RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZ. V ORDINANZA DEL 26 FEBBRAIO 2020, N. 5185 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO I.V.A. - SANZIONI - IN GENERE. Mancata emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale - Sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività commerciale - Applicabilità anche in caso di definizione agevolata delle violazioni - Sussistenza - Fondamento. In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l'art. 12, comma 2, d.lgs. n. 471/1997, il quale prevede la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio ovvero dell'esercizio dell'attività medesima nel caso in cui siano state accertate nel corso di un quinquennio tre distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale, ha carattere speciale rispetto alla norma generale contenuta nell'art. 16, comma 3, d.lgs. n. 472/1997, con la conseguenza che l'irrogazione di detta sanzione non è impedita dalla definizione agevolata prevista da quest'ultima disposizione. In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2439/07 in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l'art. 12, comma secondo, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, il quale prevede la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio ovvero dell'esercizio dell'attività medesima nel caso in cui siano state accertate nel corso di un quinquennio tre distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale, ha carattere speciale rispetto alla norma generale contenuta nell'art. 16, comma terzo, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, con la conseguenza che l'irrogazione di detta sanzione non è impedita dalla definizione agevolata prevista da quest'ultima disposizione . SEZ. V ORDINANZA DEL 26 FEBBRAIO 2020, N. 5183 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI IMPRESA - DETERMINAZIONE DEL REDDITO - DETRAZIONI - IN GENERE. Perdite su crediti - Deducibilità - Condizioni - Crediti acquistati a seguito di cessione pro soluto - Perdita definitiva - Onere della prova - A carico del contribuente - Esonero del cedente dalla garanzia - Insufficienza - Elementi certi e precisi - Necessità. In tema di imposte sui redditi, l'art. 66, comma 3, d.P.R. n. 917/1986, prevedendo che, al di fuori dell'ipotesi in cui il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali, le perdite su crediti sono deducibili dal reddito imponibile soltanto se risultino da elementi certi e precisi, pone a carico del contribuente l'onere di allegare e documentare gli elementi di riferimento che hanno dato luogo alla perdita pertanto, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione abbia negato la deducibilità delle perdite su crediti acquistati a seguito di cessione, la mera allegazione che quest'ultima ha avuto luogo pro soluto anziché pro solvendo , secondo gli schemi predisposti dalla normativa civilistica, non esonera il contribuente dal documentare, mediante elementi certi e precisi ad esempio, il prezzo stimato del credito rispetto al suo valore nominale , che la perdita risultante dalla cessione era da intendersi come oggettivamente definitiva, né preclude al giudice di merito l'esercizio del suo potere di apprezzare liberamente la sufficienza di quelle risultanze probatorie. In senso conforme, Cass. Sez. 5, sentenza n. 5357/06 in tema di imposte sui redditi, l'art. 66, terzo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, prevedendo che, al di fuori dell'ipotesi in cui il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali, le perdite su crediti sono deducibili dal reddito imponibile soltanto se risultino da elementi certi e precisi, pone a carico del contribuente l'onere di allegare e documentare gli elementi di riferimento che hanno dato luogo alla perdita pertanto, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione abbia negato la deducibilità delle perdite su crediti acquistati a seguito di cessione, la mera allegazione che quest'ultima ha avuto luogo pro soluto anziché pro solvendo , secondo gli schemi predisposti dalla normativa civilistica, non esonera il contribuente dal documentare, mediante elementi certi e precisi ad esempio, il prezzo stimato del credito rispetto al suo valore nominale , che la perdita risultante dalla cessione era da intendersi come oggettivamente definitiva, né preclude al giudice di merito l'esercizio del suo potere di apprezzare liberamente la sufficienza di quelle risultanze probatorie . SEZ. V ORDINANZA DEL 26 FEBBRAIO 2020, N. 5177 TRIBUTI IN GENERALE - ACCERTAMENTO TRIBUTARIO NOZIONE - AVVISO DI ACCERTAMENTO - IN GENERE. Sottoscrizione da parte del capo dell’ufficio o di un funzionario delegato - Qualifica dirigenziale del delegante e del delegato - Necessità - Esclusione - Impiegato della carriera direttiva - Nozione - Sufficienza - Conseguente irrilevanza della sentenza della Corte Costituzionale n. 37/15. In tema di accertamento tributario, ai sensi dell'art. 42, comma 1 e 3, d.P.R. n. 600/1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d'ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell'ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 8, comma 24, d.l. n. 16/2012, convertito dalla l. n. 44/2012. In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22810 del 2015 In tema di accertamento tributario, ai sensi dell'art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d'ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell'ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella l. n. 44 del 2012. Principio affermato ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c . SEZ. V ORDINANZA DEL 26 FEBBRAIO 2020, N. 5160 TRIBUTI IN GENERALE - SOLVE ET REPETE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - PROCEDIMENTO DI APPELLO - IN GENERE. Deduzione da parte dell’Amministrazione di motivi giustificativi diversi da quelle contenuti nell’atto impositivo - Divieto di nova” in appello - Configurabilità - Fattispecie. In tema di contenzioso tributario, il divieto di domande nuove previsto all'art. 57, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, trova applicazione anche nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, alla quale non è consentito, innanzi al giudice d'appello, mutare i termini della contestazione, deducendo motivi diversi, sotto il profilo del fondamento giustificativo, da quelli contenuti nell'atto impositivo. Nella specie, concernente avviso di accertamento per disconoscimento dell'inerenza di costi di pubblicità, la S.C. ha ritenuto integrare domanda nuova, per diversità di petitum e causa petendi , la qualificazione degli stessi costi come spese di rappresentanza, operata dall'Amministrazione nel giudizio di appello . Si richiamano i Sez. V, sentenza n. 9810/14 In tema di contenzioso tributario, il divieto di domande nuove previsto all'art. 57, comma 1, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, trova applicazione anche nei confronti dell'Ufficio finanziario, al quale non è consentito, innanzi al giudice d'appello, avanzare pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo, e dunque sul piano della causa petendi , da quelle recepite nell'atto impositivo, altrimenti ledendosi la concreta possibilità per il contribuente di esercitare il diritto di difesa attraverso l'esternazione dei motivi di ricorso, i quali, necessariamente, vanno rapportati a ciò che nell'atto stesso risulta esposto. Nella specie, concernente la rettifica e liquidazione di maggiore imposta di registro in relazione ad un contratto di acquisto di azienda, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto correttamente effettuata la rettifica del valore di avviamento dell'azienda sulla base di coefficienti di redditività diversi da quelli recepiti nell'atto impositivo e menzionati esclusivamente nell'atto di appello . ii Sez. V, ordinanza n. 12467/19 nel processo tributario d'appello, l'Amministrazione finanziaria non può mutare i termini della contestazione, deducendo motivi diversi da quelli contenuti nell'atto di accertamento, in quanto il divieto di domande nuove previsto all'art. 57, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 trova applicazione anche nei confronti dell'Ufficio finanziario, al quale non è consentito, innanzi al giudice del gravame, avanzare pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo e, dunque, sul piano della causa petendi , da quelle recepite nell'atto impositivo, altrimenti ledendosi la concreta possibilità per il contribuente di esercitare il diritto di difesa attraverso l'esternazione dei motivi di ricorso, i quali, necessariamente, vanno rapportati a ciò che nell'atto stesso risulta esposto. iii Sez. V, ordinanza n. 17231/19 nel processo tributario di appello, la novità della domanda deve essere valutata non tanto in base alle controdeduzioni formulate in primo grado dall'Amministrazione finanziaria, bensì con riguardo ai presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento dell'atto impositivo oggetto di ricorso, poiché il processo tributario ha natura impugnatoria e, pertanto, l'Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale, in quanto la pretesa impositiva è quella risultante dall'atto impugnato, sia sul piano del petitum che su quello della causa petendi . SEZ. V ORDINANZA DEL 26 FEBBRAIO 2020, N. 5158 RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE - RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE SUI REDDITI DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - MODALITA' DI RISCOSSIONE - RISCOSSIONE MEDIANTE RUOLI - ISCRIZIONE A RUOLO - IN BASE AD ACCERTAMENTI NON DEFINITIVI - IN GENERE. Riscossione dei tributi in pendenza di giudizio - Art. 68 d.lgs. n. 546/1992 - Norma generale - Conseguenze - Riscossione in base a sentenza della Commissione tributaria regionale - Data della pubblicazione della sentenza - Rilevanza - Estensione alle sanzioni - Ammissibilità. In tema di riscossione frazionata dei tributi in pendenza del processo tributario, l'art. 68 d.lgs. n. 546/1992, nella formulazione modificata dall'art. 29 d.lgs. n. 472 /1997, ha natura di regola generale, sicché è legittima l'iscrizione a ruolo e la riscossione delle somme, anche a titolo di sanzioni pecuniarie, in forza di sentenza della Commissione tributaria regionale pubblicata dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 472/1997, anche se il relativo giudizio sia iniziato nella vigenza del rito disciplinato dal d.P.R. n. 636/1972. In precedenza i Sez. V, sentenza n. 4642 del 2008 le sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie ai sensi dell'art. 68 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, così come modificate dall'art. 29 del d.lgs. 12 dicembre 1997, n. 472, possono essere iscritte a ruolo e riscosse anche in pendenza del giudizio. quand'anche sia iniziato nella vigenza del rito disciplinato dal d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636. ii Sez. V , ordinanza n. 27867 del 2018 in materia tributaria la riscossione frazionata, ai sensi dell'art. 68, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, nella formulazione modificata a decorrere dal 1° aprile 1998, riguarda anche le sanzioni pecuniarie. iii Sez. V , sentenza n. 33581 del 2019 in tema di riscossione frazionata in pendenza del processo tributario, l'art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992 costituisce regola generale con riguardo alle sanzioni, mentre, con riguardo agli atti impositivi, presuppone la frazionabilità della riscossione già nella fase amministrativa, sicché non si applica ove sia consentita l'esazione per l'intero sulla base del solo atto di accertamento non definitivo . SEZ. V ORDINANZA DEL 26 FEBBRAIO 2020, N. 5152 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - IN GENERE. Fondi di previdenza complementare aziendale - Meccanismo impositivo ex art. 6 l. n. 482/1985 - Ambito di applicazione - Rendimento imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato - Redditività ottenuta sul mercato dall’intero patrimonio Enel - Corrispondenza - Esclusione - Fondamento. In tema di fondi di previdenza complementare aziendale, il meccanismo impositivo di cui all'art. 6 della l. n. 482/1985 si applica sulle somme percepite dai soggetti iscritti, maturate fino al 31 dicembre 2000, provenienti dalla liquidazione del rendimento netto , imputabile alla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato da parte del Fondo, il quale non corrisponde alla redditività ottenuta sul mercato dall'intero patrimonio Enel - ovvero il rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito -, per essere quest'ultima dipendente da predeterminati calcoli di matematica attuariale e non già frutto di investimento di accantonamenti sul libero mercato. Si richiamano a Sez. V, sentenza n. 2600/16 in tema di fondi previdenziali integrativi nella specie, il fondo Fondenel /P.I.A. , le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 124/1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette all'aliquota del 12,50 per cento di cui all'art. 6 della l. n. 482/1985 e non al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a , e 17 d.P.R. n. 917/1986 solo con riferimento agli importi che, maturati entro il 31 dicembre 2000, provengano dalla liquidazione del rendimento finanziario del capitale accantonato, da intendersi come rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato. b Sez. V, sentenza n. 24525/17 in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario a per gli importi maturati a decorrere dal 10 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a , e 17 d.P.R. n. 917/1986 nel testo vigente ratione temporis b per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all'attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50 per cento, prevista dall'art. 6 della l. n. 482/1985, alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall'effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato non necessariamente finanziario” non anche quelle calcolate attraverso l'adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate .