RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. UNITE SENTENZA DEL 5 AGOSTO 2020, N. 16723 PROVA CIVILE - TESTIMONIALE - LIMITI E DIVIETI - IN GENERE. Contratto - Forma scritta richiesta ad probationem - Prova per testi - Inammissibilità - Rilevabilità d'ufficio - Esclusione - Assunzione della prova nonostante l'eccepita inammissibilità - Rimedi. L'inammissibilità della prova testimoniale di un contratto che deve essere provato per iscritto, ai sensi dell'art. 2725, comma 1, c.c., attenendo alla tutela processuale di interessi privati, non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima dell'ammissione del mezzo istruttorio qualora, nonostante l'eccezione di inammissibilità, la prova sia stata ugualmente assunta, è onere della parte interessata opporne la nullità secondo le modalità dettate dall'art. 157, comma 2, c.p.c., rimanendo altrimenti la stessa ritualmente acquisita, senza che detta nullità possa più essere fatta valere in sede di impugnazione. In senso conforme, Cass. Sez. 3, Sentenza numero 7765 del 2010 L'inammissibilità della prova per testi nei contratti, derivante dalla previsione della forma scritta ad probationem , non attiene all'ordine pubblico ma alla tutela d'interessi privati, per cui non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata, entro il termine previsto dall'art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., nella prima istanza o difesa successiva al suo configurarsi. SEZ. UNITE SENTENZA DEL 7 SETTEMBRE 2020, N. 18592 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - GIURISDIZIONI SPECIALI IMPUGNABILITA' - CONSIGLIO DI STATO. Pluralità di giudicati amministrativi di annullamento di una procedura di abilitazione scientifica alle funzioni di professore universitario di prima fascia - Successiva ulteriore pronuncia del giudice amministrativo di annullamento della medesima procedura e contestuale ordine al MIUR di rilasciare l’abilitazione richiesta senza nominare una nuova Commissione per il riesame dei titoli - Eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nella sfera riservata alla P.A. - Insussistenza - Fondamento. Non è affetta da eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al potere amministrativo la sentenza con la quale il Consiglio di Stato, all'esito di una pluralità di giudicati amministrativi di annullamento dei reiterati provvedimenti di diniego con cui era stata definita una procedura di abilitazione scientifica alle funzioni di professore universitario di prima fascia, abbia disposto un ulteriore annullamento degli atti della medesima procedura contestualmente ordinando al MIUR di provvedere al rilascio dell'abilitazione senza sottoporre i titoli dell'interessato al riesame di una nuova commissione, sul rilievo che, per effetto del susseguirsi dei predetti giudicati, si fosse progressivamente ridotto, sino a svuotarsi del tutto, l'ambito di discrezionalità amministrativa e tecnica attribuito alla P.A. Ciò in quanto una tale pronuncia costituisce il frutto di un'attività l'interpretazione, sia pure articolata ed evolutiva, di norme giuridiche che rappresenta il proprium della funzione giurisdizionale e non può dunque integrare, di per sé sola, la violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale, essendo fondata sull'esigenza espressa dall'art. 1 del codice del processo amministrativo secondo cui la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo ed attuata attraverso il rimedio disciplinato dall'art. 34, comma 1, lett e , del medesimo codice, il quale attribuisce al giudice della cognizione il potere, in passato spendibile solo nella successiva fase dell'ottemperanza, di disporre le misure idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese cd. cognizione ad esecuzione integrata , in coerenza con l'evoluzione della giustizia amministrativa da strumento di garanzia della legalità della azione amministrativa a giurisdizione preordinata alla tutela di pretese sostanziali. Si richiamano a Sez. U - , Sentenza numero 8311 del 2019 Alla luce della sentenza numero 6 del 2018 della Corte costituzionale - la quale ha carattere vincolante perché volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla Costituzione, nonchè i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111, comma 8, Cost.- il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per invasione o sconfinamento nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per arretramento rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull'erroneo presupposto di quell'attribuzione. L'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore è configurabile solo allorché il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento abnorme o anomalo ovvero abbia comportato uno stravolgimento delle norme di riferimento , atteso che in questi casi può profilarsi, eventualmente, un error in iudicando , ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione. b Sez. U, Sentenza numero 5589 del 2020 Non è affetta da eccesso di potere giurisdizionale la pronuncia della Corte dei Conti che abbia accertato la responsabilità erariale di un consigliere regionale per illecita gestione del denaro pubblico ricevuto per le spese di rappresentanza del gruppo consiliare di appartenenza relative a manifestazioni od attività di cui sia stato incaricato, sul presupposto della mancata documentazione delle stesse con adeguate pezze d'appoggio quali scontrini, fatture o note di incarico , allorché la necessità di tale documentazione, in funzione dell'adeguato riscontro della pertinenza delle spese ad un concreto ed attuale interesse del gruppo consiliare, sia stata desunta in via interpretativa da una norma di legge nella specie, l'art. 6 comma 2, della l.r. Emilia Romagna numero 32 del 1997 , atteso che l'attività di interpretazione, anche quando la voluntas legis sia stata individuata, non in base al tenore letterale delle singole disposizioni, ma alla ratio che esprime il loro coordinamento sistematico, rappresenta il proprium della funzione giurisdizionale e non può dunque integrare, di per sé sola, la violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale ma, tutt'al più, dare luogo ad un error in iudicando . SEZ. UNITE ORDINANZA DEL 14 SETTEMBRE 2020, N. 19086 CORTE DEI CONTI - ATTRIBUZIONI - GIURISDIZIONALI - CONTENZIOSO CONTABILE - GIUDIZI DI RESPONSABILITA' - IN GENERE Associazione di diritto privato incaricata di svolgere un servizio pubblico nell’interesse e con le risorse della P.A. - Domanda di danno erariale proposta contro la persona fisica che con essa ha intrattenuto un rapporto organico - Giurisdizione contabile - Sussistenza - Fondamento. Sussiste la giurisdizione del giudice contabile sulla domanda di condanna al risarcimento del danno erariale proposta nei confronti del presidente di una Onlus costituita per erogare prestazioni assistenziali, in favore di persone disabili, attraverso l'utilizzazione di contributi corrisposti da una Asl sulla base di apposita convenzione, atteso che, per un verso, deve ritenersi configurabile un rapporto di servizio tra la P.A e l'associazione privata incaricata di svolgere, nell'interesse e con le risorse della prima, un servizio pubblico in sua vece, assoggettandosi alle relative direttive e al relativo controllo, senza che rilevi il titolo in base al quale la gestione è svolta, e considerato che, per altro verso, la responsabilità erariale - configurabile nell'ipotesi di utilizzo, da parte del soggetto privato, dei contributi pubblici ricevuti per scopi appropriativi non coincidenti con gli interessi istituzionali dell'ente - attinge anche coloro che con l'associazione abbiano intrattenuto un rapporto organico, ove essi, disponendo delle risorse erogate in modo diverso da quello preventivato, abbiano provocato la frustrazione dello scopo perseguito dalla P.A. In precedenza, Cass. Sez. U - , Ordinanza numero 30526 del 2019 In tema di danno erariale, è configurabile un rapporto di servizio tra la pubblica amministrazione, erogatrice di contributo, e il soggetto privato che, ponendo in essere i presupposti per la illegittima percezione del finanziamento o disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato, abbia frustrato lo scopo perseguito dall'amministrazione, distogliendo le risorse conseguite dalle finalità cui erano preordinate pertanto, sussiste il rapporto di servizio, ed il conseguente radicamento della giurisdizione della Corte dei conti sul danno erariale, anche in caso di illecita percezione di contributi per l'editoria, essendo questi ultimi intesi, secondo la finalità sottesa alla disciplina di settore, ad agevolare, nell'interesse pubblico al pluralismo dell'informazione, la possibilità di permanenza di imprese editrici nel mercato e, con essa, condizioni di adeguata concorrenzialità. SEZ. UNITE SENTENZA DEL 18 SETTEMBRE 2020, N. 19597 OBBLIGAZIONI IN GENERE - OBBLIGAZIONI PECUNIARIE - INTERESSI - IN GENERE Interessi moratori convenzionali – Disciplina antiusura – Applicabilità – Conseguenze. La disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell'ambito del Tasso effettivo globale medio T.e.g.m. non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali di cui all'art. 2, comma 1, della l. numero 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali ne consegue che, in quest'ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l'aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell'art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l'indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale T.e.g. del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti. Dall'accertamento dell'usurarietà discende l'applicazione dell'art. 1815, comma 2, c.c., di modo che gli interessi moratori non sono dovuti nella misura usuraria pattuita, bensì in quella dei corrispettivi lecitamente convenuti, in applicazione dell'art. 1224, comma 1, c.c. nei contratti conclusi con i consumatori è altresì applicabile la tutela prevista dagli artt. 33, comma 2, lett. f e 36, comma 1, del d.lgs. numero 206 del 2005 codice del consumo , essendo rimessa all'interessato la scelta di far valere l'uno o l'altro rimedio. OBBLIGAZIONI IN GENERE - OBBLIGAZIONI PECUNIARIE - INTERESSI - IN GENERE Interessi moratori convenzionali – Tasso usurario ex art. 2 della l. numero 108 del 1996 – Azione proposta nel corso del rapporto contrattuale – Interesse ad agire – Sussistenza – Azione proposta dopo il verificarsi della mora – Valutazione di usurarietà - Differenze. In tema di contratti di finanziamento, l'interesse ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi moratori sussiste anche nel corso dello svolgimento del rapporto, e non solo ove i presupposti della mora si siano già verificati tuttavia, mentre nel primo caso si deve avere riguardo al tasso-soglia applicabile al momento dell'accordo, nel secondo la valutazione di usurarietà riguarderà l'interesse concretamente praticato dopo l'inadempimento. OBBLIGAZIONI IN GENERE - OBBLIGAZIONI PECUNIARIE - INTERESSI - IN GENERE Interessi moratori convenzionali – Tasso usurario ex art. 2 della l. numero 108 del 1996 – Controversie relative – Oneri probatori delle parti. Nelle controversie relative alla spettanza e alla misura degli interessi moratori, l'onere della prova, ai sensi dell'art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che il debitore che intenda dimostrare l'entità usuraria degli stessi è tenuto a dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale relativa agli interessi moratori e quelli applicati in concreto, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato e gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento, mentre la controparte dovrà allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell'altrui diritto. Con riferimento al primo principio, si richiamano i Sez. 6 - 1, Ordinanza numero 5598 del 2017 In tema di contratto di mutuo, l'art. 1 della l. numero 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in sede di opposizione allo stato al passivo e con riferimento al credito insinuato da una banca, aveva escluso la possibilità di ritenere usurari gli interessi relativi a due contratti di mutuo in ragione della non cumulabilità degli interessi corrispettivi e di quelli moratori . ii Sez. 3 - , Ordinanza numero 27442 del 2018 E' nullo il patto con il quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all'art. 2 della l. numero 108 del 1996, relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali e calcolato senza maggiorazioni o incrementi. iii Sez. 3 - , Ordinanza numero 22890 del 2019 L'art. 1815, comma 2, c.c. si riferisce agli interessi corrispettivi e, quindi, non è applicabile in caso di nullità di interessi convenzionali di mora usurari, attesa la diversità sul piano causale di questi ultimi, i quali trovano la propria fonte nell'inadempimento. iv Sez. 3 - , Sentenza numero 26286 del 2019 Nei rapporti bancari, gli interessi corrispettivi e quelli moratori contrattualmente previsti vengono percepiti ricorrendo presupposti diversi ed antitetici, giacchè i primi costituiscono la controprestazione del mutuante e i secondi hanno natura di clausola penale in quanto costituiscono una determinazione convenzionale preventiva del danno da inadempimento. Essi, pertanto, non si possono tra di loro cumulare. Tuttavia, qualora il contratto preveda che il tasso degli interessi moratori sia determinato sommando al saggio degli interessi corrispettivi previsti dal rapporto, un certo numero di punti percentuale, è al valore complessivo risultante da tale somma, non solo ai punti percentuali aggiuntivi, che occorre avere riguardo al fine di individuare il tasso degli interessi moratori effettivamente applicati. v Sez. 3 - , Sentenza numero 9237 del 2020 La nullità della convenzione riguardante gli interessi di mora, stabiliti in misura superiore al tasso soglia di cui all'art. 2 della l. numero 108 del 1996, non si estende alla pattuizione concernente gli interessi corrispettivi in quanto, pur avendo entrambi l'analoga funzione di remunerare chi ha prestato il denaro, i due interessi non coesistono nell'attuazione del rapporto, ma si succedono, sostituendosi gli uni agli altri dopo la scadenza del termine di restituzione della somma, e vanno considerati, anche in caso di inadempimento, come autonomi e non cumulabili ai fini del calcolo del loro ammontare. In ordine al secondo, si richiama Cass. Sez. 3 - , Sentenza numero 26286 del 2019 Nei rapporti bancari, gli intererssi convenzionali di mora, al pari di quelli corrispettivi, sono soggetti all'applicazione della normativa antiusura, con la conseguenza che, laddove la loro misura oltrepassi il c.d. tasso soglia previsto dall'art. 2 della il numero 108 del 1996, si configura la cosiddetta usura oggettiva che determina la nullità della clausola ai sensi dell'art. 1815, comma 2 c.c. Non è a ciò di ostacolo la circostanza che le istruzioni della Banca d'Italia non prevedano l'inclusione degli interessi di mora nella rilevazione del T.E.G.M. tasso effettivo globale medio che costituisce la base sulla quale determinare il tasso sogli . Poiché la Banca d'Italia provvede comunque alla rilevazione della media dei tassi convenzionali di mora solitamente costituiti da alcuni punti percentuali da aggiungere al tasso corrispettivo , è infatti possibile individuare il tasso soglia di mora del semestre di riferimento, applicando a tale valore la maggiorazione prevista dall' art. 2, comma 4, della l. numero 108 del 1996. Resta tuttavia fermo che dovendosi procedere ad una valutazione unitaria del saggio d'interessi concretamente applicato - senza potere più distinguere, una volta che il cliente è costituito in mora, la parte corrispettiva da quella moratoria - al fine di stabilire la misura oltre la quale si configura l'usura oggettiva, il tasso soglia di mora deve essere sommato al tasso soglia ordinario analogamente a quanto previsto dalla sentenza delle Sezioni unite numero 16303 del 2018, in tema di commissione massimo scoperto . Quanto al terzo, si veda Cass. Sez. 3 - , Ordinanza numero 8883 del 2020 Le prescrizioni dei decreti ministeriali di fissazione del tasso soglia rilevante ai fini dell'individuazione dell'usurarietà degli interessi concernenti i rapporti bancari hanno, nella fase dei giudizi di merito, natura integrativa della legge penale e civile e, pertanto, devono esser conosciute dal giudice ed applicate alla fattispecie, indipendentemente dall'attività probatoria delle parti che le abbiano invocate, essendo delle disposizioni di carattere secondario, continuamente aggiornate, che completano il precetto normativo. Detto giudice, quindi, a prescindere dalla mancata produzione dei menzionati decreti, può acquisirne conoscenza o attraverso la sua scienza personale o con la collaborazione delle parti o con la richiesta di informazioni alla P.A. o con una CTU contabile tale attività, al contrario, è preclusa in sede di legittimità, ove è inammissibile l'ingresso di documentazione non prodotta nei precedenti gradi e non può trovare spazio, con riferimento ai menzionati decreti, il principio iura novit curia , trattandosi di atti amministrativi. SEZ. UNITE SENTENZA DEL 18 SETTEMBRE 2020, N. 19596 PROCEDIMENTI SOMMARI - D'INGIUNZIONE - DECRETO - OPPOSIZIONE - IN GENERE Opposizione a decreto ingiuntivo - Onere di esperire il procedimento di mediazione ex art. 5 del d.lgs. numero 28 del 2010 in capo alla parte opposta - Conseguenze. Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. numero 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo. In senso difforme, Cass. Sez. 3, Sentenza numero 24629 del 2015 In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione verte sulla parte opponente poiché l'art. 5 del d.lgs. numero 28 del 2010 deve essere interpretato in conformità alla sua ratio e, quindi, al principio della ragionevole durata del processo, sulla quale può incidere negativamente il giudizio di merito che l'opponente ha interesse ad introdurre.