RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I SENTENZA 20 gennaio 2017 N. 1584 CONTRATTI BANCARI - OPERAZIONI BANCARIE IN CONTO CORRENTE NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - ESECUZIONE D'INCARICHI CONTO CORRENTE DI CORRISPONDENZA - IN GENERE. Obbligo di rendiconto della banca - Invio periodico degli estratti conto - Sussistenza - Conseguenze. Nel contratto di conto corrente bancario, che è caratterizzato dall'esplicazione di un servizio di cassa, in relazione alle operazioni di pagamento o di riscossione di somme da effettuarsi, a qualsiasi titolo, per conto del cliente e che, come tale, ha ad oggetto una prestazione - cui possono aggiungersene altre - che si inquadra in quella tipica del contratto di mandato, la banca ha l'obbligo di rendiconto ex art. 1832 c.c., che si attua attraverso l'invio periodico degli estratti conto, sicché la stessa è ad esso inadempiente ove non provi di avervi provveduto. Si richiama, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25943 del 2011 Il conto corrente di corrispondenza è caratterizzato dall'esplicazione di un servizio di cassa, in relazione alle operazioni di pagamento o di riscossione di somme da effettuarsi, a qualsiasi titolo, per conto del cliente e la disponibilità sul conto può essere costituita con versamento di somme, con accrediti sul conto od anche con intervento da parte della banca - che può assumere il carattere di un'apertura di credito in senso proprio o di una concessione temporanea di credito - il quale costituisce, nella complessità del rapporto, una prestazione accessoria rispetto a quella principale di mandato, non eccedente dai relativi limiti, né contraria ai principi di correttezza e buona fede. Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva riconosciuto il diritto della banca, ed il conseguente obbligo dei correntisti, alla restituzione delle somme anticipate per dare esecuzione ad ordini di pagamento allo scoperto, da intendersi effettuati nello svolgimento del mandato . SEZ. I SENTENZA 20 gennaio 2017 N. 1580 FIDEJUSSIONE - PER OBBLIGAZIONI FUTURE O CONDIZIONALI. Fideiussione omnibus - Validità ed efficacia - Modifica dell'art. 1938 c.c. ad opera della l. n. 154 del 1992 - Efficacia retroattiva - Esclusione - Periodo successivo - Nullità sopravvenuta - Configurabilità - Conseguenze - Fattispecie. Nella controversia inerente alla validità ed efficacia di una fideiussione prestata in favore di un istituto di credito per tutte le obbligazioni derivanti da future operazioni con il debitore principale cd. fideiussione omnibus , la sopravvenienza della l. n. 154 del 1992 il cui art. 10, modificando l'art. 1938 c.c., impone la fissazione dell'importo massimo garantito - se non tocca la validità e l'efficacia della fideiussione fino al momento dell'entrata in vigore del citato art. 10, con la conseguente responsabilità del fideiussore per le obbligazioni verso la banca a carico del debitore principale prima della predetta data - determina, per il periodo successivo, la nullità sopravvenuta della convenzione con essa in contrasto pertanto, la mancata predeterminazione, con espressa dichiarazione di volontà, dell'importo massimo garantito esclude che il fideiussore possa essere chiamato a rispondere dei debiti sorti a carico del debitore principale dopo l'entrata in vigore della menzionata disposizione. Così statuendo, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ravvisato gli estremi della nuova convenzione fideiussoria richiesta dal novellato art. 1938 c.c. non già nella espressa manifestazione della comune volontà delle parti del negozio di garanzia ai sensi dell’art. 1937 c.c., ma nella mera comunicazione unilaterale della banca al fideiussore con la quale veniva indicato il limite dell’importo garantito . In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2871 del 2007 Nella controversia inerente alla validità ed alla efficacia di una fideiussione prestata in favore di un istituto di credito per tutte le obbligazioni derivanti da future operazioni con il debitore principale cosiddetta fideiussione omnibus , la sopravvenienza della legge 17 febbraio 1992, n. 154 il cui art. 10, modificando l'art. 1938 cod. civ., impone la fissazione dell'importo massimo garantito - se non tocca la validità e l'efficacia della fideiussione fino al momento dell'entrata in vigore del citato art. 10, con la conseguente responsabilità del fideiussore per le obbligazioni verso la banca a carico del debitore principale prima della predetta data - determina, per il periodo successivo, la nullità sopravvenuta della convenzione con essa in contrasto pertanto, la mancata predeterminazione, con espressa dichiarazione di volontà, dell'importo massimo garantito esclude che il fideiussore possa essere chiamato a rispondere dei debiti sorti a carico del debitore principale dopo l'entrata in vigore dell'art. 10 citato. Enunciando il principio di cui in massima, la Corte ha demandato al giudice del rinvio il compito di accertare quale sia stato, dopo l'entrata in vigore della legge n. 154 del 1992, lo sviluppo dei rapporti tra la banca ed il debitore principale e di stabilire, conseguentemente, l'effetto delle rimesse del debitore principale rispetto all'obbligazione del fideiussore, tenendo conto che le risultanze degli estratti conto successivi alla sopravvenuta invalidità della fideiussione sono rilevanti sia per la determinazione finale del debito garantito, ove risulti che l'apertura di credito abbia avuto ulteriore corso anche dopo la cessazione della garanzia fideiussoria, sia per l'individuazione delle operazioni di segno attivo alle quali attribuire carattere solutorio rispetto all'obbligazione del fideiussore, ove al contrario emerga la cessazione dell'apertura di credito già garantita e la concessione di ulteriore diverso credito non garantito dal fideiussore . SEZ. I SENTENZA 18 gennaio 2017 N. 1169 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - APERTURA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Contemporanea pendenza di un procedimento di concordato preventivo e di un procedimento prefallimentare - Ammissione al concordato preventivo e dichiarazione di improcedibilità del ricorso ex art. 15 l.fall. - Successiva revoca del concordato - Dichiarazione di fallimento su istanza dei creditori originari - Ammissibilità - Fondamento. La pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, impedisce la dichiarazione di fallimento solo temporaneamente, fino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 l.fall., ma non determina l'improcedibilità del procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del P.M., sicché il decreto con cui il tribunale abbia, malgrado ciò, dichiarato improcedibile il ricorso ex art. 15 l.fall., quale mera conseguenza dell'ammissione del debitore al concordato preventivo, non implica, di per sé, alcuna definizione negativa, nel merito, dell'istruttoria prefallimentare, limitandosi ad attuare il necessario coordinamento organizzativo tra le procedure. Ne consegue che, una volta rimossa la condizione preclusiva alla pronuncia della sentenza di fallimento per effetto della revoca dell'ammissione ex art. 173 l.fall., i ricorrenti conservano la pienezza dei loro poteri di impulso per la prosecuzione del procedimento, senza che alcuna valenza preclusiva possa discendere dalla mancata contestazione dell’indicato decreto. Si veda, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17764 del 2016 La pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, impedisce la dichiarazione di fallimento solo temporaneamente, sino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 l.fall., ma non determina l'improcedibilità del procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del P.M., sicché il decreto, con cui il tribunale abbia ciononostante dichiarato improcedibile il ricorso ex art. 15 l.fall. quale mera conseguenza dell'ammissione del debitore al concordato preventivo, non implica di per sé alcuna definizione negativa, nel merito, dell'istruttoria prefallimentare, ma si limita ad attuare il necessario coordinamento organizzativo tra le procedure, e, una volta rimossa la condizione preclusiva alla pronuncia della sentenza di fallimento per effetto della revoca dell'ammissione ex art. 173 l.fall., i ricorrenti conservano la pienezza dei loro poteri di impulso per la prosecuzione del procedimento, senza che sia a tal fine necessario il rilascio di un ulteriore mandato difensivo.