RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. 1 ORDINANZA DEL 18 MARZO 2020, N. 7427 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO . Nozione di vita familiare ex art. 8 CEDU - Rapporto tra fratelli maggiorenni e non conviventi - Esclusione - Conseguenze - Ricongiungimento - Effettiva convivenza - Necessità - Fondamento. La relazione tra due fratelli, entrambi maggiorenni e non conviventi, non è riconducibile alla nozione di vita familiare rilevante a norma dell'art. 8 CEDU, difettando ogni elemento presuntivo dell'esistenza di un legame affettivo qualificato da un progetto di vita in comune, con la conseguenza che, affinché un fratello possa ottenere un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare ad altro fratello o sorella, è necessario il requisito della convivenza effettiva, come previsto dal combinato disposto dell'art. 28 del d.P.R. n. 394 del 1999 e dell'art. 19, comma 2, lett. c , del d.lgs. n. 286 del 1998. Si richiamano i Sez. 1, Sentenza n. 23598 del 2006 In tema di disciplina dell'immigrazione, ai sensi degli artt. 19 e 30, comma 1-bis, del d.lgs. 25 luglio 1989, n. 286, il matrimonio con un cittadino italiano in tanto conferisce allo straniero il diritto al soggiorno in Italia, sia ai fini del rilascio del relativo permesso che ai fini del divieto di espulsione, in quanto ad esso faccia riscontro l'effettiva convivenza, e fino a quando sussista tale requisito, la cui prova è a carico dello stesso straniero, non essendo la convivenza presumibile in base al mero vincolo coniugale né alle mere risultanze anagrafiche. Tale disciplina non contrasta con il principio di diritto comunitario che vieta ad uno Stato membro di negare il permesso di soggiorno e di adottare misure di espulsione nei confronti del cittadino di un Paese terzo che possa fornire la prova della sua identità e del suo matrimonio con un cittadino di uno Stato membro, per il solo motivo che egli è entrato illegalmente nel suo territorio, essendo tale principio volto ad assicurare la tutela della vita familiare dei cittadini degli Stati membri, la quale postula proprio quella convivenza che il legislatore interno ha legittimamente eretto a parametro di meritevolezza della tutela accordata. ii Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 17571 del 2010 In tema di disciplina dell'immigrazione, la sopravvenuta cessazione della convivenza coniugale, non determinata da separazione legale e di contro accompagnata da elementi sintomatici della inesistenza iniziale della affectio propria della coniugio , integra ragione di revoca del permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 30, comma 1 bis del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286. Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, comma 1, cod. proc. civ. . iii Sez. 1, Sentenza n. 25963 del 2011 Ai sensi dell'art. 19, comma 2, lettera c del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, applicabile, ratione temporis nella formulazione precedente l'entrata in vigore dell'art. 1, comma 22, lettera p , della l. 15 luglio 2009 n. 9 , la convivenza del cittadino straniero con il parente minore di cittadinanza italiana fino al quarto grado determina il divieto di espulsione dello straniero medesimo, quando la volontarietà della scelta sia chiaramente espressa dai genitori del minore e venga provata la convivenza effettiva, non essendo invece necessario l'ulteriore requisito della corrispondenza della scelta predetta alla tutela dell'interesse del minore. iv Sez. 1 - , Sentenza n. 30828 del 2018 Ai sensi dell'art. 19, comma 2, lett. c , del d.lgs. n. 286 del 1998, non è espellibile lo straniero convivente con coniuge cittadino italiano, salvo che nei casi previsti dall'art. 13, comma 1, del d.lgs. citato. Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che il divieto di espulsione non sarà operante solo in presenza dei motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato , di cui al comma 1 dell'art. 13, alla luce dei quali venga adottato il provvedimento ministeriale di alta amministrazione di competenza del Ministro dell'Interno, previa notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro degli Affari Esteri, previa valutazione comparativa degli interessi in questione, dovendosi escludere che tale valutazione, di natura discrezionale possa essere svolta dal Prefetto in sede di emissione del decreto. SEZ. 1 ORDINANZA DEL 19 MARZO 2020, N. 7466 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' - OCCUPAZIONE TEMPORANEA E D'URGENZA OPERE DI BONIFICA E LAVORI PER LA RICOSTRUZIONE DI OO.PP. - RISARCIMENTO DEL DANNO. Occupazione - Perdita della proprietà - Condizione dell’azione - Sopravvenienza in corso di causa - Ammissibilità. Nel giudizio di risarcimento del danno per occupazione illegittima, la perdita del diritto di proprietà, determinata dalla realizzazione dell'opera pubblica non seguita dalla tempestiva emissione del decreto di espropriazione, costituisce una condizione dell'azione, e può pertanto sopravvenire in corso di causa. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17992 del 2014 Nel giudizio di risarcimento del danno per occupazione acquisitiva, la perdita del diritto di proprietà, determinato dalla realizzazione dell'opera pubblica non seguita dalla tempestiva emissione del decreto di espropriazione, costituisce una condizione dell'azione, che può sopravvenire anche in corso di causa. In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha ritenuto irrilevante, ai fini della determinazione del momento di insorgenza del credito, che, in forza di proroghe legislative, la scadenza del periodo di occupazione legittima fosse successiva alla data di proposizione della domanda . SEZ. 1 SENTENZA DEL 27 MARZO 2020, N. 7555 FAMIGLIA - MATRIMONIO - SCIOGLIMENTO - DIVORZIO - OBBLIGHI - VERSO LA PROLE - IN GENERE. Famiglia - Divorzio - Obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne - Sopravvenuta adozione da parte del nuovo marito dell’ex coniuge - Revisione delle condizioni economiche - Ammissibilità - Condizioni. In tema di revisione delle condizioni economiche del divorzio riguardanti l'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni ma non autosufficienti, la sopravvenuta adozione dei medesimi da parte del nuovo marito della madre, ove ne derivi il loro stabile inserimento nel contesto familiare creatosi, deve essere valutata dal giudice ai fini della modificazione dell'entità di tale mantenimento, ove risulti che l'adottante, benché privo del corrispondente obbligo giuridico, provveda comunque continuativamente e non solo occasionalmente alle esigenze e necessità quotidiane degli adottati. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. 1 ORDINANZA DEL 27 MARZO 2020 N. 7559 PERSONALITA' DIRITTI DELLA - RISERVATEZZA - IN GENERE. Archivio storico on line di un quotidiano - Persistente pubblicazione di notizia di cronaca risalente nel tempo - Diritto all'oblio - Condizioni - Fattispecie. E' lecita la permanenza di un articolo di stampa nell'archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria, che abbiano ancora un interesse pubblico di tipo storico o socio-economico, purché l'articolo sia deindicizzato dai siti generalisti e reperibile solo attraverso l'archivio storico del quotidiano, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico, con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda degli eredi di un imprenditore deceduto, tesa ad ottenere la cancellazione dall'archivio on line di un quotidiano, dell'articolo che si riferiva ad inchieste giudiziarie in ordine a fatti penalmente rilevanti commessi dal defunto . Si richiamano i Sez. 3, Sentenza n. 5525 del 2012 L'editore di un quotidiano che memorizzi nel proprio archivio storico della rete internet le notizie di cronaca, mettendole così a disposizione di un numero potenzialmente illimitato di persone, è tenuto ad evitare che, attraverso la diffusione di fatti anche remoti, possa essere leso il diritto all'oblio delle persone che vi furono coinvolte. Pertanto, quando vengano diffuse sul web notizie di cronaca giudiziaria, concernenti provvedimenti limitativi della libertà personale, l'editore è tenuto garantire contestualmente agli utenti un'informazione aggiornata sullo sviluppo della vicenda, a nulla rilevando che essa possa essere reperita aliunde . Nella specie, la società editrice di un noto quotidiano aveva messo on line il proprio archivio storico, nel quale era contenuta altresì la notizia dell'arresto, avvenuto venti anni prima, di un amministratore locale, poi assolto . ii Sez. 3, Sentenza n. 16111 del 2013 In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto del soggetto a pretendere che proprie, passate vicende personali non siano pubblicamente rievocate nella specie, il cd. diritto all'oblio era invocato in relazione ad un'antica militanza in bande terroristiche trova limite nel diritto di cronaca solo quando sussista un interesse effettivo ed attuale alla loro diffusione, nel senso che quanto recentemente accaduto nella specie, il ritrovamento di un arsenale di armi nella zona di residenza dell'ex terrorista trovi diretto collegamento con quelle vicende stesse e ne rinnovi l'attualità, diversamente risolvendosi il pubblico ed improprio collegamento tra le due informazioni in un'illecita lesione del diritto alla riservatezza. iii Sez. 1, Sentenza n. 13161 del 2016 La persistente pubblicazione e diffusione, su un giornale on line , di una risalente notizia di cronaca riguardante, nella specie, una vicenda giudiziaria per un fatto accaduto circa due anni e mezzo prima della instaurazione del relativo procedimento ex art. 152 del d.lgs. n. 196 del 2003 esorbita, per la sua oggettiva e prevalente componente divulgativa, dal mero ambito del lecito trattamento di archiviazione o memorizzazione on line di dati giornalistici per scopi storici o redazionali, configurandosi come violazione del diritto alla riservatezza quando, in considerazione del tempo trascorso, sia da considerarsi venuto meno l'interesse pubblico alla notizia stessa. iv Sez. 1 - , Ordinanza n. 6919 del 2018 In tema di diritto alla riservatezza, dal quadro normativo e giurisprudenziale nazionale artt. 2 Cost., 10 c.c. e 97 della l. n. 633 del 1941 ed europeo artt. 8 e 10, comma 2, della CEDU e 7 e 8 della c.d. Carta di Nizza , si ricava che il diritto fondamentale all'oblio può subire una compressione, a favore dell'ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in presenza dei seguenti specifici presupposti 1 il contributo arrecato dalla diffusione dell'immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico 2 l'interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell'immagine o della notizia per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali 3 l'elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica del Paese 4 le modalità impiegate per ottenere e nel dare l'informazione, che deve essere veritiera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell'interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione 5 la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell'immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all'interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico. Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno avanzata da un noto cantautore, a seguito della trasmissione su una rete televisiva, ad oltre cinque anni dall'accaduto, delle immagini relative al suo rifiuto di rilasciare un'intervista accompagnate da commenti denigratori . SEZ. 1 ORDINANZA DEL 30 MARZO 2020, N. 7599 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO . Permesso di soggiorno per motivi umanitari - Disciplina applicabile ratione temporis - Presupposti - Vulnerabilità personale dello straniero - Valutazione globale degli elementi di fatto - Necessità - Fattispecie. In tema di protezione internazionale, per concedere il permesso di soggiorno nei casi speciali previsto dall'art. 1, comma 9, del d.l. n. 113 del 2018, conv. con modif. dalla l. n. 132 del 2018, quando ricorrano i presupposti per la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ai sensi dell'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, applicabile ratione temporis alle domande di protezione proposte prima dell'entrata in vigore del predetto d.l. n. 113 del 2018, il giudice deve valutare la sussistenza di situazioni di vulnerabilità personale dello straniero derivanti dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale capace di determinare una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti inviolabili, considerando globalmente e unitariamente i singoli elementi fattuali accertati e non in maniera atomistica e frammentata. Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la decisione impugnata, che aveva respinto la domanda di protezione dello straniero, non avendo considerato unitariamente tutte le circostanze che avevano determinato l'abbandono del paese di origine, ivi comprese le sue condizioni di salute ed il percorso di integrazione seguito . Si veda Cass. Sez. 1 - , Sentenza n. 13079 del 2019 In tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di vulnerabilità del richiedente deve essere verificata caso per caso, all'esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l'espulsione. In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva escluso la protezione umanitaria poiché il richiedente non aveva dimostrato l'appartenenza a particolari categorie soggettive - minori, genitori con figli minori, donne in gravidanza, anziani non autosufficienti, disabili, persone con disturbi psichici ecc. -, né l'esistenza di una concreta situazione di rischio per la vita e l'integrità fisica come la tortura o la compressione della sua libertà individuale - schiavitù, lavoro forzato, tratta di esseri umani -, tutte situazioni invece assimilabili a quelle suscettibili di tutela tipica . SEZ. 1 ORDINANZA DEL 31 MARZO 2020, N. 7622 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO Protezione internazionale - Protezione sussidiaria - Protezione umanitaria - Differenti causae petendi” - Onere del richiedente di allegare fatti specifici e diversi - Necessità. Le domande di protezione internazionale, di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria si fondano su differenti causae petendi , così che è onere del richiedente allegare fatti specifici e diversi a seconda della forma di protezione invocata. Si richiama Cass. Sez. 1 - , Ordinanza n. 21123 del 2019 La natura residuale ed atipica della protezione umanitaria se da un lato implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione, dall'altro comporta che chi invochi tale forma di tutela debba allegare in giudizio fatti ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle altre due domande di protezione c.d. maggiore . Sez. 1 Sentenza del 3 APRILE 2020, n. 7676 CONCORRENZA DIRITTO CIVILE - SLEALE - IN GENERE. Condotte illecite – Violazione di norme pubblicistiche – Sufficienza – Esclusione - Fattispecie. In tema di concorrenza sleale, la violazione di norme pubblicistiche che non siano direttamente rivolte a porre limiti all'esercizio dell'attività imprenditoriale non integra di per sé la fattispecie illecita di cui all'art. 2598, n. 3, c.c., dovendo piuttosto accompagnarsi alla violazione anzidetta il compimento di atti di concorrenza potenzialmente lesivi dei diritti altrui, mediante malizioso ed artificioso squilibrio delle condizioni di mercato. Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza della corte d'appello che aveva respinto la domanda tesa ad accertare gli atti di concorrenza sleale, posti in essere mediante l'apertura domenicale di un esercizio commerciale, in violazione dei requisiti richiesti dal comune . In precedenza, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8012 del 2004 In tema di concorrenza sleale, i comportamenti lesivi di norme di diritto pubblico non è necessario che integrino, di per sè stessi, atti di concorrenza sleale, ai sensi dell'art. 2598, n. 3, cod. civ., atteso che l'obbiettivo anticoncorrenziale può essere raggiunto anche attraverso comportamenti che, benché non siano previsti dalla legge, siano connotati dallo stesso disvalore di quelli espressamente regolati. In particolare, la violazione delle norme pubblicistiche è sufficiente ad integrare la fattispecie illecita quando essa è stata causa diretta della diminuzione dell'altrui avviamento ovvero quando essa, di per sè stessa, anche senza un comportamento di mercato, abbia prodotto il vantaggio concorrenziale che non si sarebbe avuto se la norma fosse stata osservata In applicazione di tale principio la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la sussistenza dell'illecito concorrenziale nel fatto di un gestore di una sala cinematografica che aveva ampliato la capienza del locale, portandolo da 308 a 1000 posti, senza alcuna autorizzazione amministrativa .