RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I ORDINANZA 27 FEBBRAIO 2020, N. 5437 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO . Decreto di espulsione - Successiva proposizione di domanda di protezione internazionale - Effetti - Sopravvenuta invalidità del decreto - Esclusione - Sospensione dell'efficacia - Sussistenza - Conseguenze. In tema di immigrazione, nel caso in cui la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta dopo l'adozione del decreto di espulsione del medesimo, detto decreto non è colpito da sopravvenuta invalidità, restandone soltanto sospesa l'efficacia, con la conseguenza che il giudice di pace adito a norma dell'art. 13, comma 8, del d.lgs. n. 286 del 1998 non può, in ragione della proposizione della menzionata domanda, pronunciarne l'annullamento. In senso conforme, Cass. Sez. 1 - , Sentenza n. 27077 del 2019 In tema di immigrazione, in virtù dell'art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 25 del 2008 testo previgente alle modifiche apportate dal d.l. n. 113 del 2018, conv., con modif., in l. n. 132 del 2018 e in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, la domanda di protezione internazionale non rende invalido il provvedimento di espulsione, ma ne sospende l'efficacia fino a che non interviene la decisione della Commissione territoriale, all'esito della quale, ove la domanda di protezione sia rigettata, la procedura di espulsione riprenderà dal punto in cui era rimasta, mentre, ove la medesima domanda sia accolta, lo straniero acquisirà un autonomo titolo di soggiorno, il quale non ne impedirà comunque l'espulsione, se ricorrono i presupposti di cui all'art. 20 d.lgs. n. 251 del 2007 e cioè quando lo straniero è pericoloso per la sicurezza dello Stato, per l'ordine pubblico o per la sicurezza pubblica , da valutarsi caso per caso. In senso difforme, Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 19819 del 2018 In tema di immigrazione, in applicazione dell'art. 7 del d.lgs. n. 25 del 2008 e in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in particolare, sentenza 30 maggio 2013, causa C-534/11 , il cittadino straniero richiedente asilo ha diritto di rimanere nel territorio dello Stato per tutto il tempo durante il quale la sua domanda viene esaminata, anche se è stata presentata dopo l'emissione del decreto di espulsione - fermo restando che, in presenza delle altre condizioni di legge, può comunque essere disposto il suo trattenimento, nel caso in cui la richiesta appaia del tutto strumentale - sicché, operando il divieto di espulsione, il rigetto dell'opposizione avverso il decreto di espulsione, da lui proposta innanzi al giudice di pace, deve ritenersi illegittimo. Si vedano, inoltre i Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 27181 del 2018 In tema di controversie relative all'impugnazione del decreto di espulsione prefettizio, lo straniero è onerato della prova documentale della proposizione della domanda di protezione internazionale, non potendo, per converso, il giudice di merito annullare il provvedimento di espulsione sulla base della sola asserzione dello straniero stesso. ii Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 28860 del 2018 In tema di ricorso avverso l'espulsione prefettizia, non assume rilievo, ai fini della verifica di legittimità del decreto di espulsione, la circostanza che lo straniero, dopo la notifica del decreto, abbia presentato domanda per il riconoscimento della protezione internazionale poiché il provvedimento di espulsione è un provvedimento obbligatorio a carattere vincolato ed il giudice ordinario dinanzi al quale il decreto è impugnato deve controllare unicamente l'esistenza, al momento dell'espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l'emanazione, né in tale caso sussistono i presupposti per la sospensione ex art. 295 c.p.c., poiché l'accertamento in ordine all'esistenza delle condizioni per un titolo di soggiorno separatamente invocato, come nel caso di richiesta del riconoscimento dello status di rifugiato politico, non si pone in nesso di pregiudizialità con l'opposizione all'espulsione. iii Sez. 1 - , Ordinanza n. 13891 del 2019 Il verificarsi di una delle ipotesi, tra loro alternative, previste dall'art. 32, comma 4, del d.lgs. n. 25 del 2008 comporta, per espressa previsione normativa contenuta nella predetta disposizione, l'obbligo del richiedente la protezione internazionale di lasciare il territorio nazionale soltanto dopo il decorso del termine previsto per l'impugnazione delle pronunce di rigetto, di manifesta infondatezza e di inammissibilità rispettivamente disciplinate dagli artt. 32, comma 1, lett. b e b bis , 23 e 29 del d.lgs. n. 25 del 2008 ne consegue che è vietata l'espulsione, anche in assenza di un provvedimento di sospensione dell'efficacia di tali pronunce, sino alla scadenza del termine anzidetto. iv Sez. 1 - , Ordinanza n. 32958 del 2019 In tema di protezione internazionale, è vietata l'espulsione del richiedente asilo al quale la commissione territoriale abbia già respinto la domanda con provvedimento ancora impugnabile, anche se dichiari al personale di polizia di non voler presentare domanda di protezione internazionale, tenuto conto che, ai sensi dell'art. 32, comma 4, del d.lgs. n. 286 del 1998, l'obbligo di lasciare il territorio italiano sorge soltanto dopo il decorso del termine per impugnare le pronunce negative e che la menzionata dichiarazione non priva l'interessato del diritto di impugnarle. SEZ. I SENTENZA 27 FEBBRAIO 2020, N. 5381 CONCORRENZA DIRITTO CIVILE - IN GENERE. Concorrenza - Illecito anticoncorrenziale - Risarcimento del danno - Norme per la tutela della concorrenza negli stati europei - Applicazione retroattiva - Esclusione - Ragioni. In tema di azioni risarcitorie derivante dalla violazione delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea, proposte anteriormente alla data del 26 dicembre 2014, data individuata dalle disposizioni transitorie di cui all'art. 22 della dir. 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alle norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione Europea, ed all'art. 19 del d.lgs. n. 3 del 2017 di attuazione nell'ordinamento italiano della medesima direttiva, non si applicano le norme di natura sostanziale in essa previste né quelle nazionali che le recepiscono, che abbiano ad oggetto la prescrizione delle menzionate azioni risarcitorie, non avendo le stesse valenza retroattiva. CONCORRENZA DIRITTO CIVILE - IN GENERE. Concorrenza - Illecito anticoncorrenziale - Risarcimento del danno - Prescrizione quinquennale - Effettività della tutela - Sussistenza. In materia di disciplina della concorrenza nell'ordinamento italiano, anche nel regime anteriore all'entrata in vigore della dir. 2014/104/UE, il diritto al risarcimento del danno da illecito antitrust risulta garantito, senza che possa ravvisarsi un'impossibilità o eccessiva difficoltà di esercizio al punto di vanificare il principio di effettività della tutela posto dall'art. 102 T.F.U.E., dalla previsione di un termine quinquennale di prescrizione dettato dalla normativa nazionale, che cominci a decorrere dal momento in cui sia stato dato, con pubblicità legale, avvio al procedimento amministrativo dinanzi all'Autorità Garante per l'accertamento dell'abuso di posizione dominante rispetto ad un'impresa concorrente. CONCORRENZA DIRITTO CIVILE - IN GENERE. Concorrenza - Illecito anticoncorrenziale - Elementi di prova raccolti nel procedimento davanti alla AGCOM - Rilevanza nel giudizio civile. In tema di concorrenza, nel giudizio instaurato ai sensi dell'art. 33, comma 2, della l. n. 287 del 1990, per il risarcimento dei danni derivanti da illeciti anticoncorrenziali, nell'ipotesi in cui il procedimento avanti all'AGCOM si sia concluso con una decisione con impegni assunti dall'impresa a norma dell'art. 14 ter l. cit., in ordine alla sua posizione rivestita sul mercato ed alla sussistenza di un comportamento implicante un abuso di posizione dominante, il giudice di merito può porre a fondamento del proprio accertamento gli elementi di prova acquisiti nel corso dell'istruttoria svolta e, segnatamente, quelli desumibili dalla comunicazione delle sue risultanze, sebbene gli stessi non costituiscano prova privilegiata potendo essere contrastati da emergenze di diverso tenore. Principi nuovi non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA 27 FEBBRAIO 2020, N. 5380 CAPACITA' DELLA PERSONA FISICA - RAPPRESENTANZA E ASSISTENZA DELL'INCAPACE LEGALE - IN GENERE. Capacità della persona - Amministrazione di sostegno - Beneficiario - Impugnazione dei provvedimenti del giudice tutelare - Legittimazione processuale - Autorizzazione del giudice - Esclusione. I beneficiari di una amministrazione di sostegno sono dotati di un'autonoma legittimazione processuale non solo ai fini dell'apertura della relativa procedura ma anche per impugnare i provvedimenti adottati dal giudice tutelare nel corso della stessa, essendo invece necessaria l'assistenza dell'amministratore di sostegno e la previa autorizzazione del giudice tutelare, a norma del combinato disposto degli artt. 374, n. 5, e 411 c.c., per l'instaurazione dei giudizi nei confronti di terzi estranei a tale procedura. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA 27 FEBBRAIO 2020, N. 5372 PROCEDIMENTO CIVILE - IN GENERE. Procedimento civile - Deposito telematico di atti processuali - Atti fiscalmente non in regola - Rifiuto del cancelliere - Esclusione - Fattispecie. Nei procedimenti civili il rifiuto da parte del cancelliere, ex art. 285 del d.P.R. n. 115 del 2002, degli atti fiscalmente non in regola – introdotto allorchè il deposito degli atti era solo quello cartaceo –, non si applica qualora l'atto introduttivo sia stato trasmesso alla cancelleria in via telematica. Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio il provvedimento col quale il tribunale, a fronte del ricorso di un richiedente protezione internazionale depositato telematicamente, aveva dichiarato l'irricevibilità del medesimo perché sprovvisto di marca da bollo . Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I SENTENZA 26 FEBBRAIO 2020, N. 5147 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - MANDATO ALLE LITI PROCURA - CONTENUTO E FORMA. Ordinamento giudiziario - Giudici popolari - Approvazione degli albi definitivi - Reclamo - Ricorso per cassazione - Patrocinio del difensore - Necessità - Esclusione - Scelta del patrocinio del difensore - Carenza della procura speciale - Inammissibilità del ricorso. In tema di reclamo avverso l'approvazione dell'albo dei giudici popolari nelle corti d'assise, l'art. 20, comma 2, della l. n. 287 del 1951, prevedendo la possibilità della corte d'appello di sentire sia la parte che il suo procuratore, se presente in udienza, nonché la comunicazione della sua decisione alla parte personalmente, comporta che il ricorso per cassazione possa essere proposto dalla parte sia personalmente che a mezzo di un difensore, sicché ove essa decida di avvalersi del patrocinio di un difensore, questi deve essere munito di procura speciale, a pena di inammissibilità del ricorso. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA 26 FEBBRAIO 2020, N. 5144 APPALTO CONTRATTO DI - RESPONSABILITA' - DELL'APPALTATORE. Progetto fornito dal committente - Onere dell’appaltatore di verifica della sua validità tecnica - Accertamenti geologici sul terreno - Obbligo dell'appaltatore - Sussistenza. Nell'appalto, sia pubblico che privato, rientra tra gli obblighi dell'appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l'opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall'esecuzione dell'opera, dipende il risultato promesso, sicché la scoperta in corso d'opera di peculiarità geologiche del terreno tali da impedire l'esecuzione dei lavori, non può essere invocata dall'appaltatore per esimersi dall'obbligo di accertare le caratteristiche idrogeologiche del terreno sul quale l'opera deve essere realizzata e per pretendere una dilazione o un'indennizzo, essendo egli tenuto a sopportare i maggiori oneri derivanti dalla ulteriore durata dei lavori, restando la sua responsabilità esclusa solo se le condizioni geologiche non siano accertabili con l'ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3932 del 2008 Nell'appalto sia pubblico che privato, rientra tra gli obblighi di diligenza dell'appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione nella specie, peraltro, sussistente , esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l'opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall'esecuzione dell'opera, dipende il risultato promesso. Pertanto la scoperta in corso d'opera di peculiarità geologiche del terreno tali da impedire l'esecuzione dei lavori, non può essere invocata dall'appaltatore per esimersi dall'obbligo di accertare le caratteristiche idrogeologiche del terreno sul quale l'opera deve essere realizzata e per pretendere una dilazione od indennizzo, essendo egli tenuto a sopportare i maggiori oneri derivanti dalla ulteriore durata dei lavori, mentre la sua responsabilità è esclusa solo se le condizioni geologiche non siano accertabili con l'ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali. SEZ. I ORDINANZA 26 FEBBRAIO 2020, N. 5143 APPALTO CONTRATTO DI – SUBAPPALTO. Appalto pubblico - Subappalto - Autorizzazione del committente - Normativa applicabile - Ritardo nel rilascio - Risarcimento del danno - Condizioni. In tema di appalto pubblico, l'art. 21 della legge n. 646 del 1982, nel testo applicabile ratione temporis , vieta all'appaltatore di concedere in subappalto o a cottimo le opere, in tutto o in parte, senza l'autorizzazione dell'amministrazione committente, sicché spetta al giudice del merito accertare, anche a fini risarcitori, se il ritardo nel rilascio dell'autorizzazione al subappalto dipenda dall'ingiustificata inerzia dell'amministrazione appaltante, oppure dall'inadempimento dell'appaltatore. In precedenza a Sez. 2, Sentenza n. 3950 del 2008 L'art. 21 della legge n. 646 del 1982 vieta all'appaltatore di opera pubblica di cedere in subappalto o a cottimo l'esecuzione delle opere stesse o di una loro parte senza l'autorizzazione della autorità competente , prevedendo, a carico del contravventore, la sanzione penale dell'arresto e dell'ammenda. Una tale disposizione è finalizzata alla tutela preventiva della collettività dalla ingerenza mafiosa o della criminalità organizzata, nella esecuzione di opere pubbliche. In mancanza di una tale preventiva autorizzazione, il contratto di subappalto di opera pubblica, o di parte di essa, è in contrasto con norma imperativa, e tale contrasto determina la nullità del contratto, ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., quando - come nella specie - non sia diversamente disposto dalla legge. b Sez. 1 - , Sentenza n. 22841 del 2016 Il divieto di concedere in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, le opere oggetto di un pubblico appalto, senza la preventiva autorizzazione dell'amministrazione committente, non può essere superato o, comunque, aggirato mediante la stipula di una clausola che subordini l'efficacia del subappalto alla condizione sospensiva del rilascio dell'autorizzazione della stazione appaltante, successiva alla stipula del subcontratto, ostandovi la norma imperativa di cui all'art. 21 della l. n. 646 del 1982 modificata dalla l. n. 726 del 1982 e dalla l. n. 936 del 1982 , posta a protezione di rilevanti interessi pubblici. SEZ. I ORDINANZA 26 FEBBRAIO 2020, N. 5141 OPERE PUBBLICHE APPALTO DI - ESECUZIONE DEL CONTRATTO - CONSEGNA DEI LAVORI. Appalto di opere pubbliche regolato dal d.P.R. n. 1063 del 1962 - Tardiva approvazione del contratto da parte dell'Amministrazione - Facoltà dell'appaltatore di svincolarsi dal contratto - Mancato esercizio - Diritto al risarcimento del danno da ritardo - Esclusione. In tema di appalto di opere pubbliche regolato dal d.P.R. n. 1063 del 1962, il ritardo nell'approvazione del contratto da parte dell'Amministrazione consente all'appaltatore di svincolarsi dal medesimo ottenendo il rimborso delle spese sostenute, ex art. 4, comma 4, del d.P.R. cit., ma tale istituto non trova applicazione nel caso in cui l'appaltatore, senza avvalersi di tale facoltà, dopo ave dato esecuzione al contratto chieda il risarcimento dei danni conseguenti al ridetto ritardo. Si richiamano i Sez. 1, Sentenza n. 22112 del 2015 In tema di appalto di opere pubbliche regolato dal d.P.R. n. 1063 del 1962, la mancata o tardiva consegna dei lavori da parte della P.A., al pari della loro consegna parziale, non conferiscono all'appaltatore il diritto di risolvere il rapporto, ai sensi degli articoli 1453 e 1454 c.c., né, tantomeno, di avanzare pretese risarcitorie, ma solo la facoltà, ex art. 10 del citato decreto, di presentare istanza di recesso dal contratto. Ne consegue che, nel caso di mancata presentazione dell'istanza, il contratto si presume ancora eseguibile, senza ulteriori oneri a carico della stazione appaltante, mentre il mancato accoglimento della stessa origina, a contrario , il diritto dell'appaltatore al compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo. ii Sez. 1, Sentenza n. 21100 del 2015 In tema di appalto di opere pubbliche, nel caso in cui il committente consegni tardivamente i lavori all'appaltatore e la conseguente istanza di recesso di questi all'Amministrazione non sia accolta, l'art. 10, comma 8, del d.P.R. n. 1963 del 1962 non prevede a favore dell'appaltatore né un risarcimento né il pagamento del corrispettivo dei lavori, ma solo un indennizzo per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo oltre ad un congruo prolungamento del termine convenuto , così presupponendo l'omessa esecuzione dei lavori in ragione della mancata consegna nel termine stabilito. Nell'ipotesi in cui, invece, ad una consegna parziale o inadeguata dei lavori abbia fatto seguito l'esecuzione degli stessi in parte qua ad opera dell'appaltatore, quest'ultimo, quand'anche non abbia formulato istanza di recesso, ha comunque diritto al corrispettivo per i lavori eseguiti, che trova titolo nel contratto la cui controprestazione è stata adempiuta. iii Sez. 1, Sentenza n. 1101 del 1989 In tema di appalto di opere pubbliche, qualora, dopo la aggiudicazione definitiva, la stipulazione del contratto non segua nel termine di trenta giorni, per fatto imputabile alla amministrazione appaltante, trova applicazione analogica il comma quarto dell'art. 4 del capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, che disciplina espressamente l'ipotesi in cui, avutasi la stipulazione del contratto nel termine di trenta giorni, ne tardi però l'approvazione per oltre sessanta giorni, con la conseguenza che il privato, decorsi novanta giorni da detta aggiudicazione, ove intenda sciogliersi dal vincolo già sorto, deve manifestare tale sua volontà all'amministrazione, notificandole l'atto preveduto dall'art. 114 del regolamento di contabilità generale dello stato approvato su R.d. 23 maggio 1924, n. 827. iv Sez. 1, Sentenza n. 5751 del 1983 L'art. 4, comma 4, del capitolato generale d'appalto per le opere di Competenza del ministero dei lavori pubblici, approvato con d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, ove prevede il diritto dell'aggiudicatario di svincolarsi da ogni impegno per il caso di mancata approvazione del contratto nel termine di sessanta giorni, comporta che tale diritto dell'aggiudicatario debba essere, a maggior ragione, riconosciuto nel caso di mancata stipulazione del contratto medesimo entro quel termine. SEZ. I ORDINANZA 26 FEBBRAIO 2020, N. 5129 OBBLIGAZIONI IN GENERE - CESSIONE DEI CREDITI - IN GENERE. Patto di esclusione della cedibilità del credito - Opponibilità al cessionario - Condizioni - Conoscenza effettiva del patto del cessionario - Necessità - Fondamento. Il patto che esclude la cedibilità del credito può essere opposto al cessionario dal debitore ceduto, per il principio dell'affidamento sulla normale cedibilità dei crediti, ex art. 1260, comma 1, c.c., e dell'efficacia del contratto soltanto tra le parti sancito dall'art. 1372 c.c., solo a condizione che sia dimostrato, ai sensi dell'art. 1260, comma 2, c.c., che il cessionario abbia avuto effettiva conoscenza del patto al tempo della cessione. In senso conforme, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 825 del 2015 Il patto che esclude la cedibilità del credito può essere opposto al cessionario dal debitore ceduto, in base ai principi dell'affidamento nella normale cedibilità dei crediti, ex art. 1260, primo comma, cod. civ. e dell'inefficacia del contratto nei confronti dei terzi, ex art. 1372 cod. civ., soltanto in quanto, ai sensi dell'art. 1260, secondo comma, cod. civ., sia dimostrato che il cessionario abbia avuto conoscenza effettiva di detto patto al tempo della cessione.