, decidendo nel merito, il decreto con cui la corte d'appello, nel liquidare l'indennizzo a titolo di equa riparazione ex l. n. 89 del 2001, aveva applicato il saggio degli interessi in misura pari a quello previsto in tema di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali . SEZ. III SENTENZA DEL 23 APRILE 2020, N. 8101 OBBLIGAZIONI IN GENERE - ADEMPIMENTO - DEL TERZO Pagamento effettuato dal mandatario ad un terzo per conto del mandante - Requisiti ex art. 1180 c.c. - Accertamento in capo al mandante - Necessità. L'adempimento del debito altrui può avvenire sia direttamente sia per il tramite d'un mandatario in tale ultima ipotesi, la sussistenza dei requisiti richiesti dall'art. 1180 c.c. esistenza del debito altrui, volontà di estinguerlo, spontaneità del pagamento vanno accertati con riferimento alla persona del mandante, non a quella del mandatario. Si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9472 del 2004 Il mandatario che esegua un pagamento ad un terzo per conto del mandante, non osservando le condizioni stabilite, non è assimilabile al terzo che adempie per il debitore ai sensi dell'art. 1180 cod. civ., poiché, vigendo tra le parti del rapporto di mandato la regola secondo cui il mandatario non può, nell'esecuzione dell'incarico, discostarsi dalle istruzioni ricevute dal mandante, l'atto giuridico compiuto dal mandatario medesimo oltre i limiti del mandato resta a carico dello stesso a norma dell'art. 1711, primo comma, cod. civ Nè rileva che il mandante sia tenuto ad anticipare i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato , poiché la disciplina di cui all'art. 1719 cod. civ. è derogabile mediante patto che, pur senza escludere l'obbligo del mandante di fornire al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato, ne disciplini diversamente i tempi di attuazione. Fattispecie relativa a rapporto trilaterale nell'ambito di contratto di produzione cinematografica la S.C ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l'inadempimento della mandante, poiché i pagamenti erano stati eseguiti senza rispettare lo stato di avanzamento del cortometraggio . SEZ. III SENTENZA DEL 13 MAGGIO 2020, N. 8877 ESECUZIONE FORZATA - PIGNORAMENTO FORMA - IN GENERE Pignoramento somme giacenti su libretto di deposito bancario vincolato all'ordine del giudice dell'esecuzione - Oggetto - Individuazione - Fondamento. Il pignoramento di somme giacenti su libretto di deposito bancario vincolato all'ordine del giudice dell'esecuzione non ha ad oggetto il documento in sé e per sé considerato, trattandosi di un documento di legittimazione e non di un titolo di credito, bensì il credito del debitore esecutato a ricevere tali somme da parte dell'amministrazione emittente e depositaria che, avendo acquisito la proprietà di detti importi in virtù del deposito, è titolare di quelli e del relativo debito restitutorio. ESECUZIONE FORZATA - PIGNORAMENTO FORMA - IN GENERE Pignoramento somme giacenti su libretto di deposito bancario vincolato all'ordine del giudice - Forme - Soggetto nei confronti del quale eseguirlo - Individuazione - Fondamento - Legittimazione dell'ufficio giudiziario interessato - Esclusione - Fattispecie. Il pignoramento di somme giacenti su libretto di deposito bancario vincolato all'ordine del giudice nella specie, di un processo esecutivo va effettuato nelle forme del pignoramento presso terzi nei confronti del soggetto presso il quale è stato acceso tale libretto mediante deposito delle dette somme, unico debitore della loro restituzione, benché all'ordine del giudice del processo nel cui corso o al cui fine il deposito ha avuto luogo, il quale è il solo a poterne disporre, mentre titolare del diritto alla restituzione, sia pure dietro il citato ordine, resta colui che ne ha effettuato il deposito, fino a differente provvedimento di quello stesso giudice. Ne consegue la radicale illegittimità del pignoramento presso terzi nei confronti dell'ufficio giudiziario ove è custodito il libretto in questione o all'ordine del quale può disporsi degli importi giacenti, non potendo esso qualificarsi debitore né del documento in sé né dei menzionati importi. In ordine al primo principio, si richiama Cass. Sez. 3, Sentenza n. 798 del 1981 Poiché il libretto di deposito postale costituisce un documento di legittimazione alla richiesta di pagamento ed alla riscossione, e non già un titolo di credito, il pignoramento ad esso riferito deve essere riguardato come afferente al credito del debitore esecutato nei confronti della amministrazione postale e va, quindi, eseguito con atto a questa notificato, a norma dell'art 543 cod. proc. civ., e non invece presso il debitore o presso il terzo che abbia il possesso del documento stesso. Con riguardo al secondo, si richiamano i Sez. 3, Sentenza n. 6242 del 1987 Quando oggetto di pignoramento sia una somma depositata dal debitore presso un ufficio postale nella specie libretto postale infruttifero , l'atto di pignoramento deve essere notificato, oltre che al debitore, anche al dirigente dell'ufficio postale e, parallelamente, siccome il libretto postale non è un titolo di credito ma un documento di legittimazione, l'ordinanza di assegnazione non può essere emessa a carico di chi ha la mera detenzione del libretto nella specie il cancelliere di una Sezione del tribunale , bensì dell'amministrazione postale presso la quale è depositata la somma oggetto del credito pignorato. ii Sez. 3, Sentenza n. 798 del 1981 v supra . SEZ. III ORDINANZA DEL 20 MAGGIO 2020, N. 9260 ENTI PUBBLICI – PATRIMONIO Beni del patrimonio pubblico oggetto di dismissione - Diritto di opzione in favore del conduttore, ai sensi del d.l. n. 351 del 2001 - Condizioni - Fondamento. In tema di dismissione di beni appartenenti al patrimonio pubblico, il beneficio dell'abbattimento del prezzo di vendita previsto dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 41 del 2004, conv. dalla l. n. 104 del 2004, è riconosciuto a condizione che il richiedente sia conduttore dello specifico immobile che intende acquistare e che in relazione ad esso abbia manifestato - con le modalità indicate nell'art. 3, comma 20, del d.l. n. 351 del 2001, conv. dalla legge n. 410 del 2001 - la volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001 pertanto, in considerazione del carattere speciale e di stretta interpretazione della normativa sulla cartolarizzazione degli immobili pubblici, l'opzione esercitata per una determinata unità immobiliare non può ritenersi valida anche per un'altra, solo perché parimenti ricompresa nel programma di dismissione. Si richiama Cass. Sez. 2 - , Sentenza n. 1359 del 2017 L’art. 3 del d.l. n. 351 del 2001 conv., con modif., dalla l. n. 410 del 2001 , nell’individuare le condizioni per l'esercizio del diritto di opzione in capo ai conduttori di immobili ad uso residenziale oggetto di dismissione da parte degli enti previdenziali, subordina l'esercizio di tale diritto unicamente alla condizione che il conduttore sia in regola con il pagamento dei canoni e non sia proprietario di altra abitazione, sicché non sussiste alcun divieto all'esercizio del diritto di opzione nel caso, come quello di specie, in cui il conduttore sia titolare di due contratti di locazione, vista anche la ratio della disciplina che prevede, quale modalità privilegiata di cessione volta a favorire la dismissione degli appartamenti, la cd. vendita in blocco”, e quindi, anche la facoltà di esercitare l'opzione in relazione a più unità immobiliari. SEZ. III SENTENZA DEL 20 MAGGIO 2020, N. 9256 FIDEJUSSIONE - LIMITI - SCADENZA DELL'OBBLIGAZIONE PRINCIPALE Contratto atipico di prestito d'uso d'oro - Qualificazione - Scadenza dell'obbligazione principale - Recesso del fideiussore - Effetti - Fattispecie. In caso di recesso dalla garanzia fideiussoria prestata in relazione alle obbligazioni nascenti dal contratto atipico di prestito d'uso d'oro - assimilabile al mutuo per l'obbligazione di restituzione del tantundem e per la sua funzione di finanziamento - il fideiussore è liberato qualora alla data del recesso risulti essere stata adempiuta dal debitore principale l'obbligazione principale di restituzione dell'oro utilizzato oppure, a seguito della c.d. opzione d'acquisto , quella alternativa di pagamento dell'equivalente in denaro dell'oro trattenuto. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva applicato il diverso principio, elaborato con riferimento alla differente ipotesi dell'apertura di credito in conto corrente senza predeterminazione di durata, secondo il quale il recesso del fideiussore produce l'effetto di circoscrivere l'obbligazione accessoria al saldo del debito esistente al momento di efficacia del recesso, senza verificare se le proroghe , intervenute dopo il recesso del fideiussore e la scadenza dei due prestiti d'uso, costituissero la messa a disposizione di nuovo oro - ad obbligazione alternativa ormai adempiuta e, dunque, nell'ambito di un nuovo prestito - ovvero un mero differimento del termine per adempiere l'obbligazione nascente dai prestiti originari oppure operazioni finanziarie di altra natura . In precedenza, Cass. Sez. 5 - , Ordinanza n. 23171 del 2017 Ai fini fiscali, il contratto atipico di prestito d'uso d'oro è assimilabile al contratto di mutuo, anche in ragione della comune funzione essenzialmente di finanziamento, sicché, l'esercizio di competenza cui riferire la deducibilità dei costi coincide con quello in cui si realizzano i ricavi, conseguenti alla trasformazione dell'oro ed alla vendita successiva dei prodotti che ne sono ricavati. SEZ. II SENTENZA DEL 21 MAGGIO 2020, N. 9373 USI CIVICI - OCCUPAZIONI E LEGITTIMAZIONI Opere realizzate senza titolo - Disciplina applicabile - Fattispecie. Le opere ed impianti realizzati senza titolo su di un suolo assoggettato a vincolo demaniale civico ne seguono la sorte, essendo privi di una propria titolarità giuridica diversa dal suolo sul quale insistono e di cui acquisiscono la natura. Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la sentenza gravata nella parte in cui aveva dichiarato la natura demaniale civica di alcuni terreni e non anche delle opere idroelettriche abusivamente realizzate sui terreni medesimi . Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. II SENTENZA DEL 21 MAGGIO 2020, N. 9371 CREDITO - ISTITUTI O ENTI DI CREDITO - ALTRE AZIENDE DI CREDITO - VIGILANZA E CONTROLLO Sanzioni irrogate dalla Banca d'Italia - Omessa comunicazione agli interessati degli esiti istruttori - Violazione del diritto di difesa e dei principi di cui all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo - Esclusione - Fondamento. In tema di sanzioni irrogate dalla Banca d'Italia, la mancata comunicazione all'incolpato degli esiti istruttori non comporta violazione del diritto di difesa e dei principi sanciti dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, atteso che il procedimento amministrativo deve ritenersi ab origine conforme alle prescrizioni di tale ultima disposizione, essendo il provvedimento sanzionatorio impugnabile davanti ad un giudice indipendente ed imparziale, dotato di giurisdizione piena e presso il quale è garantito il pieno dispiegamento del contraddittorio tra le parti. Si richiama Cass. Sez. 2 - , Sentenza n. 8237 del 2019 In tema di sanzioni irrogate dalla Banca d'Italia, deve escludersi che la mancata comunicazione all'incolpato della proposta conclusiva formulata dalla Commissione per l'esame delle irregolarità al Direttorio della medesima Banca comporti la violazione del diritto di difesa e dei principi sanciti dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo perché il procedimento amministrativo deve ritenersi ab origine conforme alle prescrizioni di tale ultima disposizione, essendo il provvedimento sanzionatorio impugnabile davanti ad un giudice indipendente ed imparziale, dotato di giurisdizione piena e presso il quale è garantito il pieno dispiegamento del contraddittorio tra le parti. SEZ. II ORDINANZA DEL 21 MAGGIO 2020, N. 9381 MANDATO - OBBLIGAZIONI DEL MANDATARIO - MANDATO TACITO - SOSTITUTI DEL MANDATARIO Mandato - Sostituto del mandatario - Azione diretta del mandante - Condizioni. L'azione diretta del mandante nei confronti del sostituto del mandatario è esperibile sul presupposto che il mandante agisca per mala gestio rimproverabile al sostituto, surrogandosi al sostituito qualora quest'ultimo non possa esercitare un'azione contrattuale nei confronti del sostituto, per averne ratificato l'operato o per avervi previamente rinunciato, tale azione diretta non sussiste. Si richiama Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3215 del 1972 L'Azione diretta del mandante nei confronti del sostituto del mandatario allora può essere esperita solo quando quest'ultimo sia incorso in colpa e nel conseguente Obbligo di risarcimento del danno essa non e pertanto esperibile allorché il mandatario abbia accettato ed approvato l'operato del sostituto, giudicandolo sostanzialmente conforme alle istruzioni da lui impartite o comunque al comportamento nel singolo caso dovuto.