RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I ORDINANZA DEL 16 SETTEMBRE 2019, N. 22986 ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI - ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE - RECESSO ED ESCLUSIONE DEGLI ASSOCIATI. Esclusione dell’associato per gravi motivi - Disciplina di cui all’art. 24 c.c. - Applicabilità alle associazioni non riconosciute - Sussiste - Impugnazione della delibera di esclusione - Poteri del giudice - Fattispecie. La norma dettata dall'art. 24 c.c., secondo cui gli organi associativi possono deliberare l'esclusione dell'associato per gravi motivi, è applicabile anche alle associazioni non riconosciute, ed implica che il giudice davanti al quale sia proposta l'impugnazione della deliberazione di esclusione abbia il potere-dovere di valutare se si tratti di fatti gravi e non di scarsa importanza, cioè se si sia avverata in concreto una delle ipotesi previste dalla legge e dall'atto costitutivo per la risoluzione del singolo rapporto associativo, prescindendo dall'opportunità intrinseca della deliberazione stessa. Nella specie la S.C. ha ritenuto contraddittoria e perciò meramente apparente la decisione della corte di merito, che aveva annullato la delibera di esclusione dell'associato a causa della genericità delle contestazioni mossegli, pur riportando che esse consistevano, tra l'altro, nell'aver amministrato, in qualità di legale rappresentante dell'associazione, con contrarietà all'interesse generale, omettendo di fornire chiarimenti sulla tenuta dei conti, e nell'aver trascurato, malgrado i richiami del Presidente, i propri doveri di procuratore dell'associazione, non fornendo alcuna relazione scritta in ordine all'attività svolta, trattandosi di contestazioni da qualificarsi come specifiche e sostanzialmente corrispondenti alle cause di esclusione previste dallo statuto dell'associazione . In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18186 del 2004 La norma dettata dall'art. 24 cod. civ. - secondo cui gli organi associativi possono deliberare l'esclusione dell'associato per gravi motivi - è applicabile anche alle associazioni non riconosciute, ed implica che il giudice davanti al quale sia proposta l'impugnazione della deliberazione di esclusione abbia il potere-dovere di valutare se si tratti di fatti gravi e non di scarsa importanza, cioè se si sia avverata in concreto una delle ipotesi previste dalla legge e dall'atto costitutivo per la risoluzione del singolo rapporto associativo, prescindendo dall'opportunità intrinseca della deliberazione stessa. SEZ. I ORDINANZA DEL 16 SETTEMBRE 2019, N. 22984 BENI - IMMATERIALI - BREVETTI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI - INVENZIONI INDUSTRIALI - IN GENERE. Brevetto europeo e italiano - Divieto di cumulo di protezione - Preminenza del brevetto europeo - Inefficacia del brevetto italiano - Limiti - Condizioni - Fattispecie. In tema di brevetto per invenzioni industriali, l'inefficacia del brevetto italiano nel caso in cui si sia concluso il procedimento di opposizione a quello europeo con il mantenimento dello stesso, prevista dall'art. 59, comma 1, lett. b , del d.lgs. n. 30 del 2005 in ossequio al divieto di cumulo delle protezioni, non implica che laddove l'opposizione al brevetto europeo sia stata accolta, perda automaticamente efficacia anche quello italiano, che costituisce titolo autonomo, la cui validità va accertata facendo applicazione della normativa interna. Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza d'appello, che aveva dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda di nullità di un brevetto italiano, in conseguenza della decisione dell'Ufficio europeo dei brevetti di revocare quello europeo per mancanza dei requisiti di brevettabilità . Si veda Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16949 del 2016 In tema di brevetto per invenzioni industriali, la conversione prevista dall'art. 76, comma 3, del d.lgs. n. 30 del 2005 è applicabile anche al cd. brevetto europeo, il quale, risolvendosi in una sommatoria dei brevetti nazionali, non sottrae il giudice all'obbligo di fare applicazione della normativa interna al fine di vagliare la validità della frazione nazionale del medesimo. SEZ. I SENTENZA DEL 12 SETTEMBRE 2019, N. 22828 DELIBAZIONE GIUDIZIO DI - DICHIARAZIONE DI EFFICACIA DI SENTENZE STRANIERE - SENTENZA STRANIERA. Misure di protezione a favore di minori - Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, applicabile ratione - Giurisdizione dello Stato di dimora abituale - Sussistenza - Conseguenze in relazione al riconoscimento di sentenza estera emessa dallo Stato di cittadinanza. In tema di provvedimenti in favore dei minori, ai sensi degli artt. 1 e 4 della Convenzione dell'Aja del 1961, resa esecutiva con la l. 24 ottobre 1980, n. 742, applicabile ratione , la competenza giurisdizionale internazionale è attribuita, in via generale, allo Stato di dimora abituale del minore, operando il criterio dello Stato di cittadinanza in via del tutto residuale e sussidiaria quando lo Stato di dimora abituale risulti impossibilitato ad adottare i provvedimenti o resti al riguardo inerte e sia stata avviata una preventiva interlocuzione formale tra i due Stati. Ne consegue che non può essere riconosciuta in Italia una sentenza dello Stato di cittadinanza di una minore, che ne disponga il trasferimento nello Stato estero Ucraina , ove la minore abbia dimora abituale in Italia, presso il padre convivente, in assenza degli elementi eccezionali e derogatori sopra indicati, atteso che, secondo quanto stabilito nell'art. 64 lettera a l. n. 218 del 1995, il provvedimento giurisdizionale estero può essere riconosciuto solo se pronunciato secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. VI – 1 ORDINANZA DEL 12 SETTEMBRE 2019, N. 22787 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - APERTURA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Procedimento per la dichiarazione di fallimento – Sospensione ex art. 20, comma 4, l. n. 44 del 1999 – Applicabilità – Esclusione – Fase successiva alla dichiarazione di fallimento – Applicabilità della norma – Sussistenza – Fondamento. La sospensione dei procedimenti esecutivi prevista dall'art. 20, comma 4, della l. n. 44 del 1999, in favore delle vittime di richieste estorsive e dell'usura, non si applica al procedimento c.d. prefallimentare , che non rivela natura esecutiva, ma cognitiva l'istituto in parola, per converso, può operare nella fase a vocazione liquidatoria inaugurata dalla sentenza dichiarativa di fallimento. Si veda Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10172 del 2016 La procedura prefallimentare non ha natura esecutiva, ma cognitiva, in quanto, prima della dichiarazione di fallimento, non può dirsi iniziata l'esecuzione collettiva, così come, prima del pignoramento, non può ritenersi cominciata l'esecuzione individuale ne consegue che il procedimento per la dichiarazione di fallimento non è soggetto alla sospensione dei procedimenti esecutivi prevista dall'art. 20, comma 4, della l. n. 44 del 1999 in favore delle vittime di richieste estorsive e dell'usura. SEZ. I ORDINANZA DEL 10 SETTEMBRE 2019, N. 22559 FIDEJUSSIONE - IN GENERE NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI . Fideiussore con patrimonio attuale incapiente - Nullità della fideiussione - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. La causa del negozio di fideiussione, che risiede nella funzione di garanzia dell'adempimento un debito mediante l'estensione della base soggettiva della responsabilità patrimoniale, non può ritenersi mancante ove prestata da soggetto il cui patrimonio sia attualmente incapiente, restando fermi anche in questa ipotesi, in applicazione dell'art. 2740 c.c., sia la sottoposizione a vincolo patrimoniale che la soggezione al potere di coazione del debitore. Nella specie, la Corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto nulla la fideiussione prestata dal padre, pur in mancanza di capienza attuale del proprio patrimonio, in favore del figlio, non ravvisandovi l'elusione delle norme imperative poste a tutela dei legittimari . In senso conforme, Sez. 3, Sentenza n. 6407 del 1998 La causa del contratto di fideiussione che non è un contratto aleatorio è non già il rischio dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ma la funzione di garanzia dell'adempimento dell'obbligazione mediante l'allargamento della base soggettiva la quale è del tutto indipendente dall'effettivo rischio di inadempimento e, dunque, dall'eventualità che il debitore principale non adempia la propria obbligazione, ovvero che il suo patrimonio o il bene offerto in garanzia reale sia insufficiente a soddisfare le ragioni del creditore.