RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I ORDINANZA DEL 29 MARZO 2019, N. 8974 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA - AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE IN CRISI - IN GENERE. Legge n. 95/1979 - Azione revocatoria - Esercizio nella procedura di amministrazione straordinaria - Aiuto di Stato vietato dall'art. 87 già art. 92 del Trattato CE - Configurabilità - Esclusione - Fondamento - Esercizio dell'azione prima o durante la liquidazione dei beni aziendali - Rilevanza ai fini dell'individuazione dell'aiuto di Stato - Esclusione. L'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, come regolata dal d.l. n. 26/1979 conv. con modif. in l. n. 95/1979 non integra un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 87 ora 92 del Trattato CE, trattandosi di procedimento attivabile ordinariamente nel corso della procedura fallimentare, senza che rilevi la distinzione tra fase conservativa e fase liquidatoria, atteso che l'azione revocatoria, anche quando esercitata durante la fase conservativa, è diretta a produrre risorse da destinare alla espropriazione forzata a fini satisfattori, di tutela degli interessi dei creditori. Né rileva che il bene recuperato con l'azione revocatoria non sia destinato immediatamente alla liquidazione ed al riparto tra i creditori, poiché è sufficiente che esso concorra con gli altri beni a determinare il patrimonio ripartibile al termine del tentativo di risanamento. Nello stesso senso, in precedenza già Sez 1, sentenza n. 17200/14 l'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, come regolata dalla legge 3 aprile 1979, n. 95 di conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 gennaio 1979, n. 26 non integra un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 87 ora 92 del Trattato CE, trattandosi di procedimento attivabile ordinariamente nel corso della procedura fallimentare, senza che rilevi la distinzione tra fase conservativa e fase liquidatoria, onde ricavarne che l'azione revocatoria non comporta aiuti alle imprese sotto il profilo di un finanziamento forzoso unicamente se esercitata nella seconda fase, atteso che l'azione revocatoria, anche quando esercitata durante la fase conservativa, è diretta a produrre risorse da destinare alla espropriazione forzata a fini satisfattori, di tutela degli interessi dei creditori. Né rileva che il bene recuperato con l'azione revocatoria non sia destinato immediatamente alla liquidazione ed al riparto tra i creditori, poiché è sufficiente che esso concorra con gli altri beni a determinare il patrimonio ripartibile al termine del tentativo di risanamento. SEZ. I ORDINANZA DEL 29 MARZO 2019, N. 8973 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - PER IL FALLITO – ALIMENTI. Casa di proprietà del fallito - Non distraibilità dall’uso per abitazione - Atto di disposizione del diritto - Revocatoria fallimentare - Ammissibilità. L'art. 47, comma 2, l. fall., nel vietare che la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria per l'abitazione di lui e della sua famiglia, possa essere distratta dal suo uso prima della liquidazione delle altre attività, si pone su di un piano diverso dalla domanda diretta a fare valere l'inefficacia dell'atto con cui il medesimo fallito abbia disposto del suo diritto all'abitazione, ex art. 1022 c.c., sicché l'esperibilità dell'azione revocatoria fallimentare è sempre ammessa. In senso conforme, già Cass. Sez. 1, sentenza n. 19029/13 l'art. 47, comma 2, l. fall., il quale vieta che la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria l'abitazione di quest'ultimo e della sua famiglia, possa essere distratta dal suo uso prima della fase terminale del procedimento fallimentare, si pone su di un piano diverso dalla domanda diretta a fare valere l'inefficacia dell'atto di costituzione della stessa in fondo patrimoniale, ai sensi dell'art. 64 l. fall., e non interferisce, pertanto, con l'esperibilità dell'azione revocatoria. SEZ. I ORDINANZA DEL 29 MARZO 2019, N. 8889 ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA - POLIZIA DI SICUREZZA - LIMITAZIONI DI POLIZIA - IN GENERE. Straniero - Convivenza more uxorio con un cittadino - Divieto di espulsione - Sussistenza - Esclusione - Violazione di principi costituzionali - Manifesta infondatezza - Fattispecie. La convivenza more uxorio dello straniero con un cittadino, ancorché giustificata dal tempo necessario affinché uno o entrambi i conviventi ottengano la sentenza di scioglimento del matrimonio dal proprio coniuge, non rientra tra le ipotesi tassative di divieto di espulsione di cui all'art. 19 d.lgs. n. 286/1998, le quali, essendo previste in deroga alla regola generale dell'obbligo di espulsione nelle fattispecie contemplate dall'art. 13 d.lgs cit., non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva né, manifestamente, contrasta con principi costituzionali la previsione contenuta nell'art. 19 cit. del divieto di espulsione solo per lo straniero coniugato con un cittadino italiano e per lo straniero convivente con cittadini che siano con lo stesso in rapporto di parentela entro il secondo grado, atteso che essa risponde all'esigenza di tutelare da un lato l'unità della famiglia, dall'altro il vincolo parentale e riguarda persone che si trovano in una situazione di certezza di rapporti giuridici, che è invece assente nella convivenza more uxorio . Tuttavia, l'inestensibilità del divieto espulsivo non esclude che il giudice di pace debba valutare la situazione quando vi siano figli minorenni conviventi con la coppia. Nella specie la Corte ha cassato il provvedimento impugnato che aveva omesso di valutare tale ultimo aspetto . In tale direzione già Cass. Sez. 1, sentenza n. 13810/04 la convivenza more uxorio dello straniero con un cittadino, ancorché giustificata dal tempo necessario affinché uno o entrambi i conviventi ottengano la sentenza di scioglimento del matrimonio dal proprio coniuge, non rientra tra le ipotesi tassative di divieto di espulsione di cui all'art. 19 d.lgs. n. 286/1998, le quali, essendo previste in deroga alla regola generale dell'obbligo di espulsione nelle fattispecie contemplate dall'art. 13 d.lgs cit., non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva ne', manifestamente, contrasta con principi costituzionali la previsione contenuta nell'art. 19 cit. del divieto di espulsione solo per lo straniero coniugato con un cittadino italiano e per lo straniero convivente con cittadini che siano con lo stesso in rapporto di parentela entro il quarto grado, atteso che essa risponde all'esigenza di tutelare da un lato l'unità della famiglia, dall'altro il vincolo parentale e riguarda persone che si trovano in una situazione di certezza di rapporti giuridici, che è invece assente nella convivenza more uxorio .