RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I SENTENZA 14 MAGGIO 2020, N. 8944 BENI - IMMATERIALI - BREVETTI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI - VIOLAZIONE DI PRIVATIVA - IN GENERE. Proprietà industriale - Modelli - Contraffazione - Concorso con la tutela confusoria per imitazione servile - Condizioni. In tema di proprietà industriale, qualora sussista la contraffazione del modello la tutela accordata per la violazione della privativa può concorrere con quella prevista per la concorrenza confusoria per imitazione servile sul presupposto che il prodotto rechi una forma individualizzante, tale da essere percepibile, oltre che dall'utilizzatore informato, anche dal consumatore medio. RISARCIMENTO DEL DANNO - VALUTAZIONE E LIQUIDAZIONE - CRITERI EQUITATIVI. Proprietà industriale - Contraffazione - Danni - Retroversione degli utili - Art. 125 c.p.i. - Applicazione - Considerazione dei costi - Necessità. In tema di proprietà industriale, il titolare del diritto di privativa leso, in alternativa alla domanda di risarcimento del lucro cessante, può fare ricorso al criterio della c.d. retroversione degli utili , di cui all'art. 125 del d.lgs. n. 30 del 2005 c.d. codice della proprietà industriale , nel testo modificato dall'art. 17 d.lgs. n. 140 del 2006 , secondo cui il danno va liquidato tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto, vale a dire considerando il margine di profitto conseguito deducendo i costi sostenuti dal ricavo totale. In relazione al primo principio, si richiama Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19174 del 2015 In materia di concorrenza sleale, mentre l'imitazione servile delle caratteristiche di un prodotto altrui integra gli estremi della concorrenza sleale, a prescindere dall'esistenza di una tutela brevettuale del prodotto imitato, la contraffazione del brevetto non è configurabile in mancanza di registrazione e non sussiste neppure successivamente ad essa ove l'attività del contraffattore preesista al brevetto stesso. Nell'enunciare il superiore principio, la S.C. ha escluso la contraffazione di un brevetto avente ad oggetto alcuni stampi di gomma sul presupposto dell'uso dell'invenzione in data antecedente alla registrazione dello stesso da parte del preteso contraffattore . Riguardo al secondo, si veda Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11225 del 2015 In tema di quantificazione del danno subito dal titolare del diritto di utilizzazione economica di una canzone di cui sia rimasto accertato il plagio, il giudice ha il potere-dovere di commisurarlo, nell'apprezzamento delle circostanze del caso concreto, al beneficio tratto dall'attività vietata, che assurge ad utile criterio di riferimento del lucro cessante, segnatamente quando esso sia correlato al profitto del danneggiante, nel senso che questi abbia sfruttato a proprio favore occasioni di guadagno di pertinenza del danneggiato, sottraendole al medesimo. SEZ. I SENTENZA 14 MAGGIO 2020, N. 8943 CONTRATTI IN GENERE - SCIOGLIMENTO DEL CONTRATTO - RISOLUZIONE DEL CONTRATTO - PER INADEMPIMENTO - RAPPORTO TRA DOMANDA DI ADEMPIMENTO E DOMANDA DI RISOLUZIONE - IMPUTABILITA' DELL'INADEMPIMENTO, COLPA O DOLO - DIFFIDA AD ADEMPIERE. Diffida ad adempiere - Termine legale di 15 giorni - Derogabilità - Limiti - Fattispecie. In tema di diffida ad adempiere, la fissazione al debitore di un termine per l'adempimento inferiore ai quindici giorni trova fondamento solo in presenza delle condizioni di cui all'art. 1454, comma 2, c.c., ovvero allorché ricorra una specifica previsione derogatoria o quando il termine abbreviato sia congruo rispetto alla natura del contratto o agli usi. Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata che aveva ritenuto congruo il termine ridotto assegnato avuto riguardo al fatto che sulla base di una precedente missiva il debitore era già inadempiente e non aveva contestato il termine assegnatogli . In precedenza i Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5979 del 1994 L'assegnazione da parte del creditore con la diffida ad adempiere di un termine inferiore a quello di giorni quindici stabilito dall'art. 1454 cod. civ. o comunque non congruo comporta l'impossibilità di utilizzare la diffida ai fini della risoluzione di diritto del contratto, ma non esclude la riammissione in termini della parte inadempiente. ii Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 22002 del 2019 In tema di diffida ad adempiere, costituisce un accertamento di fatto la valutazione di congruità del termine assegnato al debitore ai sensi dell'art. 1454, comma 2, c.c., anche se inferiore a quello legale. SEZ. I ORDINANZA 19 MAGGIO 2020, N. 9147 PERSONALITA' DIRITTI DELLA - RISERVATEZZA - IN GENERE. Diritto all’oblio - Definizione - Persistente pubblicazione on line” di notizia di cronaca - Diritto alla deindicizzazione - Condizioni - Fattispecie. Il diritto all'oblio consiste nel non rimanere esposti senza limiti di tempo ad una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio alla reputazione ed alla riservatezza, a causa della ripubblicazione, a distanza di un importante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato, ma la tutela del menzionato diritto va posta in bilanciamento con l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto di manifestazione del pensiero e quindi di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica, sicchè nel caso di notizia pubblicata sul web , il medesimo può trovare soddisfazione anche nella sola deindicizzazione dell'articolo dai motori di ricerca. Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, nel disporre senz'altro la cancellazione della notizia relativa ad una vicenda giudiziaria mantenuta on line , non aveva operato il necessario bilanciamento tra il diritto all'oblio e quelli di cronaca giudiziaria e di documentazione ed archiviazione . Si richiama Cass. Sez. 1 - , Ordinanza n. 7559 del 2020 E' lecita la permanenza di un articolo di stampa nell'archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria, che abbiano ancora un interesse pubblico di tipo storico o socio-economico, purché l'articolo sia deindicizzato dai siti generalisti e reperibile solo attraverso l'archivio storico del quotidiano, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico, con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda degli eredi di un imprenditore deceduto, tesa ad ottenere la cancellazione dall'archivio on line di un quotidiano, dell'articolo che si riferiva ad inchieste giudiziarie in ordine a fatti penalmente rilevanti commessi dal defunto . SEZ. I SENTENZA 19 MAGGIO 2020, N. 9139 CONTRATTI IN GENERE - REQUISITI ELEMENTI DEL CONTRATTO - FORMA - SCRITTA - IN GENERE. Pactum fiduciae - Oggetto - Trasferimento di quote societarie - Forma scritta ad substantiam o ad probationem” - Necessità - Esclusione - Fondamento. Il pactum fiduciae che abbia ad oggetto il trasferimento di quote societarie non richiede la forma scritta ad substantiam o ad probationem , perché tale patto deve essere equiparato al contratto preliminare, per il quale l'art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo, e la cessione di quote è un negozio che non richiede alcuna forma particolare, neppure nel caso in cui la società sia proprietaria di beni immobili. In Precedenza i Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11757 del 2014 Il pactum fiduciae con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato, richiede, qualora riguardi beni immobili, la forma scritta ad substantiam e la prova per testimoni di tale patto è sottratta alle preclusioni stabilite dagli artt. 2721 e segg. cod. civ. - sempre che non comporti, il trasferimento, sia pure indiretto, di beni immobili - soltanto nel caso in cui detto patto sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento contrattuale, al fine di realizzare uno scopo ulteriore rispetto a quello naturalmente inerente al tipo di accordo, senza direttamente contraddire il contenuto espresso di tale regolamento. Qualora, invece, il patto si ponga in antitesi con quanto risulta altrimenti dal contratto, la mera qualificazione dello stesso come fiduciario non è sufficiente ad impedire l'applicabilità delle disposizioni che vietano la prova testimoniale dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito osservando che il pactum fiduciae comportante il trasferimento indiretto di beni immobili attraverso l'intestazione di quote di partecipazione della società proprietaria di tali beni deve essere stipulato per iscritto e non può essere provato con testimoni ii Sez. 2 - , Ordinanza n. 13216 del 2017 Il pactum fiduciae , con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato, richiede, allorché riguardi beni immobili, la forma scritta ad substantiam , atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l'art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo. iii Sez. 1 - , Ordinanza n. 31570 del 2019 Il negozio fiduciario non è sottoposto ad alcuna forma solenne qualora abbia ad oggetto il trasferimento di una somma di denaro, sebbene il pactum fiduciae sia sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l'art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo, perché il trasferimento di denaro, a differenza dei beni immobili, non richiede la forma scritta ad substantiam . iv Sez. 2 - , Ordinanza n. 32108 del 2019 Il pactum fiduciae esige la forma scritta ad substantiam qualora comporti il trasferimento, sia pure indiretto, di un bene immobile deve, pertanto, essere stipulato per iscritto anche il patto fiduciario comportante il trasferimento indiretto di un immobile attraverso l'intestazione della quota di partecipazione alla società proprietaria del bene. SEZ. I ORDINANZA 26 MAGGIO 2020, N. 9815 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO . Protezione internazionale - Condizione di omosessualità – Previsione dell’omosessualità come reato – Conseguenze – Atto di persecuzione – Configurabilità – Condizioni – Minacce di condotte violente od esposizione a trattamenti inumani e degradanti – Protezione sussidiaria – Configurabilità – Condizioni. In tema di protezione internazionale, l'allegazione da parte dello straniero di una condizione personale di omosessualità impone che il giudice si ponga in una prospettiva dinamica e non statica, vale a dire che verifichi la sua concreta esposizione a rischio, sia in relazione alla rilevazione di un vero e proprio atto persecutorio, ove nel paese di origine l'omosessualità sia punita come reato e sia prevista una pena detentiva sproporzionata o discriminatoria, sia in relazione alla configurabilità della protezione sussidiaria, che può verificarsi anche in mancanza di una legislazione esplicitamente omofoba ove il soggetto sia esposto a gravissime minacce da agenti privati e lo Stato non sia in grado di proteggerlo, dovendosi evidenziare che tra i trattamenti inumani e degradanti lesivi dei diritti fondamentali della persona omosessuale non vi è solo il carcere ma vi sono anche gli abusi medici, gli stupri ed i matrimoni forzati, tenuto conto che non è lecito pretendere che la persona tenga un comportamento riservato e nasconda la propria omosessualità CGUE 7/11/2013 C-199/2012 e C-201/2012 . Si richiamano i Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 2875 del 2018 In tema di protezione internazionale, posto che l'autorità amministrativa e il giudice di merito svolgono un ruolo attivo nell'istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria, ove il richiedente adduca il rischio di persecuzione, al fine di ottenere lo status di rifugiato, o il danno grave, ai fini della protezione sussidiaria, il giudice non deve valutare nel merito la sussistenza o meno del fatto, ossia la fondatezza dell'accusa, ma deve invece accertare, ai sensi degli artt. 8, comma 2, e 14, lett. c , del d.lgs. n. 251 del 2007, se tale accusa sia reale, cioè effettivamente rivolta al richiedente nel suo Paese, e dunque suscettibile di rendere attuale il rischio di persecuzione o di danno grave in relazione alle conseguenze possibili secondo l'ordinamento straniero. Fattispecie relativa a cittadino del Gambia accusato di omosessualità, punita da quell'ordinamento con pene gravissime quali tortura, ergastolo, decapitazione . ii Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 26969 del 2018 In tema di protezione internazionale del cittadino straniero, la dichiarazione del richiedente di avere intrattenuto una relazione omosessuale, ove la valutazione circa la credibilità del dichiarante, secondo i parametri indicati nell'art. 3 del d. lgs. n. 251 del 2007, si sia fondata esclusivamente sull'omessa conoscenza delle conseguenze penali del comportamento, impone al giudice del merito la verifica, anche officiosa, delle conseguenze che la scoperta di una tale relazione determina secondo la legislazione del Paese di provenienza dello straniero, perché qualora un ordinamento giuridico punisca l'omosessualità come un reato, questo costituisce una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini, che ne compromette la libertà personale e li pone in una situazione di oggettivo pericolo. iii Sez. 1, Ordinanza n. 7438 del 2020 In tema di protezione internazionale, l'orientamento sessuale del richiedente nella specie, cittadino gambiano omosessuale costituisce fattore di individuazione del particolare gruppo sociale la cui appartenenza, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. d , del d.lgs. n. 251 del 2007, integra una situazione oggettiva di persecuzione idonea a fondare il riconoscimento dello status di rifugiato, sussistendo tale situazione quando le persone di orientamento omosessuale sono costrette a violare la legge penale del loro Paese e ad esporsi a gravi sanzioni per poter vivere liberamente la propria sessualità, ciò che costituisce una grave ingerenza nella vita privata di dette persone che ne compromette la libertà personale e li pone in una situazione di oggettivo pericolo che deve essere verificata, anche d'ufficio, dal giudice di merito. SEZ. I SENTENZA 28 MAGGIO 2020, N. 10096 SOCIETA' - DI CAPITALI - SOCIETA' PER AZIONI NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - BILANCIO - CONTENUTO - CRITERI DI VALUTAZIONE - IN GENERE. Azioni di responsabilità dei soci nei confronti degli amministratori - Redazione del bilancio - Partecipazioni in imprese controllate o collegate - Omessa rivalutazione - Illiceità della condotta - Esclusione - Fondamento. In tema di azioni di responsabilità dei soci nei confronti degli amministratori di società di capitali, non costituisce condotta illecita la mancata rivalutazione, in sede di redazione di bilancio, delle partecipazioni in imprese controllate o collegate, pure consentita dall'art. 2426, comma 1, n. 4, c.c., perché si tratta di una scelta discrezionale rimessa all'organo gestorio, che ha la facoltà, e non l'obbligo, di valutare le menzionate immobilizzazioni finanziarie con il metodo del patrimonio netto, seguendo le modalità indicate dalla norma, invece di iscriverle al costo di acquisto. In precedenza i Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6911 del 2005 In tema di redazione del bilancio di una società bancaria, la qualificazione dei titoli rappresentativi delle partecipazioni in altre società come 'immobilizzazioni finanziarie, in quanto elementi destinati ad essere utilizzati durevolmente nell'impresa, ovvero come facenti parte del capitale circolante, è frutto di una scelta discrezionale degli amministratori -non censurabile in sede di impugnazione del bilancio-, ma, una volta che essa sia stata operata, gli amministratori sono obbligati ad iscrivere detti titoli nel documento contabile, rispettivamente, secondo il criterio del costo art. 18, D.Lgs. n. 87 del 1992 , ovvero sulla base dei più elastici parametri espressamente previsti art. 20, D.Lgs. n. 87 del 1992 , essendo tuttavia ammissibile la successiva modificazione della destinazione e, conseguentemente, del relativo criterio di valutazione. Principio enunciato in riferimento al bilancio di una società bancaria al quale, 'ratione temporis', non erano applicabili le istruzioni emanate dalla Banca d'Italia, ai sensi dell'art. 5, D.Lgs. n. 87 del 1992 -sostanzialmente coincidenti con la raccomandazione adottata dalla Consob in data 15 febbraio 1995 e rielaborata in data 15 giugno 2001-, nel testo in cui, allo scopo di evitare il rischio di abusi derivanti da un uso strumentale del potere di destinazione dei titoli, hanno fissato le modalità di individuazione preventiva dei parametri di classificazione, disponendo che, nel caso di modificazione della destinazione, i titoli debbano continuare ad essere valutati secondo il criterio previsto per la loro destinazione originaria . ii Sez. 1, Sentenza n. 8458 del 2014 In tema di azioni nei confronti dell'amministratore di società, a norma dell'art. 2395 cod. civ., il terzo o il socio è legittimato, anche dopo il fallimento della società, all'esperimento dell'azione di natura aquiliana per ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall'amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l'ente, ovvero il ceto creditorio per effetto della cattiva gestione, dovendosi proporre, altrimenti, l'azione, contrattuale, di cui all'art. 2394 cod. civ., esperibile, in caso di fallimento della società, dal curatore, ai sensi dell'art. 146 della legge fall. Nella specie, la S.C. ha ritenuto la legittimazione del creditore ad agire ex art. art. 2395 cod. civ. nel caso in cui si accerti che gli amministratori della società fallita, attraverso il sostanziale trasferimento di tutte le attività e passività aziendali in favore di altro soggetto, avessero perseguito l'obiettivo di sottrarre la garanzia patrimoniale con riguardo unicamente all'obbligazione di cui l'attore era titolare . iii Sez. 1 - , Ordinanza n. 3779 del 2019 La responsabilità degli organi sociali, derivante dall'azione proposta dal socio ex art. 2395 c.c. ha natura extracontrattuale, postulando la sussistenza di fatti illeciti direttamente imputabili ad un comportamento colposo o doloso degli amministratori. Ne discende che, qualora l'evento dannoso si ricolleghi a più azioni od omissioni, il problema della concorrenza di una pluralità delle cause trova la sua soluzione nella disciplina di cui all'art. 41, c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a ciascuna di esse, a meno che non sia raggiunta la prova dell'esclusiva efficienza causale di una sola, pur se imputabile alla stessa vittima dell'illecito, da ritenersi idoena ad impedire l'evento od a ridurne le conseguenze. Nella specie la S.C., confermando la sentenza impugnata ha ritenuto idonea a causare il danno lamentato dal socio la condotta omissiva del medesimo consistente nel non aver acquisito le quote offerte da un altro socio di maggioranza così da mantenere inalterata la propria partecipazione sociale e da non perdere il diritto di opzione, ancorché gli amministratori avessero dato esecuzione ad una delibera invalida e i sindaci non ne avessero ostacolato l'esecuzione. SEZ. I ORDINANZA 28 MAGGIO 2020, N. 10093 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - ORGANI PREPOSTI AL FALLIMENTO - CURATORE - OBBLIGHI - RESPONSABILITA'. Amministrazione straordinaria - Azione di responsabilità nei confronti del commissario straordinario - Prescrizione ordinaria - Applicabilità - Fondamento. In tema di amministrazione straordinaria, l'azione di responsabilità promossa nei confronti del commissario straordinario per inosservanza dei doveri di perizia connessi all'espletamento dell'incarico professionale è soggetta al termine di prescrizione decennale stabilito dall'art. 2946 c.c., venendo in rilievo una forma di responsabilità contrattuale derivante dalla violazione di obblighi legali in una situazione di contatto qualificato. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1507 del 2000 L'azione di responsabilità contro il curatore revocato e contro il commissario dell'amministrazione straordinaria decorre dal provvedimento di revoca e contestuale nomina del nuovo curatore e si prescrive in ragione del fatto che non ha natura extracontrattuale nell'ordinario termine decennale. SEZ. I SENTENZA 29 MAGGIO 2020, N. 10298 BENI - IMMATERIALI - MARCHIO ESCLUSIVITA' DEL MARCHIO - IN GENERE. Marchio patronimico - Cessione a terzi - Inserimento dello stesso nome anagrafico in un altro marchio - Limiti - Principi di correttezza professionale - Individuazione - Fattispecie. L'imprenditore che abbia ceduto a terzi un marchio patronimico, incentrato sul proprio nome anagrafico, può procedere alla registrazione di altro marchio che rechi lo stesso nome, ma deve rispettare i principi di correttezza professionale, sicché il giudice di merito deve considerare insieme all'indebito beneficio che l'imprenditore tragga dallo sfruttamento del patronimico contenuto nel marchio ceduto, anche il pregiudizio che in tal modo viene arrecato al nuovo titolare dello stesso. Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, che aveva omesso di valutare la conformità ai principi di correttezza professionale del comportamento dell'imprenditore che, dopo aver ceduto il marchio patronimico Fiorucci , aveva registrato un altro marchio, recante la sequenza linguistica Love Therapy by Elio Fiorucci , riferito a prodotti riconducibili al medesimo brand commerciale dell'acquirente del marchio anteriore . Si vedano anche a Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6021 del 2014 In materia di marchi, ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. l'utilizzazione commerciale del nome patronimico, corrispondente al marchio già registrato da altri, non può avvenire in funzione distintiva, ma solo descrittiva, in quanto l'avvenuta modifica normativa, rispetto alla previsione dell'art. 1-bis del r.d. 21 giugno 1942, n. 929 con la soppressione dal testo normativo delle parole e quindi non in funzione di marchio, ma solo in funzione descrittiva , lascia ferma la necessità che l'uso del marchio debba essere conforme ai principi della correttezza professionale. b Sez. 1, Sentenza n. 10826 del 2016 In tema di cessione di marchio nella specie Fiorucci , l'inserimento, in quest'ultimo, di un patronimico coincidente con il nome della persona che in precedenza l'abbia incluso in un marchio registrato, divenuto celebre, e poi l'abbia ceduto a terzi, non è conforme alla correttezza professionale se non sia giustificato, in una ambito strettamente delimitato, dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all'attività, ai prodotti o ai servizi offerti dalla persona, che ha certo il diritto di svolgere una propria attività economica ed intellettuale o creativa ma senza trasformare la stessa in un'attività parallela a quella per la quale il marchio anteriore sia non solo stato registrato ma abbia anche svolto una rilevante sua funzione distintiva. c Sez. 1 - , Sentenza n. 12995 del 2017 In tema di marchi, ai sensi dell'art. 1-bis del r.d. n. 929 del 1942, ratione temporis vigente, interpretato alla luce della direttiva n. 89/104/CE, contrasta coi principi della correttezza professionale l'uso del proprio nome anagrafico che pregiudichi il valore di un marchio già registrato contenente lo stesso patronimico, in quanto in tal modo si trae indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà, sicché il giudice di merito avanti al quale si dibatta della nullità della registrazione del successivo marchio deve sempre accertare l'eventuale produzione di tale effetto, che normalmente avviene, anche in assenza di rischio di confusione, laddove l'utilizzazione sia priva di funzione descrittiva e determini, pertanto, un agganciamento dei segni e l'attenuazione della funzione distintiva del primo.