RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I ORDINANZA 24 FEBBRAIO 2020, N. 4819 CITTADINANZA - MODI DI ACQUISTO – MATRIMONIO. Cittadinanza - Acquisizione per matrimonio - Condizione ostativa - Separazione personale - Separazione di fatto - Esclusione - Ragioni. Ai sensi dell'art. 5, comma 1, della l. n. 91 del 1992, così come modificato dall'art. 1, comma 11, della l. n. 94 del 2009, soltanto la separazione personale dei coniugi, ma non anche quella di fatto, costituisce condizione ostativa all'acquisto della cittadinanza italiana mediante matrimonio con un cittadino italiano, come si evince dal tenore testuale della norma in questione che adopera l'espressione separazione personale , utilizzata anche negli artt. 150, 154 e 155 c.c. prima delle modifica intervenuta con il d.lgs. n. 154 del 2013, cogliendosi peraltro la differenza tra separazione personale e separazione di fatto anche nell'art. 6 della l. n. 184 del 1983 in tema di adozioni. In senso conforme, Cass. Sez. I, sentenza n. 969 del 2017 Ai sensi dell’art. 5, comma 1, della l. n. 91 del 1992, così come modificato dall’art. 1, comma 11, della l. n. 94 del 2009, la separazione personale dei coniugi costituisce condizione ostativa all?acquisto della cittadinanza italiana mediante matrimonio con un cittadino italiano, ma non anche la separazione di fatto. Depone nel senso indicato il chiaro ed univoco tenore testuale della norma in questione, che adopera l’espressione separazione personale , utilizzata dal legislatore anche nel titolo dell'art. 150 c.c., nel corpus” dell'art. 154 c.c. relativo alla riconciliazione e nel testo dell’art. 155 c.c. prima delle modifica intervenuta con il d.lgs. n. 154 del 2013 peraltro la differenza tra separazione personale” e separazione di fatto” si coglie anche nel regime giuridico delle adozioni, in quanto l’art. 6 della l. n. 184 del 1983 prescrive che tra i coniugi che intendono procedere all'adozione non deve essere intervenuta negli ultimi tre anni separazione personale, neppure di fatto, a conferma della diversità delle due tipologie di allontanamento dei coniugi. SEZ. I ORDINANZA 24 FEBBRAIO 2020, N. 4806 ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA - POLIZIA DI SICUREZZA - LIMITAZIONI DI POLIZIA – STRANIERI. Espulsione - Provvedimento di accompagnamento alla frontiera - Udienza di convalida - Omesso avviso al difensore di fiducia - Nullità del provvedimento - Fondamento. L'omesso avviso al difensore di fiducia dello straniero espulso con decreto prefettizio della fissazione dell'udienza di convalida dell'ordine del questore di accompagnamento alla frontiera, determina la nullità del relativo decreto di convalida, dovendosi così interpretare il disposto dell'art. 13, comma 5 bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 241 del 2004, conv. con modif. dalla l. n. 271/2004, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 222/2004, poiché tale norma, nello stabilire che il destinatario del provvedimento di accompagnamento alla frontiera ha diritto di essere tempestivamente informato dell'udienza di convalida e di farsi assistere da un difensore di fiducia, va interpretata, alla luce dei principi espressi dalla Corte costituzionale, nel senso che l'effettività del diritto di difesa può essere assicurata solo se l'assistenza tecnica non si riduce all'adempimento di una mera formalità, ma rappresenta lo strumento per assicurare il rispetto dei principi del giusto processo. Si richiamano i sez. 1, Sentenza n. 5715 del 2008 In materia di convalida, ai sensi dell'art. 13, comma 5 bis , del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, del provvedimento di accompagnamento coattivo dello straniero alla frontiera a seguito di decreto di espulsione adottato dal prefetto, il termine di quarantotto ore dalla comunicazione del provvedimento in cancelleria entro il quale il giudice di pace deve provvedere è rispettato se, entro tale termine, venga fissata ed abbia concreto inizio l'udienza di convalida, sempreché la decisione, ancorché adottata successivamente, sia intervenuta a conclusione dell'udienza senza soluzione di continuità. ii Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 11099 del 2013 In tema di espulsione dello straniero, la tempestività dell'avviso dell'udienza di convalida, di cui all'art. 14, comma 4, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, va considerata in relazione alla finalità di consentire la partecipazione del difensore all'udienza stessa, che, ove vi sia stata, preclude una valutazione di intempestività, dovendosi escludere - quanto alla concessione di un termine a difesa - l'applicabilità dell'art. 184 cod. proc. pen., attesa la natura di giudizio civile del procedimento di convalida. Nella specie, la questura aveva informato il giudice di pace del decreto di accompagnamento alle ore 11.55, mentre l'udienza di convalida si era tenuta - presente il difensore di fiducia - alle ore 12.40 . iii Sez. 1 - , Sentenza n. 16625 del 2016 Lo straniero ha il diritto di essere tempestivamente informato dell'udienza di convalida del decreto di espulsione, ex art. 13, comma 5-bis, della l. n. 286 del 1998, così da potervi partecipare per difendersi, nominando eventualmente un difensore di fiducia. Ne consegue che tale informazione, comprensiva della comunicazione dei provvedimenti di espulsione e di accompagnamento su cui verterà la discussione, deve necessariamente precedere l'udienza e non può essere data nel corso di essa, perché altrimenti verrebbe compromessa qualsiasi concreta possibilità di difesa, mediante produzione di documenti o altri elementi a discarico ove in possesso dell'interessato, così come verrebbe frustrata la facoltà di avvalersi di un difensore di fiducia. SEZ. I ORDINANZA DEL 24 FEBBRAIO 2020, N. 4792 FAMIGLIA - POTESTA' DEI GENITORI. Sottrazione internazionale di minori - Procedimento - Minorenne - Qualità di parte - Esclusione - Fondamento. Nel procedimento per la sottrazione internazionale di un minore, in mancanza di una norma che ne preveda l'intervento quale parte, va esclusa la necessità di integrare il contraddittorio anche nei suoi confronti, previa nomina di un curatore speciale, tenuto altresì conto del fatto che la mancata partecipazione del minore al procedimento è giustificata dalla sua incompatibilità con i caratteri d'urgenza e provvisorietà che connotano il relativo provvedimento. FAMIGLIA - POTESTA' DEI GENITORI. Sottrazione internazionale di minori – Procedimento - Ordine di ritorno - Audizione del minore - Necessità - Modalità - Fondamento. Nel procedimento per la sottrazione internazionale di minore, il suo ascolto, ai sensi dell'art. 315- bis c.p.c. e degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, è adempimento necessario ai fini della legittimità del decreto di rientro, poiché detto ascolto è finalizzato, ex art. 13, comma 2, della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, anche alla valutazione dell'eventuale sua opposizione al ritorno in Italia siffatto adempimento, tuttavia, può essere espletato anche da soggetti diversi dal giudice, secondo le modalità dallo stesso stabilite tenuto conto del carattere urgente e meramente ripristinatorio di tale procedura. Con riferimento al primo principio, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15145 del 2003 Nel procedimento monitorio previsto dalla Convenzione dell'Aja, ratificata dalla legge n. 64 del 1994, per il ritorno del minorenne presso l'affidatario al quale è stato sottratto, in mancanza di una norma che preveda l'intervento del minorenne quale parte del procedimento, va esclusa la necessità di integrare il contraddittorio anche nei suoi confronti, previa nomina di un curatore speciale, sia in quanto - anche tenendo conto dell'evoluzione dell'ordinamento che ha condotto ad ampliare i casi nei quali il minorenne può essere - parte - del giudizio - dalla capacità di discernimento e dalla previsione del diritto di essere ascoltato non deriva il diritto di essere parte del processo, fino a quando il legislatore non abbia espressamente attribuito la legitimatio ad processum , sia in quanto la mancata previsione della partecipazione del minorenne al procedimento in esame, quale parte, è giustificata dalla sua incompatibilità con i caratteri d'urgenza e provvisorietà che connotano il relativo provvedimento. Riguardo al secondo, si richiamano a Sez. I, Sentenza n. 18846 del 2016 in tema di illecita sottrazione internazionale di minori, una volta accertata la ricorrenza delle sue condizioni oggettive previste dalla Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, resa esecutiva in Italia con la l. n. 64 del 1994 allontanamento del minore dalla residenza abituale senza il consenso dell'altro genitore al trasferimento o al mancato rientro, titolarità ed esercizio effettivo del diritto di custodia da parte del denunciante l'avvenuta sottrazione , costituiscono situazioni ostative all'ordine di rientro il fondato rischio, per il minore, di essere esposto a pericoli fisici o psichici o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile art. 13, comma 1, lett. b , nonché l'opposizione del minore che abbia raggiunto un'età e un grado di maturità tali da tenere conto del suo parere. Ai fini dell'accertamento di tale ultima autonoma situazione, la norma impone l'ascolto del minore e, ove questi sia capace di discernimento e dalle risposte date risulti una chiara determinazione di volontà ostativa al rientro, il tribunale per i minorenni non può opporre una valutazione alternativa della relazione con il genitore con il quale il predetto minore dovrebbe vivere in esito al rientro, salvo procedere ad un approfondimento istruttorio autonomo ad es. a mezzo consulenza tecnica d'ufficio e/o modelli di ascolto del minore più adeguati in caso di permanenza del dubbio. b Sez. I, sentenza n. 3319/17 nel procedimento per la sottrazione internazionale di minore, l'ascolto di quest'ultimo che può essere espletato anche da soggetti diversi dal giudice, secondo le modalità dal medesimo stabilite costituisce adempimento necessario ai fini della legittimità del decreto di rimpatrio ai sensi dell'art. 315-bis c.c. e degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 ratificata con l. n. 77 del 2003 , essendo finalizzato, ex art. 13, comma 2, della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980, anche alla valutazione della sua eventuale opposizione al rimpatrio, salva la sussistenza di particolari ragioni da indicarsi specificamente che ne sconsiglino l'audizione, ove essa possa essere dannosa per il minore stesso, tenuto conto, altresì, del suo grado di maturità. c Sez. I, sentenza n. 10784/19 nel procedimento per la sottrazione internazionale di minore, l'ascolto di quest'ultimo che può essere espletato anche da soggetti diversi dal giudice, secondo le modalità dal medesimo stabilite costituisce adempimento necessario ai fini della legittimità del decreto di rimpatrio ai sensi dell'art. 315 bis c.c. e degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 ratificata con l. n. 77 del 2003 , essendo finalizzato, ex art. 13, comma 2, della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980, anche alla valutazione della sua eventuale opposizione al rimpatrio, salva la sussistenza di particolari ragioni da indicarsi specificamente che ne sconsiglino l'audizione, ove essa possa essere dannosa per il minore stesso, tenuto conto, altresì, del suo grado di maturità. nel caso di specie, la S.C. ha cassato con rinvio il decreto del giudice di merito che omettendo l'audizione del minore sulla base di una motivazione genericamente riferita alla sua immaturità e alla presumibile influenzabilità e non genuinità delle sue dichiarazioni per la presenza del genitore di riferimento, ne ordinava il ritorno immediato presso il padre . SEZ. I ORDINANZA 24 FEBBRAIO 2020, N. 4778 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' - PROCEDIMENTO - LIQUIDAZIONE DELL'INDENNITA' - DETERMINAZIONE STIMA - OPPOSIZIONE ALLA STIMA. Espropriazione per pubblica utilità - Opposizione alla stima - Quantificazione dell’indennità - Congruità e conformità ai criteri di legge - Giudicato autonomo sul criterio legale della stima - Esclusione - Fattispecie. In tema di espropriazione per pubblica utilità, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della disciplina prevista dalla legge per la determinazione dell'indennità dovuta, nei rapporti non ancora esauriti per essere in corso la controversia sulla misura dell'indennità, deve applicarsi il criterio del valore venale del bene, anche se il ricorso per cassazione avverso la sentenza di merito non abbia contestato la legge applicabile per determinare l'indennità, ma soltanto la sua quantificazione in concreto, poiché sull'individuazione del criterio legale di stima non è concepibile la formazione di un giudicato autonomo, né l'acquiescenza allo stesso. Nella specie la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione della corte d'appello che, pronunciando in sede di rinvio, ha disatteso i criteri di stima indicati dalla S.C. e ritenuto applicabili i nuovi criteri conseguenti alla dichiarazione di illegittimità dell'art. 5-bis, commi 1 e 2, del d.l. n. 333 del 1992, decisa dalla Corte costituzionale con sentenza n. 348 del 2007 . In precedenza, si vedano a Sez. 1, Sentenza n. 10379 del 2012 in tema di indennità di espropriazione, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 349 del 2007 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5 bis, comma 7 bis, della legge 8 agosto 1992, n. 359, nella parte in cui prescriveva un criterio riduttivo rispetto a quello del valore venale del bene ablato, non è più possibile applicare il predetto criterio riduttivo, a meno che il rapporto non sia esaurito in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l'ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia di incostituzionalità, atteso quanto previsto dagli artt. 136 Cost. e 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87. Ne consegue che deve ricorrersi al criterio del valore venale anche se l'impugnazione avverso la sentenza determinativa dell'indennità non abbia sollevato questione sulla legge applicabile, ma abbia contestato la quantificazione in concreto dell'importo liquidato, posto che in ordine all'individuazione del criterio legale di stima non è concepibile la formazione di un giudicato autonomo, né l'acquiescenza allo stesso, dato che il bene della vita alla cui attribuzione tende l'opponente alla stima è l'indennità, liquidata nella misura di legge, non già l'indicato criterio legale. b Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 26291 del 2017 in tema di risarcimento del danno da occupazione illegittima, gli effetti della sentenza della Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 349 ? che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5 bis, comma 7 bis, della l. n. 359 del 1992 nella parte in cui prescriveva un criterio riduttivo rispetto a quello del valore venale del bene ablato si estendono anche ai giudizi in corso, a meno che il rapporto non sia esaurito in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l'ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essere maturate preclusioni processuali o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia di incostituzionalità. Ne consegue che deve ricorrersi al criterio del valore venale anche se l'impugnazione della sentenza di primo grado non abbia riguardato l'individuazione del criterio legale di liquidazione del danno, ma solo la quantificazione del valore del fondo occupato, poiché in ordine all'individuazione del detto criterio non è concepibile la formazione di un giudicato autonomo rispetto a quello sul valore del fondo, dato che il bene della vita cui mira l'impugnante è il risarcimento, da liquidarsi nella misura di legge, non il criterio legale in sé considerato.