RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. II SENTENZA 9 GENNAIO 2020, N 195 AVVOCATO E PROCURATORE - ONORARI - VALORE DELLA CAUSA. Avvocato - Onorari - Causa di lesione della quota di legittima - Determinazione del valore - Criterio della quota contestata - Ammissibilità - Fondamento. Ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, nelle controversie aventi ad oggetto un'azione di riduzione per lesione della quota di legittima, il valore della causa non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma quello della quota in contestazione, applicandosi analogicamente la disciplina dettata per i giudizi di divisione dall'art. 6 del d.m. n. 127 del 2004, in quanto tale norma è diretta a collegare il valore della causa all'interesse in concreto perseguito dalla parte. In senso conforme, Cass. Sez. 2, sentenza n. 6765/12 ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma quello della quota in contestazione, poiché l'art. 6 del d.m. n. 127/2004, pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, per i quali stabilisce che il valore è determinato in relazione alla quota o ai supplementi di quota in contestazione tale norma, inoltre, in quanto diretta a collegare il valore della causa all'interesse in concreto perseguito dalla parte, è applicabile analogicamente anche per la liquidazione degli onorari dovuti dal cliente in relazione all'azione di riduzione. SEZ. II SENTENZA 9 GENNAIO 2020, N. 193 COMUNIONE DEI DIRITTI REALI - CONDOMINIO NEGLI EDIFICI NOZIONE, DISTINZIONI - PARTI COMUNI DELL'EDIFICIO - USO - ESTENSIONE E LIMITI. Diritto reale d'uso in favore di persona giuridica - Durata - Fondamento. In tema di condominio il diritto reale d'uso istituito in favore di una persona giuridica, a mente degli artt. 1026 e 979 c.c., non può superare il trentennio. Né può ipotizzarsi la costituzione di un uso reale atipico, esclusivo e perpetuo, che priverebbe del tutto di utilità la proprietà e darebbe vita a un diritto reale incompatibile con l'ordinamento. In senso difforme, Cass. Sez. 2 - , sentenza n. 24301/17 l' uso esclusivo su parti comuni dell'edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incide non sull'appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex artt. 1102 e 1117 c.c. Tale diritto non è riconducibile al diritto reale d'uso previsto dall'art. 1021 c.c. e, pertanto, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione, è tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell'unità immobiliare cui accede. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva respinto la domanda del condominio attore, tesa ad accertare che il diritto d'uso esclusivo su due porzioni del cortile, concesso con il primo atto di vendita dall'originario unico proprietario dell'intero edificio in favore di un'unità immobiliare e menzionato anche nell'allegato regolamento, non era cedibile, né poteva eccedere i trent'anni . SEZ. II SENTENZA 8 GENNAIO 2020, N. 139 DIVISIONE - DIVISIONE EREDITARIA - OPERAZIONI DIVISIONALI - STIMA - FORMAZIONE DELLE PORZIONI. Divisione ereditaria - Operazioni divisionali - Stima - Formazione delle porzioni - In caso di rappresentazione - Formazione delle porzioni con riferimento agli eredi o alle stirpi condividenti - Formazione di sole porzioni all'interno di ciascuna stirpe - Esclusione - Limiti - Divisione giudiziale - Accertamento dell’appartenenza alla massa e attribuzione dei beni - Omessa impugnazione - Passaggio in giudicato Per il combinato disposto degli artt. 469 e 726 c.c., la divisione ereditaria, quando vi è rappresentazione, avviene per stirpi, procedendosi alla formazione di tante porzioni, una volta eseguita la stima, quanti sono gli eredi o le stirpi condividenti, mentre non è prevista l'ulteriore formazione di altrettante subporzioni all'interno di ciascuna stirpe, sempre che non si formi al riguardo un accordo fra tutti i partecipanti. Una volta, poi, che sia stabilito con sentenza quali siano i beni da dividere e, formate le porzioni, quanti siano gli eredi o le stirpi condividenti, le statuizioni relative all'appartenenza alla massa di detti beni ed alla loro concreta attribuzione diventano irrevocabili ed irretrattabili, ove non impugnate, formandosi su di esse il giudicato. DIVISIONE - DIVISIONE GIUDIZIALE - IN GENERE. Divisione ereditaria - Natura unitaria - Riferimento all’intera comunione ereditaria - Limiti -Divisione di singoli beni ereditari - Autonomia processuale - Efficacia dei relativi giudicati - Condizioni. Il principio riguardante la natura unitaria del giudizio di divisione va riferito all'intera comunione ereditaria che venga sciolta nei modi e nelle forme di legge, ma non si estende alle ipotesi di divisione di singoli beni ereditari, nelle quali non venga fatta alcuna questione che possa in qualsiasi modo incidere circa la divisione degli altri beni ereditari, e, in particolare, circa l'eventuale appartenenza ad alcune parti, o altro titolo diverso da quello ereditario, di taluni beni apparentemente rientranti nell'eredità. In tal caso ciascuna divisione, anche se collegata con la successiva, ha una propria autonomia processuale, mentre sul piano del diritto sostanziale, ai fini della efficacia preclusiva di eventuali giudicati, assume rilievo il contenuto delle domande espresso nel petitum effettivamente richiesto nei diversi giudizi. In questo senso si era già espressa Cass. Sez. 2 - , Sentenza n. 33438 del 2019 con riferimento al primo principio Per il combinato disposto degli artt. 469 e 726 c.c., la divisione ereditaria, quando vi è rappresentazione, avviene per stirpi, procedendosi alla formazione di tante porzioni, una volta eseguita la stima, quanti sono gli eredi o le stirpi condividenti, mentre non è prevista l'ulteriore formazione di altrettante subporzioni all'interno di ciascuna stirpe, sempre che non si formi al riguardo un accordo fra tutti i partecipanti. e, con riguardo al secondo, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1902 del 1972 Il principio riguardante la natura unitaria del giudizio di divisione va riferito all'intera comunione ereditaria che venga sciolta nei modi e nelle forme di legge, ma non si estende alle ipotesi di divisione di singoli beni ereditari, nelle quali non venga fatta alcuna questione che possa in qualsiasi modo incidere circa la divisione degli altri beni ereditari, e, in particolare, circa l'eventuale appartenenza ad alcune parti, od altro titolo diverso da quello ereditario, di taluni beni apparentemente rientranti nell'eredità. In tal caso ciascuna divisione anche se collegata con la successiva ha una propria autonomia processuale, mentre sul piano del diritto sostanziale, ai fini della efficacia preclusiva di eventuali giudicati assume rilievo il contenuto delle domande espresso nel petitum effettivamente richiesto nei diversi giudizi nella specie la SC ha ritenuto che un accordo intercorso fra i partecipanti ad una comunione ereditaria in ordine alla divisione di un singolo bene non possa precludere ogni altra questione riflettente gli interessi effettivi dei condividenti in ordine a tutti gli altri beni della massa ereditaria, quando non abbia formato oggetto dell'accordo stesso l'eredita considerata nel suo complesso unitario . SEZ. III SENTENZA 8 GENNAIO 2020, N 123 CONTRATTI AGRARI - AFFITTO DI FONDI RUSTICI - AFFITTO A COLTIVATORE DIRETTO - COLTIVATORE DIRETTO - IN GENERE. Prova della qualità di coltivatore diretto - Iscrizione in elenchi - Sufficienza - Esclusione - Prova dell'obiettivo svolgimento dell'attività di coltivazione del fondo - Necessità. Ai fini della prova della qualità di coltivatore diretto, necessaria per l'esercizio del diritto di prelazione e per la domanda di riscatto ex art. 8 della l. n. 590 del 1965, non è sufficiente la dimostrazione dell'iscrizione negli elenchi dei coltivatori diretti del Servizio contributi agricoli unificati SCAU , dovendo essere provata la diretta e abituale attività di coltivazione del fondo. Sono conformi i seguenti precedenti i Sez. 3, sentenza n. 1020/06 in tema di prelazione e riscatto di fondi rustici, in ordine al possesso delle condizioni soggettive ed oggettive richieste per il retratto agrario -il cui onere della prova è a carico del retraente secondo il principio generale di cui all'art. 2697 cod. civ. e, vertendo su circostanze di fatto, può essere fornita con ogni mezzo e quindi anche mediante prova testimoniale e per presunzioni-, la certificazione concernente l'iscrizione negli elenchi di coltivatori diretti del Servizio contributi agricoli unificati SCAU non fa piena prova, in quanto ricollegabile ad una mera condizione professionale e non anche all'accertamento dello svolgimento in concreto di attività di coltivazione diretta del fondo agricolo, ma può fornire solamente elementi indiziari al riguardo. ii Sez. 3, sentenza n. 19748/11 ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione e della domanda di riscatto, ex art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, la prova della qualità di coltivatore diretto in capo al richiedente deve essere fornita non mediante il dato formale della iscrizione allo SCAU, poiché ciò che rileva è il dato obbiettivo della diretta e abituale attività di coltivazione del fondo.