RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I ORDINANZA DELL’8 FEBBRAIO 2019 N. 3861 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - APERTURA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO - SENTENZA DICHIARATIVA - OPPOSIZIONE – APPELLO. Revoca di sentenza dichiarativa di fallimento per ritenuta inesistenza della notifica del ricorso introduttivo - Rimessione al giudice di primo grado in applicazione analogica dell’art. 354 c.p.c. - Configurabilità. Il giudice del reclamo proposto avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, ove ravvisi l'inesistenza della notificazione del ricorso introduttivo depositato regolarmente in cancelleria, deve revocare il provvedimento impugnato e, in applicazione analogica dell'art. 354 c.p.c., rimettere la causa al primo giudice. In precedenza a Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 20757 del 2014 In tema di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, il giudice d'appello che ravvisi l'inesistenza della notificazione del ricorso in opposizione ed il perfezionamento della fase dell' edictio actionis con il tempestivo deposito del ricorso nel termine di legge, deve dichiarare la nullità della sentenza impugnata e, in applicazione analogica dell'art. 354 cod. proc. civ., rimettere la causa al primo giudice il quale provvederà ad assegnare termine perentorio per la notificazione, così da permettere l'instaurazione del contraddittorio con la controparte. Nè rileva che l'inesistenza della notificazione dell'atto introduttivo non sia a differenza della nullità della notificazione contemplata dall'art. 354 cod. proc. civ., che fa riferimento ai procedimenti introdotti con citazione, nei quali non può verificarsi l'inesistenza della notificazione, dal momento che l'iscrizione della causa a ruolo presuppone che sia intervenuta la notifica della citazione, e non tiene conto della scissione tra edictio actionis e vocatio in jus che si verifica nei procedimenti introdotti con ricorso. b Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 18339 del 2015 In ogni ipotesi di revoca del fallimento che non precluda la rinnovazione della dichiarazione medesima nella specie, per violazione del principio del contraddittorio in ragione dell'omessa notificazione della istanza di fallimento al debitore , il giudice del reclamo, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., deve rimettere la causa al primo giudice che, rinnovati gli atti nulli, provvede nuovamente al riguardo. SEZ. I ORDINANZA DELL’8 FEBBRAIO 2019 N. 3797 RISARCIMENTO DEL DANNO - CONCORSO DEL FATTO COLPOSO DEL CREDITORE O DEL DANNEGGIATO. Disciplina di cui all'art. 1227, comma 2, c.c. - Tardiva proposizione della domanda risarcitoria - Rilevanza - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. In tema di determinazione del danno risarcibile, non assurge a fatto colposo del creditore, idoneo a ridurre o a escludere il risarcimento del danno, la circostanza che il danneggiato abbia agito tardivamente nei confronti dell'autore della violazione, quand'anche un'ipotetica tempestiva azione fosse astrattamente suscettibile di circoscrivere l'entità del pregiudizio. Invero, l'art. 1227, comma 2, c.c., che costituisce un'applicazione dell'art. 1175 c.c., pur imponendo al creditore di tenere una condotta attiva, diretta a limitare le conseguenze dannose dell'altrui comportamento, non arriva a pretendere il compimento di attività gravose o implicanti rischi, tra le quali ben può ricomprendersi l'avvio di un'azione giudiziale. In applicazione del predetto principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva escluso il risarcimento dei danni per la perdita della possibilità di sfruttamento commerciale di alcuni modelli ornamentali, conseguente alla registrazione e alla successiva caduta in pubblico dominio di questi ultimi, in ragione del fatto che la relativa domanda era stata proposta dopo più di cinque anni dalla registrazione in parola . Si richiamano i Sez. L, Sentenza n. 4865 del 2016 In tema di risarcimento del danno a seguito di licenziamento illegittimo, l'obbligo del creditore di cooperazione e di attivazione volto ad evitare l'aggravarsi del danno, secondo l'ordinaria diligenza ex art. 1227, comma 2, c.c., riguarda solo le attività non gravose, né eccezionali, o tali da non comportare notevoli rischi o sacrifici, sicché non sono imputabili al lavoratore le conseguenze dannose derivanti dal tempo da questi impiegato per la tutela giurisdizionale, sia che si tratti di inerzia endo che preprocessuale, tutte le volte che le norme attribuiscano poteri paritetici al datore di lavoro per la la tutela dei propri diritti e la riduzione del danno. Nella specie la S.C. ha escluso il concorso di colpa del lavoratore in un'ipotesi di instaurazione del giudizio a distanza di due anni e mezzo dall'intimazione del licenziamento, laddove il datore non aveva dimostrato la riconducibilità del ritardo a dolo o colpa del lavoratore . ii Sez. 3, Ordinanza n. 24522 del 2018 Ai fini della determinazione del danno risarcibile, la valutazione del comportamento del danneggiato volto a limitare le conseguenze dannose dell'altrui inadempimento, ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c., deve essere effettuata alla stregua dell'art. 1375 c.c., e quindi del principio dell' apprezzabile sacrificio , e comporta che il creditore sia tenuto anche a una condotta attiva o positiva, la quale però non sia gravosa o tale da determinare notevoli rischi o rilevanti sacrifici. Nella specie, a fronte della responsabilità professionale di un ragioniere nella redazione dell'istanza di partecipazione al c.d. condono tombale del 2002, alla quale era conseguita l'impossibilità, per il contribuente, di usufruire dei benefici ex art. 9 della l. n. 289 del 2002, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso qualsivoglia efficacia causale, ai fini della riduzione del danno ex art. 1227, comma 2, c.c., alla decisione del contribuente di addivenire ad una conciliazione giudiziale con l'amministrazione finanziaria, così rinunciando a coltivare il processo nel quale sarebbe stato possibile conseguire il riconoscimento del carattere materiale dell'errore del professionista . iii Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 25750 del 2018 L'art. 1227, comma 2, c.c., escludendo il risarcimento per il danno che il creditore avrebbe potuto evitare con l'uso della normale diligenza, impone a quest'ultimo una condotta attiva, espressione dell'obbligo generale di buona fede, diretta a limitare le conseguenze dell'altrui comportamento dannoso, intendendosi comprese nell'ambito dell'ordinaria diligenza, a tal fine richiesta, soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici. Nella specie, la S.C. ha ritenuto che in un rapporto di somministrazione di energia elettrica eccedesse l'ordinaria diligenza di cui all'art. 1227, comma 2, c.c. l'obbligo, ritenuto dal giudice di merito esigibile dalla somministrata, di predisporre turni di reperibilità notturna e festiva del personale al fine di rendere possibile la riattivazione dei propri macchinari dopo l'interruzione dell'erogazione dell'energia elettrica imputabile alla somministrante . SEZ. VI - 1 ORDINANZA DEL 7 FEBBRAIO 2019 N. 3681 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO . Protezione umanitaria – Ragione di salute – Parametri di benessere – Esclusione. La protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis , tutela situazioni di vulnerabilità - anche con riferimento a motivi di salute - da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile né un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero parametri di benessere , nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di estrema difficoltà economica e sociale , in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico. Si richiama Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 27336 del 2018 La domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all'applicazione del principio dispositivo, sicché il ricorrente ha l'onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l'impossibilità per il giudice di introdurli d'ufficio nel giudizio. Nella specie, la S.C., nel rigettare la censura relativa al mancato utilizzo dei poteri officiosi da parte del giudice di merito, ha evidenziato che non erano state allegate, da parte del ricorrente, né la situazione implicante la protezione internazionale in rapporto a conflitti armati in corso nel suo paese di origine, né - ai fini della protezione umanitaria - una condizione di grave violazione dei diritti umani .