RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. UNITE ORDINANZA 19 GENNAIO 2021, N. 784 PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - CONTROVERSIE - COMPETENZA E GIURISDIZIONE. Pensionati delle Poste Italiane Spa già Ente Poste Italiane - Controversia sul trattamento pensionistico - Giurisdizione della Corte dei conti - Sussistenza - Fondamento - Fattispecie. La controversia proposta da un dipendente in quiescenza delle Poste Italiane Spa già Ente Poste Italiane che abbia direttamente ad oggetto il trattamento di pensione nella specie, l'accertamento del diritto a non vedersi applicate le riduzioni previste dall'art. 1, commi da 260 a 268, della l. n. 145 del 2018, e, subordinatamente, delle corrette riduzioni da applicare , senza alcun riflesso sul rapporto di lavoro già risolto, appartiene alla giurisdizione della Corte dei Conti, atteso che la giurisdizione va determinata, ai sensi dell'art. 386 c.p.c., sulla base dell'oggetto della domanda secondo il criterio del petitum sostanziale e il d.l. n. 487 del 1993, convertito nella l. n. 71 del 1994, che ha trasformato l'amministrazione postale in ente pubblico economico, ha affidato alla cognizione del giudice ordinario solo le controversie concernenti il rapporto di lavoro di diritto privato con detto ente, senza modificare le preesistenti regole di riparto della giurisdizione per quanto riguarda le questioni relative al trattamento pensionistico. In senso conforme, Cass. Sez. U, Sentenza n. 16168 del 2011 La controversia proposta da un dipendente in quiescenza delle Poste Italiane Spa già Ente Poste Italiane che abbia direttamente ad oggetto il trattamento di pensione nella specie, l'attribuzione di un trattamento pensionistico con i benefici di cui all'art. 2, comma secondo, legge n. 336 del 1970, che prevede, per gli orfani di guerra, la promozione al momento del collocamento a riposo alla qualifica immediatamente superiore a quella da ultimo ricoperta , senza alcun riflesso sul rapporto di lavoro già risolto, appartiene alla giurisdizione della Corte dei Conti, atteso che la giurisdizione va determinata, ai sensi dell'art. 386 cod. proc. civ., sulla base dell'oggetto della domanda secondo il criterio del petitum sostanziale e il d.l. n. 487 del 1993, convertito nella legge n. 71 del 1994 - che ha trasformato l'Amministrazione postale in ente pubblico economico e, poi, in Spa - ha affidato alla cognizione del giudice ordinario solo le controversie concernenti il rapporto di lavoro di diritto privato con detto ente, senza modificare le preesistenti regole di riparto della giurisdizione per quanto riguarda le questioni relative al trattamento pensionistico. SEZ. UNITE SENTENZA 28 GENNAIO 2021, N. 2061 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUI RAPPORTI PREESISTENTI - IN GENERE. Leasing finanziario - Risoluzione del contratto verificatasi in data anteriore all'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017 – Successivo fallimento dell’utilizzatore - Applicazione analogica dell’art. 72 quater l.fall. – Ammissibilità – Esclusione. In tema di leasing finanziario, la disciplina di cui all'art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017 non ha effetti retroattivi, sì che il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l'entrata in vigore della legge stessa per i contratti anteriormente risolti resta valida, invece, la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest'ultima figura, della disciplina dell'art. 1526 c.c., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell'utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente l'art. 72 quater l.fall. FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - PASSIVITA' FALLIMENTARI ACCERTAMENTO DEL PASSIVO - AMMISSIONE AL PASSIVO - IN GENERE. Risoluzione del contratto di leasing finanziario per inadempimento dell’utilizzatore – Fallimento dell’utilizzatore - Insinuazione al passivo del concedente - Oneri di allegazione e prova. In tema di leasing traslativo, nel caso in cui, dopo la risoluzione del contratto per inadempimento dell'utilizzatore, intervenga il fallimento di quest'ultimo, il concedente che, in applicazione dell'art. 1526 c.c., intenda far valere il credito risarcitorio derivante da una clausola penale stipulata in suo favore è tenuto a proporre apposita domanda di insinuazione al passivo ex art. 93 l.fall., in seno alla quale dovrà indicare la somma ricavata dalla diversa allocazione del bene oggetto del contratto ovvero, in mancanza, allegare una stima attendibile del relativo valore di mercato all'attualità, onde consentire al giudice di apprezzare l'eventuale manifesta eccessività della penale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1526, comma 2, c.c. La prima massima supera il contrasto che si era creato tra le sezioni semplici, aderendo all’indirizzo maggioritario, rappresentato dai seguenti precedenti a Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 2016 L'art. 72 quater l.fall. trova applicazione solo nel caso in cui il contratto di leasing sia pendente al momento del fallimento dell'utilizzatore, mentre, ove si sia già anteriormente risolto, occorre distinguere a seconda che si tratti di leasing finanziario o traslativo, solo per quest'ultimo potendosi utilizzare, in via analogica, l'art. 1526 c.c., con l'ulteriore conseguenza che, in tal caso, il concedente ha l'onere, se intenda insinuarsi al passivo del fallimento, di proporre la corrispondente domanda completa in tutte le sue richieste nascenti dall'applicazione della norma da ultimo citata. b Sez. 1 - , Sentenza n. 14878 del 2017 Deve essere accolta la domanda di rettificazione dell'atto di nascita del minore nato all'estero e figlio di due madri coniugate all'estero, già trascritto in Italia nei registri dello stato civile con riferimento alla sola madre biologica, non sussistendo contrasto con l?ordine pubblico internazionale italiano. c Sez. 3 - , Ordinanza n. 3965 del 2019 In tema di locazione finanziaria, la risoluzione del leasing traslativo per inadempimento dell'utilizzatore è disciplinata dall'art. 1526 c.c., non incidendo sull'applicazione di tale ultima disposizione l'art. 72-quater l. fall. introdotto dall'art. 59 del d.lgs. n. 5 del 2006, atteso che siffatta norma non disciplina la risoluzione del contratto di leasing, bensì il suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell'utilizzatore. In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, accertata la risoluzione di diritto di tre contratti di leasing traslativo, ritenendo applicabili i principi desunti dall'art. 72-quater l. fall., aveva rigettato la domanda, proposta dall'utilizzatrice, di restituzione dei canoni incamerati dalla concedente . Resta recessivo il contrario approdo di i Sez. 1 - , Sentenza n. 8980 del 2019 Gli effetti della risoluzione del contratto di leasing finanziario per inadempimento dell'utilizzatore, verificatasi in data anteriore alla data di entrata in vigore della legge 124 del 2017 art. 1, commi 136-140 , sono regolati dalla disciplina dell'art. 72 quater l.fall., applicabile anche al caso di risoluzione del contratto avvenuta prima della dichiarazione di fallimento dell'utilizzatore. Ne consegue che, in caso di fallimento dell'utilizzatore, il concedente avrà diritto alla restituzione del bene e dovrà insinuarsi al passivo fallimentare per poter vendere o allocare il bene e trattenere, in tutto o in parte, l'importo incassato. La vendita avverrà a cura dello stesso concedente, previa stima del valore di mercato del bene disposta dal giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Sulla base di tale valutazione sarà determinato l'eventuale credito della curatela nei confronti del concedente o quello, in moneta fallimentare, del concedente stesso, da quantificarsi in misura corrispondente alla differenza tra il valore del bene ed il suo credito residuo, derivante dai canoni scaduti e non pagati ante-fallimento ed i canoni a scadere, in linea capitale, oltre al prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione. Eventuali rettifiche, sulla base di quanto effettivamente realizzato dalla vendita del bene, potranno farsi valere in sede di riparto. ii Sez. 1 - , Sentenza n. 12552 del 2019 In seguito all'entrata in vigore dell'art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017, gli effetti della risoluzione del contratto di leasing, verificatasi anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell'utilizzatore, devono essere regolati sulla base di quanto previsto dall'art. 72 quater l. fall., che ha carattere inderogabile e prevale su eventuali difformi pattuizioni delle parti. Con riferimento alla seconda, si vedano i Sez. 3 - , Ordinanza n. 15202 del 2018 In materia di leasing traslativo, nell'ipotesi di risoluzione anticipata per inadempimento dell'utilizzatore, le parti possono convenire, con patto avente natura di clausola penale, l'irrepetibilità dei canoni già versati da quest'ultimo prevedendo la detrazione, dalle somme dovute al concedente, dell'importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito, essendo tale clausola coerente con la previsione contenuta nell'art. 1526, secondo comma, c.c. ii Sez. 3 - , Ordinanza n. 20840 del 2018 In tema di leasing traslativo, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la clausola penale che attribuisca al concedente, oltre all'intero importo del finanziamento, anche la proprietà e il possesso del bene è manifestamente eccessiva in quanto attribuisce vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, dovendo il giudice effettuare, ai fini della sua riducibilità ex art. 1384 c.c., una valutazione comparativa tra il vantaggio che detta clausola assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto. iii Sez. 3 - , Sentenza n. 25031 del 2019 In tema di leasing traslativo, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la clausola penale pattizia che escluda l'applicabilità dell'art. 1526 c.c. può essere valutata dal giudice ex art. 1384 c.c. ai fini di un'equa riduzione, anche d'ufficio, della prestazione assunta, ove risulti manifestamente eccessiva ovvero tenuto conto dell'entità dell'adempimento dell'obbligazione principale. In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di appello, che aveva apoditticamente desunto dalla mera sussistenza di una clausola pattizia derogatoria l'inapplicabilità della disciplina della vendita con riserva della proprietà ed illogicamente ritenuto di non potere valutare in concreto la sussistenza di una manifesta eccessività della penale tale da giustificare una riduzione in via equitativa della stessa . SEZ. UNITE SENTENZA 29 GENNAIO 2021, N. 2146 PRESCRIZIONE CIVILE – DECORRENZA. Risarcimento del danno da alluvione - Decorso della prescrizione -- Individuazione del dies a quo - Criteri - Erronea determinazione - Vizio di sussunzione - Sussistenza - Fattispecie. Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento preteso, nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dai soggetti danneggiati dall'esondazione di un fiume decorre dal giorno in cui gli stessi hanno avuto la conoscenza o la conoscibilità tecnico-scientifica dell'incidenza causale delle carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche. Incorre, pertanto, in un errore di sussunzione e, dunque, nella falsa applicazione dell'art. 2935 c.c. il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita, da parte del danneggiato, in base alla mera percezione - inidonea a rendere concretamente esercitabile il diritto in mancanza di una specifica indagine tecnico-scientifica volta a identificare il rapporto causale - dell'episodio di natura meteorologica determinante l'esondazione. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale - affermando che i danneggiati avrebbero potuto immediatamente percepire, con la normale diligenza, i difetti delle opere idrauliche e il nesso di causalità con i danni subiti - aveva fatto coincidere il dies a quo del termine di prescrizione con l'evento alluvionale, durato tre giorni . Si richiama Cass. Sez. U, Sentenza n. 27337 del 2008 Qualora l'illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche per difetto di querela, all'azione risarcitoria si applica l'eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato art. 2947, terzo comma, prima parte, cod. civ. perché il giudice, in sede civile, accerti incidenter tantum , e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi. Detto termine decorre dalla data del fatto, da intendersi riferito al momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto - o avrebbe dovuto avere, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche - sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato. SEZ. UNITE SENTENZA 1 FEBBRAIO 2021, N. 2157 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - CORTE DEI CONTI. Banca d'affari - Domanda di danno erariale da inadempimento di obblighi contrattuali in operazioni in strumenti finanziari derivati o da responsabilità precontrattuale quale specialista del debito pubblico per il MEF - Giurisdizione del giudice contabile - Esclusione - Limiti. Non sussiste la giurisdizione contabile sulla domanda di danno erariale proposta nei confronti di una banca d'affari sulla base di un petitum sostanziale fondato sulla responsabilità contrattuale o precontrattuale riconducibili al duplice ruolo, di controparte in operazioni in strumenti finanziari derivati e di specialista del debito pubblico, da essa svolto nel rapporto con il Ministero dell'economia e delle finanze, se tale rapporto non presenti, in concreto, i caratteri della relazione di servizio comportante l'assunzione, da parte della banca, di potestà pubblicistiche, nonché il suo inserimento, anche temporaneo, nell'organizzazione interna del Ministero quale agente di questo in ordine alle scelte di negoziazione in strumenti finanziari derivati e di gestione del debito pubblico sovrano. Non si segnalano precedenti in termini. SEZ. UNITE SENTENZA 4 FEBBRAIO 2021, N. 2603 AVVOCATO E PROCURATORE - CONSIGLI DELL'ORDINE. Elezioni dei consigli degli ordini forensi - Soppressione di un consiglio dell’ordine e trasmigrazione dei relativi iscritti nell’albo di un altro consiglio - Artt. 3 comma 3, l. n. 113 del 2017 e 11 quinquies, comma 1, d.l. n. 135 del 2018 - Ineleggibilità degli avvocati che abbiano già espletato due mandati consecutivi - Applicabilità - Fondamento. Le disposizioni contenute negli articolo 3, comma 3, secondo periodo, della l. n. 113 del 2017 e 11 quinquies, comma 1, del d.l. n. 135 del 2018, conv., con modif., dalla l. n. 12 del 2019 per effetto delle quali lo svolgimento di due mandati consecutivi di componente del consiglio dell'ordine degli avvocati, anche per una parte soltanto di ciascun quadriennio - ma per un periodo non inferiore ad un biennio - comporta l'ineleggibilità alla medesima carica per un ulteriore quadriennio, ancorché il duplice mandato sia stato in parte espletato in epoca anteriore all'entrata in vigore della l. n. 113 del 2017 , devono essere interpretate nel senso che il divieto da esse previsto opera anche in caso di soppressione di un consiglio dell'ordine e di trasmigrazione dei relativi iscritti nell'albo di un altro consiglio, precludendo quindi al professionista che abbia già svolto le funzioni di componente presso il consiglio dell'ordine di provenienza, per il periodo consentito dalla legge, la candidatura alle elezioni per il rinnovo del consiglio dell'ordine di nuova iscrizione ciò in quanto, per un verso, la predetta ineleggibilità - come osservato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 173 del 2019 la quale, nel dichiarare infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione al plesso normativo surrichiamato, ha affermato che esso persegue la finalità di valorizzare le condizioni di uguaglianza che l'art. 51 Cost. pone alla base dell'accesso alle cariche elettive - trova fondamento nell'esigenza di recidere il legame eventualmente istauratosi tra il singolo consigliere e i relativi elettori, suscettibile di recare pregiudizio non solo alla regolarità della competizione elettorale, ma anche alla correttezza e imparzialità nell'esercizio delle funzioni mentre, per altro verso, questa esigenza non viene meno a seguito dell'ampliamento del corpo elettorale conseguente alla trasmigrazione nell'albo di un nuovo consiglio degli elettori iscritti a quello di un consiglio soppresso, atteso che del nuovo bacino elettorale vengono a far parte anche gli elettori del precedente consiglio, potendo quindi risultare in concreto alterata la posizione di uguaglianza dei partecipanti alla competizione elettorale e condizionato il futuro esercizio delle funzioni di consigliere. Si richiama Cass. Sez. U - , Sentenza n. 32781 del 2018 In tema di elezioni dei Consigli degli ordini circondariali forensi, la disposizione dell'art. 3, comma 3, secondo periodo, della l. n. 113 del 2017, in base alla quale i consiglieri non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi, si intende riferita anche ai mandati espletati solo in parte prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che, a far data dall'entrata in vigore di detta legge 21 luglio 2017 e fin dalla sua prima applicazione in forza del comma 3 del suo art. 17, non sono eleggibili gli avvocati che abbiano già espletato due mandati consecutivi esclusi quelli di durata inferiore al biennio ex art 3, comma 4, della legge citata di componente dei Consigli dell'ordine, pure se anche solo in parte sotto il regime anteriore alle riforme di cui alle leggi n. 247 del 2012 e n. 113 del 2017. SEZ. UNITE SENTENZA 4 FEBBRAIO 2021, N. 2606 AVVOCATO E PROCURATORE - CONSIGLI DELL'ORDINE. Componente della commissione per l’esame di stato di abilitazione alla professione di avvocato - Ineleggibilità ex art. 47, comma 6, della l. n. 247 del 2012 - Fondamento. In tema di elezioni degli avvocati nei consigli dell'ordine forensi, l'art. 47, comma 6, della l. n. 247 del 2012, che prevede l'ineleggibilità per coloro che siano stati componenti delle commissioni o sottocommissioni per gli esami di avvocato, si interpreta nel senso che è sufficiente l'assunzione, dopo la nomina, della carica di componente della commissione d'esame per integrare la condizione preclusiva della partecipazione alla tornata elettorale che cronologicamente succeda ad essa, in aderenza al dato testuale della norma, confortato da una lettura sistematica della stessa, in quanto la posizione che si assume con la carica, al di là dell'effettivo esercizio, pone l'avvocato in una condizione di disequilibrio rispetto alle esigenze di uguaglianza e parità delle condizioni di base per partecipare alla competizione elettorale. In precedenza, Cass. Sez. U - , Sentenza n. 27769 del 2020 In tema di elezioni degli avvocati nei consigli dell'ordine forensi, alla luce della sentenza della Corte cost. n. 138 del 2011, la causa di ineleggibilità, prevista dall'art. 47, comma 6, della l. n. 247 del 2012 per coloro che siano stati componenti delle commissioni o sottocommissioni per gli esami di avvocato, deve essere riferita alla tornata elettorale immediatamente successiva alla data di cessazione del suddetto incarico, sicché deve escludersi che la norma, così interpretata, presenti profili di illegittimità costituzionale, ponendo una preclusione che non concerne un periodo temporalmente illimitato né, in sé, eccessivo o irragionevole, ed integrando una scelta discrezionale del legislatore intesa ad impedire possibili commistioni di attribuzioni reputate non opportune, secondo una prospettiva di trasparenza amministrativa e di efficienza gestionale in linea con i valori espressi dalla Costituzione. SEZ. UNITE ORDINANZA 18 FEBBRAIO 2021, N. 4366 EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA - COMPETENZA E GIURISDIZIONE. Edilizia residenziale pubblica - Assegnazione di alloggio - Revoca per superamento dei limiti di reddito ex l. Regione Campania n. 18 del 1997 - Controversia relativa - Giurisdizione del giudice ordinario - Devoluzione - Fondamento. In materia di edilizia residenziale pubblica, a seguito della sentenza n. 204 del 2004 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell'art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall'art. 7, lett. a , della l. n. 205 del 2000, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la revoca dell'assegnazione di alloggio per avere il nucleo familiare dell'assegnatario superato i limiti reddituali, ai sensi della l. Regione Campania n. 18 del 1997, atteso che la posizione dell'assegnatario stesso, rispetto al provvedimento di revoca per tal motivo, è di diritto soggettivo, riguardando il provvedimento un aspetto dello svolgimento del rapporto nel quale la P.A. non è chiamata ad effettuare valutazioni di carattere discrezionale, bensì solo a verificare la ricorrenza di una causa sopravvenuta di decadenza dall'assegnazione In senso conforme, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 29095 del 2011 In materia di edilizia residenziale pubblica, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, che ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell'art. 33 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art. 7, lettera a , della legge 21 luglio 2000, n. 205, è necessario tenere distinta la prima fase, antecedente all'assegnazione dell'alloggio, di natura pubblicistica, da quella successiva all'assegnazione, di natura privatistica, nella quale la posizione dell'assegnatario assume natura di diritto soggettivo, dovendosi attribuire alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie attinenti a pretesi vizi di legittimità dei provvedimenti emessi nella prima fino all'assegnazione, mentre sono riconducibili alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie in cui siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o di risoluzione del rapporto. Appartiene, pertanto, alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio, correlata non già ad un'asserita nuova valutazione dell'interesse pubblico a mantenerla, bensì all'avvenuto accertamento della carenza del requisito dell'impossidenza e/o del superamento dei limiti reddituali, quale previsto dalla legge nella specie della Regione Lazio per il diritto alla conservazione dell'alloggio, e perciò costituente atto con valenza dichiarativa incidente su una posizione di diritto soggettivo dell'assegnatario, rientrante nella seconda delle menzionate fasi del rapporto intercorrente con l'ente pubblico.