RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. II SENTENZA DEL 20 GENNAIO 2020, N. 1082 RESPONSABILITA' CIVILE - IN GENERE. Vendita di beni di consumo - Difetto di conformità – Sostituzione o riparazione impossibile o eccessivamente onerosa - Azione volta al solo risarcimento del danno - Ammissibilità - Fondamento - Fattispecie. In tema di vendita di beni di consumo affetti da vizio di conformità, ove la riparazione o la sostituzione risultino, rispettivamente, impossibile ovvero eccessivamente onerosa, va riconosciuto al consumatore, benché nonespressamente contemplato dall'art. 130, comma 2, del d.lgs. n. 206 del 2005, ed al fine di garantire al medesimo uno standard di tutela più elevato rispetto a quello realizzato dalla Direttiva n. 44 del 1999, il diritto di agire per il solo risarcimento del danno, quale diritto attribuitogli da altre norme dell'ordinamento, secondo quanto disposto dall'art. 135, comma 2, del medesimo c. cons. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in presenza di una domanda principale volta alla eliminazione dei vizi ed una, subordinata, di carattere esclusivamente risarcitorio, riconosciuta l'esistenza dei vizi lamentati dal consumatore e, al contempo, l'eccessiva onerosità dell'intervento occorrente per la loro eliminazione, aveva circoscritto il risarcimento nei limiti del solo danno non coperto dalla sostituzione eccessivamente onerosa . Si vedano a Sez. 2, Sentenza n. 1325 del 1992 In tema di risoluzione del contratto di compravendita per l'esistenza di vizi redibitori sono distinte e vanno considerate autonomamente l'obbligazione di restituzione del prezzo e quella di risarcimento del danno la prima, infatti, rappresenta l'effetto restitutorio della cosiddetta azione redibitoria che prescinde totalmente dalla colpa del venditore e configura un debito di valuta, giacché fin dall'origine ha per oggetto una somma di danaro l'azione di risarcimento del danno, invece, può essere esercitata anche da sola, sul presupposto che sussistano tutti i requisiti della garanzia per i vizi e che ricorra inoltre la colpa del venditore e configura un debito di valore. b Sez. 2, Sentenza n. 15481 del 2001 Il compratore, che abbia subito un danno a causa dei vizi della cosa, può rinunciare a proporre l'azione per la risoluzione del contratto o per la riduzione del prezzo ed esercitare la sola azione di risarcimento del danno dipendente dall'inadempimento del venditore, sempre che in tal caso ricorrano tutti i presupposti dell'azione di garanzia e, quindi, siano dimostrate la sussistenza e la rilevanza dei vizi ed osservati i termini di decadenza e di prescrizione ed, in genere, tutte le condizioni stabilite per l'esercizio di tale azione. c Sez. 3 - , Sentenza n. 14775 del 2019 In tema di vendita di beni di consumo, l'art. 130 del d.lgs. n. 206 del 2005 reca una specifica tutela del consumatore, prevedendo e disciplinando la responsabilità del venditore per qualsiasi difformità esistente al momento della consegna, mentre, come previsto dall'art. 135 del menzionato d.lgs., in tutti gli altri casi d'inadempimento si applicano le regole ordinarie, che richiedono una specifica allegazione circa la natura contrattuale o extracontrattuale dellaresponsabilità e prova. Nella specie, con riferimento alla vendita di una autovettura, la S.C. ha rigettato l'impugnazione avverso la decisione, con cui era stata esclusa la responsabilità ex art. 130 del d.lgs. cit. del concessionario, stante il giudicato sull'inesistenza di difetti originari del bene, ed era anche stata negata ogni altra responsabilità, in mancanza di specifica allegazione e prova del nesso eziologico fra una condotta illecita qualificata e il danno, verificatosi a distanza di tempo dall'acquisto . SEZ. II ORDINANZA DEL 20 GENNAIO 2020, N. 1080 RENDITA VITALIZIA CONTRATTO DI - IN GENERE NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI . Contratto di vitalizio alimentare - Infungibilità del vitaliziante - Limiti . In tema di vitalizio alimentare, stante la natura intuitupersonae di tale contratto atipico ed in difetto di una pattuizione che contempli la possibilità che l'assistenza sia prestata anche da terzi, le prestazioni in favore del vitaliziato possono essere eseguite unicamente dal vitaliziante contrattualmente individuato. OBBLIGAZIONI IN GENERE - INADEMPIMENTO - RESPONSABILITA' - DEL DEBITORE. Contratto di vitalizio alimentare - Inadempimento del vitaliziante - Onere della prova - Riparto . In tema di contratto atipico di vitalizio alimentare, il beneficiario delle prestazioni assistenziali che agisca per la risoluzione contrattuale deve soltanto provare la fonte negoziale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il vitaliziante convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Con riferimento al primo principio, si vedano a Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 9764 del 2012 Ai fini della configurabilità del contratto atipico di vitalizio alimentare , il quale si differenzia dalla rendita vitalizia, di cui all'art. 1872 cod. civ., per il fatto di avere ad oggetto prestazioni basate sull' intuitus personae , non è d'ostacolo la previsione che l'assistenza possa essere fornita dagli eredi o aventi causa del contraente, atteso che l'infungibilità della prestazione, che caratterizza il detto contratto, va riferita alla sua insostituibilità con una prestazione in denaro ed alla correlata incoercibilità. Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che ilcontratto di mantenimento dedotto in lite ammettesse la possibilità che l'assistenza al cedente fosse prestata anche da terzi . b Sez. 2, Sentenza n. 8209 del 2016 È legittimamente configurabile, in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., un contratto atipico di vitalizio alimentare , che si differenzia da quello, nominato, di rendita vitalizia di cui all'art. 1872 c.c., per il carattere più marcato dell'alea che lo riguarda, inerente non solo la durata del rapporto, connesso alla vita del beneficiario, ma anche l'obbiettiva entità delle prestazioni di fare e di dare dedotte nel negozio, suscettibili di modificarsi nel tempo in ragione di fattori molteplici e non predeterminabili quali le condizioni di salute del beneficiario , e per la natura accentuatamente spirituale di queste ultime, eseguibili, per tale motivo, unicamente da un vitaliziante specificatamente individuato alla luce delle sue proprie qualità personali. c Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 13232 del 2017 L’accordo mediante il quale le parti stabiliscono la cessione di quote di piena o nuda proprietà di un bene immobile verso un corrispettivo, in parte rappresentato dalla prestazione mensile di una somma di danaro, ed in parte dalla prestazione di assistenza morale per la durata della vita del beneficiario, ha natura di contratto atipico, che si differenzia dalla rendita vitalizia in relazione agli autonomi obblighi di assistenza che lo connotano - in parte non fungibili e basati sull' intuitus personae - rispetto all'inadempimento dei quali, anche limitatamente ad un breve periodo, non è applicabile l?art . 1878 c.c., che esclude la risoluzione del contratto in ipotesi di mancato pagamento di rate di rendita scadute, ma la disciplina generale della risoluzione per inadempimento di cui all'art. 1453 c.c . Con riguardo al secondo siveda anche Cass.Sez. 2 - , Ordinanza n. 13685 del 2019 In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte negoziale o legale del suo diritto e il relativo termine di scadenza ma non l'inadempienza dell'obbligato, potendosi limitare alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, spettando, invece, al debitore convenuto l'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Il medesimo principio applicabile anche nell'ipotesi d'inesatto adempimento si estende anche alle obbligazioni di risultato. Nella specie, la S.C. ha ritenuto che ove l'acquirente di un software applicativo, in mancanza del risultato stabilito dal contratto abbia agito in giudizio per la sua risoluzione, una volta provato il contratto costitutivo della sua pretesa, possa limitarsi ad allegare l'inadempimento o l'inesatto adempimento della controparte, spettando, invece, al debitore convenuto l'onere di provare di aver esattamente adempiuto alla propria obbligazione, vale a dire l'idoneità del sistema fornito aconseguire i risultati richiesti dall'acquirente, comunicati dallo stesso al venditore e da questi tenuti presenti nell'effettuare la fornitura . SEZ. III ORDINANZA DEL 17 GENNAIO 2020, N. 845 COMUNIONE DEI DIRITTI REALI - COMPROPRIETA' INDIVISA NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - AMMINISTRAZIONE DAPARTE DELLA COLLETTIVITA' DEI PARTECIPANTI - LOCAZIONE DELLA COSA COMUNE - IN GENERE. Bene comune concesso in locazione - Azione di rilascio - Legittimazione del singolo comproprietario - Sussistenza - Stato di incapacità di intendere e di volere di uno dei comproprietari - Rilevanza - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. I comproprietari di un bene concesso in locazione hanno pari poteri gestori sulla cosa comune ed ognuno di essi è legittimato ad agire per il rilascio, in base alla presunzione che ciascuno operi con il consenso degli altri, la quale non è esclusa dal fatto che uno di loro sia incapace di intendere e di volere, poiché tale presunzione prescinde da un'indagine sullo stato soggettivo degli ulteriori comproprietari e va intesa - in senso oggettivo - quale mancanza di dissenso da parte degli stessi. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di appello che aveva accolto la domanda di cessazione di un contratto di affitto agrario proposta da uno dei due comproprietari, ritenendo che a ciò non ostasse la circostanza che egli avesse agito, oltre che in proprio, anche quale procuratore speciale - privo di rappresentanza processuale - dell'altra comproprietaria, interdetta, senza, però, l'autorizzazione del suo tutore e del giudice tutelare, atteso che non erano stati comunque forniti elementi idonei a superare la summenzionata presunzione di consenso . Si richiamano i Sez. 3, Sentenza n. 5077 del 2010 Qualora in un contratto di locazione di immobile la parte locatrice sia costituita da più locatori, in capo a ciascuno dei comproprietari concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori, rispondendo, peraltro, a regole di comune esperienza che uno o alcuni dei comproprietari gestiscano, con il consenso degli altri, gli interessi di tutti l'eventuale mancanza di poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti interni fra i comproprietari e non può essere eccepita alla parte conduttrice che ha fatto affidamento sulle dichiarazioni o sui comportamenti di colui o di coloro che apparivano agire per tutti. In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza della corte di merito che aveva ritenuto valida la cessione del contratto di locazione da parte del conduttore, in quanto i locatori, dopo aver ricevuto la comunicazione scritta dell'avvenuta cessione, avevano accettato senza riserve dalla cessionaria il pagamento dei canoni scaduti, rilasciandone ricevuta, e solo due mesi dopo tale comportamento concludente avevano comunicato di non acconsentire alla cessione, senza che nelle sedi di merito nessuno dei locatori avesse dimostrato di essersi espressamente e formalmente dissociato dai comportamenti di colui che aveva incassato i canoni rilasciandone ricevuta . ii Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 1650 del 2015 Ciascun comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, investe l'intera cosa comune e non una sua frazione , è legittimato ad agire o resistere in giudizio per la tutela della stessa nei confronti dei terzi o di un singolo condomino, anche senza il consenso degli altri partecipanti. iii Sez. 2, Sentenza n. 1986 del 2016 Qualora il contratto di locazione abbia ad oggetto un immobile in comproprietà indivisa, ciascuno dei comunisti ha, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori, rispondendo a regole di comune esperienza che uno o alcuni di essi gestiscano, con il consenso degli altri, gli interessi di tutti, sicché l'eventuale mancanza di poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti interni fra i comproprietari e non può essere eccepita alla parte conduttrice che ha fatto affidamento sulle dichiarazioni o sui comportamenti di chi appariva agire per tutti. iv Sez. 3, Sentenza n. 12386 del 2016 Nel caso di affitto di fondo rustico da parte di una pluralità di affittanti, uno dei quali sia abilitato a ricevere il pagamento per conto di tutti, la quietanza totalmente liberatoria rilasciata dallo stesso al conduttore per un importo inferiore al canone pattuito fa presumere, a fronte della contestuale diminuzione dell'ampiezza del terreno affittato, per intervenuta alienazione di parte di esso a terzi, la riduzione del canone, avendo ciascuno degli affittanti, indipendentemente dalla natura solidale o meno della loro obbligazione, pari e disgiunti poteri gestori sulla cosa, in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri. v Sez. 3 - , Sentenza n. 27021 del 2016 In tema di contratto di locazione, quando la titolarità della posizione di locatore appartenga a più soggetti, i diritti nascenti dal contratto verso il conduttore, compreso quello di attivarsi giudizialmente per il pagamento dei canoni, in assenza di una specifica previsione contrattuale, sono esercitabili tanto congiuntamente quanto dal singolo o da alcuni dei contitolari, atteso che - secondo le regole generali della comunione dei diritti - la gestione dei rapporti obbligatori, non implicando disposizione della posizione comune ma solo una attività di gestione ordinaria, sono espressione del diritto di ciascuno all’amministrazione della stessa . SEZ. III SENTENZA DEL 17 GENNAIO 2020, N. 844 RESPONSABILITA' PATRIMONIALE - CAUSE DI PRELAZIONE - PATTO COMMISSORIO - DIVIETO DEL. Patto marciano – Liceità – Fondamento – Presupposti – Stima del bene oggettiva o affidata ad esperto indipendente – Necessità - Fattispecie. Il divieto del patto commissorio sancito dall'art. 2744 c.c. non opera quando nell'operazione negoziale nella specie, una vendita immobiliare con funzione digaranzia sia inserito un patto marciano in forza del quale, nell'eventualità di inadempimento del debitore, il creditore vende il bene, previa stima, versando al debitore l'eccedenza del prezzo rispetto al credito , trattandosi di clausola lecita, che persegue lo stesso scopo del pegno irregolare ex art. 1851 c.c. ed è ispirata alla medesima ratio di evitareapprofittamentidel creditore in danno del debitore, purché le parti abbiano previsto, al momento della sua stipulazione, che, nel caso ed all'epoca dell'inadempimento, sia compiuta una stima della cosa, entro tempi certi e modalità definite, che assicuri una valutazione imparziale, ancorata a parametri oggettivi ed automatici oppure affidata ad una persona indipendente ed esperta, la quale a tali parametri debba fare riferimento. Si richiama Cass.Sez. 1, Sentenza n. 1625 del 2015 Il contratto di sale and lease back è nullo, per illiceità della causa in concreto, ove violi il divieto di patto commissorio, salvo che le parti, con apposita clausola cd. patto marciano , abbiano preventivamente convenuto che al termine del rapporto - effettuata la stima del bene con tempi certi e modalità definite, tali da assicurare una valutazione imparziale ancorata a parametri oggettivi ed autonomi ad opera di un terzo - il creditore debba, per acquisire il bene, pagare l'importo eccedente l'entità del suo credito, sì da ristabilire l'equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni e da evitare che il debitore subisca una lesione dal trasferimento del bene in garanzia. Resta peraltro ammissibile la previsione di differenti modalità di stima del bene, per come emerse nella pratica degli affari, purché dalla struttura del patto marciano in ogni caso risulti, anticipatamente, che il debitore perderà la proprietà del bene ad un giusto prezzo, determinato al momento dell'inadempimento, con restituzione della differenza rispetto al maggior valore, mentre non costituisce requisito necessario che il trasferimento della proprietà sia subordinato al suddetto pagamento, potendosi articolare la clausola marciana nel senso di ancorare il passaggio della proprietà sia al solo inadempimento, sia alla corresponsione della differenza di valore . SEZ. II ORDINANZA DEL 16 GENNAIO 2020, N. 791 COMUNIONE DEI DIRITTI REALI - CONDOMINIO NEGLI EDIFICI NOZIONE, DISTINZIONI - PARTI COMUNI DELL'EDIFICIO - IN GENERE. Condominio parziale - Configurabilità - Condizioni - Conseguenze. La fattispecie del condominio parziale, che rinviene il fondamento normativo nell'art. 1123, comma 3, c.c., è automaticamente configurabile ex lege tutte le volte in cui un bene risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato oggettivamente al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell'edificio in condominio, rimanendo, per l'effetto, oggetto di un autonomo diritto di proprietà e venendo meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene ne consegue che i partecipanti al gruppo non hanno il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose di cui non hanno latitolarità e la composizione del collegio e delle maggioranze si modifica in relazione alla titolarità delle specifiche parti oggetto della concreta delibera da adottare. In senso conforme, già Cass.Sez. 2, Sentenza n. 7885 del 1994 I presupposti per l'attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l'esistenza e per l'uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso, ricavandosi dall'art. 1123, terzo comma, che le cose, i servizi, gli impianti, non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti. Ne consegue che dalle situazioni di cosiddetto condominio parziale derivano implicazioni inerenti la gestione e l'imputazione delle spese, in particolare non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano oggetto . SEZ. II SENTENZA DEL 16 GENNAIO 2020, N. 787 VENDITA - PROMESSA DI VENDITA. Preliminare di vendita - Ignoranza da parte del promissario acquirente dell' altruità del bene - Applicabilità dell'art. 1479 c.c. prima della scadenza del termine per la stipula del definitivo – Esclusione – Conseguenze a seguito del decorso del termine – Previsione di clausola risolutiva espressa – Inutilizzabilità da parte del promittente venditore – Fondamento . L'art. 1479, comma 1, c.c. non è applicabile al contratto preliminare di vendita perché, indipendentemente dalla conoscenza da parte del promissario compratore dell'altruitàdel bene, fino alla scadenza del termine per stipulare il contratto definitivo il promittente venditore può adempiere all'obbligo di procurargliene l'acquisto seppure ignaro dell'altruitàdella cosa, il promissario acquirente, quindi, non può chiedere la risoluzione del contratto prima della scadenza del termine, ma, per converso, lo stesso non è inadempiente se, nonostante la maturazione del termine previsto per la stipula del contratto, il promittente venditore non sia ancora proprietario del bene. Ne discende che quest'ultimo non può in tale situazione avvalersi della clausola risolutiva espressa eventualmente pattuita per il caso di inutile decorso del termine, mancando l'essenziale condizione dell'inadempimento del promissario. Si richiama Cass.Sez. 2, Sentenza n. 4164 del 2015 In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l'acquisto del promissario direttamente dall'effettivo proprietario. Pertanto, il promissario acquirente, il quale ignori che il bene, all'atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all'obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest'ultimo a trasferirgliela . SEZ. II ORDINANZA DEL 16 GENNAIO 2020, N. 779 PROPRIETA' - FONDIARIA ESTENSIONE – SOTTOSUOLO. Proprietà - Diversa titolarità del sottosuolo - Onere probatorio - Oggetto della prova. A norma dell'art. 840 c.c., la proprietà del sottosuolo spetta al proprietario del suolo, salvo che in senso contrario disponga il titolo di acquisto di quest'ultimo oppure che detta proprietà risulti spettare ad altri in base ad un titolo opponibile al proprietario del suolo. Incombe, pertanto, alla parte che assuma di avere la proprietà separata sul sottosuolo fornire la relativa prova, avente ad oggetto l'atto di trasferimento separato del sottosuolo proveniente da colui che, mediante successivi atti di trasferimento, ha trasferito a terzi la titolarità del suolo. Si veda Cass.Sez. 2, Sentenza n. 3989 del 2001 A norma dell'art. 840 cod. civ., la proprietà del sottosuolo spetta al proprietario del suolo sovrastante, salvo che in senso contrario disponga il titolo di acquisto di questo oppure che detta proprietà risulti spettare ad altri in base ad un titolo opponibile al proprietario del suolo, ossia per un negozio antecedentemente trascritto o per un fatto di acquisto originario tale fatto non può consistere nella merasituazione dei luoghi, come la esclusiva possibilità di accesso al sottosuolo nella specie una grotta dal fondo altrui . SEZ. III SENTENZA DEL 15 GENNAIO 2020, N. 541 ASSICURAZIONE - ASSICURAZIONE MARITTIMA ED AEREA - RISCHIO - DELLA NAVIGAZIONE. Art. 547 c.nav . - Termine annuale di prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione – Applicabilità al diritto all'indennizzo - Sussistenza . In tema di navigazione marittima ed aerea, il termine annuale di prescrizione previsto dall'art. 547, comma 1,c.nav. si applica a tutti i diritti derivanti dal contratto di assicurazione, incluso quello all'indennizzo dell'assicurato verso l'assicuratore in caso di verificazione dell'evento previsto in contratto, trattandosi di disposizione avente natura speciale rispetto all'art. 2952, comma 2, c.c. PRESCRIZIONE CIVILE - SOSPENSIONE - IN GENERE. Art. 2952, comma 4, c.c. – Sospensione del termine di prescrizione – Ambito di applicazione – Fattispecie. La sospensione del termine di prescrizione prevista dall'art. 2952, comma 4, c.c., in caso di comunicazione all'assicuratore della richiesta del terzo danneggiato, riguarda unicamente la specifica ipotesi dell'assicurazione della responsabilità civile. In applicazione di detto principio, la S.C. ha escluso l'applicabilità della disposizione al termine di prescrizione dei diritti nascenti da contratto di assicurazione concernente la navigazione aerea . In ordine al primo principio non si rilevano precedenti in termini . Sul secondo, si richiama Cass.Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 17543 del 2018 In materia di assicurazione della responsabilità civile, per effetto della specifica disciplina dell'art. 2952, co. 4, c.c., l'avvenuta comunicazione all'assicuratore della richiesta risarcitoria del terzo danneggiato attraverso il diretto coinvolgimento della stessa compagnia assicuratrice nel giudizio di danno proposto dal terzo, determina la sospensione della prescrizione dei diritti derivanti dal contratto assicurativo nella specie del diritto al rimborso in favore dell'assicurato fino al passaggio in giudicato della sentenza che abbia reso liquido ed esigibile il credito risarcitorio del terzo, essendo irrilevante, ai fini dell'operatività della predetta sospensione, la mancata riproposizione, in grado di appello, da parte dell'assicurato della domanda di garanzia nei confronti del proprio assicuratore nel giudizio di danno introdotto dal terzo, in quanto la sorte della sospensione è legata esclusivamente all'esito del procedimento diretto alla liquidazione del credito risarcitorio del terzo . SEZ. III ORDINANZA DEL 15 GENNAIO 2020, N. 537 CONTRATTI AGRARI - DIRITTO DI PRELAZIONE E DI RISCATTO – PRELAZIONE. Retratto - Requisiti soggettivi ed oggettivi di legge - Onere della prova spettante al retraente - Sussistenza - Conseguenze - Mancata prova di una delle condizioni - Superfluità della verifica degli altri elementi - Configurabilità. Il coltivatore di fondo rustico che, allegando la violazione del suo diritto di prelazione, ai sensi dell'art. 8 della l. n. 590 del 1965, intenda esercitare il retratto agrario, ha l'onere di provare il possesso di tutti i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla legge, dovendo il giudice verificarne la sussistenza, sia pure nei limiti delle contestazioni sollevate dalla controparte. Ne consegue che, ove il medesimo giudice si sia convinto che il retraente non abbia fornito adeguata dimostrazione di alcuna tra le suddette condizioni, ben può omettere ogni ulteriore esame in ordine alla ricorrenza degli altri elementi. Il principio è conforme a quello espresso da Cass.Sez. 3, Sentenza n. 7253 del 2013 Il coltivatore di fondo rustico, che, allegando la violazione del suo diritto di prelazione, ai sensi dell'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, intenda esercitare il retratto agrario, ha l'onere di provare il possesso di tutti i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla legge, dovendo il giudice verificarne la sussistenza, sia pure nei limiti delle contestazioni sollevate dalla controparte, con la conseguenza che, ove il medesimo giudice si sia convinto che il retraente non abbia fornito adeguata prova di alcuna tra le suddette condizioni, ben può omettere ogni ulteriore esame in ordine alla ricorrenza degli altri elementi . . SEZ. III ORDINANZA DEL 15 GENNAIO 2020, N. 537 SPESE GIUDIZIALI CIVILI - CONDANNA ALLE SPESE - SOCCOMBENZA - IN GENERE. Contributo unificato - Art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 - Controversia di natura agraria - Applicabilità - Esclusione . L'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, che dispone il raddoppio del contributo unificato in caso di proposizione di un'impugnazione inammissibile,improcedibibileo integralmente infondata, non trova applicazione nelle controversie agrarie. In senso conforme, Cass.Sez. 3, Sentenza n. 6227 del 2016 Le cause agrarie stricto sensu , come individuate dall'art. 11 del d.lgs. n. 150 del 2011, cioè quelle devolute alle sezioni specializzate agrarie di cui alla l. n. 320 del 1963, pur non annoverate tra quelle esentate dal contributo unificato disciplinate dagli artt. 9 e 10 del d.P.R. n. 115 del 2002, continuano a fruire della non abrogata norma di cui all'art. 3 della l. n. 283 del 1957, sicché sono esenti al detto contributo e, conseguentemente, al suo raddoppio come disposto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, per sanzionare la proposizione di una impugnazione inammissibile, improcedibibile o integralmente infondata . SEZ. III SENTENZA DEL 15 GENNAIO 2020, N. 519 OBBLIGAZIONI IN GENERE - INADEMPIMENTO - RESPONSABILITA' - DEL DEBITORE. Leasing traslativo - Inadempimento dell'utilizzatore - Diritto alla restituzione del bene - Prova dell'avvenuta restituzione - Onere dell'utilizzatore. In tema di leasing traslativo, in caso di inadempimento dell'utilizzatore, il concedente ha sempre diritto alla restituzione del bene, gravando sul primo l'onere di provare di avervi provveduto. In senso esattamente conforme, Cass.Sez. 3, Sentenza n. 3381 del 2015 In tema di leasing traslativo, in caso di inadempimento dell'utilizzatore, ilconcedente ha sempre diritto alla restituzione del bene, spettando al primo provare di aver provveduto alla restituzione . SEZ. III SENTENZA DEL 15 GENNAIO 2020, N. 517 PROVA CIVILE - PROVE RACCOLTE IN ALTRO PROCESSO. Giudizio di rinvio innanzi alla corte d'appello civile a seguito di annullamento disposto dalla S.C. in sede penale ai soli effetti civili - Utilizzabilità, da parte dellacorte di appellocivile di rinvio, delle prove raccolte nel dibattimento penale e ricavate dalla sentenza rescindente - Ammissibilità - Fondamento. La corte di appello competente per valore, alla quale la Corte di cassazione in sede penale abbia rinviato il procedimento ai soli effetti civili, può utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte nel precedente giudizio penale e ricavate direttamente dalla sentenza rescindente, richiamando gli elementi di fatto già acquisiti in quella sede per sottoporli ad una autonoma valutazione e ritenerli idonei ad integrare la responsabilità civile del soggettoagente, poiché tale sentenza non crea alcun vincolo in capo al giudice di cui all'art. 622 c.p.p., assumendo natura di prova atipica rimessa al suo prudente apprezzamento. Si vedano a Sez. 2, Sentenza n. 22200 del 2010 Il giudice civile, può utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale, già definito, ancorché con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, ponendo a base delle proprie conclusioni gli elementi di fatto già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede e sottoponendoli al proprio vaglio critico, mediante il confronto con gli elementi probatori emersi nel giudizio civile a tal fine, egli non è tenuto a disporre la previa acquisizione degli atti del procedimento penale e ad esaminarne il contenuto, qualora, per la formazione di un razionale convincimento, ritenga sufficiente le risultanze della sola sentenza. b Sez. 1 - , Ordinanza n. 25067 del 2018 Il giudice civile, in assenza di divieti di legge, può formare il proprio convincimento anche in base a prove atipiche come quelle raccolte in un altro giudizio tra le stesse o tra altre parti, fornendo adeguata motivazione della relativa utilizzazione, senza che rilevi la divergenza delle regole, proprie di quel procedimento, relative all'ammissione e all'assunzione della prova. Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio il decreto del tribunale che, in sede di opposizione allo stato passivo, aveva ritenuto inopponibili alla curatela fallimentare le prove orali raccolte in un giudizio soggetto al rito del lavoro cui aveva preso parte la società poi fallita .