RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I ORDINANZA DEL 24 MAGGIO 2019, N. 14335 BORSA - IN GENERE. Intermediazione finanziaria - Risarcimento dei danni subiti dall'investitore - Onere della prova - Contenuto. Nelle azioni di responsabilità per danni subiti dall'investitore, nelle quali occorre accertare se l'intermediario abbia diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione, il riparto dell'onere della prova si atteggia nel senso che l'investitore ha l'onere di allegare l'inadempimento delle citate obbligazioni da parte dell'intermediario, nonché fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l'inadempimento anche sulla base di presunzioni l'intermediario, a sua volta, avrà l'onere di provare l'avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte e, sotto il profilo soggettivo, di aver agito con la specifica diligenza richiesta. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 810 del 2016 In tema di intermediazione finanziaria, il riparto dell'onere probatorio nelle azioni di responsabilità per danni subiti dall'investitore - in cui deve accertarsi se l'intermediario abbia diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione, dal d.lgs. n. 58 del 1998 e dalla normativa secondaria - impone innanzitutto all'investitore stesso di allegare l'inadempimento delle citate obbligazioni da parte dell'intermediario, nonché di fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l'inadempimento, anche sulla base di presunzioni, mentre l'intermediario deve provare l'avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte, e, sotto il profilo soggettivo, di avere agito con la specifica diligenza richiesta . SEZ. I ORDINANZA DEL 22 MAGGIO 2019, N. 13921 SOCIETA' - DI CAPITALI - IN GENERE. Cancellazione obbligatoria per chiusura del fallimento - Estinzione - Effetti - Credito sociale sub judice - Trasferimento del credito in comunione ai soci - Giudizio coltivato dalla società ante estinzione - Necessità - Fattispecie. L'estinzione della società per effetto dell'obbligatoria cancellazione dal registro delle imprese, ai sensi dell'art. 118, comma 1, n. 4, l.fall., a seguito di chiusura del fallimento per insufficienza dell'attivo, determina il trasferimento degli eventuali crediti residui, che non siano stati realizzati dal curatore fallimentare, ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa, salvo che il mancato espletamento dell'attività di recupero consenta di ritenere che la società vi abbia già rinunciato prima dell'apertura della procedura concorsuale. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato il difetto di legittimazione attiva dei soci della società estinta, poiché l'esistenza del credito litigioso non era stata portata a conoscenza della curatela, dovendo ritenersi che esso fosse stato già tacitamente rinunciato dalla creditrice . Si richiama Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8582 del 2018 L'estinzione della società per avvenuta cancellazione volontaria dal registro delle imprese non priva i soci dell'interesse alla decisione in un giudizio di accertamento di un credito sociale coltivato dal liquidatore prima di detta cancellazione, stante la qualificazione di tale iniziativa come attività ulteriore escludente una rinuncia alla pretesa azionata e stante l'interesse dei soci anzidetti a determinare l'entità del rapporto giuridico facente capo all'ente estinto. SEZ. I SENTENZA DEL 22 MAGGIO 2019, N. 13845 SOCIETA' - DI CAPITALI - SOCIETA' PER AZIONI NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - COSTITUZIONE - MODI DI FORMAZIONE DEL CAPITALE - LIMITE LEGALE - MODIFICAZIONI DELL'ATTO COSTITUTIVO - CONTENUTO DELLE MODIFICAZIONI - RECESSO DEL SOCIO DISSENZIENTE - IN GENERE. Diritti di partecipazione - Nozione - Modifiche statutarie riguardanti la percentuale di utile da distribuire - Diritto di recesso ex art. 2437, comma 1, lett. g , c.c. - Sussistenza - Fondamento. In tema di recesso dalla società di capitali, l'espressione diritti di partecipazione di cui all'art. 2437, comma 1, lett. g , c.c. - pur nell'ambito di una interpretazione restrittiva della norma, tesa a non incrementare a dismisura le cause che legittimano l'uscita dalla società - comprende, in ogni caso, i diritti patrimoniali che derivano dalla partecipazione e, tra questi, quello afferente la percentuale dell'utile da distribuire in base allo statuto ne consegue che la modifica di una clausola statutaria direttamente attinente alla distribuzione dell'utile di esercizio, che influenzi in negativo i diritti patrimoniali dei soci prevedendo l'abbattimento della percentuale ammissibile di distribuzione, in considerazione dell'aumento della percentuale da destinare a riserva, giustifica il diritto di recesso dei soci di minoranza. Si veda Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13875 del 2017 In tema di recesso dalle società di capitali, la delibera assembleare che muti il quorum per le assemblee straordinarie, riconducendolo a previsione legale, non giustifica il diritto del socio al recesso ex art. 2437, lett. g , c.c., perché l’interesse della società alla conservazione del capitale sociale prevale sull’eventuale pregiudizio di fatto subito dal socio, che non vede inciso, né direttamente né indirettamente, il suo diritto di partecipazione agli utili ed il suo diritto di voto a causa del mutamento del quorum .