RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I SENTENZA 21 FEBBRAIO 2020, N. 4716 SOCIETA' - DI CAPITALI - SOCIETA' PER AZIONI NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - COSTITUZIONE - MODI DI FORMAZIONE DEL CAPITALE - LIMITE LEGALE - MODIFICAZIONI DELL'ATTO COSTITUTIVO - CONTENUTO DELLE MODIFICAZIONI - RECESSO DEL SOCIO DISSENZIENTE - IN GENERE. Società per azioni - Previsione statutaria di una prolungata durata della società - Recesso ad nutum del socio - Esclusione - Fondamento. E' escluso il diritto di recesso ad nutum del socio di società per azioni nel caso in cui lo statuto preveda una prolungata durata della società nella specie, fino al 2100 , non potendo tale ipotesi essere assimilata a quella, prevista dall'art. 2437, comma 3, c.c., della società costituita per un tempo indeterminato, stante la necessaria interpretazione restrittiva delle cause che legittimano la fuoriuscita del socio dalla società e dovendo anche escludersi l'estensione della disciplina prevista dall'art. 2285 c.c. per le società di persone, ove prevale l' intuitus personae , ostandovi esigenze di certezza e di tutela dell'interesse dei creditori delle società per azioni al mantenimento dell'integrità del patrimonio sociale, potendo essi fare affidamento solo sulla garanzia generica da quest'ultimo offerta, a differenza dei creditori delle società di persone, che invece possono contare anche sui patrimoni personali dei soci illimitatamente responsabili. Si richiamano i Sez. 1, Sentenza n. 9662 del 2013 In tema di società a responsabilità limitata, la previsione statutaria di una durata della società per un termine particolarmente lungo nella specie, l'anno 2100 , tale da superare qualsiasi orizzonte previsionale anche per un soggetto collettivo, ne determina l'assimilabilità ad una società a tempo indeterminato, onde, in base all'art. 2473 cod. civ., compete al socio in ogni momento il diritto di recesso, sussistendo la medesima esigenza di tutelarne l'affidamento circa la possibilità di disinvestimento della quota. Ne consegue che integra l'ipotesi dell'eliminazione di una causa di recesso, ai sensi della norma menzionata, la modificazione statutaria che abbia notevolmente ridotto il termine di durata della società nella specie, dal 2100 al 2050 . ii Sez. 1 - , Sentenza n. 13875 del 2017 In tema di recesso dalle società di capitali, la delibera assembleare che muti il quorum per le assemblee straordinarie, riconducendolo a previsione legale, non giustifica il diritto del socio al recesso ex art. 2437, lett. g , c.c., perché l’interesse della società alla conservazione del capitale sociale prevale sull’eventuale pregiudizio di fatto subito dal socio, che non vede inciso, né direttamente né indirettamente, il suo diritto di partecipazione agli utili ed il suo diritto di voto a causa del mutamento del quorum . iii Sez. 1 - , Ordinanza n. 8962 del 2019 Non è consentito il recesso ad nutum del socio di una società a responsabilità limitata contratta a tempo determinato, in considerazione sia della previsione letterale di cui all'art. 2473 c.c., che limita la possibilità di recedere al solo caso di società contratta a tempo indeterminato, sia della valutazione sistematica dipendente dalla diversa disposizione dettata per le società di persone, sia, infine, in relazione all'esigenza di tutela dei creditori che, facendo affidamento sul patrimonio sociale, hanno interesse al mantenimento della sua integrità. La S.C. ha dettato il principio in riferimento all'ipotesi di una società a responsabilità limitata con durata prevista fino al 2050, in relazione alla quale il socio pretendeva di poter esercitare il recesso ad nutum , perché la durata della società eccedeva la propria aspettativa di vita, dato che la Corte ha ritenuto non rilevante. SEZ. I SENTENZA 21 FEBBRAIO 2020, N. 4721 BENI - IMMATERIALI - MARCHIO ESCLUSIVITA' DEL MARCHIO - IN GENERE. Segni atipici - Domain name” - Riproduzione di un marchio forte altrui - Contraffazione - Sussistenza - Fondamento - Fattispecie. In tema di segni distintivi atipici, la registrazione di un domain name di sito internet che riproduca o contenga il marchio altrui costituisce una contraffazione del marchio poiché permette di ricollegare l'attività a quella del titolare del marchio, sfruttando la notorietà del segno e traendone, quindi, un indebito vantaggio, sicché solo il titolare di un marchio registrato potrebbe legittimamente usarlo sul proprio sito o come nome di dominio. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che aveva escluso la convalidazione del marchio grazia.net in quanto comportante un oggettivo agganciamento, atteso il medesimo nucleo ideologico-semantico, al marchio forte Grazia , rinomato ed altamente distintivo dell'omonima testata editoriale . Si vedano i Sez. 1, Sentenza n. 5091 del 2000 Nel sistema della legge marchi, la distinzione tra marchi forti e marchi deboli non si specifica ulteriormente, quanto ai marchi forti, a seconda che tale natura sia originaria oppure acquisita con l'uso di mercato, onde, in presenza di un fenomeno di secondary meaning , va riconosciuta al marchio originariamente debole la stessa tutela accordata ai marchi originariamente forti e l'accertamento della relativa contraffazione va effettuato secondo i criteri che presiedono alla tutela del marchio forte, atteso che il segno risultante in origine caratterizzato da una minor capacità individualizzante, una volta pervenuto alla convalidazione dovuta all'uso, abbisogna della più rigorosa tutela riconosciuta al marchio forte, in mancanza della quale anche le lievi modificazioni che il marchio debole deve invece tollerare otterrebbero l'effetto di frustrare il risultato conseguito attraverso l'uso di mercato. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la contraffazione del marchio Chanel senza accertare se la somiglianza tra i marchi in discussione riguardasse il nucleo ideologico individualizzante il segno e limitandosi a rilevare che, nel marchio sospettato di contraffazione, le due C, poste di schiena l'una all'altra come nel marchio Chanel, non si toccavano . ii Sez. 1, Sentenza n. 24620 del 2010 Nel periodo anteriore all'entrata in vigore del codice della proprietà industriale d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 , anche ai nomi di dominio di sito Internet deve applicarsi, sebbene si tratti di segni distintivi atipici, il r.d. 21 giugno 1942, n. 929, essendo essi strumenti attraverso cui accedere, nell'ambito di internet, ad un vasto mercato commerciale di dimensioni globali che consentono di identificare il titolare del sito web ed i prodotti e servizi offerti al pubblico, onde tali nomi rivestono una vera e propria capacità distintiva, in quanto, secondo la attuale concezione sulla natura e sulla funzione del marchio, non si limitino ad indicare la provenienza del prodotto o del servizio, ma svolgano una funzione pubblicitaria e suggestiva che ha la finalità di attrarre il consumatore, inducendolo all'acquisto. iii Sez. 1 - , Ordinanza n. 26000 del 2018 In materia di marchio notorio o rinomato, le violazioni contro le quali è assicurata la relativa tutela sono tre e ricomprendono innanzitutto, il pregiudizio al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà, indicato con il termine di diluizione , che si manifesta quando risulta indebolita la sua idoneità ad identificare i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato inoltre, il pregiudizio arrecato alla notorietà, designato con il termine di corrosione , che si verifica quando i prodotti o i servizi per i quali il segno identico o simile è usato dal terzo possono essere percepiti dal pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio ne risulti compromesso infine, il pregiudizio rappresentato dal conseguimento di un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, detto anche parassitismo , che va ricollegato, non al pregiudizio subito dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio tratto dal terzo dall'uso del segno identico o simile al marchio. v Sez. 1 - , Ordinanza n. 26001 del 2018 In tema di marchi d'impresa, l'apprezzamento sul rischio di confusione, costituente l'illecito, tra un marchio forte e un successivo segno decorativo simile al primo, in ragione della particolare conformazione attribuita al bene commerciale, presuppone che il giudice provveda a a accertare che la somiglianza non riguardi il nucleo ideologico caratterizzante il messaggio b valutare la sussistenza o meno dell'affinità tra i prodotti c verificare la sussistenza o meno del rischio di associazione. Nel caso di specie, la S.C. ha cassato la pronuncia d'appello che, in un caso di lamentata contraffazione di marchi figurativi in relazione all'utilizzo di accessori per il confezionamento di borse, aveva omesso di compiere l'accertamento demandatogli secondo gli esposti criteri . SEZ. I SENTENZA 20 FEBBRAIO 2020, N. 4343 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - CONCORDATO PREVENTIVO - IN GENERE. Gestione coordinata del concordato preventivo e del procedimento prefallimentare - Necessità - Riunione dei procedimenti - Fondamento. La domanda di concordato preventivo ed il procedimento prefallimentare debbono essere coordinati in modo da garantire che la soluzione negoziale della crisi, ove percorribile, sia preferita al fallimento. Pertanto, ove siano contemporaneamente pendenti dinanzi ad uno stesso ufficio giudiziario, gli stessi possono essere riuniti ex art. 273 c.p.c., anche di ufficio, consentendo una siffatta riunione di raggiungere l'obiettivo della gestione coordinata. FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - CONCORDATO PREVENTIVO - IN GENERE. Concordato preventivo e procedimento prefallimentare - Pendenza innanzi a uffici giudiziari diversi - Anteriorità dell'istanza di fallimento - Proposizione della domanda di concordato al tribunale investito dell'istanza di fallimento - Incompetenza - Irrilevanza - Fondamento. Ove la domanda di concordato preventivo ed il procedimento prefallimentare siano pendenti dinanzi ad uffici giudiziari diversi, ferma la regola della continenza ex art. 39, comma 2, c.p.c., è onere del debitore che conosce della pendenza dell'istruttoria prefallimentare, anteriormente introdotta, proporre la domanda di concordato preventivo dinanzi al tribunale investito dell'istanza di fallimento, anche quando lo ritenga incompetente, affinché i due procedimenti confluiscano dinanzi al medesimo tribunale, e senza che una siffatta condotta determini acquiescenza ad una eventuale violazione dell'art. 9 l.fall. FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - CONCORDATO PREVENTIVO - IN GENERE. Concordato preventivo e procedimento prefallimentare - Pendenza innanzi a uffici giudiziari diversi - Anteriorità dell'istanza di fallimento - Proposizione della domanda di concordato al tribunale investito dell'istanza di fallimento - Incompetenza - Irrilevanza - Fondamento. Ove la domanda di concordato preventivo ed il procedimento prefallimentare siano pendenti dinanzi ad uffici giudiziari diversi, ferma la regola della continenza ex art. 39, comma 2, c.p.c., è onere del debitore che conosce della pendenza dell'istruttoria prefallimentare, anteriormente introdotta, proporre la domanda di concordato preventivo dinanzi al tribunale investito dell'istanza di fallimento, anche quando lo ritenga incompetente, affinché i due procedimenti confluiscano dinanzi al medesimo tribunale, e senza che una siffatta condotta determini acquiescenza ad una eventuale violazione dell'art. 9 l.fall. In ordine al primo principio, si richiama, Cass. Sez. 1 - , Sentenza n. 15094 del 2019 Tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza di fallimento ricorre un rapporto di continenza, che impone la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell'art. 273 c.p.c. tuttavia l'omessa riunione non determina alcuna nullità, né impedisce la dichiarazione di fallimento, quando il tribunale abbia già disposto la revoca dell'ammissione alla procedura concordataria, purché il debitore abbia avuto formale conoscenza dell'iniziativa per la sua dichiarazione di fallimento. Con riferimento ai restanti, non si rilevano precedenti in termini.