RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I SENTENZA 3 NOVEMBRE 2017, N. 26190 SOCIETA' - DI CAPITALI - SOCIETA' COOPERATIVE NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI, TIPI A RESPONSABILITA' LIMITATA E NON LIMITATA - CAPITALE SOCIALE - PARTECIPAZIONE DEI SOCI - RECESSO DEL SOCIO. Recesso convenzionale – Autorizzazione o approvazione del consiglio di amministrazione - Potere discrezionale - Inerzia - Esercizio da parte di organi terzi - Esclusione - Fondamento. Nelle società cooperative, il recesso convenzionale può essere subordinato alla ricorrenza di determinati presupposti o condizioni tra cui l’autorizzazione o l’approvazione del consiglio di amministrazione cui è attribuito il potere discrezionale di verificare la corrispondenza dei fatti specifici dedotti alle ipotesi statutariamente contemplate. Tale potere non può essere esercitato, neppure in caso di inerzia, da altri organi societari o da terzi estranei alla società, né rimesso all'autorità giudiziaria, perché riferito alla tutela dell'interesse della società cooperativa la cui valutazione è attribuita in via esclusiva all'organo ritenuto dal contratto sociale idoneo alle valutazioni necessarie. Si richiamano a Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10135 del 2006 in tema di società cooperative, il recesso convenzionale, contemplato dagli artt. 2518 e 2526 c.c. nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 8 d.lgs. 17 gennaio 2006, n. 6 , in quanto previsto dall'atto costitutivo, costituisce manifestazione della volontà negoziale, la quale può legittimamente disciplinarlo attraverso clausole che ne determinino il contenuto, ammettendo l'esercizio di tale facoltà in situazioni specifiche, ovvero limitandolo o subordinandolo alla sussistenza di determinati presupposti o condizioni, in particolare all'autorizzazione o all'approvazione del consiglio d'amministrazione o dell'assemblea dei soci. Tali clausole, volte a garantire il perseguimento dell'oggetto della società attraverso la conservazione dell'integrità della compagine sociale, attribuiscono ai predetti organi un potere discrezionale, che non può tuttavia essere esercitato in modo arbitrario, né tradursi in un rifiuto di provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell'approvazione, i quali, oltre a contrastare con i principi di correttezza e buona fede, che vanno rispettati anche nell'esecuzione del contratto sociale, comporterebbero una sostanziale vanificazione del diritto di recesso, il cui esercizio, ai sensi dell'art. 2437, comma 3, c.c. applicabile anche alle società cooperative , non può essere escluso o reso eccessivamente gravoso. La violazione di tale diritto, per inosservanza dei predetti principi, rende applicabile l'art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. La necessità dell'autorizzazione non comporta infatti la trasformazione della fattispecie in un accordo, nell'ambito del quale la determinazione della società venga ad assumere la funzione di accettazione della proposta del socio, configurandosi pur sempre il recesso come un negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare a conservare lo stato derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito, e rispetto al quale la deliberazione del consiglio di amministrazione o dell'assemblea opera come condizione di efficacia. b Sez. 1, Sentenza n. 2979 del 2016 il recesso legale del socio, sancito dagli artt. 2523 e 2437 c.c. nei rispettivi testi anteriori alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 6 del 2003 , non può essere limitato o soppresso, neppure da clausole statutarie, senza violare la norma di legge attributiva del diritto potestativo, mentre, qualora tale facoltà trovi la sua fonte nelle clausole statutarie e, dunque, sorga con l'atto costitutivo come manifestazione della volontà negoziale, è suscettibile di essere disciplinata e conformata attraverso clausole che specifichino le situazioni legittimanti il relativo esercizio, oppure lo limitino o condizionino, prevedendo come nella specie la necessità, per la sua efficacia, di una positiva constatazione del consiglio d'amministrazione circa l'effettiva ricorrenza della situazione legittimante il recesso stesso. SEZ. I ORDINANZA 2 NOVEMBRE 2017, N. 26066 ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI - ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE - ESTINZIONE – LIQUIDAZIONE. Amministratori - potere di impugnazione dello stato di liquidazione - sussistenza - ragioni. In tema di associazioni, il divieto per gli amministratori di compiere nuove operazioni previsto dall'art. 29 c.c. non si estende all'impugnazione giurisdizionale del provvedimento di messa in liquidazione, giacché tale attività rientra tra quelle di mera gestione e di conservazione del patrimonio dell'ente. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA 2 NOVEMBRE 2017, N. 26063 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI RAPPORTI CON L'AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE - ATTI A TITOLO ONEROSO, PAGAMENTI E GARANZIE - IN GENERE. Cessione del credito - Revocabilità ex art. 67 l. fall. - Condizioni. La cessione di credito, se effettuata in funzione solutoria di un debito scaduto ed esigibile, si caratterizza come anomala rispetto al pagamento effettuato in danaro od altri titoli di credito equivalenti, in quanto il relativo processo satisfattorio non è usuale, alla stregua delle ordinarie transizioni commerciali, ed è suscettibile di revocatoria fallimentare anche se pattuita contestualmente alla concessione di un ulteriore credito al cedente che versi già in posizione debitoria nei confronti del cessionario, dovendosene escludere la revocabilità solo quando sia stata prevista come mezzo di estinzione contestuale al sorgere del debito. In senso conforme, già Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9388 del 2011 la cessione di credito, se effettuata in funzione solutoria di un debito scaduto ed esigibile, si caratterizza come anomala rispetto al pagamento effettuato in danaro od altri titoli di credito equivalenti, in quanto il relativo processo satisfattorio non è usuale, alla stregua delle ordinarie transizioni commerciali, ed è suscettibile di revocatoria fallimentare anche se pattuita contestualmente alla concessione di un ulteriore credito al cedente che versi già in posizione debitoria nei confronti del cessionario, dovendosene escludere la revocabilità solo quando sia stata prevista come mezzo di estinzione contestuale al sorgere del debito che venga così estinto. SEZ. I ORDINANZA 2 NOVEMBRE 2017, N. 26062 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI RAPPORTI CON L'AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE - ATTI A TITOLO ONEROSO, PAGAMENTI E GARANZIE - IN GENERE. Contratto autonomo di garanzia - Contratti di garanzia di natura accessoria - Equiparabilità ai fini dell’art. 67 l. fall Le diversità strutturali e funzionali che intercorrono tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia non determinano differenze di regime giuridico sotto ogni profilo. In particolare, nel rapporto tra debitore principale e creditore beneficiario, il pagamento fatto dal garante autonomo produce effetti identici - in ordine all'attribuzione patrimoniale - a quello posto in essere dal fideiussore in entrambi i casi si tratta di un pagamento del terzo, che trova titolo nell'assunzione negoziale di un obbligo di garanzia. Ne consegue che, avuto riguardo al rapporto tra debitore principale e creditore garantito, tale pagamento è revocabile ex art. 67, comma 2, l. fall., al ricorrere di identici presupposti, sia oggettivi pagamento e regresso , che soggettivi. Non si segnalano precedenti in termini.