RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE 15 NOVEMBRE 2016, N. 23227 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - IN GENERE. Gestione dei rifiuti - Domanda di pagamento delle spese liquidate dal commissario delegato per l’incentivazione alla loro raccolta differenziata - Giurisdizione ordinaria - Sussistenza - Fondamento. La domanda concernente il pagamento delle spese liquidate, con decreto del commissario delegato per la gestione dei rifiuti, in relazione all’incentivazione alla loro raccolta differenziata spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che l’art. 4 del Dl 90/2008, conv., con modif., dalla legge 123/2008, nell’attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione della gestione suddetta, seppure posta in essere con comportamenti della P.A. o dei soggetti alla stessa equiparati, si riferisce ai soli comportamenti che costituiscono espressione di un potere autoritativo. In precedenza, Cass. Sez. U, Ordinanza 16032/2010 spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla controversia avente ad oggetto il pagamento dei contributi consortili e dei corrispettivi dovuti da un Comune della Regione Campania ad un consorzio obbligatorio costituito ai sensi dell’art. 6 della legge reg. 10/1993 per lo svolgimento del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non trovando applicazione né l’art. 11, quinto comma, della legge 241/1990, in quanto l’obbligo di aderire al consorzio deriva direttamente dalla legge, la quale disciplina in modo completo i presupposti dell’appartenenza allo stesso ed i relativi obblighi, senza attribuire al consorzio alcun potere autoritativo in ordine al pagamento delle quote, né l’art. 33, lett. b , del D.Lgs. 80/1998, come modificato dall’art. 7 della legge 205/2000, riguardando la controversia il corrispettivo di un pubblico servizio, né infine l’art. 4 del Dl 90/2008, convertito in legge 123/2008, il quale, nell’attribuire al giudice amministrativo la giurisdizione in ordine alle controversie concernenti la gestione dei rifiuti, si riferisce ai soli comportamenti della P.A. che costituiscono espressione di un potere autoritativo. SEZIONI UNITE 27 OTTOBRE 2016, N. 21691 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - MOTIVI DEL RICORSO - IN GENERE. Ius superveniens” retroattivo intervenuto tra la sentenza impugnata ed il ricorso - Applicabilità nel giudizio di legittimità - Formulazione del motivo - Mera invocazione della nuova disciplina – Ammissibilità. IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - MOTIVI DEL RICORSO - IN GENERE. Ius superveniens” retroattivo - Applicabilità nel giudizio di legittimità - Limiti - Giudicato - Configurabilità - Condizioni - Fattispecie in tema di illegittima apposizione di termie a contratto di lavoro. • In tema di ricorso per cassazione, la censura ex art. 360, comma 1, n. 3, Cpc può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive e, quindi, applicabili al rapporto dedotto, atteso che non richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico. • Il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta retroattiva incontra il limite del giudicato, che, tuttavia, ove sia stato proposto appello, sebbene limitatamente al c.p. della sentenza concernente l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, non è configurabile in ordine al c.p. concernente le conseguenze risarcitorie, legato al primo da un nesso di causalità imprescindibile, atteso che, in base al combinato disposto degli artt. 329, comma 2, e 336, comma 1, Cpc, l’impugnazione nei confronti della parte principale della decisione impedisce la formazione del giudicato interno sulla parte da essa dipendente. • In relazione al primo principio, in senso difforme, cfr. Cass. Sez. L, Sentenza 16642/2012 nel giudizio di legittimità, lo ius superveniens”, che introduca una nuova disciplina del rapporto controverso, può trovare applicazione alla condizione, necessaria, che la normativa sopraggiunta sia pertinente rispetto alle questioni agitate nel ricorso, posto che i principi generali dell’ordinamento in materia di processo per cassazione - e soprattutto quello che impone che la funzione di legittimità sia esercitata attraverso l’individuazione delle censure espresse nei motivi di ricorso e sulla base di esse - richiedono che il motivo del ricorso, con cui è investito, anche indirettamente, il tema coinvolto nella disciplina sopravvenuta, oltre che sussistente sia ammissibile secondo la disciplina sua propria. Ne consegue che - ove sia invocata l’applicazione dell’art. 32, commi 5, 6 e 7, legge 183/2010 con riguardo alle conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro - è necessario che i motivi del ricorso investano specificamente le conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine, non essendo possibile chiedere l’applicazione diretta della norma al di fuori del motivo di impugnazione. • Con riguardo al secondo, in senso difforme, si veda ancora Cass. Sez. L, Sentenza 7632/2015 in tema di risarcimento del danno per conversione del contratto di lavoro a tempo determinato, la disciplina dell’art. 32, comma 5, della legge 183/2010, come interpretata dalla Corte costituzionale con la sentenza 303/2011, pur applicabile a tutti i giudizi pendenti, in ogni stato e grado, non può essere applicata in caso di ricorso di legittimità che non rechi come valido e pertinente motivo di impugnazione la quantificazione dell’indennità in relazione al diniego di risarcimento statuito con la pronuncia impugnata, ma, senza contestare tale esclusione come illegale o iniqua, si limiti a chiedere il risarcimento attesa la natura di licenziamento della disdetta del rapporto di lavoro a termine.