RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA 25 MARZO 2015, N. 6025 FAMIGLIA - FILIAZIONE - FILIAZIONE NATURALE - DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITÀ E MATERNITÀ – PROVA. Indagini ematologiche ed immunogenetiche - Efficacia - Necessità di ulteriori indagini suppletive o integrative - Valutazione del giudice di merito. FAMIGLIA - FILIAZIONE - FILIAZIONE NATURALE - DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITÀ E MATERNITÀ – PROVA. Rifiuto di sottoporsi ad esami ematologici - Valenza probatoria ex art. 116, secondo comma, Cpc - Elevato valore indiziario - Prova della fondatezza della domanda - Sufficienza. • Nel giudizio promosso per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale, l’efficacia delle indagini ematologiche ed immunogenetiche sul DNA non può essere esclusa perché esse sono suscettibili di utilizzazione solo per compiere valutazioni meramente probabilistiche, in quanto tutte le asserzioni delle scienze fisiche e naturalistiche hanno questa natura anche se espresse in termini di leggi”, e tutte le misurazioni, anche quelle condotte con gli strumenti più sofisticati, sono ineluttabilmente soggette ad errore, sia per ragioni intrinseche cosiddetto errore statistico , che per ragioni legate al soggetto che esegue o legge le misurazioni cosiddetto errore sistematico , spettando al giudice di merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale, la valutazione dell’opportunità di disporre indagini suppletive o integrative di quelle già espletate, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre la rinnovazione delle indagini. • Nel giudizio promosso per l’accertamento della paternità naturale, il rifiuto di sottoporsi ad indagini ematologiche - nella specie opposto da tutti gli eredi legittimi del preteso padre - costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice, ex art. 116, secondo comma, Cpc, di così elevato valore indiziario da poter da solo consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda. • Con riferimento al primo enunciato, in senso conforme, Sez. 1, Sentenza 14462/2008 in tema di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale, l’efficacia delle indagini ematologiche ed immunogenetiche sul DNA non può essere esclusa per la ragione che esse sono suscettibili di utilizzazione solo per compiere valutazioni meramente probabilistiche, in quanto tutte le asserzioni delle scienze fisiche e naturalistiche hanno natura probabilistica anche quelle solitamente espresse in termini di leggi” e tutte le misurazioni anche quelle condotte con gli strumenti più sofisticati sono ineluttabilmente soggette ad errore, sia per ragioni intrinseche cosiddetto errore statistico , che per ragioni legate al soggetto che esegue o legge le misurazioni cosiddetto errore sistematico , spettando al giudice di merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale, la valutazione dell’opportunità di disporre indagini suppletive o integrative di quelle già espletate, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre la rinnovazione delle indagini, ed il mancato esercizio di tale potere, così come il suo esercizio, non è censurabile in sede di legittimità. • Riguardo al secondo, Cass. Sez. 1, Sentenza 5116/2003 è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - per violazione degli artt. 13, 15, 24, 30 e 32 Cost. - del combinato disposto degli artt. 269 cc e 116 e 118 Cpc, ove interpretato nel senso della possibilità di dedurre argomenti di prova dal rifiuto del preteso padre di sottoporsi a prelievi ematici al fine dell’espletamento dell’esame del DNA. Invero, dall’art. 269 cc non deriva una restrizione della libertà personale, avendo il soggetto piena facoltà di determinazione in merito all’assoggettamento o meno ai prelievi, mentre il trarre argomenti di prova dai comportamenti della parte costituisce applicazione del principio della libera valutazione della prova da parte del giudice, senza che ne resti pregiudicato il diritto di difesa, e, inoltre, il rifiuto aprioristico della parte di sottoporsi ai prelievi non può ritenersi giustificato nemmeno con esigenze di tutela della riservatezza, tenuto conto sia del fatto che l’uso dei dati nell’ambito del giudizio non può che essere rivolto a fini di giustizia, sia del fatto che il sanitario chiamato dal giudice a compiere l’accertamento è tenuto tanto al segreto professionale che al rispetto della legge 675/1996.