RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I ORDINANZA 31 DICEMBRE 2019, N. 34748 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - MANDATO ALLE LITI PROCURA - CONTENUTO E FORMA. Procura speciale alle liti – Mancata certificazione del difensore – Nullità – Esclusione – Irregolarità – Sussistenza – Fondamento. La mancata certificazione, da parte del difensore, dell'autografia della firma del ricorrente, apposta sulla procura speciale in calce o a margine del ricorso per cassazione e quindi, a maggior ragione, nella copia notificata , costituisce mera irregolarità, che non comporta la nullità della procura ad litem , perché tale nullità non è comminata dalla legge, né detta formalità incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto, individuabile nella formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato. In senso conforme già Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27774 del 2011 La mancata certificazione, da parte del difensore, dell'autografia della firma del ricorrente, apposta sulla procura speciale in calce o a margine del ricorso per cassazione e quindi, a maggior ragione, nella copia notificata , costituisce mera irregolarità, che non comporta la nullità della procura ad litem , perchè tale nullità non è comminata dalla legge, né detta formalità incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto, individuabile nella formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato, salvo che la controparte non contesti, con valide e specifiche ragioni e prove, l'autografia della firma non autenticata. SEZ. I ORDINANZA 31 DICEMBRE 2019, N. 34745 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' - ESPROPRIAZIONI SPECIALI - ESPROPRIAZIONI PARZIALI. Espropriazione parziale – Indennità – Criterio differenziale ex art. 40 l. n. 2359 del 1865 – Vincolatività – Esclusione – Deprezzamento dell’area relitta – Valutazione - Necessità – Fattispecie. In tema di espropriazione parziale, l'art. 40 della l. n. 2359 del 1865 recepito dal d.lgs. n. 327 del 2001 e quindi il criterio di stima differenziale ivi previsto che sottrae all'iniziale valore dell'intero immobile quello della parte rimasta in capo al privato non è vincolante, potendo essere sostituito dal criterio che procede al calcolo del deprezzamento della sola parte residua, per poi aggiungerlo alla somma liquidata per la parte espropriata, purché si raggiunga il risultato di compensare l'intero pregiudizio arrecato dall'ablazione alla proprietà residua. Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che aveva quantificato l'indennità dovuta attraverso la mera sommatoria del valore dell'indennità di esproprio stimata dal collegio di periti al valore dell'area relitta determinata dal consulente tecnico, in tal guisa attribuendo ai proprietari l'intero valore dell'area espropriata e di quella residua, benché essi conservassero la titolarità del relitto . Si richiamano i Sez. 1, Sentenza n. 10217 del 2009 In tema di espropriazione parziale, l'indennità di espropriazione può essere determinata non solo in base al criterio, previsto dall'art. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, della differenza tra il valore dell'immobile nella sua originaria consistenza prima dell'espropriazione e quello della parte residua dopo l'espropriazione, risultante dalla perdita o separazione della porzione espropriata salva l'applicazione dei parametri riduttivi previsti, per le aree agricole, dall'art. 16 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 , ma anche attraverso la somma del valore venale della parte espropriata e del minor valore della parte residua oppure attraverso il computo delle singole perdite ovvero aggiungendo al valore dell'area espropriata quello delle spese e degli oneri che, incidendo sulla parte residua, ne riducano il valore o mediante altri parametri equivalenti. La S.C., nell'enunciare il suddetto principio, ha ritenuto che il giudice di merito possa avvalersi del criterio più idoneo a raggiungere il risultato di indennizzare il reale pregiudizio subito dalla intera porzione residua con i fabbricati non abusivi realizzati, anche operando la somma algebrica del valore agricolo del bene e delle perdite arrecate all'azienda agricola dallo smembramento del terreno . ii Sez. 1, Sentenza n. 24304 del 2011 In tema di espropriazione parziale, il criterio di stima differenziale, previsto dall'art. 40 della legge n. 2359 del 1865 recepito dal d.lgs. n. 327 del 2001 , è rivolto a garantire che l'indennità di espropriazione riguardi l'intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo e, quindi, anche il deprezzamento subito dalle parti residue del bene espropriato. Tale risultato può essere conseguito detraendo dal valore venale che l'intero cespite aveva prima dell'esproprio il valore successivamente attribuibile alla parte residua non espropriata , oppure accertando e calcolando detta diminuzione di valore, anziché attraverso tale comparazione diretta, mediante il computo delle singole perdite, ovvero aggiungendo al valore dell'area espropriata quello delle spese e degli oneri che, incidendo sulla parte residua, ne riducono il valore. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che, attenendosi al riportato principio, aveva aggiunto al valore delle aree espropriate il pregiudizio subito dalle parti residue costituite da fabbricati o da terreni . iii Sez. 1 - , Ordinanza n. 25385 del 2019 In tema di espropriazione parziale, l'art. 15 bis della l.p. Trento n. 6 del 1993 riproduce sostanzialmente l'art. 40 della l. n. 2359 del 1865 recepito dal d.lgs. n. 327 del 2001 e quindi il criterio di stima differenziale, ivi previsto che sottrae all'iniziale valore dell'intero immobile quello della parte rimasta in capo al privato , può essere sostituito dal criterio che procede al calcolo del deprezzamento della sola parte residua, per poi aggiungerlo alla somma liquidata per la parte espropriata, purché si raggiunga il medesimo risultato a cui tendono le disposizioni sopra menzionate, che è quello di compensare l'intero pregiudizio arrecato dall'ablazione alla proprietà residua. Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretto il criterio adottato dal giudice di merito, consistente nella liquidazione, unitamente al valore delle parti espropriate, del deprezzamento delle parti residue non ablate, quantificato nel 30% del valore delle aree edificabili, in considerazione del fatto che, avendo caratteristiche distinte, le diverse porzioni di terreno non potevano essere aggregate ai fini edificatori . SEZ. I ORDINANZA 31 DICEMBRE 2019, N. 34743 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' – SERVITU’. Indennità di espropriazione - Metodo di valutazione - Criterio sintetico-comparativo - Motivazione - Indicazione dei dati esaminati e delle fonti - Necessità - Fattispecie. In tema di espropriazione per pubblica utilità, il criterio cd. sintetico-comparativo si risolve nell'attribuire al bene da stimare il prezzo di mercato di immobili omogenei , con riferimento non solo agli elementi materiali quali la natura, la posizione o la consistenza morfologica , ma anche alla loro condizione giuridica urbanistica all'epoca del decreto ablativo, sicché il giudice per applicare correttamente detto criterio deve indicare gli elementi di comparazione utilizzati e documentarne la rappresentatività in riferimento ad immobili con caratteristiche analoghe a quello espropriato. Nella specie la S.C. ha cassato la decisione della corte d'appello, che non aveva indicato nella sua decisione i dati utilizzati per individuare il valore di mercato del fondo, né da quali fonti fossero stati acquisiti e neppure quale fosse la ragione della rappresentatività di tali dati . In senso conforme a Sez. 1, Sentenza n. 4783 del 2012 In tema di espropriazione per pubblica utilità il criterio di stima cd. sintetico-comparativo si risolve nell'attribuire al bene da stimare il prezzo di mercato di immobili omogenei , con riferimento non solo agli elementi materiali, quali la natura, la posizione, la consistenza morfologica e simili, e temporali, ma soprattutto alla sua condizione giuridica urbanistica all'epoca del decreto ablativo ne consegue che il giudice di merito per applicarlo correttamente deve indicare gli elementi di comparazione utilizzati e documentarne la rappresentatività in riferimento ad immobili con caratteristiche analoghe a quello espropriato nella specie terreno incluso in zona D4 delimitata dalla destinazione ASI . b Sez. 1, Sentenza n. 1904 del 2014 Ai fini della determinazione dell'indennità di espropriazione di aree destinate a servizi, di cui sia ritenuta la legale edificabilità, il valore dei beni deve essere accertato tenendo conto della condizione giuridica urbanistica all'epoca del decreto ablativo, dovendosi, in particolare, tenere conto, nell'applicazione del sistema sintetico-comparativo, della specifica natura del servizio per la ricerca di parametri di comparazione omogenei. SEZ. I ORDINANZA 31 DICEMBRE 2019, N. 34740 CONTRATTI BANCARI - OPERAZIONI BANCARIE IN CONTO CORRENTE NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - IN GENERE. Nullità delle clausole di rinvio agli usi - Nullità delle clausole che prevedono interessi usurari - Retroattività - Esclusione - Sostituzione della clausola nulla con la disciplina legale - Retroattività - Esclusione. Le norme che prevedono la nullità delle clausole negoziali che determinano gli interessi con rinvio agli usi, introdotte con l'art. 4 della legge n. 154 del 1992, poi trasfuso nell'art. 117 del d.lgs. n. 385 del 1993, non sono retroattive, al pari di quelle in materia di interessi usurari e tale irretroattività opera anche per la previsione della sostituzione della clausola nulla con la diversa disciplina legale dettata dal legislatore. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 28302 del 2005 Le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano gli interessi con rinvio agli usi, introdotte con l'art. 4 della legge 17 febbraio 1992, n. 154, poi trasfuso nell'art. 117 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, non sono retroattive, alla pari della disciplina in materia di usura. L'irretroattività opera anche per la previsione della sostituzione della clausola nulla con la diversa disciplina legale all'uopo dettata dal Legislatore. SEZ. I ORDINANZA 27 DICEMBRE 2019, N. 34531 BENI - IMMATERIALI - MARCHIO ESCLUSIVITA' DEL MARCHIO - NOVITA' E ORIGINALITA', PREUSO. Preuso locale di marchio non registrato - Effetti - Diritto del preutente di continuare a utilizzare il segno - Sussistenza - Portata - Successiva registrazione del marchio ad opera di terzi - Diritto del preutente di inibirne l'uso nella zona di diffusione locale - Esclusione - Fondamento. In tema di marchi d'impresa, ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. a , del d.lgs. n. 30 del 2005, il preuso di un marchio non registrato che non importi notorietà di esso, o che ne importi una notorietà puramente locale nella specie, per la commercializzazione dei prodotti attuata soprattutto mediante la vendita ambulante e solo limitatamente nell'ambito di alcuni negozi , non esclude la novità del marchio successivo e, quindi, la possibilità che il medesimo sia registrato tuttavia, il detto preuso locale conferisce al titolare del segno il diritto di continuare ad utilizzarlo, per lo stesso genere di prodotto, nell'ambito dell'uso fattone, senza però che il preutente abbia anche il diritto di vietare a colui che successivamente registri il marchio di farne anch'egli uso nella zona di diffusione locale, essendo in tale ipotesi configurabile una sorta di regime di duopolio , atto a consentire, nell'ambito locale, la coesistenza del marchio preusato e di quello successivamente registrato. Il principio è conforme a i Sez. 1, Sentenza n. 4405 del 2006 Alla luce delle disposizioni del r.d. 21 giugno 1942, n. 929, come modificate a seguito della riforma realizzata con il d.lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, il preuso locale di un marchio non registrato conferisce al titolare del segno il diritto di continuare ad utilizzarlo, per lo stesso genere di prodotto, nell'ambito dell'uso fattone, senza tuttavia che il preutente abbia anche il diritto di vietare a colui che successivamente registri il marchio di farne anch'egli uso nella zona di diffusione locale, in quanto è configurabile una sorta di regime di duopolio , atto a consentire, nell'ambito locale, la coesistenza del marchio preusato e di quello successivamente registrato. ii Sez. 1, Sentenza n. 14787 del 2007 In tema di marchi d'impresa, il preuso locale di un marchio di fatto attribuisce al preutente la facoltà di continuare ad usarlo nel medesimo ambito territoriale anche dopo la registrazione da parte di terzi di un marchio simile od eguale, ma non anche il diritto di vietare al successivo registrante l'utilizzazione del marchio nella zona di diffusione locale pur mancando, infatti, una norma che disciplini specificamente il conflitto tra questi due soggetti, depone in tal senso non solo un'interpretazione sistematica dell'art. 9 del r.d. 21 giugno 1942, n. 929, alla luce delle altre disposizioni in tema di preuso artt. 17 e 18 , ma anche il favor legis per il registrante, quale emerge sia dalla più intensa ed estesa tutela anche penale riservata dall'ordinamento al marchio registrato, sia dalle disposizioni del d.lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, attuative della disciplina comunitaria, le quali conducono a configurare, in materia, una sorta di duopolio , atto a consentire in ambito locale la coesistenza del marchio preusato e di quello successivamente registrato. SEZ. I ORDINANZA 27 DICEMBRE 2019, N. 34529 GIUDIZIO CIVILE E PENALE RAPPORTO - PREGIUDIZIALITA' - SOSPENSIONE DEL PROCESSO CIVILE. Azione di responsabilità degli amministratori ex art. 2476 c.c. - Proposizione della domanda civile in sede penale - Sospensione necessaria - Presupposti - Identità di petitum e causa petendi - Necessità. In tema di responsabilità degli amministratori di società di capitali azionata in sede civile e penale, posto che, ai sensi dell'art. 75 c.p.p., la costituzione di parte civile comporta il trasferimento nel processo penale dell'azione civile precedentemente proposta nel solo caso di effettiva coincidenza delle azioni per petitum e causa petendi , difettano i presupposti per la sospensione del giudizio civile avente ad oggetto l'azione di responsabilità proposta dalla società nella specie, ex art. 2476 c.c. , qualora quest'ultima si sia costituita parte civile nel giudizio penale a carico degli amministratori per falsi in bilancio o nelle scritture contabili commessi dai medesimi, in quanto l'azione promossa in sede civile è fondata su fatti diversi e più ampi rispetto a quelli oggetto del processo penale, essendo diretta a far valere la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale degli amministratori derivanti, rispettivamente, dagli inadempimenti dei doveri nei confronti della società e dall'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale. Il principio è conforme a quello espresso da Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1812 del 2005 Dalla disciplina stabilita dal nuovo codice di procedura penale si ricava che la sospensione del processo civile può essere disposta in limitate ipotesi e, nel caso in cui il danneggiato si sia costituito P.C. nel processo penale, soltanto qualora sussista identità della materia oggetto dei giudizi civile e penale pertanto, difettano i presupposti per la sospensione del giudizio civile avente ad oggetto l'azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare nei confronti dell'amministratore di una società di capitali sottoposta a fallimento, ai sensi degli artt. 146, legge fall. 2392, 2393 e 2394, cod.civ., qualora il curatore fallimentare si sia costituito P.C. nel giudizio penale a carico di detto amministratore per falso in bilancio, in quanto l'azione promossa in sede civile è fondata su fatti diversi da quelli oggetto del processo penale, essendo diretta a far valere la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale dell'amministratore, rispettivamente, derivante dagli inadempimenti dei doveri nei confronti della società e dall'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale. SEZ. I ORDINANZA 19 DICEMBRE 2019, N. 34105 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - IN GENERE. Crisi da sovraindebitamento - Spese della procedura - Potere del giudice di ordinare il deposito preventivo di una somma - Insussistenza - Fondamento - Acconti sul compenso dell'organismo di composizione della crisi - Ammissibilità. In tema di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3 del 2012, il giudice non può, in assenza di una specifica norma che lo consenta, imporre al debitore, a pena di inammissibilità, il deposito preventivo di una somma per le spese che si presumono necessarie ai fini della procedura, potendo semmai disporre acconti sul compenso finale spettante all'organismo di composizione della crisi, ai sensi dell'art. 15 del d.m. n. 202 del 2014, tenendo conto delle circostanze concrete e, in particolare, della consistenza dei beni e dei redditi del debitore in vista della fattibilità della proposta di accordo o del piano del consumatore, anche ai sensi dell'art. 8, comma 2, della legge n. 3 del 2012. Principio enunciato nell'interesse della legge ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c. . Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA 19 DICEMBRE 2019, N. 34098 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' - OCCUPAZIONE TEMPORANEA E D'URGENZA OPERE DI BONIFICA E LAVORI PER LA RICOSTRUZIONE DI OO.PP. - RISARCIMENTO DEL DANNO. Occupazione illegittima - Verbale di immissione in possesso - Valore probatorio - Presunzione relativa - Prova contraria - Ammissibilità - Fondamento. In tema di occupazione temporanea e d'urgenza di un terreno per la realizzazione di un'opera pubblica, la formale redazione del verbale di immissione in possesso conseguente al decreto di occupazione, a norma dell'art. 20 della legge n. 865 del 1971, fa presumere l'effettivo impossessamento dell'immobile da parte della P.A. beneficiaria dell'occupazione e, quanto al proprietario, la perdita delle facoltà di godimento e di disposizione del bene la presunzione, che ha natura relativa, fa salva la prova contraria, cui è ammessa la P.A., della mancata effettiva presa di possesso dell'immobile, nonché la prova, da parte del proprietario del bene occupato, di aver subito nel periodo precedente l'immissione in possesso, per effetto della sola adozione del decreto di occupazione d'urgenza, cui consegue l'indisponibilità giuridica del bene, un pregiudizio risarcibile, se effettivo, come quello ad esempio derivante dall'impossibilità di vendere il bene in presenza di concrete possibilità. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23505 del 2010 In tema di occupazione destinata alla realizzazione di un'opera pubblica, a norma dell'art. 20 della legge n. 865 del 1971, la formale redazione di un verbale di immissione in possesso, in conseguenza della pronuncia di un decreto di occupazione temporanea e d'urgenza, fa presumere che la P.A., beneficiaria dell'occupazione stessa, si sia effettivamente impossessata dell'immobile e che il proprietario di questo subisca, durante l'occupazione, il duplice danno di aver perso la facoltà di godimento del bene e di vedersi limitata la facoltà di disporne, con la conseguenza che, in mancanza del suddetto verbale, non è possibile addivenire alla statuizione sull'ammontare dell'indennizzo è salva la prova, cui è ammessa la P.A., di dimostrare la mancata effettiva presa di possesso dell'immobile e altresì la prova, cui è ammesso il proprietario, di dimostrare di aver subito un reale pregiudizio nel periodo precedente all'immissione in possesso, per effetto dell'adozione del decreto di occupazione d'urgenza cui consegue soltanto l'indisponibilità giuridica del bene. SEZ. I ORDINANZA 17 DICEMBRE 2019, N. 33507 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO . Provvedimento prefettizio di espulsione - Comunicazione all'interessato di copia via fax senza attestazione di conformità all'originale - Nullità - Fondamento. In tema di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, è nullo, per difetto della necessaria forma comunicatoria, il relativo provvedimento prefettizio, nel caso in cui all'espellendo venga consegnata soltanto una copia dell'atto via fax non recante l'attestazione di conformità all'originale, non essendo invocabile il principio, valido per i soli atti del processo, del raggiungimento dello scopo. In senso conforme, Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 17569 del 2010 In tema di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, è nullo, per difetto della necessaria forma comunicatoria, il relativo provvedimento prefettizio, nel caso in cui all'espellendo venga consegnata soltanto una copia dell'atto via fax, non recante l'attestazione di conformità all'originale, non essendo invocabile il principio valido per i soli atti del processo del raggiungimento dello scopo. SEZ. I ORDINANZA 16 DICEMBRE 2019, N. 33227 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' - OCCUPAZIONE TEMPORANEA E D'URGENZA OPERE DI BONIFICA E LAVORI PER LA RICOSTRUZIONE DI OO.PP. - RISARCIMENTO DEL DANNO. Proroga del termine di occupazione - Irreversibile trasformazione dell'area - Occupazione acquisitiva - Operatività - Esclusione - Fondamento. La proroga legale del termine dell'occupazione d'urgenza opera nonostante si sia già verificata l'irreversibile trasformazione dell'area occupata, sicché, fino a quando tale termine originario o prorogato non sia spirato, il proprietario null'altro può pretendere se non la corresponsione della relativa indennità ed è sempre possibile l'emanazione del decreto di espropriazione di un'area che continua ad appartenere all'originario proprietario. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19601 del 2016 Nonostante si sia già verificata l'irreversibile trasformazione dell'area occupata, sicché, fino a quando tale termine originario o prorogato non sia spirato, il proprietario null'altro può pretendere se non la corresponsione della relativa indennità ed è sempre possibile l'emanazione del decreto di espropriazione di un'area che continua ad appartenere all'originario proprietario. SEZ. I ORDINANZA 16 DICEMBRE 2019, N. 33233 PROVA CIVILE - DOCUMENTALE PROVA - IN GENERE. Verbale di assemblea ordinaria - Valore probatorio - Contenuto - Prova contraria - Ammissibilità - Mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte del socio impugnante - Conseguenze - Fattispecie. Il verbale di assemblea ordinaria di una società di capitali ha efficacia probatoria poiché documenta quanto avvenuto in sede di assemblea data in cui si è tenuta, identità dei partecipanti, capitale da ciascuno rappresentato, modalità e risultato delle votazioni, eventuali dichiarazioni dei soci in funzione del controllo delle attività svolte anche da parte dei soci assenti e dissenzienti tuttavia, non trattandosi di atto dotato di fede privilegiata, i soci possono far valere eventuali sue difformità rispetto alla realtà effettuale con qualsiasi mezzo di prova, con la conseguenza che, se i soci non assolvano a detto onere probatorio su di essi incombente, non possono mettere in discussione quanto documentato dal verbale. Nella specie, relativa a verbale redatto senza la presenza del notaio, il socio impugnante assumeva di non avere partecipato all'assemblea, documentata come totalitaria, senza aver dedotto mezzi istruttori per dimostrare la falsità del verbale . Principio conforme a quello già enunciato da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17950 del 2005 Nel caso di deliberazione adottata dall'assemblea di una s.r.l., in difetto di regolare convocazione, qualora nel relativo verbale sia dato atto della partecipazione di tutti i soci - personalmente, ovvero in quanto rappresentati su delega - incombe su colui il quale impugna la deliberazione l'onere di provare il carattere non totalitario dell'assemblea Nella fattispecie, governata 'ratione temporis' dalle norme in materia di s.r.l. nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 6 del 2003, in applicazione del succitato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, secondo la quale gravava sull'impugnante l'onere di dimostrare che nessuna delega era stata rilasciata dal socio non personalmente presente, ovvero che la delega doveva ritenersi invalida . SEZ. I ORDINANZA 16 DICEMBRE 2019, N. 33230 PROVA CIVILE - PROVE INDIZIARIE - IN GENERE. Società di fatto tra consanguinei - Esteriorizzazione del vincolo sociale - Prova rigorosa - Contenuto. La prova dell'esteriorizzazione del vincolo societario nelle società di fatto tra consanguinei deve essere rigorosa, nel senso che, mentre per le società di fatto la mancanza della prova scritta del contratto non impedisce al giudice l'accertamento aliunde dell'esistenza di una struttura societaria con ogni mezzo di prova, ivi comprese le presunzioni semplici, all'esito di un'attenta valutazione, quanto ai rapporti tra i soci, del complesso delle circostanze idonee a rivelare l'esercizio in comune di un'attività imprenditoriale, la prova del vincolo societario tra consanguinei deve basarsi su elementi e circostanze concludenti, tali da escludere che l'intervento del familiare possa essere motivato dalla affectio familiaris e deporre, invece, nel senso di una sua compartecipazione all'attività commerciale. In senso conforme, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15543 del 2013 In tema di società di fatto tra consanguinei, la prova della esteriorizzazione del vincolo societario deve essere rigorosa, occorrendo che essa si basi su elementi e circostanze concludenti, tali da escludere che l'intervento del familiare possa essere motivato dalla affectio familiaris e deporre, invece, nel senso di una sua compartecipazione all'attività commerciale. SEZ. I ORDINANZA 16 DICEMBRE 2019, N. 33178 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO . Trattenimento nel C.P.R. - Proroga dopo la scadenza del termine iniziale o prorogato - Illegittimità - Conseguenze. E' illegittima la proroga del trattenimento dello straniero presso un centro di permanenza per i rimpatri che sia stata disposta sulla base di un'istanza formulata successivamente alla scadenza del termine iniziale, o prorogato, della misura restrittiva, sicché, anche qualora l'iniziale convalida della misura restrittiva non sia stata tempestivamente impugnata dal destinatario, il provvedimento di proroga va cassato senza rinvio, con conseguente cessazione del trattenimento. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 27939 del 2019 E' illegittima la proroga del trattenimento dello straniero in un centro di identificazione ed espulsione CIE disposta oltre il termine di quarantotto ore dalla richiesta del questore, dovendo in tal caso cessarne gli effetti in quanto misura di privazione della libertà personale adottabile in presenza delle condizioni di legge e coperta dalla garanzia costituzionale dell'art. 13 Cost. Nella specie, la S.C. ha cassato senza rinvio il decreto di proroga poiché l'udienza di convalida, fissata nelle quarantotto ore dalla richiesta, era stata posticipata oltre il detto termine per mancata notificazione del provvedimento di fissazione al difensore .