RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA 26 MARZO 2015, N. 6138 PROVA CIVILE - CONSULENZA TECNICA - POTERI DEL GIUDICE - IN GENERE. Dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore - Risultanze istruttorie offerte dai servizi sociali - Contestazione - Richiesta di ammissione della consulenza tecnica - Rigetto - Obbligo di motivazione - Necessità - Fondamento. In tema di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, ove i genitori facciano richiesta di una consulenza tecnica relativa alla valutazione della loro personalità e capacità educativa nei confronti del minore per contestare elementi, dati e valutazioni dei servizi sociali - ossia organi dell’Amministrazione che hanno avuto contatti sia con il bambino che con i suoi genitori - il giudice che non intenda disporre tale consulenza deve fornire una specifica motivazione che dia conto delle ragioni che la facciano ritenere superflua, in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nei procedimenti in materia di filiazione e della rilevanza accordata in questi giudizi, anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, alle risultanze di perizie e consulenze. Si vedano a Sez. 1, Sentenza 4853/2007 il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile in Cassazione tuttavia, quando la decisione della controversia dipende unicamente dalla risoluzione di una questione tecnica, poiché i fatti da porre a base del giudizio non possono essere altrimenti provati ed accertati, non può il giudice da un lato non utilizzare le nozioni tecniche di comune conoscenza e neppure disporre anche d’ufficio indagini tecniche, e dall’altro respingere la domanda perché non risultano provati i fatti che avrebbero potuto accertarsi soltanto con l’impiego di conoscenze tecniche, senza incorrere nel vizio di insufficienza e contraddittorietà della motivazione. b Sez. 2, Sentenza 72/2011 il principio secondo cui il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, va contemperato con l’altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata su una questione tecnica rilevante per la definizione della causa ne consegue che, quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere, mentre se la soluzione scelta non risulti adeguatamente motivata, è sindacabile in sede di legittimità sotto l’anzidetto profilo. SEZIONE PRIMA 26 MARZO 2015, N. 6137 ADOZIONE - ADOZIONE DEI MINORI D’ETÀ - ADOTTANDI - ADOTTABILITÀ - DICHIARAZIONE - MINORI CON GENITORI O PARENTI ESISTENTI. Diritto del minore ad essere educato nella propria famiglia d’origine - Verifica della possibilità di interventi di sostegno - Necessità - Esito - Valutazione di incapacità dei genitori e dei parenti di assicurare uno stabile contesto familiare - Conseguenze - Stato di abbandono del minore - Configurabilità. Il diritto del minore di crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine, considerata l’ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, è tutelato dall’art. 1 della legge 184/1983. Ne consegue che il giudice di merito deve, prioritariamente, verificare se possa essere utilmente fornito un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare, e, solo ove risulti impossibile, quand’anche in base ad un criterio di grande probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittimo e corretto l’accertamento dello stato di abbandono. Si fa richiamo a i Sez. 1, Sentenza 28230/2013 in tema di adozione di minori di età, la prioritaria esigenza per il figlio di vivere, nei limiti del possibile, con i genitori biologici e di essere da loro allevato, impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità, che non può fondarsi di per sé sulla disabilità del genitore, condizione che, nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ratificata con legge 18/2009 e del relativo Protocollo addizionale, non può essere causa di interruzione del legame naturale, oggetto di tutela ex art. 1 della legge 184/1983, salvo che tale condizione, nonostante tutti i supporti adeguati e possibili offerti dallo Stato, comprometta irreversibilmente la capacità di allevare ed educare i figli, traducendosi in una totale inadeguatezza a prendersene cura. ii Sez. 1, Sentenza 16280/2014 il diritto del minore ad essere educato nella propria famiglia di origine incontra i suoi limiti là dove questa non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessarie, né di assicurare l’obbligo di mantenere, educare ed istruire la prole, con conseguente configurabilità dello stato di abbandono, il quale non viene meno per il solo fatto che al minore siano prestate le cure materiali essenziali da parte di genitori o di taluno dei parenti entro il quarto grado, risultando necessario, in tal caso, accertare che l’ambiente domestico sia in grado di garantire un equilibrato ed armonioso sviluppo della personalità del minore, senza che, in particolare, la valutazione di idoneità dei medesimi parenti alla di lui assistenza possa prescindere dalla considerazione della loro pregressa condotta, come evidenziato dall’art. 12 della legge 184/1983, che espressamente richiede il mantenimento di rapporti significativi con il minore. iii Sez. 1, Sentenza 881/2015 il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine comporta che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità sia praticabile solo come soluzione estrema”, quando, cioè, ogni altro rimedio appaia inadeguato con l’esigenza dell’acquisto o del recupero di uno stabile ed adeguato contesto familiare in tempi compatibili con l’esigenza del minore stesso qualora però, a prescindere dagli intendimenti dei genitori e dei parenti, la vita da loro offerta a quest’ultimo risulti inadatta al suo normale sviluppo psico-fisico, ricorre la situazione di abbandono ai sensi dell’art. 8 della legge 184/1983, e la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio.