RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I SENTENZA DEL 29 MAGGIO 2020, N. 10300 BENI IMMATERIALI DIRITTI DI AUTORE PROPRIETA' INTELLETTUALE SOGGETTI DEL DIRITTO PLAGIO E CONTRAFFAZIONE Requisiti della creatività ed originalità Nozione Accertamento di fatto Sindacabilità in Cassazione Limiti Fattispecie. La protezione del diritto d'autore postula il requisito dell'originalità e della creatività, consistente non già nell'idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, presupponendo che l'opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative la consistenza in concreto di tale autonomo apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità soltanto per eventuali vizi di motivazione. Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che aveva escluso il carattere dell'originalità e creatività in un regolamento disciplinante un servizio anticontraffazione, poiché si trattava di un testo giuridico standard di uso tecnico-professionale, che non conteneva alcuna peculiare e creativa elaborazione di nozioni giuridiche, prassi del settore, esperienze del professionista, ma solo indicazioni pratiche e funzionali In precedenza i Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25173 del 2011 Il carattere creativo e la novità dell'opera sono elementi costitutivi del diritto d'autore sull'opera dell'ingegno pertanto, prima ancora di verificare se un'opera possa costituire plagio di un'altra, il giudice del merito deve verificare se quest'ultima abbia o meno i requisiti per beneficiare della protezione richiesta, e ciò sia sotto il profilo della compiutezza espressiva, sia sotto il profilo della novità. Fattispecie relativa alla tutelabilità come diritto d'autore di un libro fotografico sui luoghi visitati da Goethe in Sicilia, nel quale erano riportati anche brani letterari selezionati . ii Sez. 1, Sentenza n. 13524 del 2014 La protezione del diritto d'autore riguardante programmi per elaboratori il software , che rappresenta la sostanza creativa dei programmi informatici , al pari di quella riguardante qualsiasi altra opera, postula il requisito dell'originalità, occorrendo pertanto stabilire se il programma sia o meno frutto di un'elaborazione creativa originale rispetto ad opere precedenti, fermo restando che la creatività e l'originalità sussistono anche quando l'opera sia composta da idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia propria dell'opera stessa, purché formulate ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti. La consistenza in concreto di tale autonomo apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità soltanto per eventuali vizi di motivazione. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che ha ritenuto meritevole di tutela il programma Giava , predisposto per le agenzie di viaggio e composto da una sezione contabile e da una sezione per la vendita dei biglietti, valutandolo originale sia sotto il profilo della funzionalità, sia sotto quello strutturale e algoritmico del software . SEZ. I ORDINANZA DEL 29 MAGGIO 2020, N. 10302 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI FALLIMENTO APERTURA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO IMPRESE SOGGETTE SOCIETA' Fallimento Società a responsabilità limitata Trasformazione regressiva in società semplice Termine annuale Applicabilità Decorrenza. In ipotesi di trasformazione cd. regressiva di una società a responsabilità limitata in una società semplice, sottratta al fallimento, con conseguente cancellazione della società trasformata dalla sezione ordinaria del registro delle imprese ed iscrizione in quella speciale di cui all'art. 2 del d.P.R. n. 558 del 1999, il termine annuale di cui all'art. 10 l.fall. va sempre calcolato dalla data della cancellazione dalla sezione ordinaria del registro. Si segnala come precedente, Cass. Sez. 1 , Ordinanza n. 23575 del 2017 La comunicazione del testo integrale della sentenza di rigetto del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata dal cancelliere mediante posta elettronica certificata PEC , è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione in cassazione ex art. 18, comma 14, l.fall. il meccanismo previsto dall’art. 18 cit. ha infatti a fondamento, in ragione delle esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento fallimentare, la mera conoscenza legale del provvedimento suscettibile di impugnazione, conoscenza che la comunicazione in forma integrale assicura al pari della notificazione. La S.C., nell’enunciare tale principio, ha escluso la tardività del ricorso, avuto riguardo alla circostanza che la comunicazione della sentenza impugnata era stata effettuata nella vigenza dell’art. 45 disp. att. c.p.c. ratione temporis applicabile, che non contemplava la comunicazione integrale del provvedimento . SEZ. I ORDINANZA DEL 3 GIUGNO 2020, N. 10511 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI FALLIMENTO APERTURA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO PROCEDIMENTO IN GENERE Fallimento Notificazione del ricorso ex art. 15 l.fall. Rinnovazione A cura del ricorrente. In materia di notificazione del ricorso per dichiarazione di fallimento, ai sensi dell'art. 15 l.fall., una volta che la notificazione a cura della cancelleria all'indirizzo di posta elettronica certificata del debitore sia risultata impossibile o non abbia avuto esito positivo, l'onere della notificazione ricade definitivamente sul ricorrente, sicché, ove sia stata disposta la rinnovazione della notificazione da questi eseguita, essa è effettuata a cura del ricorrente medesimo, senza che debba essere preceduta da un nuovo tentativo di notificazione a cura della cancelleria all'indirizzo di posta elettronica certificata del debitore. Si veda Cass. Sez. 6 1, Ordinanza n. 5311 del 2020 L'art. 15, comma 3, l.fall. nel testo novellato dall'art. 17 del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 221 del 2012 , nel prevedere che la notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento alla società può essere eseguita tramite PEC all'indirizzo della stessa e, in caso di esito negativo, presso la sua sede legale come risultante dal registro delle imprese, oppure, qualora neppure questa modalità sia andata a buon fine, mediante deposito dell'atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro, introduce una disciplina speciale semplificata che esclude l'applicabilità della disciplina ordinaria prevista dall'art. 145 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilità del destinatario della notifica. SEZ. I SENTENZA DEL 5 GIUGNO 2020, N. 10747 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' PROCEDIMENTO LIQUIDAZIONE DELL'INDENNITA' DETERMINAZIONE STIMA IN GENERE Migliorie opportunistiche Rilievo d’ufficio Ammissibilità Fondamento. In tema di espropriazione per pubblica utilità, il giudice del merito non è vincolato all'eccezione o istanza della parte espropriante, per fare applicazione dell'art. 32, comma 2, del d.p.r. del 2001,che impone di non tenere conto, ai fini indennitari, delle costruzioni e migliorie opportunistiche quali sono quelle che sono state intraprese sui fondi soggetti ad esproprio dopo la comunicazione dell'avvio del procedimento e del deposito degli atti ex art. 16, comma 4 del medesimo d.p.r. trattandosi di una circostanza che egli è tenuto a rilevare, anche d'ufficio, sulla base degli elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, in quanto incidente sulla determinazione giudiziale dell'indennità. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' PROCEDIMENTO LIQUIDAZIONE DELL'INDENNITA' DETERMINAZIONE STIMA IN GENERE Fasce di rispetto stradale Inedificabilità legale Applicazione estensiva della disciplina in tema di espropriazione parziale Configurabilità Condizioni. In tema di espropriazione per pubblica utilità, nel caso in cui, per effetto della realizzazione o dell'ampliamento di una strada pubblica nella specie, di una autostrada , il privato debba subire nella sua proprietà la creazione o l'avanzamento della relativa fascia di rispetto, quest'ultima si traduce in un vincolo assoluto di inedificabilità che di per sé non è indennizzabile, ma che, in applicazione estensiva della disciplina in tema di espropriazione parziale, non esclude il diritto del proprietario di essere indennizzato per il deprezzamento dell'area residua mediante il computo delle singole perdite ad essa inerenti, quando risultino alterate le possibilità di utilizzazione della stessa ed anche per la perdita della capacità edificatoria realizzabile sulle più ridotte superfici rimaste. In ordine al primo principio si richiama Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1161 del 2007 La data rilevante, ai fini dell'esclusione, dal computo dell'indennità di espropriazione, delle c.d. migliorie opportunistiche, ovvero realizzate al solo scopo di conseguire un'indennità maggiore, non è quella della espropriazione, ma quella, anteriore, della presunta conoscenza del procedimento espropriativo. Riguardo al secondo, si richiamano i Sez. 1, Sentenza n. 24435 del 2006 Il danno liquidato a seguito di occupazione acquisitiva parziale, al pari dell'indennità di espropriazione, comprende anche il deprezzamento che abbiano subito le parti residue del fondo parzialmente acquisito, in quanto riguarda l'intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo, ivi compresa la perdita di valore della porzione residua derivata dalla parziale ablazione del fondo, non essendo concepibili, in presenza di un'unica vicenda, due distinte somme, corrisposte l'una per l'acquisizione di una parte del fondo e l'altra a titolo di risarcimento danni per la parte residua nella specie, il giudice del merito aveva correttamente affermato che, in sede di liquidazione, la perdita della volumetria originariamente realizzabile aveva determinato il valore del danno risarcito per l'estensione occupata, considerata per la sua destinazione edificatoria la parte residua aveva conservato intatta tale sua destinazione, sebbene con la riduzione derivatane secondo il rapporto volumetrico stabilito nello strumento urbanistico e già compensata dal danno liquidato . ii Sez. 1, Sentenza n. 25668 del 2015 In tema di espropriazione per pubblica utilità, il vincolo legislativamente imposto sulle aree site in fascia di rispetto stradale o come nella specie ferroviario si traduce in un divieto assoluto di edificazione sancito nell'interesse pubblico, sicché, ai fini della determinazione dell'indennità di esproprio, ed indipendentemente dalle previsioni urbanistiche, non è predicabile la natura edificatoria del terreno ad esso sottoposto, senza che assuma rilievo l'eventuale trasferimento della relativa volumetria su diversi immobili. Tale vincolo, pertanto, pur concretamente applicabile in forza della destinazione di interesse pubblico data al bene sottratto al privato, non arreca alcun deprezzamento del quale debba tenersi conto in sede di determinazione del valore dell'immobile, facendo difetto il nesso di causalità diretto sia con l'ablazione, sia con l'esercizio del pubblico servizio cui l'opera è destinata. iii Sez. 1 , Sentenza n. 26326 del 2016 Non è edificabile il terreno rientrante nella fascia di rispetto cimiteriale di duecento metri ed assoggettato al relativo vincolo ai sensi dell’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934, integrante una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, in ragione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione ed alla sepoltura e nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale , sicché il vincolo s'impone ?ex se?, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, idonei ad incidere sull’esistenza o sui limiti dello stesso ed è, altresì, costituzionalmente legittimo, sotto il profilo soggettivo, in ragione del suo carattere generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di determinati beni che si trovino in una determinata situazione, nonché, sotto il profilo oggettivo, per il fatto di gravare su immobili individuati a priori . Ne consegue che, in sede di determinazione dell’indennità d’espropriazione, tale vincolo non arreca alcun deprezzamento del quale debba tenersi conto in sede di determinazione del valore dell'immobile, facendo difetto il nesso di causalità diretto sia con l'ablazione, sia con l'esercizio del pubblico servizio cui l'opera è destinata. iv Sez. 1 , Ordinanza n. 14632 del 2018 In tema di espropriazione per pubblica utilità, l'inclusione del terreno espropriato in una fascia di rispetto stradale vale a qualificarlo come non edificabile, ai fini della determinazione dell'indennità di espropriazione, trattandosi di una limitazione legale della proprietà, avente carattere generale, in quanto concernente, sotto il profilo soggettivo, tutti i cittadini proprietari di determinati beni che si trovino nella medesima situazione e, sotto il profilo oggettivo, beni immobili individuati a priori per categoria derivante dalla loro posizione o localizzazione rispetto a un'opera pubblica stradale o ferroviaria, non rilevando in senso contrario che il terreno sia collocato all'interno di un piano di insediamento industriale P.I.P. o di un piano di edilizia economica e popolare P.E.E.P. . SEZ. I ORDINANZA DEL 8 GIUGNO 2020, N. 10869 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI FALLIMENTO EFFETTI PER I CREDITORI DEBITI PECUNIARI – COMPENSAZIONE Fallimento Credito da equo indennizzo ex art. 79 l.fall. – Compensazione ex art. 56 l. fall. – Esclusione – Fondamento. Il credito da equo indennizzo ex art. 79 l. fall.,pur collegato al contratto di affitto di azienda, diviene certo soltanto a seguito dell'esercizio del diritto di recesso da parte del curatore, successivamente alla dichiarazione di fallimento, sicché non è suscettibile di compensazione ai sensi dell'art. 56 l. fall. con i contrapposti crediti , norma che postula la preesistenza dei crediti da compensare rispetto all'apertura della procedura concorsuale. Si veda Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19955 del 2011 In tema di società, la costituzione del rapporto societario e l'originario conferimento, pur rappresentando il presupposto giuridico del diritto del socio alla quota di liquidazione, non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente, configurandosi la posizione di quest'ultimo come mera aspettativa o diritto in attesa di espansione, destinato a divenire attuale soltanto nel momento in cui si addivenga alla liquidazione del patrimonio della società o della singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario soltanto nei suoi confronti , ed alla condizione che a tale momento dal bilancio finale o di esercizio risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l'attribuzione pro quota al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. Pertanto, il credito relativo alla quota di liquidazione vantato dal socio di una cooperativa escluso dalla società per effetto della dichiarazione di fallimento ovvero, ai sensi dell'art. 2533, n. 5, primo comma, cod. civ., nel testo introdotto dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, a seguito della delibera di esclusione che è in facoltà della società adottare in caso di fallimento del socio nasce o comunque diviene certo esclusivamente nel momento in cui interviene quella dichiarazione o quella delibera , con la conseguenza che, non potendosi considerare detto credito anteriore al fallimento, viene a mancare il presupposto necessario, ai sensi dell'art. 56 della legge fallimentare, per la compensabilità dello stesso con i contrapposti crediti vantati dalla società nei confronti del socio. SEZ. I ORDINANZA DEL 8 GIUGNO 2020, N. 10867 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI FALLIMENTO EFFETTI PER IL FALLITO ATTI SUCCESSIVI ALLA DICHIARAZIONE IN GENERE Fallimento Debitor debitoris” Pagamento Effetti. In caso di fallimento del debitore già assoggettato ad espropriazione presso terzi, il pagamento eseguito dal debitor debitoris al creditore che abbia ottenuto l'assegnazione del credito pignorato ex art. 553 c.p.c., è inefficace, ai sensi dell'art. 44 l. fall., qualora intervenuto successivamente alla dichiarazione di fallimento, non assumendo rilievo, a tal fine, l'anteriorità dell'assegnazione, che, disposta salvo esazione , non determina l'immediata estinzione del debito dell'insolvente, essendo l'effetto satisfattivo per il creditore procedente rimesso alla riscossione del credito, ossia ad un momento che, in quanto posteriore alla declaratoria fallimentare, sconta la sanzione dell'inefficacia. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA DEL 8 GIUGNO 2020, N. 10884 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI CONCORDATO PREVENTIVO AMMISSIONE – CONDIZIONI Concordato preventivo Crediti privilegiati Falcidia Creditori chirografari Soddisfacimento Condizioni. Si veda Cass. Sez. 6 1, Ordinanza n. 2422 del 2020 In tema di concordato preventivo la regola generale è quella del pagamento non dilazionato dei creditori privilegiati, sicché l'adempimento con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura equivale ad una soddisfazione non integrale degli stessi, in ragione della perdita economica conseguente al ritardo rispetto ai tempi normali con il quale i creditori conseguono le somme dovute. La determinazione in concreto di tale perdita, rilevante ai fini del computo del voto ex art. 177, comma 3, l.fall., costituisce un accertamento in fatto che il giudice di merito deve compiere alla luce della relazione giurata del professionista ex art. 160, secondo comma, l.fall., tenendo conto degli eventuali interessi offerti ai creditori e dei tempi tecnici di liquidazione dei beni gravati dal privilegio in ipotesi di soluzione della crisi alternativa al concordato. SEZ. I ORDINANZA DEL 10 GIUGNO 2020, N. 11081 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' PROCEDIMENTO LIQUIDAZIONE DELL'INDENNITA' DETERMINAZIONE STIMA OPPOSIZIONE ALLA STIMA Espropriazione per pubblica utilità Intervento di riforma economico-sociale Riduzione del 25 per cento dell’indennità Presupposto Previsione in atto normativo Fattispecie in tema di piano regolatore redatto da Consorzio per lo sviluppo industriale. In tema di indennità di espropriazione per pubblica utilità, il presupposto dell'intervento di riforma economico-sociale, che giustifica la riduzione del 25 per cento del valore venale del bene ai fini della sua determinazione, deve riguardare l'intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate ed essere, quindi, attuato in forza di una previsione normativa che in tal senso lo definisca. Nella specie la S.C. ha escluso che la procedura espropriativa finalizzata a favorire l'industrializzazione e gli investimenti in area depressa del centro-sud ad opera di un Consorzio potesse essere produttiva ai sensi dell'art. 51 del d.P.R. n. 218 del 1978 degli stessi effetti giuridici del piano territoriale di coordinamento di cui alla l. n. 1150 del 1942, in difetto di esplicito riconoscimento normativo . Si richiama Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1621 del 2016 In tema di espropriazione per pubblica utilità, ove il procedimento sia adottato per realizzare un piano di zona per l'edilizia economica e popolare, non sussiste il presupposto dell'intervento di riforma economico-sociale, che giustifica la riduzione del 25 per cento del valore venale del bene ai fini della determinazione dell'indennità, dovendo esso riguardare l'intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate ed essere, quindi, attuato in forza di una previsione normativa che in tal senso lo definisca. SEZ. I SENTENZA DEL 10 GIUGNO 2020, N. 11069 ATTI AMMINISTRATIVI DELEGAZIONE AMMINISTRATIVA – INTERSOGGETTIVA Appalto pubblico Collaborazione tra enti Assegnazione della funzione di stazione appaltante” Delega amministrativa intersoggettiva Configurabilità Esclusione Responsabilità nei confronti dei terzi della stazione appaltante Condizioni. L'attribuzione del compito di provvedere alla realizzazione di un'opera di pubblico interesse spettante alla competenza di un ente diverso, che comporti l'assunzione da parte dell'esecutore della veste di stazione appaltante non configura, di per sé, una delegazione amministrativa intersoggettiva, in virtù della quale l'ente delegato è legittimato ad operare nei confronti dei terzi in nome proprio, nell'ambito di una competenza propria e con piena autonomia e responsabilità, ma origina un fenomeno di collaborazione tra enti nell'esecuzione di opere pubbliche. In tale ipotesi, la stipulazione di contratti di appalto con i terzi non si traduce, salvo diversa previsione contenuta nella delega, nell'assunzione della veste di committente da parte della stazione appaltante, chiamata invece ad operare quale ente prescelto per la realizzazione dell'intervento programmato, e dunque in qualità di nudus minister dell'ente competente, privo di poteri esterni idonei a consentirne l'individuazione quale controparte sostanziale dell'appaltatore. Si vedano a Sez. 1, Sentenza n. 13513 del 2004 In tema di edilizia economica e popolare, in caso di delega alla realizzazione delle costruzioni alle cosiddette stazioni appaltanti , ai sensi dell'art. 30 della legge 14 febbraio 1963 n. 60, si realizza un fenomeno di collaborazione di enti nell'esecuzione di opere pubbliche in cui normalmente la stazione appaltante, nel contratto stipulato con l'impresa costruttrice, assume la veste non già di committente bensì di nudus minister dell'I.A.C.P., cui compete il rimborso previsto dalla norma per l'incarico espletato senza poteri esterni idonei a farla individuare come controparte sostanziale dell'appaltatore. Peraltro, trattandosi di delega, l'ambito dei poteri conferiti è soggetto a variare nei diversi casi concreti, potendo esso rimanere circoscritto al mero compito della costruzione ovvero estendersi fino a comprendere effetti esterni quali l'approvazione degli atti di contabilità finale e di collaudo delle singole opere, nonché l'obbligo di pagare, in tutto o in parte, il corrispettivo dell'appalto, con la conseguenza che la legittimazione passiva in ordine ai rapporti obbligatori nascenti dal contratto di appalto va determinata caso per caso, in ragione dei poteri e dei compiti di volta in volta alla stazione appaltante attribuiti, discostandosi dal modello normativo. b Sez. 1, Sentenza n. 10020 del 2015 L'art. 1, comma 9, del d.l. 23 ottobre 1996, n. 551, conv. con modif. nella legge 23 dicembre 1996, n. 651, nel consentire alle Amministrazioni, agli enti pubblici e alle società a capitale interamente o prevalentemente pubblico, beneficiari dei finanziamenti per la realizzazione delle iniziative connesse alla celebrazione del Giubileo dell'anno 2000, di avvalersi del Provveditorato regionale alle opere pubbliche per la progettazione e l'esecuzione delle opere previste dal piano degli interventi adottato ai sensi del secondo comma, attribuendo eventualmente al predetto ufficio le funzioni di stazione appaltante mediante la stipulazione di apposite convenzioni, implica che la titolarità passiva dei rapporti inerenti alla realizzazione delle opere non possa individuarsi in base all'astratta previsione di legge, che rimette alla discrezionalità dei soggetti interessati la determinazione dei compiti e dei poteri spettanti alla stazione appaltante, ma deve essere accertata attraverso un'indagine svolta caso per caso, verificando l'ampiezza del conferimento di attribuzioni risultante dalla convenzione. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto l'esistenza di una delega amministrativa dal Comune di Roma al Provveditorato regionale alle opere pubbliche sulla base del semplice riferimento al dato normativo, senza prendere in esame la convenzione stipulata tra le parti . SEZ. I ORDINANZA DEL 11 GIUGNO 2020, N. 11265 SOCIETA' DI CAPITALI SOCIETA' PER AZIONI NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI SOCIETA' CON PARTECIPAZIONE STATALE O PUBBLICA IN GENERE Società in house” Dipendenti con incarichi elettivi presso l'ente locale partecipante Permessi retribuiti Oneri a carico dell'ente locale Sussistenza Fondamento. In base al principio civilistico del divieto di indebito arricchimento e tenuto conto della distinzione tra società partecipata e socio pubblico, gli oneri derivanti dalla fruizione da parte dei dipendenti di società in house dei permessi retribuiti previsti per l'esercizio di funzioni elettive presso lo stesso ente locale che partecipa alla società sono a carico di quest'ultimo e devono essere rimborsati alla società datrice di lavoro nei termini e secondo le modalità di cui all'art. 80 del d.lgs. n. 267 del 2000. In precedenza i Sez. L, Sentenza n. 1743 del 1998 A norma dell'art. 4 legge n. 816 del 1985, le assenze per la partecipazione dei lavoratori alle sedute dei consigli comunali o provinciali o di altri organi collegiali pubblici elettivi espressamente indicati, sono retribuite e il relativo onere è a carico dagli enti ed organismi presso i quali viene svolto tale incarico elettivo, che sono tenuti, a richiesta, a rimborsare al datore di lavoro quanto corrisposto per le ore o giornate di assenza dal lavoro lo stesso dipendente, pertanto, ai fini di consentire tale richiesta, se non ha chiesto di volta in volta il permesso di assentarsi, deve indicare le giornate e le ore di assenza per la partecipazione all'attività di organi elettivi, configurandosi, in caso di mancata attivazione dei meccanismi autorizzatori, la disapplicazione di una normativa inderogabile, con l'effetto di porre a totale carico del datore di lavoro il pagamento dell'intero orario lavorativo. ii Sez. L , Sentenza n. 7222 del 2018 La sussistenza di un contratto di appalto cd. in house non comporta di per sé l'unicità di titolarità dell'organizzazione produttiva comune alla società-organismo di diritto pubblico e società da essa partecipata al cento per cento, in quanto il rapporto tra i due enti resta di assoluta autonomia ne deriva che le vicende dei rapporti di lavoro del personale delle società cd. in house providing sono regolate secondo la disciplina del lavoro privato e a tale regolamentazione deve aversi riguardo per valutare sia gli aspetti funzionali ed estintivi che quelli genetici degli stessi. SEZ. I ORDINANZA DEL 11 GIUGNO 2020, N. 11266 STRADE PRIVATE E PUBBLICHE Accesso alla strada statale intersecante centri abitati Riscossione dei canoni concessori dovuto dai privati Legittimazione dell'Anas Esclusione Legittimazione del Comune Fondamento. Legittimato a richiedere il pagamento dei canoni per l'accesso da un fondo privato su strada statale, situata all'interno di un centro abitato con popolazione non superiore ai ventimila abitanti, non è l'Anas bensì il Comune, come disposto dall'art. 4 della l. n. 59 del 1961, norma da ritenersi attualmente ancora vigente in base al disposto dell'art. 1 del d. lgs. n. 179 del 2009, che, nell' All. 1, parte 4°, n. 1696, la annovera tra le disposizioni legislative statali pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, delle quali è indispensabile la permanenza in vigore, ai fini e per gli effetti dell'art. 14, commi 14, 14, bis e 14 ter, della l. n. 246 del 2005 e successive modificazioni. Né può ritenersi che l'effetto ripristinatorio di tale norma sia impedito dall'art. 2, comma 7, del codice della strada, avendo il legislatore avendo il legislatore ripristinato l'art. 4 della predetta legge con l'implicita ma chiara volontà di ritenerla applicabile senza soluzione di continuità. Secondo il risalente precedente posto da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7401 del 1983 I tratti delle strade statali che attraversano abitati di comuni con popolazione non superiore a ventimila abitanti fanno parte della rete delle strade statali, ma, a norma dell'art. 4, comma quarto della legge 7 febbraio 1961 n. 59, per gli eventuali canoni dovuti da privati per licenze o concessioni interessanti il corpo stradale nelle suddette traverse interne sono fatti salvi a favore dei comuni, il cui diritto non è condizionato alla preventiva delimitazione in sede amministrativa dei tratti stradali in questione, richiesta dal comma secondo della stessa norma soltanto con riferimento alla possibilità di assunzione da parte dell'ANAS dei compiti di gestione dei marciapiedi e delle banchine rialzate, altrimenti spettanti ai comuni. SEZ. I SENTENZA DEL 11 GIUGNO 2020, N. 11267 CREDITO ISTITUTI O ENTI DI CREDITO IN GENERE Enti creditizi sottoposti a risoluzione Stato di insolvenza Accertamento Infruttuosi tentativi di intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi Rilevanza Esclusione Fondamento Fattispecie. Ai fini della dichiarazione d'insolvenza degli enti creditizi sottoposti a risoluzione ai sensi dell'art. 32 del d.lgs. n. 180 del 2015, non assumono rilievo gli infruttuosi tentativi di intervento del Fondo interbancario per la tutela dei depositi, tenuto conto che l'art. 36 del d.lgs. cit. si limita a precisare che l'accertamento dello stato d'insolvenza deve essere effettuato avendo riguardo alla situazione esistente al momento dell'adozione del provvedimento di avvio della risoluzione, senza prevedere che, a differenza di quanto avviene per ogni altro imprenditore commerciale, si debba compiere anche una valutazione controfattuale sulle cause che hanno condotto a tale stato. In applicazione di tale principio, la S.C. ha respinto il ricorso contro la decisione di merito, che aveva escluso ogni rilevanza all'esito del giudizio di appello, promosso contro la sentenza del Tribunale UE, che aveva negato agli interventi del Fondo interbancario la natura di aiuti di Stato, perché tali interventi, nella specie, non erano stati effettuati e, dunque, non avevano assunto alcuna rilevanza nell'apprezzamento dello stato di insolvenza . FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA STATO D'INSOLVENZA IN GENERE In genere. Nei giudizi instaurati per la dichiarazione dello stato d'insolvenza degli enti creditizi, gli atti provenienti dalla Banca d'Italia o dai commissari straordinari non hanno il valore di prova privilegiata ex art. 2700 c.c. in quanto non sono formati da pubblici ufficiali nell'esercizio di una funzione specificatamente diretta alla documentazione. Tuttavia tali atti, proprio in ragione della loro origine e delle finalità perseguite dai soggetti che li pongono in essere, costituiscono una legittima fonte di informazione, utile all'accertamento dei fatti di causa in senso stretto, che, ove non sia validamente contraddetta, ben può concorre alla formazione del convincimento del giudice, il quale è tenuto ad ammettere le prove che le altre parti deducano per contrastare le risultanze in questo modo acquisite, ma non ad acquisirne d'ufficio per controllare la loro rispondenza al vero. Con riferimento al primo dei due principi, sopra riportati, si richiamano i Sez. 6 1, Ordinanza n. 441 del 2016 Ai fini della dichiarazione di fallimento, l'accertamento dello stato di insolvenza prescinde dalle cause che lo hanno determinato, anche se non imputabili all'imprenditore. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di fallimento di una società a responsabilità limitata reputando irrilevante che la relativa insolvenza fosse stata determinata dall'inagibilità, imputabile a terzi, del capannone dove sarebbe dovuta avvenire la produzione . ii Sez. 1 , Sentenza n. 20186 del 2017 Lo stato di insolvenza di una banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa la cui sussistenza, ai sensi dell'art. 82, comma 2, del d.lgs. n. 385 del 1993, deve essere riscontrata con riferimento al momento dell'emanazione del provvedimento di liquidazione si traduce, sulla base della generale previsione dell'art. 5 l.fall., applicabile in assenza di autonoma definizione, nel venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie per l'espletamento della specifica attività imprenditoriale. La peculiarità dell'attività bancaria la quale implica che l'impresa che la esercita disponga di molteplici canali di accesso al reperimento di liquidità per impedire la suggestione della corsa ai prelievi fa peraltro sì che assuma particolare rilevanza indiziaria, circa il grado di irreversibilità della crisi, il deficit patrimoniale, che si connota come dato centrale rispetto sia agli inadempimenti che all'eventuale illiquidità. Con riguardo al secondo, non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I SENTENZA DEL 12 GIUGNO 2020, N. 11348 CONTRATTI IN GENERE CONTRATTO BILATERALE O SINALLAGMATICO O A PRESTAZIONI CORRISPETTIVE Inadempimento Domanda di risarcimento del danno Rapporti con l'azione di risoluzione del contratto Autonomia Conseguenze. La domanda di risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale non deve essere necessariamente correlata alla richiesta di risoluzione del contratto, perché l'art. 1453 c.c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, ha voluto evidenziare l'autonomia dell'azione risarcitoria rispetto a quella di risoluzione. In senso conforme, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23820 del 2010 La domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacché l'art. 1453 cod. civ., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l'azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell'azione di risoluzione del contratto, con la conseguenza che non può ritenersi implicita nella proposizione della domanda risarcitoria quella, autonoma, di risoluzione del contratto. SEZ. I SENTENZA DEL 12 GIUGNO 2020, N. 11351 PROCEDIMENTO CIVILE NOTIFICAZIONE A PERSONA NON RESIDENTE, NE' DIMORANTE, NE' DOMICILIATA NELLA REPUBBLICA Art. 14 del Regolamento CE n. 1393/2007 Notifica a mezzo posta degli atti giudiziari in un altro Stato membro Modalità Raccomandata con avviso di ricevimento Mezzo equivalente Condizioni Fattispecie. In tema di notifica di atti giudiziari presso uno Stato membro dell'Unione Europea, L'art. 14 del Regolamento CE n. 1393/2007 attribuisce la facoltà di notificare gli atti giudiziari a persone residenti in un altro Stato membro direttamente tramite il servizio postale mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento e, pur essendo prevista una modalità di trasmissione alternativa, con mezzo equivalente , tuttavia, come precisato dalla Corte di giustizia UE sentenza 2 marzo 2017, C-354/15 , tale modalità è ammessa solo se offra garanzie paragonabili a quelle della raccomandata con ricevuta di ritorno, dovendo presentare il medesimo livello di certezza e affidabilità in ordine alla ricezione dell'atto da parte del destinatario. Nella specie, la S.C., ha cassato la decisione di merito, che aveva erroneamente dichiarato la tardività dell'appello, non applicando il termine lungo, nonostante fosse da rilevare la notifica della sentenza impugnata, effettuata in un altro Stato dell'UE a mezzo posta, senza che il destinatario avesse ricevuto l'atto, essendo stato il plico, non reclamato, restituito al mittente . Si richiamano i Sez. 3, Sentenza n. 10543 del 2015 In materia di circolazione intereuropea di titoli esecutivi, la notificazione di un titolo esecutivo italiano eseguita, in uno degli altri Stati membri dell'Unione europea esclusa la Danimarca , a mezzo posta, è rituale in applicazione degli artt. 14 o 15 del regolamento comunitario del 13 novembre 2007, n. 1393/2007/CE salva la facoltà di opposizione dello Stato membro prevista dal predetto art. 15 , sicché, dovendosi ritenere integrato il requisito ex art. 18 del regolamento comunitario del 21 aprile 2004, n. 805/2004/CE, è valido il rilascio del certificato di titolo esecutivo europeo intervenuto in relazione ad un decreto ingiuntivo italiano, notificato a mezzo posta ad un debitore di altro Stato membro dell'Unione europea, ove esso sia divenuto irrevocabile per inammissibilità dell'opposizione ex art. 648 cod. proc. civ. Principio enunciato ex art. 363 cod. proc. civ. . ii Sez. 3 , Ordinanza n. 29716 del 2019 In tema di notificazione di un atto giudiziario in altro Stato membro dell'Unione Europea ai sensi del Regolamento CE n. 1393 del 2007, per la verifica del perfezionamento della notifica sono sufficienti gli elementi informativi riportati nel certificato di espletamento delle formalità previsto dall'art. 10 del citato Regolamento e redatto secondo il modulo standard dell'Allegato I, la cui effettiva provenienza dall'organo che ha proceduto alla notificazione è validamente attestata dall'apposizione del timbro dell'ufficio, alternativa alla sottoscrizione autografa del funzionario. SEZ. I ORDINANZA DEL 12 GIUGNO 2020, N. 11354 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI CONCORDATO PREVENTIVO DELIBERAZIONE ED OMOLOGAZIONE SENTENZA DI OMOLOGAZIONE IMPUGNAZIONI IN GENERE Concordato preventivo Diniego di omologazione Successiva sentenza di fallimento Contestazioni relative alla mancata omologazione Proponibilità nel giudizio di opposizione alla sentenza di fallimento Fondamento. Nel caso di mancata proposizione di autonoma impugnazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., avverso il decreto della corte d'appello di revoca dell'omologazione del concordato preventivo, il debitore può legittimamente proporre le proprie doglianze in merito nel giudizio di impugnazione della sentenza di fallimento successivamente pronunciata dal tribunale, a seguito della rimessione degli atti da parte della corte d'appello ai sensi dell'art. 22, comma 4, l.fall., in quanto il rapporto tra i due procedimenti si atteggia come di conseguenzialità eventuale del fallimento e di assorbimento dei vizi del provvedimento di rigetto in motivi di impugnazione del successivo fallimento . Questione oggetto di plurimi interventi i Sez. 1, Sentenza n. 22083 del 2013 Gli eventuali vizi del decreto di diniego dell'omologazione del concordato preventivo si traducono automaticamente in vizi della sentenza dichiarativa del fallimento, per cui l'impugnante può limitarsi a formulare censure anche solo nei confronti del decreto di diniego dell'omologazione, ferma la necessità, perché vi sia l'interesse a tale impugnazione, che siano impugnati, oltre al decreto stesso, anche la sentenza dichiarativa di fallimento, non essendo ripristinabile la procedura di concordato preventivo in presenza di una sentenza di fallimento non più contestabile non è, dunque, indispensabile che la società debitrice, dichiarata fallita con sentenza pronunciata all'esito di decreto di diniego dell'omologazione del concordato preventivo dalla stessa proposto, contesti la sussistenza del proprio stato di insolvenza. ii Sez. 1 , Sentenza n. 1893 del 2018 Nel caso di sentenza dichiarativa di fallimento che faccia seguito ad un provvedimento d’inammissibilità della domanda di concordato preventivo, l'effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso tale sentenza riguarda anche la decisione sull'inammissibilità del concordato, sicché, ove il debitore abbia impugnato la declaratoria fallimentare, censurando, altresì, la sua mancata ammissione al concordato, il giudice adìto ai sensi degli artt. 18 e 162 l.fall., che dichiari la nullità della dichiarazione di fallimento, è tenuto a riesaminare le questioni concernenti l’ammissibilità della procedura concorsuale minore, avuto riguardo alla preferenza manifestata dall’ordinamento per le soluzioni concordate della crisi d’impresa e al coincidente interesse del reclamante a perseguirle. iii Sez. U , Sentenza n. 26989 del 2016 Il decreto con il quale la corte d’appello, decidendo sul reclamo ai sensi dell’art. 183, comma 1, l.fall., richiamato dall’art. 182-bis, comma 5, l.fall., provvede, in senso positivo o negativo, in ordine all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. Invero, detto provvedimento, oltre ad essere decisorio, poiché emesso all’esito di un procedimento, di natura contenziosa, destinato a produrre il giudicato sull’omologazione o non omologazione dell’accordo, è anche definitivo, in quanto non altrimenti impugnabile. iv Sez. U , Sentenza n. 9146 del 2017 La sopravvenuta dichiarazione del fallimento comporta l’inammissibilità delle impugnazioni autonomamente proponibili contro il diniego di omologazione del concordato preventivo e, comunque, l'improcedibilità del separato giudizio di omologazione in corso, perché l’eventuale giudizio di reclamo ex art. 18 l.fall. assorbe l’intera controversia relativa alla crisi dell’impresa, mentre il giudicato sul fallimento preclude in ogni caso il concordato.