RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. II ORDINANZA DEL 4 MARZO 2020, N. 6090 COMUNIONE DEI DIRITTI REALI - CONDOMINIO NEGLI EDIFICI NOZIONE, DISTINZIONI - ASSEMBLEA DEI CONDOMINI - DELIBERAZIONI - IMPUGNAZIONI - IN GENERE. Condominio – Deliberazione di assegnazione di parti comuni in proprietà esclusiva ad alcuni condomini – Unanimità – Necessità – Fondamento. La deliberazione condominiale con la quale vengono assegnate parti comuni nella specie, una caldaia in proprietà esclusiva ad alcuni condomini richiede l'unanimità degli stessi, incidendo sulla pregressa comproprietà originaria ex lege di parti comuni e comportando l'esclusione dal vincolo reale di alcuni dei condomini. Si veda Cass. Sez. 2 - , Sentenza n. 20612 del 2017 La delibera condominiale che accerti, a maggioranza, l'ambito dei beni comuni e l'estensione delle proprietà esclusive, in deroga all'articolo 1117 c.c., è nulla, perché inidonea a comportare l'acquisto a titolo derivativo di tali diritti, non essendo sufficiente, all'uopo, un atto meramente ricognitivo ed occorrendo, al contrario, l’accordo di tutti i comproprietari espresso in forma scritta. SEZ. II SENTENZA DEL 4 MARZO 2020, N. 6079 CAPACITA' DELLA PERSONA FISICA - CAPACITA' DI AGIRE - IN GENERE. Limitazioni - Impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi - Amministrazione di sostegno - Ambito applicativo - Distinzione dagli altri istituti a tutela dell'incapace interdizione e inabilitazione - Individuazione - Valutazione del giudice del merito - Criteri. L'amministrazione di sostegno prevista dall'art. 3 della l. n. 6 del 2004 ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli artt. 414 e 427 del c.c. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie. CAPACITA' DELLA PERSONA FISICA - CAPACITA' DI AGIRE - IN GENERE. Amministrazione di sostegno cd. sostitutiva o mista e amministrazione puramente di assistenza – Differenze – Conseguenze in tema di capacità dell’amministratore a succedere per testamento al proprio assistito. L'amministrazione di sostegno si configura come cd. sostitutiva o mista, laddove presenta caratteristiche affini alla tutela, poiché l'amministrato, pur non essendo tecnicamente incapace di compiere atti giuridici, non è comunque in grado di determinarsi autonomamente in difetto di un intervento, appunto sostitutivo ovvero di ausilio attivo, dell'amministratore viene, invece, definita amministrazione puramente di assistenza quando si avvicina alla curatela, in relazione alla quale l'ordinamento non prevede i divieti di ricevere per testamento e donazione. Ne discende che, nel caso dell'amministrazione di mera assistenza, il beneficiato è pienamente capace di disporre del suo patrimonio, anche per testamento e con disposizione in favore dell'amministratore di sostegno, a prescindere dalla circostanza che tra i due soggetti, amministratore e beneficiato, sussistano vincoli di parentela di qualsiasi genere, o di coniugio, ovvero una stabile condizione di convivenza. In ordine al primo principio e in senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18171 del 2013 Non è viziata la decisione del giudice del merito che, nel prudente apprezzamento delle circostanze, abbia dichiarato l'interdizione di un soggetto, in luogo che applicare la disciplina dell'amministrazione di sostegno, avendo escluso la possibilità di operare una distinzione tra le attività da limitare ed affidare ad un terzo e quelle realizzabili dal soggetto, in ragione della peculiare situazione anagrafica e fisio-psichica del medesimo nella specie, ultranovantacinquenne , valutata in correlazione con la complessità delle decisioni anche quotidiane imposte dall'ampiezza, consistenza e natura composita del suo patrimonio caratterizzato anche da rilevanti partecipazioni azionarie . Con riguardo al secondo, si richiama Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18171 del 2013 Non è viziata la decisione del giudice del merito che, nel prudente apprezzamento delle circostanze, abbia dichiarato l'interdizione di un soggetto, in luogo che applicare la disciplina dell'amministrazione di sostegno, avendo escluso la possibilità di operare una distinzione tra le attività da limitare ed affidare ad un terzo e quelle realizzabili dal soggetto, in ragione della peculiare situazione anagrafica e fisio-psichica del medesimo nella specie, ultranovantacinquenne , valutata in correlazione con la complessità delle decisioni anche quotidiane imposte dall'ampiezza, consistenza e natura composita del suo patrimonio caratterizzato anche da rilevanti partecipazioni azionarie . SEZ. III ORDINANZA DEL 3 MARZO 2020, N. 5968 LOCAZIONE - MIGLIORAMENTI APPORTATI ALLA COSA LOCATA. Clausola che esclude il diritto all'indennità per i miglioramenti in favore del conduttore - Limitazione di responsabilità del locatore - Esclusione - Fondamento. La clausola del contratto di locazione che esclude la corresponsione al conduttore di un'indennità per i miglioramenti non è da considerarsi clausola limitativa della responsabilità del locatore ai sensi dell'art. 1229 c.c., perché non incide sulle conseguenze della colpa o dell'eventuale inadempimento di quest'ultimo, bensì sul diritto sostanziale all'indennità prevista, con norma derogabile, dall'art. 1592 c.c Si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10425 del 2002 Non costituisce clausola vessatoria a norma dell'art. 1341 la clausola del contratto di locazione che esclude la corresponsione di un'indennità per i miglioramenti, atteso che la clausola in questione non è da ricomprendere tra quelle che prevedono una limitazione di responsabilità a favore di chi la ha predisposta, poiché non limita le conseguenze della colpa o dell'inadempimento, ne' tra quelle che stabiliscono limitazioni alla facoltà di proporre eccezioni o di agire in giudizio per ottenere l'adempimento dell'altra parte, ma agisce sul diritto sostanziale escludendo l'indennità per i miglioramenti, previsti dall'art. 1592 cod. civ. con norma derogabile. SEZ. III ORDINANZA DEL 3 MARZO 2020, N. 5964 CONTRATTI AGRARI - AFFITTO DI FONDI RUSTICI - AFFITTO A COLTIVATORE DIRETTO - SUBAFFITTO, SUBLOCAZIONE E SUBCONCESSIONE - IN GENERE. Affitto di fondi rustici - Cessione del contratto - Opponibilità al concedente - Conoscenza della cessione - Necessità. La cessione del contratto di affitto di fondo rustico non necessita del consenso del concedente, ma deve essergli comunicata con modalità idonee a consentire la conoscenza della modificazione soggettiva del rapporto tale comunicazione, pur non costituendo requisito di validità della cessione, condiziona l'opponibilità della stessa nei confronti del contraente ceduto. Si richiamano a Sez. 3, Sentenza n. 364 del 2005 L'art. 21 della legge 3 maggio 1982 n. 203, che vietano i contratti di subaffitto, di sublocazione o subconduzione di fondi rustici, ha sostituito, abrogandolo implicitamente, il precedente art. 21 della legge 11 febbraio 1971, che estendeva il divieto anche alla cessione del contratto, con la conseguenza che dopo l'entrata in vigore della legge n. 203 del 1982 la cessione del contratto agrario deve ritenersi lecita, mentre è stato mantenuto il divieto di subaffitto, di sublocazione e subconcessione di fondi rustici. Infatti l'affitto, essendo concepito come contratto per l'impresa agricola, è compatibile con l'ipotesi della cessione, in cui all'impresa del vecchio affittuario si sostituisce quella del cessionario, mentre nel subaffitto la permanenza dell'originario contratto d'affitto in capo al subconcedente permetterebbe l'esistenza di un affitto senza impresa. b Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 17545 del 2018 Ai sensi dell'art. 36 della l. n. 392 del 1978, la cessione del contratto di locazione operata dal conduttore in occasione della cessione dell'azienda esercitata all'interno dell'immobile concesso in locazione non ha bisogno del consenso del locatore, ma deve essergli comunicata con lettera raccomandata con avviso di ritorno o con modalità diverse, purché idonee a consentire la conoscenza della modificazione soggettiva del rapporto tale comunicazione, se non costituisce requisito di validità della cessione nel rapporto tra conduttore cedente e terzo cessionario, condiziona tuttavia l'efficacia della cessione stessa nei confronti del contraente ceduto, nel senso che essa non gli è opponibile sino a quando la comunicazione non avvenga e salva, comunque, la possibilità che il locatore vi si opponga per gravi motivi nel termine di trenta giorni . Ne consegue che la conoscenza aliunde della cessione da parte del locatore non rileva, a meno che egli, avendola conosciuta, l'abbia accettata secondo la disciplina comune dettata dall'art. 1407 c.c. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con cui il giudice di merito aveva ritenuto provata l'avvenuta comunicazione sulla base di indici presuntivi ritenuti idonei alla prova della conoscenza aliunde , in assenza di qualsiasi forma di comunicazione tra originario conduttore e locatore o di accettazione . SEZ. II SENTENZA DEL 28 FEBBRAIO 2020, N. 5527 DIVISIONE - DIVISIONE EREDITARIA - OPERAZIONI DIVISIONALI - STIMA - CONGUAGLI IN DENARO. Bene immobile non comodamente divisibile - Migliorie apportate allo stesso da uno dei condividenti - Riconduzione, per accessione, al bene da dividere - Conseguente valutazione ai fini della stima della massa, della determinazione delle quote e dei conguagli dovuti - Necessità. Nel giudizio di divisione ereditaria di un bene riscontrato non divisibile, le migliorie apportate da uno dei condividenti vengono a far parte dello stesso per il principio dell'accessione, con la conseguenza che di esse deve tenersi conto ai fini della stima del bene medesimo, nonché della determinazione delle quote e della liquidazione dei conguagli. Così già Cass. Sez. 2, Sentenza n. 857 del 1999 Nel giudizio di divisione ereditaria di un bene riscontrato non divisibile, le migliorie apportate da uno dei condividenti allo stesso vengono a far parte , per il principio dell'accessione, al bene stesso, con la conseguenza che di esse deve tenersi conto ai fini della stima del bene, nonché della determinazione delle quote e della liquidazione dei conguagli. SEZ. II ORDINANZA DEL 28 FEBBRAIO 2020, N. 5520 SUCCESSIONI MORTIS CAUSA - SUCCESSIONE TESTAMENTARIA - ESECUTORI TESTAMENTARI - FUNZIONI - RAPPRESENTANZA PROCESSUALE. Azioni relative al suo ufficio - Titolarità iure proprio - Sussistenza - Fondamento - Azioni relative all'eredità - Legittimazione processuale in qualità di sostituto - Conseguenze in tema di litisconsorzio. L'esecutore testamentario, mentre è titolare iure proprio delle azioni, relative all'esercizio del suo ufficio, che trovano il loro fondamento e il loro presupposto sostanziale nel suo incarico di custode e di detentore dei beni ereditari ovvero nella gestione, con o senza amministrazione, della massa ereditaria, è soltanto legittimato processuale, a norma dell'art. 704 c.c., per quanto riguarda le azioni relative all'eredità e, cioè, a diritti ed obblighi che egli non acquista o assume per sé, in quanto ricadenti direttamente nel patrimonio ereditario, pur agendo in nome proprio. In tale ultima ipotesi, in cui non è investito della legale rappresentanza degli eredi del de cuius , ma agisce in nome proprio, l'esecutore testamentario assume la figura di sostituto processuale, in quanto resiste a tutela di un diritto di cui sono titolari gli eredi, ma la sua chiamata in giudizio è necessaria ad integrare il contraddittorio. In senso conforme la risalente Cass. Sez. L, Sentenza n. 4663 del 1982 L'esecutore testamentario, mentre è titolare iure proprio delle azioni, relative all'esercizio del suo ufficio, che trovano il loro fondamento ed il loro presupposto sostanziale nel suo incarico di custode e di detentore dei beni ereditari ovvero nella gestione, con o senza amministrazione, della massa ereditaria, è soltanto legittimato processuale, a norma dell'art. 704 cod. civ., per quanto riguarda le azioni relative all'eredità, e cioè a diritti ed obblighi che egli non acquista o assume per sé, in quanto ricadenti direttamente nel patrimonio ereditario, pur agendo in nome proprio. In tale ultima ipotesi, in cui l'esecutore testamentario non è investito della legale rappresentanza degli eredi del de cuius, ma agisce in nome proprio, assume la figura di sostituto processuale, in quanto resiste a tutela di un diritto di cui sono titolari gli eredi, ma la sua chiamata in giudizio è necessaria ad integrare il contraddittorio. SEZ. III ORDINANZA DEL 27 FEBBRAIO 2020, N. 5433 CIRCOLAZIONE STRADALE - RESPONSABILITA' CIVILE DA INCIDENTI STRADALI - COLPA - PRESUNZIONE AGLI EFFETTI CIVILI - IN GENERE. Mancanza di scontro tra i veicoli - Presunzione di uguale responsabilità - Esclusione - Presunzione ex art. 2054, comma 1, c.c. - Sussistenza - Condizioni. La circostanza che non vi sia stato scontro tra veicoli impedisce l'applicazione della presunzione di ugual concorso di colpa di cui al secondo comma dell'art. 2054 c.c., ma non la presunzione di responsabilità prevista nel primo comma dello stesso articolo, poiché tale presunzione sorge a carico del conducente sempre che sia accertato il nesso di causalità tra la circolazione di un veicolo e la condotta del conducente dello stesso e il danno all'altro veicolo. Ove invece, in concreto venga riconosciuta la responsabilità esclusiva di uno dei conducenti, ma il nesso di causalità sia escluso, non scatta né la presunzione legale né, di conseguenza, l'onere di fornire la prova liberatoria di aver fatto il possibile per evitare il danno. In senso conforme, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8249 del 1998 La circostanza che non vi sia stato scontro tra veicoli impedisce l'applicazione della presunzione di ugual concorso di colpa di cui al secondo comma dell'art. 2054 cod. civ., ma non la presunzione di responsabilità prevista nel primo comma dello stesso articolo, poiché tale presunzione sorge a carico del conducente sempre che sia accertato il nesso di causalità tra la circolazione di un veicolo e il danno all'altro veicolo. La prova del nesso di causalità, che grava a carico dell'attore, si risolve nella prova di un comportamento del conducente contrario alle norme, generiche e specifiche, che regolano la circolazione stradale, causativo del danno posto a fondamento della domanda.