RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

Sez. UNITE 19 GENNAIO 2016, n. 784 IMPIEGO PUBBLICO - IMPIEGATI DELLO STATO - SEGRETARI COMUNALI E PROVINCIALI - CLASSIFICAZIONE E RUOLI. Trasferimento ad altre amministrazioni pubbliche - Reinquadramento e accesso alla dirigenza ex art. 1, comma 49, della legge n. 311 del 2004 - Procedure di mobilità già esaurite alla data di entrata in vigore della legge - Applicabilità - Esclusione - Fondamento. In tema di passaggio dei segretari comunali e provinciali ad altra amministrazione pubblica, l'art. 1, comma 49, della l. n. 311 del 2004, che disciplina la possibilità del reinquadramento e dell'accesso alla dirigenza a seguito del processo di mobilità, non si applica, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica e teleologica della norma, ai segretari comunali o provinciali trasferiti per effetto di procedure di mobilità già esaurite alla data di entrata in vigore della citata legge, che si riferisce ai soli processi di mobilità eventuali e futuri e non a quelli espletati in applicazione del c.c.n.l. di settore del 16 maggio 2001, dovendosi ritenere una diversa interpretazione lesiva del principio costituzionale dell'accesso alla P.A. per concorso pubblico, applicabile anche alla dirigenza. In senso conforme, Cass. Sez. L, Sentenza n. 1047 del 2014 In tema di passaggio dei segretari comunali o provinciali presso altre pubbliche amministrazioni, l'art. 1, comma 49, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che ne disciplina il re inquadramento a seguito del processo di mobilità, non è applicabile alle procedure esaurite alla data di entrata in vigore della legge stessa, indipendentemente dalla precedente categoria A, B o C di inquadramento del pubblico dipendente. Ne consegue che il segretario comunale o provinciale, trasferito ad una P.A. diversa da quella di provenienza per effetto di procedura di mobilità già esaurita al momento dell'entrata in vigore della legge n. 311 cit., non ha diritto al suddetto reinquadramento . Sez. UNITE 27 GENNAIO 2016, n. 1518 TRIBUTI IN GENERALE - CONDONO FISCALE. Sanatoria fiscale sopravvenuta nel corso del giudizio di primo grado - Estinzione della lite ai sensi dell'art. 15 della l. n. 289 del 2002 - Deduzione solo in appello - Ammissibilità - Rilevabilità d'ufficio - Condizioni. In tema di processo tributario, l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito di sanatoria fiscale, ai sensi dell'art. 15 della l. n. 289 del 2002, intervenuta nelle more del giudizio di primo grado può essere fatta valere per la prima volta anche in grado di appello, dovendosi ritenere che la deduzione degli effetti del condono, per il rilievo pubblicistico dell'originario rapporto sostanziale e processuale col fisco, integri una eccezione in senso improprio, non soggetta alle preclusioni di cui all'art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 e rilevabile d'ufficio dal giudice, ove risulti dagli atti di causa anche a seguito di nuova produzione ex art. 58 del d.lgs. n. 546 cit. In senso sostanzialmente conforme erano i precedenti a Sez. 5, Sentenza n. 14007 del 2007 Il giudice chiamato a decidere una controversia tributaria nella specie, impugnazione di un avviso di rettifica in tema di imposta sui redditi ha il potere-dovere di verificare, anche d'ufficio, la sussistenza e la regolarità di eventuali istanze di condono presentate dal contribuente, in quanto l'eventuale legittimità di esse, determinando la cessazione della materia del contendere, rende superfluo l'esame del merito in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione della commissione tributaria regionale, la quale aveva deciso nel merito la controversia ad essa sottoposta, nonostante l'Amministrazione finanziaria ne avesse invocato l'estinzione per sopravvenuta presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sul presupposto che l'erario non avrebbe avuto interesse all'applicazione del condono . b Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 3841 del 2012 In tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica prevista dall'art. 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, l'esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d'imposta nella specie, IRAP , con la conseguenza che l'intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, connessa ai riflessi di ordine pubblico nascenti dall'elisione della pretesa impositiva realizzata in virtù dell'adesione al condono, deve essere rilevata d'ufficio dal giudice, senza che occorra una specifica eccezione ad opera della parte interessata a farla valere. Risulta, perciò, recessivo l’opposto orientamento i Sez. 5, Sentenza n. 18337 del 2007 In tema di contenzioso tributario, costituisce domanda nuova, improponibile in grado di appello ex art. 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 norma che ricalca l'art. 345 cod. proc. civ. , la pretesa fondata sulla presentazione della domanda di condono, fatta valere per la prima volta in appello, nonostante tale fatto costitutivo del diritto si fosse verificato in pendenza del giudizio di primo grado, integrando detta ipotesi mutamento della causa petendi , nonchè del petitum , in quanto il contribuente chiede la cessazione della materia del contendere, in luogo dell'iniziale richiesta di ottenere l'annullamento dell'atto impositivo impugnato. ii Sez. 5, Sentenza n. 17645 del 2014 In tema di contenzioso tributario, il contribuente che, avendo impugnato l'avviso di accertamento per motivi di merito, in secondo grado ne lamenti l'illegittimità per intervenuta presentazione dell'istanza ex art. 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, deduce un fatto estintivo dell'obbligazione tributaria e propone un'eccezione non rilevabile d'ufficio, che è inammissibile, in quanto ricade nel divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall'art. 57, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 .